Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
La Toscana nuova - Anno 5 - Numero 3 - Marzo 2022 - Registrazione Tribunale di Firenze n. 6072 del 12-01-2018 - Iscriz. Roc. 30907. Euro 3. Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv.in L 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 C1/FI/0074
Emozioni visive
a cura di Marco Gabbuggiani
Temporanei incroci di vita
Testo e foto di Marco Gabbuggiani
Niente è eterno e niente avrebbe significato se lo fosse. Immaginiamo
per un attimo di sapere fin da subito che quello che stiamo
vivendo sarà uguale per sempre. Ci aspetterebbe una vita piatta
ed insignificante che renderebbe l’esistenza una noia davvero
insopportabile. Faremmo tutto svogliatamente sapendo perfettamente
che ogni cosa rimarrebbe sempre e comunque com’è.
Una tristezza infinita! Chi crede al destino è convinto che il percorso
di vita di una persona sia in qualche modo segnato dalla
nascita, anche se è ben diverso il modo in cui si affronta questo
percorso talvolta tortuoso. Siamo come due fili in tensione che
vanno per la loro strada e che incrociano nel corso della vita altri
fili ed altre persone producendo, talvolta, quelle magiche scintille
che illuminano il percorso con il meraviglioso stato d’animo chiamato
amore. Un’enorme bellissima scintilla come due fili dell’alta
tensione che si toccano, la stessa scintilla che scaturisce tra
due persone innamorate. Una scintilla che facciamo di tutto per
vivere più a lungo possibile ma che sappiamo sarà inevitabilmente
destinata ad affievolirsi e spegnersi. Ci sono però uomini che
si aggrappano a questa scintilla in maniera morbosa ed egoistica
pretendendo che sia eterna e che la persona con cui entrano
in contatto non abbia il diritto di continuare a percorrere la propria
strada. E allora invece di fare di tutto per mantenerla viva nel
tempo con comportamenti adeguati, cercano di annodare quei fili
a sé stessi con violenza, arrivando addirittura ad interromperne
il percorso e… la vita. Quest’anno ho voluto esprimere il mio pensiero
sulla Festa della donna ricorrendo ad una metafora scaturitami
da una foto scattata un po’ di tempo fa. Forse proprio per
il fatto che il giorno dello scatto era l’8 marzo, forse perché quel
giorno ero mentalmente predisposto a questo argomento, sta di
fatto che la scattai perché mi sembrò che quei fili raffigurassero
una sorta d’incrocio di vite, immaginando i meravigliosi fuochi
d’artificio che sarebbero scaturiti se fossero arrivati a toccarsi tra
loro, esattamente come succede tra due persone che, incontrandosi,
si innamorano. Onestamente non so proprio capacitarmi di
come certi uomini possano pensare di annodare violentemente
a sé stessi i fili della vita della persona che dicono di amare fino
al punto di togliergli la vita, forti della loro maggiore prestanza
fisica. Contrariamente a come viene definita di solito ovvero
“sesso debole”, la donna, nella sua meravigliosa bellezza e grazia
(troppo spesso confusa con debolezza), diventa in questi casi
l’elemento forte della coppia mentre l’uomo assume il ruolo del
“debole” che, con l’emancipazione della stessa, non arrivando a
competerci mentalmente, ricorre tragicamente alla forza fisica.
E come rimediare a questo immane errore esistenziale? Con le
leggi? Anche. Queste servono per proteggere le donne, ma se si
vogliono davvero cambiare le cose occorre iniziare ad educare i
“maschietti” al rispetto della donna, alla parità, senza ricorrere alla
violenza in cui l’essere umano è solito cadere nel momento in
cui cerebralmente e verbalmente non riesce più a reggere il confronto.
E sperando che si possa arrivare a questo educando le
generazioni future, mando un abbraccio a tutte le donne che mi
leggono, chiedendo scusa per le violenze che subiscono a nome
di quei miei simili che, piccoli, meschini e debolissimi, pretendono
di “annodare” le loro vite usando la maggior forza che madre
natura gli ha, in questo caso, ingiustamente dato. Buona Festa
della donna a tutte!
marco.gabbuggiani@gmail.com
Da oltre trent'anni una
realtà per l'auto in Toscana
www.faldimotors.it
MARZO 2022
I QUADRI del mese
7
8
10
13
14
17
18
20
22
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
38
40
42
45
46
49
50
52
53
54
56
57
60
61
62
64
65
68
69
70
73
74
76
78
Opere dal XII al XIX secolo al Museo Diocesano di Arte Sacra a San Miniato
Roy Paci: dalla banda musicale di Augusta ai palcoscenici del mondo
La ricerca dell’invisibile attraverso il visibile negli scatti di Giorgia Fiorio
Ruth Orkin, una leggenda della fotografia che “cattura l’attimo”
Casa Schlatter, uno scrigno di arte e storia a Firenze
Curiosità fiorentine: il Carnevale, festività dell’allegria e della spensieratezza
I paesaggi di Lolita Valderrama Savage in dialogo con un’opera di Mascagni
Enzo Pizzimenti, promotore della cultura italiana nel segno del canto lirico
Intervista a Stefanos Koroneos, direttore artistico del Teatro Grattacielo a New York
Associazione Toscana USA-ONLUS: dal 1966 punto d’incontro con gli Stati Uniti
DaVinciFace: il genio di Leonardo rivive con l’intelligenza artificiale
Ai Musei Reali di Torino il mondo poetico della fotografa Vivian Maier
Dimensione salute: la risposta del cervello alla paura
Psicologia oggi: atti di sana prevenzione portati all’estremo
Il parere dell’esperto: l’importanza della diagnosi precoce nel glaucoma
Consigli del nutrizionista: gustare gli zuccheri in maniera consapevole
Il Torso del Belvedere, capolavoro dei Musei Vaticani che ha fatto scuola
Arte e psicologia: creare un mandala per entrare in contatto con le emozioni
Dal teatro al sipario: il percorso anticonvenzionale dell’artista eclettico Carlo Terzo
Notizie fiorentine: il restyling del Garage Europa Firenze dopo 94 anni di storia
Nuove sinergie nel 2022 per il Movimento Life Beyond Tourism – Travel to Dialogue
Tutela dell’ingegno: la rivoluzione del mondo dell’arte digitale con gli NFT
L’avvocato risponde: l’assegno unico, nuova forma di sostegno per i figli a carico
Personaggi: il Cece, artista del disegno umoristico
Il viaggio dentro sé stessi nella nuova raccolta poetica di Alex Pagni
Cappella Brancacci: al via il restauro degli affreschi nella chiesa del Carmine
Le opere “tecnologiche” di Zhang Leifu in mostra a Firenze
Archeologia: viola, un colore da re nei frammenti di Timna
Le sfide internazionali di Te-Sian Shih, artista e designer taiwanese
Il cinema a casa: La grande bellezza, la vacuità del mondo firmata Sorrentino
Polvere di stelle: Puccini e Frazzi, due maestri della musica universale
Arte del vino: il Gallo Nero torna a cantare nel calice
Itinerari del gusto: la tradizione fiorentina alla trattoria L’Ortone
Diario di un’esploratrice: al parco per una giornata insieme agli alpaca
Maris, un viaggio a colori da Siena a Schifano e oltre
Gelateria Dondoli, dal 1992 un’eccellenza a San Gimignano
Marco Razzolini racconta la professione di odontotecnico tra passato e futuro
Toscana a tavola: conchiglioni alla massese, un piatto della memoria
Il cibo nella storia dell’arte: intervista al professor Vittorio Sgarbi
I diari di viaggio pittorici dell’artista spagnola Ana Andras
L’iperrealismo non ortodosso di Zhaohui Wang al Caffè Letterario Le Murate
B&B Hotels Italia: l’apertura di una nuova struttura sul territorio romano
Benessere della persona: prendersi cura della pelle al cambio stagione
Stefania Maffei, Piove aurora sul mare, acrilico su tela, cm 80x60
stefania.maffei@gmail.com
In copertina:
Stephanie Holznecht, Lost in Time,
acrilico su cartongesso, cm 60,96x45,72
Nikla Biagioli, Incontro (2010), digital art, coll. privata
nikla.29@hotmail.it
Periodico di attualità, arte e cultura
La Nuova Toscana Edizioni
di Fabrizio Borghini
Via San Zanobi 45 rosso 50126 Firenze
Tel. 333 3196324
lanuovatoscanaedizioni@gmail.com
lanuovatoscanaedizioni@pec.it
Registrazione Tribunale di Firenze
n. 6072 del 12-01-2018
Iscriz. Roc. n. 30907 del 30-01-2018
Partita Iva: 06720070488
Codice Fiscale: BRGFRZ47C29D612I
Anno 5 - Numero 3 - Marzo 2022
Poste Italiane SpA
Spedizione in Abbonamento Postale D.L.
353/2003 (conv. in L 27/02/2004 n, 46)
art.1 comma 1 C1/FI/0074
Direttore responsabile:
Daniela Pronestì
direzionelatoscananuova@gmail.com
Capo redattore:
Maria Grazia Dainelli
redazionelatoscananuova@gmail.com
Distribuzione:
Media Servizi srl
via Lombarda, 72 - Località Comeana
59015 - Carmignano (PO)
tel. 055 8716830
www.mediaservizi.net
Abbonamenti e Marketing:
abbonamenti.latoscananuova@gmail.com
Stampa:
Nova ArtiGrafiche srl
Via Cavalcanti 9/d - 50058 Signa (Fi)
tel. 055 8734952
Facebook e Instagram:
La Toscana nuova -
Periodico di attualità, arte
e cultura
www.latoscananuova.it
Testi:
Luciano Artusi
Ricciardo Artusi
Francesco Bandini
Rosanna Bari
Ugo Barlozzetti
Alessandro Bellini
Paolo Bini
Margherita Blonska Ciardi
Doretta Boretti
Lorenzo Borghini
Erika Bresci
Andrea Cafaggi
Fabrizio Carabba
Miriana Carradorini
Viktoria Charkina
Jacopo Chiostri
Filippo Cianfanelli
Silvia Ciani
Julia Ciardi
Alessandra Cirri
Nicola Crisci
Maria Grazia Dainelli
Roberto Della Lena
Aldo Fittante
Giuseppe Fricelli
Marco Gabbuggiani
Serena Gelli
Stefano Grifoni
Maria Concetta
Guaglianone
Gabriele Guandalini
Stefania Macrì
Chiara Mariani
Anna Rita Maroccini
Emanuela Muriana
Rosanna Ossola
Elena Maria Petrini
Antonio Pieri
Matteo Pierozzi
Daniela Pronestì
Barbara Santoro
Paolo Santoro
Franco Tozzi
Foto:
Atraz
Francesco Bandini
Paolo Bini
Gino Carosella
Miriana Carradorini
Filippo Cianfanelli
Julia Ciardi
Maria Grazia Dainelli
Simona Di Pasquale
Marco Fato Maiorana
Giorgio Fiorio
Marco Gabbuggiani
Simone Lapini (ADV
photo)
Carlo Midollini
Ruth Orkin
Nicky Pe
Antonio Triolo
4
Quando sarà
il tuo matrimonio?
Pola Cecchi
ti aspetta per creare l’abito che non ti saresti mai immaginata
Per appuntamenti: Tel. 335 437934 / Email polacecchi@gmail.com
Giuliacarla
Cecchi
Showroom: via J. da Diacceto, 14 - Firenze
Sito: www.giuliacarlacecchi.com / Facebook: Atelier Giuliacarla Cecchi / Instagram: ateliergiuliacarlacecchi
Ombretta Giovagnini
Frammentazioni visive
Composizione (2013), tecnica mista, cm 80x100
ilamen77@icloud.com
A cura di
Ugo Barlozzetti
Percorsi d’arte
in Toscana
Museo Diocesano di Arte Sacra
Inaugurato nel 1966 a San Miniato, custodisce opere dal XIII al XIX secolo
di Ugo Barlozzetti / foto courtesy Museo Diocesano di Arte Sacra
Il Museo Diocesano di Arte Sacra di San Miniato è stato inaugurato
nel 1966 grazie all’impegno di Dilvo Lotti, artista sanminiatese,
nell’antica sagrestia della cattedrale dedicata a
Santa Maria Assunta e a San Genesio. Con l’obiettivo di valorizzare
la storia della città e del territorio è stato riorganizzato, nel
2000, l’allestimento del museo che conserva opere d’arte e suppellettili
liturgiche provenienti dalla chiesa cattedrale e dal territorio
della diocesi. Sono presenti parti di affreschi, tavole lignee,
bassorilievi, statue lignee, croci astili, bacili ceramici e un modello
raffigurante la chiesa del Santissimo Crocifisso. Inoltre sono
esposti, grazie alla donazione risalente al 1910 del cardinale
Alessandro Sanminiatelli Zabarella alla Canonica di Monte Castello,
dipinti del XVII secolo. Dalla facciata della cattedrale provengono
ventuno bacili in ceramica di bottega tunisina datati tra
il 1165 e il 1220. Di Giroldo di Jacopo da Como, sempre dalla
cattedrale, vi sono parti di un ambone. Vi è poi un pannello di
polittico con Santa Caterina d’Alessandria (1365-1370 circa) attribuito
a Jacopo di Cione (1325-1399), un San Girolamo nello
studio, opera datata 1411, di Cenni di Francesco di ser Cenni (Firenze,
notizie 1369-1415 circa), pittore e miniatore assai prolifico
tanto a Firenze che nel contado. Di Jacopo di Michele detto il
Gera (notizie a Pisa nella seconda metà del XIV secolo) vi è una
Flagellazione e Crocifissione. Un’Annunciazione e Santi è di Pier
Francesco Fiorentino (notizie dal 1444 al 1497), figlio del pittore
fiorentino Bartolomeo di Donato, che a 25 anni fu ordinato prete:
per questo è conosciuto anche come Pier Francesco Prete. Un
Redentore, scultura in terracotta, è del grande maestro Andrea
Verrocchio (1435-1488). Di Rossello di Jacopo Franchi (Firenze
tra il 1376 e il 1377-1456) è la tavola con Santa Caterina d’Alessandria.
Rossello fu allievo di Lorenzo Monaco e si distinse per il
gusto dei particolari e per la grazia delle sue opere. I frammenti
dell’affresco della Maestà, provenienti dal convento di San Francesco,
sono di un pittore indicato in precedenza come “Maestro
degli Ordini”, che è stato identificato solo nel 1972, da Luciano
Bellosi, come Jacopo di Mino del Pellicciaio (Siena 1315/1319 -
Uno dei bacini ceramici tunisini provenienti dalla cattedrale di San Miniato (1165 - 1220 circa)
Sala del Museo Diocesano di Arte Sacra
ante 1396). Attribuito a Agnolo di Polo è un busto in terracotta,
con tracce di policromia, di Gesù Cristo Redentore, attribuibile al
1465 circa. Del 1452 è la Madonna in Trono con Bambino e Santi,
del 1470-75 è La Madonna che dona la Cintola a San Tommaso,
opere di Neri di Bicci (Firenze 1418/1420-1492), ultimo esponente
di una bottega molto attiva tra il Tre e il Quattrocento a Firenze.
Le due pale d’altare nel museo sono tra le opere più significative.
L’Incoronazione della Vergine è del Maestro di San Miniato, attivo
in Toscana nella seconda metà del XV secolo. Di Jacopo Chimenti
(Firenze 1551-1650), pittore di successo, detto L’Empoli dal
nome del padre, è L’Annunciazione. Di un altro pittore toscano di
successo, Giovanni da San Giovanni (1595-1636), è un Redentore
con la Madonna. Attribuite a Abraham Bloemaert (1564-1651)
sono le Storie della Passione. Di Fra’ Bartolomeo (1472-1517),
celebre pittore e frate domenicano, è La circoncisione di Gesù,
mentre un nucleo importante di opere, dal Cristo deposto alla
Madonna col Bambino e San Giovannino, L’estasi di San Francesco
e Il sacrificio di Isacco, sono di Ludovico Cardi detto Il Cigoli
(1559-Roma 1613). Di Matteo Rosselli (Firenze 1578-1650),
personalità di grande prestigio e autorevolezza nel suo tempo, è
una Visitazione. Un sacrificio di Isacco e Agar nel deserto è attribuito
a Lorenzo Lippi (Firenze 1606-1665), pittore, poeta e scrittore.
Di un altro maestro del Seicento toscano, Domenico Cresti
detto Il Passignano (Passignano di Val di Pesa 1559-1638), è
un Ecce Homo. Tornando alla fine del Trecento, vi è una Madonna
con Bambino attribuita a Lorenzo Monaco (Siena o Firenze
1370 - maggio 1425 circa), pittore e miniatore ultimo esponente
importante a Firenze del linguaggio
tardo-gotico con persistenze di
antica matrice giottesca. Non mancano
testimonianze di Borghese di
Piero Borghese (1397-1463), di Filippo
di Benedetto Paladini (Casi in Val
di Sieve 1544 - Mazzarino 1614) e di
Casa della cornice
Giovanni Camillo Sagrestani (Firenze
www.casadellacornice.com
1660-1731).
MUSEO DIOCESANO
7
Personaggi
A cura di
Rosanna Bari
Roy Paci
Dalla banda musicale di Augusta ai palcoscenici di tutto il mondo
di Rosanna Bari / foto courtesy Etnagigante
Musicista di fama internazionale, Roy Paci nasce ad
Augusta, in Sicilia. Trombettista, cantante, compositore,
autore, arrangiatore, produttore, conosciuto
dal grande pubblico anche per la sua presenza fissa in Markette,
il programma di Piero Chiambretti su LA7, e come direttore
musicale a Zelig, su Canale 5, assieme agli Aretuska. Ha partecipato,
in coppia con Diodato, al Festival di Sanremo 2018
con il brano Adesso, mentre nellʼedizione del 2019, nella serata
dedicata ai duetti, si è esibito coi Negrita assieme ad Enrico
Ruggeri. Nel corso della sua carriera, tantissime sono state
le collaborazioni con importanti artisti dello scenario musicale
italiano e internazionale. Ripercorriamo ora, in unʼamichevole
conversazione, le varie tappe del suo percorso artistico.
Hai cominciato a suonare la tromba da piccolo, quanti anni
avevi?
Ho cominciato allʼetà di nove anni, ma già da diverso tempo
suonavo il pianoforte.
Ma per un bambino di nove anni non è uno strumento troppo
impegnativo?
Potrebbe anche essere impegnativo, ma non è detto, anche
perché ci sono bambini che cominciano addirittura prima,
lʼimportante è affidarsi nelle mani di un buon maestro.
Chi si è occupato della tua formazione?
Per me la fortuna è stata quella di entrare a far parte della
banda del paese molto presto, avevo dieci anni. È lì che mi
sono fatto le ossa e soprattutto ho imparato una cosa essenziale:
tenere la giusta postura nel suonare lo strumento.
Quindi possiamo dire che suonare nella banda è stata la tua
prima esibizione pubblica?
Sì certo, ed è stata per me unʼesperienza fondamentale e indimenticabile,
penso di dover essere sempre grato al mio maestro
Giuseppe Passanisi.
Cosʼè che ti ha portato a lasciare lʼItalia per esibirti in luoghi
lontani come il Sud America e lʼAfrica?
Ho vissuto in diciotto città diverse, anche del Nord Europa, da
musicista sentivo il bisogno di apprendere tutto quello che
non conoscevo, dovevo confrontarmi con il resto del mondo,
con le altre comunità e con tutte le altre culture.
Concerto in piazza duomo a Catania (ph. Antonio Triolo)
8 ROY PACI
Hai vissuto in tanti posti, qual è il paese che ti ha caratterizzato
di più?
Penso che, musicalmente parlando, il Sud America sia stato
fondamentale. Mi sono sempre sentito a mio agio, e questo
mi ha permesso di imparare in fretta la lingua. Quel periodo è
stato uno dei più importanti per la mia carriera: sono entrato
nel circuito radio-televisivo di Montevideo, in Uruguay, prima
con un programma in radio e poi in televisione.
Ti sei mai esibito a Firenze?
no successo. Perché gli strumenti musicali ti affinano, e se la
palestra ti definisce il corpo, lo strumento ti definisce lʼanima.
Fra le ultimissime novità, a coronamento di un sogno dʼamore,
il 22 febbraio Roy Paci ha sposato Rosaria Cretì, dj producer e
musicista, madre del piccolo Santiago Miles. A Siracusa, nella
splendida cornice di Castello Pupillo, il matrimonio è stato celebrato
dal cantautore siciliano Colapesce.
Etnagigante Management, Label & Publishing - Palermo
Quando sono tornato in Italia, nel ʼ92, sono entrato a far parte
dei Mau Mau, gruppo storico della scena alternativa italiana,
per tre anni circa ho fatto la spola tra Firenze e Torino, il
Tenax e la Flog erano le tappe fiorentine. Alla Flog ho lavorato
con Enrico Romero, direttore negli ultimi trentʼanni e, soprattutto,
un grande amico dei musicisti.
Come mai, dopo aver abitato in varie parti del mondo, alla
fine ti sei stabilito in Sicilia?
Perché a differenza di tanti, io dalla Sicilia non sono mai andato
via, ho solo seguito il flusso della mia vita e ho viaggiato
tanto, perché per un musicista “il viaggio è la più grande
lezione di musica”.
Cosa ha rappresentato per il tuo lavoro questo periodo di
inattività a causa della pandemia?
Questo periodo, nel quale si sono fermate tutte le esibizioni “live”,
alla fine non è stato un periodo di totale inattività. Superato
il primo momento e supportato dal mio team, sono riuscito a
concentrarmi e ho cominciato a scrivere per portare avanti tutto
il lavoro di preparazione per un nuovo album.
Roy Paci (ph. Marco Fato Maiorana)
So che in questo periodo cʼè stata anche unʼaltra importante
novità...
Sì, lo scorso novembre è nato il mio terzo figlio: Santiago Miles.
La sua nascita è stata come un segno della vita, una rinascita,
mi ha dato una grande carica e ho avuto unʼimprovvisa
accelerazione.
Se i tuoi figli volessero seguire le tue orme li asseconderesti
nella scelta?
Li lascerei completamente liberi di decidere. Su Santiago è prematuro
avere unʼidea, Roy jr ha 16 anni e da tanto è attratto dalla
robotica, penso seguirà una strada diversa. Invece Alma, la
più grande, che ha 19 anni, dal teatro è approdata alla musica
e con orgoglio annuncio che presto uscirà il suo primo singolo.
Dalla banda del paese ai palcoscenici di tutto il mondo,
consiglieresti lo studio di uno strumento musicale?
Certamente sì, a prescindere dal fatto che poi si possa avere o
Roy Paci & Aretuska (ph. Atraz)
ROY PACI
9
I grandi della
fotografia
A cura di
Maria Grazia Dainelli
Giorgia Fiorio
Una fotografa alla ricerca dell’invisibile oltre il velo del visibile
di Maria Grazia Dainelli / foto Giorgia Fiorio
Come e quando nasce la tua passione per la fotografia?
Contrariamente a quanto si pensi, sin dall’inizio la fotografia
è stato non qualcosa che potessi scegliere di “rappresentare”,
ma una sorta di compulsione in cui al contrario si è stati
scelti. La chiave di accesso è una figura, la memoria dell’immaginario
di cose mai viste. Un immaginario “cieco”, colto da una
percezione interiore. Dietro alle mie fotografie, nonostante comportino
sempre molto studio, c’è un continuo senso di inadeguatezza
rispetto alla visione interiore. La fotografia non risponde, è
un orizzonte di interrogativi dinanzi al quale mi pongo tentando
di restituire qualcosa di quanto mi appare.
Come nasce il progetto Uomini?
Sono sempre stata invincibilmente attratta da ciò che mi era
inaccessibile. Il primo tra questi mondi è stato quello delle comunità
chiuse maschili, realtà apparentemente vicine ma per
me impenetrabili. Comunità rette da vincoli di fratellanza, da
codici d’onore come quelli della Legione Straniera, dei pugili
di colore, dei pompieri americani, dei toreri e tutti gli uomini
di mare. Ciò che cercavo era quella tensione compulsiva tutta
maschile del confronto con una condizione “estrema” di vita.
Una dimensione violentemente corporea, aliena dallo scorrere
del nostro quotidiano, vita messa in gioco in nome di un
ideale. Qui i soggetti sono tutti intenzionalmente fotografati
con lo sguardo rivolto frontalmente alla camera fotografica per
stabilire un contatto visivo che consenta loro di portarsi come
dinanzi a loro stessi, nel ruolo di protagonisti ciascuno del
proprio “film”. Soltanto dopo il quarto anno, sul percorso di
questo lavoro ho realizzato che si trattava in realtà di un solo
progetto, Uomini.
Quanto conta la tecnica nella tua narrazione visiva?
Le facoltà percettive della visione non bastano e sono per me
sempre governate dal rigore formale e da una precisione tecnica
nel controllo sottile del mezzo. Utilizzo il formato quadrato perché
è la forma perfetta che iscrive ogni dinamica, nell’irradiarsi
di una centralità che comanda la visione. Il giorno in cui ho guardato
in una camera quadrata è stato come se non avessi mai visto
prima di allora.
Ti riconosci in qualche maestro?
Nella fotografia il mio primo grande maestro è stato Don McCullin,
che mi ha trasmesso il senso etico della responsabilità dinanzi
ad ogni scatto nel rispetto profondo del soggetto. È stata
importante anche Mary Ellen Mark che ho conosciuto all’International
Center of Photography di New York e di cui ho sempre
ammirato il rigore formale che ho voluto fare mio. Ci sono poi
Sebastião Salgado, grande signore della fotografia e amico, che
per molto tempo ha ispirato il mio lavoro, e infine Mimmo Jodice,
la cui mirabile metafisica del lavoro intorno alle statue ha segnato
l’avvio del progetto Humanum. Ho avuto un incontro con
il Dalai Lama al quale chiesi se vivere secondo spirito o secondo
ragione. Sua Santità alla mia domanda rispose rivolgendomi
un’altra domanda: cosa intendessi fare nella vita. Allora non facevo
ancora fotografie ma la fotografia era il cammino che intendevo
perseguire: «Si ricordi – mi disse – la fotografia è uno
strumento di grande potere, proprio come un’arma». La sua risposta
mi lasciò intravedere per la prima volta il senso e il disegno
del percorso da intraprendere. Negli ultimi anni ciò che mi
guida è una dimensione interiore, una metafisica della figura dove
non si tratta di realizzare immagini – altre repliche di quanto
ci appare e di cui diciamo che “esiste” – ma la figura di ciò che è
velato tra le pieghe del visibile.
Come nasce il progetto Il Dono?
Se lo sguardo di Uomini è rivolto verso altri uomini in un interscambio
di esperienze, nel Dono è invece quello stesso sguardo
che ognuno rivolge verso l’invisibile, l’inconosciuto, dove l’io indaga
l’identità spirituale nella dimensione del mistero. Una ricerca
che interseca diverse civiltà, a partire dalle più remote origini
del credere, dinanzi al mistero dell’esistenza visto da prospettive
culturali e spirituali, tra loro distanti, sebbene tutte contemplino
un medesimo afflato, un solo stesso interrogativo. In questo
senso, “dono” è il termine di contatto tra le diverse dimensioni
del credere. All’inizio del progetto, la perentorietà della presenza
corporea dei soggetti fotografati confissa nella carne
tatuata, trafitta, adorna, denudata o coperta, mi fece presagire di
essere mossa dallo spirito che stavo perseguendo. È stato Vittorio
Sermonti a farmi capire invece quanto il corpo sia l’evidenza
stessa del mistero, in quanto testimone dei due poli estremi
dell’esistenza. Si trattava di capire come tutto volgesse attorno
a questo cardine in entrata e in uscita. Nei rituali propiziatori
10
GIORGIA FIORIO
della nascita o del culto dei morti in cui qualcosa di inspiegabile
e tuttavia visibile “veniva alla luce”; questo era ciò che occorreva
cogliere, fotografare. Questo è stato anche il mio codice di
esclusione e di scelta tra espressioni di alterità religiose apparentemente
remote e discordi ma pur sempre segnate da una
medesima identità del sacro. Per questo progetto, di cui il libro
ha ricevuto l’alto patrocinio dell’UNESCO nel 2009, ho lavorato in
trentotto diversi paesi nei cinque continenti, dall’India all’Etiopia,
Cina, Perù, Brasile, Spagna e Polonia, ma non in Italia, poiché allo
stesso tema ha lavorato Ferdinando Scianna e non ero certa
di avere nulla da aggiungervi.
Il progetto Humanum, con i volti scolpiti nella pietra, traccia
un nuovo itinerario di ricerca?
I polittici dei lavori Humanum non sono “rappresentazioni” statuarie
di qualcuno che è vissuto ma interrogano la figura originaria
di ciò che chiamiamo “umano”, la figura archetipica di ciò che
vive di là dall’esistenza corporea. È la “memoria della vita” che,
impigliata nella forma scolpita, si anima attraverso la luce. La
presenza di questa figura statuaria trapassa la storia e si proietta
di là dalla misura temporale di una vita umana; non è un concetto
da spiegare ma qualcosa che è presente in ognuno e per
questo da ognuno riconoscibile. Humanum contempla ciò che
c’è oltre il visibile, quanto è nell’ombra e che il mezzo della luce
rivela come espressione di una realtà interiore.
Qual è il fil rouge della tua poetica?
La vita non è qualcosa che si possiede; al contrario, ci possiede
e ci trapassa come un proiettile. Mi interessa questo attraversamento
che lega tra loro i tre progetti del mio percorso.
Di questi, il primo Uomini è segnato dalla dimensione sociale
dell’esistenza. Il Dono è invece mosso da un approccio umanistico;
infine, il progetto ancora in corso, Humanum, trascrive
l’epistemologia di ciò che codifica l’idea della figura umana.
Intravedo, infine, un ultimo lavoro, apparentemente agli antipodi
dei primi tre di cui è tuttavia la sintesi ultima, un lavoro intorno
ai poli terrestri. Non ho mai creduto alla fotografia come
rappresentazione ma come mezzo di conoscenza per indagare
l’inconosciuto e l’inconoscibile.
In una cultura sempre più improntata al potere delle immagini,
scattare “foto belle” è ancora sufficiente?
La massa di immagini che inonda i nostri giorni di copie del reale,
rischia di renderci ciechi non soltanto alla visione interiore
che ci guida, ma alla stessa realtà che ci accoglie e nella quale
sembra si sia dimenticato di essere immersi.
Fra le numerose docenze collabori anche con l’Università
Sant’Anna di Pisa...
della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e già direttore dell’Istituto
di Tecnologie della Comunicazione, dell’Informazione
e della Percezione della Scuola, ndr.) intorno allo sviluppo di
un nuovo paradigma tecnologico volto ad una fruizione introspettiva
del patrimonio dell’archeologia a partire dal progetto
Humanum. Ho inoltre lungamente collaborato con Lucio Milano
dell’Università Ca’ Foscari di Venezia intorno al capolavoro
sumero la Dama di Warka (IM 45434, Uruk 3200 BC), con il
quale abbiamo presentato un dispositivo museografico all’Iraq
Museum di Baghdad (2017-2018) che ha ricevuto il patrocinio
della commissione italiana dell’UNESCO. Inoltre, sin dall’avvio
del progetto Humanum, oltre ad Alain Schnapp della Sorbona,
mi ha accompagnato lo storico dell’arte Victor Stoichita, con
il quale ho tenuto un seminario al College de France nel 2018,
ospite della sua cattedra europea. Attualmente collaboro con
Giuseppe Vitiello, professore di Fisica Teoretica e della Teoria
di Campi Quantistici, che ha scritto un testo per il lavoro Humanum
e mi è di preziosa guida nello sviluppo del progetto intorno
ai poli terrestri.
Cosa ci insegna oggi la fotografia?
Ognuno è “bravo” soltanto a far ciò che sa fare. La fotografia
è un percorso maieutico dove più che di insegnare qualcosa,
si tratta di aiutare a individuare da sé i codici visivi attraverso i
quali vediamo ciò che si guarda. Accompagnare quindi la scoperta
di quanto consente ad ognuno di esprimere la propria
identità espressiva attraverso la fotografia.
www.giorgiafiorio.com
Più che docenze si è trattato di avere il privilegio di lunghe collaborazioni
in cui ragionare assieme a grandi accademici. Nel
caso del Sant’Anna è stato un fitto e prezioso dialogo con Massimo
Bergamasco (professore ordinario di Meccanica Applicata
alle Macchine presso la Classe di Scienze Sperimentali
FOTOGRAFIA PASSIONE PROFESSIONE IN NETWORK
www.universofoto.it
Via Ponte all'Asse 2/4 - 50019 Sesto F.no (Fi) - tel 0553454164
GIORGIA FIORIO
11
Patrizia Bacarelli
I colori della natura
Giaggioli - primavera (2020), olio su tela, cm 100x100
info@patriziabacarelli.it
A cura di
Nicola Crisci e Maria Grazia Dainelli
Spunti di critica
fotografica
Ruth Orkin
Una leggenda della fotografia che
“cattura l’attimo”
di Nicola Crisci / foto Ruth Orkin
Ruth Orkin nasce a Boston nel 1921, ma passa l’infanzia
ad Hollywood con la madre Mary Rubi, diva del muto di
cui segue le orme diventando cineasta oltre che fotografa.
Nel 1940, per un breve periodo studia fotogiornalismo al
Los Angeles City College e nel 1943 si trasferisce a New York
dove collabora con i maggiori giornali e fotografa i più grandi
musicisti del mondo catturando gli aspetti più intimi della loro
personalità. Si sposa con il fotografo e regista Morris Engel e
insieme producono due film. Il suo scatto fotografico più famoso
è American girl in Italy (1951) che ritrae una giovane studentessa
americana, Nina Lee Craig, mentre passeggia in piazza
della Repubblica a Firenze tra gli sguardi curiosi di un gruppo
di uomini. Questa foto racconta uno spaccato del dopoguerra e
di come l’Italia e gli italiani fossero visti allora in America. No-
I giocatori di carte (New York, 1947)
American girl in Italy (Firenze, 1951)
nostante il giornale a cui voleva vendere il servizio non abbia
voluto acquistarlo, l’immagine e la protagonista sono divenute
immortali, non solo perché si tratta di una delle foto più famose
scattate a Firenze, ma anche perché all’epoca andrò incontro
alle critiche delle femministe che la ritennero offensiva per
le donne. Ruth Orkin ha sempre spiegato che il messaggio dello
scatto voleva essere di solo ammirazione e curiosità: «La scelsi
perché era bella, luminosa e, diversamente da me, era alta: doveva
sembrare una Beatrice della Divina Commedia che passava
attraverso questa dozzina
di uomini». Nel 1953, insieme
al marito Morris Engel e a Ray
Ashley dirige Il piccolo fuggitivo,
vincitore del Leone d’Argento
al Festival del Cinema di
Venezia. Un’altra sua sequenza
famosa, intitolata Giocatori
di carte, con protagonisti
alcuni ragazzini impegnati in
una partita di carte, venne inclusa
nella mostra The Family
of Man, organizzata da Edward
Steichen al MoMa nel 1955.
Gradini imbiancati (New York, 1952)
Un ragazzo si tuffa nel fiume Hudson (New York, 1948)
RUTH ORKIN
13
Incontri con
l’arte
A cura di
Viktoria Charkina
Casa Schlatter
Uno scrigno di arte e storia a Firenze
di Viktoria Charkina / foto courtesy Casa Schlatter
Lungo il viale dei Mille a Firenze si trova Casa Schlatter,
un misterioso villino appartenuto al pittore spirituale
scomparso nella metà del Novecento, Carlo Adolfo
Schlatter. Nato a Roma, la sua particolare storia è fortemente
legata alla vicenda della sua famiglia. Il padre, Louis Gourges,
di origini nobili svizzere, si trasferisce in Italia alla metà dell’Ottocento,
dopo essere stato nominato console generale svizzero
dello Stato Pontificio. La vita serena di Louis Gourges va incontro
al declino quando, a seguito della presa di Roma e della successiva
proclamazione dell’Unità d’Italia, tutte le sue proprietà
vengono confiscate e annesse al nuovo Stato. I vari tentativi di
fare causa al governo e di richiamare la giustizia purtroppo non
portano a niente se non a provocare in lui la depressione. Così,
la perdita delle forze e della speranza conducono Louis Gourge
alla morte ad appena 51 anni. La moglie, Emilie De La Morte,
colpita dal tragico evento e rimasta sola con il piccolo Carlo
e altri due figli, decide di trasferirsi a Firenze dove raggiunge la
sorella, sposata con un altro dei fratelli Schlatter. Nella città toscana
la sua vita rivedrà ancora una volta la luce, quando, dopo
essersi recata regolarmente al Cimitero degli Allori sulla tomba
del marito, lungo il percorso incontrerà quello che diventerà il
suo secondo marito, restituendole amore e nuove forze vitali. Incredibilmente,
anche Carlo Adolfo incontra la sua futura moglie,
Emma Moni, percorrendo la stessa strada sul Lungarno. Conoscendo
la storia di suo padre, che aveva subito enormi sofferenze
a causa della perdita dei possedimenti materiali, Carlo Adolfo
decide presto di non cercare la felicità o la serenità nel mondo
materiale. Il suo percorso personale si concentra infatti sulla ricerca
della spiritualità e sul dialogo con l’eterno. Il mezzo per
aprire la propria anima al mistero diventa la pittura. Per quanto
dal punto di vista tecnico il suo linguaggio dialoghi con la produzione
dei Macchiaioli, del decadentismo e del simbolismo (in
particolare con l’opera di Arnold Böcklin, anche lui residente in
quel periodo a Firenze), l’artista conferisce alle proprie opere il
tono di una profonda ricerca teologica. La passione filosofica
e spirituale avrà esiti non solo nell’arte figurativa ma anche nei
numerosi manoscritti tutt’oggi reperibili nella sua casa museo.
Nonostante la stima verso altri pittori, le frequentazioni e le numerose
partecipazioni a mostre d’arte, il suo percorso umano lo
porta su una strada del tutto originale. Infatti, Carlo Adolfo decide
di non inserirsi pienamente nel panorama artistico, rifiutando
fin dall’inizio il mercato dell’arte. Decidendo di non mettere
mai in vendita nessuno dei propri quadri, vive una vita semplice,
traendo i profitti dal lavoro artigianale. È convito che le sue opere
siano cariche di grande spiritualità, per questo usa l’arte come
un mezzo per comunicare con l’eterno e lascia scritto ai suoi
eredi di continuare questa tradizione. I forti principi lo portano
ad una ricca produzione artistica ma anche agli scontri con la
famiglia della moglie. Anche lei di illustri origini, figlia di un ge-
Il salone di Casa Schlatter oggi
Uno scorcio degli interni
14
CASA SCHLATTER
nerale del corpo di armata, fu talmente colpita dal giovane Carlo
che finì diseredata. La devozione fu reciproca; ne è testimonianza
la scritta A Emma dedico la mia opera che fu sua per sacrifizio
e per amore all’entrata della loro casa sulla destra del corridoio
che porta nell’immenso doppio salone. Schlatter era convinto
che niente l’avrebbe mai separato dalla sua amata in quanto
per lui la vita terrena rappresentava soltanto l’inizio del percorso
vitale dell’anima. Rifiutando anche il rito del funerale in quanto
non credeva nella morte, oggi il pittore continua a vivere nelle
sue tele che lo rendono eterno e lo legano per sempre alla memoria
del capoluogo toscano. Oggi Casa Schlatter è un bed&-
breakfast che organizza anche visite guidate, permettendo
così di scoprire e di immergersi nelle opere e nello studio di
Carlo Adolfo Schlatter.
Casa Schlatter
Viale dei Mille 14 / 50131 Firenze
www.casaschlatter-florence.com
+39 3471180215
info@casaschlatter-florence.com
www.florenceartgallery.com
Carlo Adolfo Schlatter, Autoritratto a trent’anni (1903), olio su tela, cm 69x90
C. A. Schlatter, Idillio (1897 ca.), olio su tela, cm 233x152
CASA SCHLATTER
15
La La seconda edizione edizione della della della mostra mostra e premio e e premio internazionale internazionale Tamara Art Tamara Award Art Art rende Award omaggio rendono alla famosa omaggio pittrice alla polacca
famosa artista esponente artista polacca polacca dell’Art Art déco Art Deco Deco Tamara Tamara de Lempicka de de Lempicka che è stata che che anche è è stata una stilista, anche una promotrice stilista , , promotrice di stile e una di delle
famosa
stile prime stile e una e donne una delle delle ed prime artiste prime donne impegnate donne ed ed artiste a artiste favorire impegnate l’emancipazione a a favorire femminile. l'emancipazione L’Autoritratto delle in Bugatti donne.Il verde suo è il motto dipinto
"Autoritratto di Tamara in Buggatti in e Buggatti l’emblema Verde” Verde” della divenne libertà divenne e il dell’indipendenza motto il motto dipinto di della di Tamara donna de moderna. Lempicka. Il premio ed ed emblema Tamara Art della Award è dedicato
libertà ed alla ed libera indipendenza interpretazione della della donna donna e rappresentazione moderna. Il premio Il della premio donna Tamara emancipata, Art Art Award proprio è è per dedicato ricordare alla la libera personalità di
Tamara interpretazione de Lempicka,
libertà
della della il suo rappresentazione carattere forte
di
e di donna
l’innato donna glamour emancipata, che ha influenzato proprio per per il ricordare look di tante
la la personalità donne. L’artista
di
di polacca
Tamara era
Tamara de
legata de Lempicka, Lempicka, a Venezia,
il suo
dove il suo carattere
si carattere recava spesso
forte forte e
per
l'innato e l'innato trascorrere
glamour glamour le vacanze
che che ha ha e per influenzato incontrare
look look Peggy
di di Guggenheim, tante e a Firenze
per i suoi frequenti viaggi studio sul manierismo toscano da lei tanto apprezzato. In occasione della seconda
donne.L'artista donne.L'artista polacca polacca era era legata legata a Venezia a Venezia dove dove si si recava recava spesso spesso per per trascorrere le le vacanze e per
per
edizione del premio tutte le opere partecipanti saranno esposte a Venezia presso il prestigioso salone nel palazzo
incontrare incontrare Peggy Peggy Guggenheim Guggenheim e a e Firenze a Firenze per per i suoi i suoi frequenti frequenti viaggi viaggi studio studio sul sul manierismo toscano da
da
della Scuola Grande di San Teodoro una video proiezione che si terrà dal 26 al 29 maggio 2022 oppure in una
lei amato. lei amato.
In occasione In occasione
della della
seconda seconda
edizione edizione
del del
premio premio
internazionale internazionale
Tamara Tamara
Art Art
Award Award
tutte tutte
le
le
mostra dal 26 maggio al 6 giugno 2022 che vedrà anche la presenza di capolavori originali di Tamara de Lempicka
opere opere
(serigrafie
partecipanti partecipanti
certificate
saranno saranno
dalla figlia
esposte esposte
Kizette de
a
Lempicka)
Venezia a Venezia
e
presso presso
la partecipazione
il il
prestigioso prestigioso
all’evento
salone
salone
Tamara-glamour della donna eterna
del del
Palazzo Palazzo
organizzato
Scuola Scuola
dallo
Grande Grande
Studio Artemisia
San San
Teodoro Teodoro
e dalla de
in in
una una
Lempicka
mostra mostra
Estate.
con con
I
video video
venti finalisti
proiezione proiezione
riceveranno
dal dal
26 26
certificazioni
al al
29 29
maggio
maggio
2022 oppure potranno essere esposte dal 26 maggio al 6 giugno 2022 accanto a capolavori personalizzate
oppure e saranno potranno inclusi nel essere catalogo esposte dell’evento. dal 26 I primi maggio tre classificati, al 6 giugno oltre 2022 a prestigiose accanto targhe a capolavori
originali di Tamara de Lempicka ( serigrafie certificate dalla figlia Kizzette de Lempicka) premio, e prendere riceveranno
2022
originali alcuni dei di seguenti Tamara riconoscimenti: de Lempicka pubblicazioni ( serigrafie dedicate certificate alla dalla loro attività figlia Kizzette artistica e de la Lempicka) possibilità esporre prendere
parte nell'ambito dell'evento "Tamara-glamour della donna eterna" organizzato da Studio un’ope-
parte nell'ambito dell'evento "Tamara-glamour nella prossima della donna mostra. eterna" organizzato da Studio
Artemisia e de Lempicka Estate. I venti finalisti che parteciperanno all'evento riceveranno le
Artemisia e de Lempicka Estate. I venti finalisti che parteciperanno all'evento riceveranno le
certificazioni personalizzate e saranno inclusi nel catalogo dell'evento .I primi tre classificati oltre
certificazioni personalizzate e saranno inclusi nel catalogo dell'evento .I primi tre classificati oltre
prestigiose targhe premio, riceveranno alcuni dei seguenti riconoscimenti : pubblicazioni dedicate alla
prestigiose loro attività
targhe artistica
premio, e la La possibilità
riceveranno data ultima di
alcuni esporre per dei iscriversi una
seguenti delle è proprie entro riconoscimenti il opere 30 aprile nella
: pubblicazioni prossima 2022
mostra
dedicate .
alla
loro attività artistica e la possibilità di esporre una delle proprie opere nella prossima mostra .
La data ultima PER INFORMAZIONI per iscriversi CONTATTARE:
è entro 30 aprile 2022
La data ultima per mbstudioarte@gmail.com
iscriversi è entro 30 aprile 2022
cell.320191688
PER INFORMAZIONI CONTATTARE:
mbstudioarte@gmail.com
PER INFORMAZIONI CONTATTARE:
cell.3201916883
mbstudioarte@gmail.com cell.3201916883
A cura di
Luciano e Ricciardo Artusi
Curiosità storiche
fiorentine
Il Carnevale
La più allegra e spensierata delle festività
di Luciano e Ricciardo Artusi
Questa antica festività, detta nell’uso
toscano anche “Carnovale”,
è quella gaudente scansione
di tempo che decorre dal giorno
successivo all’Epifania a quello antecedente
le Ceneri. Il Carnevale, in tempi
lontani, indicava non soltanto questo periodo
dell’anno ma anche tutte le manifestazioni
festose che avevano luogo in
tale particolare momento di allegria collettiva.
L’etimologia della parola Carnevale,
secondo alcuni storici, deriverebbe dal
vocabolo assai più antico “Carnasciale”
cioè “carne a scialo” consumata per l’occasione
in grande abbondanza (in modo
particolare a Berlingaccio), unitamente
alla voglia di divertirsi e di scherzare. Il
motto latino semel in anno licet insanire
sentenziava che almeno una volta all’anno
si potesse “impazzire” dalla gioia di vivere
ed i fiorentini, sempre pronti al divertimento ed alla gaiezza
spensierata, aggiungevano che “a Carnevale ogni scherzo
vale”, distinguendo però che le burle fossero lecite e non licenziose
in quanto era risaputo che lo “scherzo di mano” era
da sempre considerato “scherzo da villano”. E certamente
villano era l’uso dei giovani fiorentini popolani ma anche appartenenti
a nobili famiglie di mascherarsi nelle più strane
fogge ed andare in giro per la città passandosi fra di loro a
furia di calci, una grossa palla di stracci la quale, guarda caso,
finiva sempre per colpire qualche ignaro passante o finire
nelle botteghe di quegli artigiani che, nonostante la gioconda
festività, lavoravano imperturbabili. Il popolo si divertiva
di questo molesto gioco, specialmente quando le botteghe
prese a bersaglio erano quelle dei rigattieri e ferrivecchi in
Mercato Vecchio: la palla di stracci colpiva la merce esposta
generando un gran fracasso per il cascare di pentole, paioli,
padelle, alari, ferri che suonavano come campanacci. A volte
quei “giocatori di calcio improvvisato” prendevano di mira
Luciano Artusi, a sinistra, con il figlio Ricciardo
Giovanni Signorin, Il Carnevale a Firenze in Piazza Santa Croce (1846), olio su tela, Galleria di Arte
Moderna, Palazzo Pitti
ragazze o distinte signore costringendole a fughe precipitose
in casa o nella chiesa più vicina. Scherzi, risate, fischi e
baccano erano gli ingredienti essenziali di uno sfrenato divertimento
che si ingentiliva quando venivano coinvolti anche
distinti ed importanti personaggi senza distinzione di
ceto, ordine e condizione. Per Carnevale era così dato modo
di divertirsi e di spassarsela: nelle vie si cantava, si ballava,
si cenava con carne a “scialo” senza risparmio. L’usanza
di mangiare la “ciccia” almeno nel giorno di Berlingaccio (ultimo
giovedì di Carnevale o giovedì grasso) era talmente in
uso nella nostra città da determinare il proverbio popolare:
Per Berlingaccio chi non ha ciccia ammazzi i’ gatto! Del resto
lo stesso termine “berlingaccio” aveva origine dall’antico
vocabolo “berlengo” che significava “tavola imbandita,
mensa, luogo dove si gozzoviglia”. In quei lieti giorni la città
era senz’altro più allegra e spensierata di sempre e personalità
come il letterato Benedetto Varchi, lo storico Jacopo
Nardi ed il cancelliere della Repubblica Fiorentina Niccolò
Cornici Ristori Firenze
www.francoristori.com
Via F. Gianni, 10-12-5r
50134 Firenze
Machiavelli amavano mascherarsi
e unirsi alle allegre brigate per
partecipare ai “canti carnascialeschi”
dove, accompagnati da
armoniose melodie, cantavano
canzoni licenziose o castamente
liete, oppure già famose come
quella nota scritta da Lorenzo il
Magnifico: «Quant’è bella giovinezza
che si fugge tuttavia. Chi
vuol esser lieto sia…».
IL CARNEVALE
17
Personaggi nel
mondo
Lolita Valderrama Savage
Artista internazionale da sempre legata a Firenze, ha preso parte con alcune opere al
progetto Tableaux of Amico Fritz promosso dal Teatro Grattacielo di New York
di Daniela Pronestì
Più volte, negli scorsi anni, le pagine di questa
rivista hanno raccontato la storia dell’artista
internazionale Lolita Valderrama Savage. Pittrice
di origini filippine da anni residente a Stamford,
nel Connecticut, Lolita è legata alla città di Firenze dal
1973, anno in cui vi si trasferisce, dopo vari spostamenti
in Europa, per frequentare l’Accademia di Belle
Arti. In questo periodo completa la sua formazione
artistica, grazie anche all’incontro con maestri come
Silvio Loffredo, ed impara ad apprezzare le bellezze
naturalistiche della Toscana, che da allora diventano
uno dei soggetti più ricorrenti nella sua pittura. Questo
lungo ed ininterrotto rapporto “d’amore” con la
città del giglio è stato suggellato anche da importanti
mostre in sedi istituzionali, come la personale nel
2019 nella sede del Consiglio Regionale della Toscana.
La incontriamo, in questa occasione, per parlare
di un’iniziativa che la vede coinvolta, insieme ad Enzo
Pizzimenti e Stefanos Koroneos – rispettivamente
presidente e direttore artistico del Teatro Grattacielo
di New York –, nella realizzazione di Tableaux of Amico
Fritz, progetto nel quale cinque suoi dipinti hanno
offerto lo spunto visivo per un riadattamento della celebre
opera lirica di Pietro Mascagni. A ciascun quadro,
è stato associato un brano de L’Amico Fritz e una
parola chiave attraverso la quale offrire al pubblico
uno spunto interpretativo.
Come hai conosciuto il Teatro Grattacielo?
Ho scoperto l’attività del Teatro Grattacielo grazie al
direttore artistico Stefanos Koroneos. Ho sentito par-
Lolita Valderrama Savage (ph. Carlo Midollini)
18
LOLITA VALDERRAMA SAVAGE
lare di lui dalla giornalista fiorentina Anna Balzani ed ho chiesto
di poterlo conoscere. Dopo di lui ho incontrato anche il
presidente del Teatro, Enzo Pizzimenti: era novembre 2021,
ci trovavamo entrambi a Firenze e ci siamo visti nella mia casa
in Piazza della Signoria. Sia di Stefanos che di Enzo mi ha
colpito fin da subito la loro autentica e profonda passione per
l’opera lirica e per l’arte. Sono rimasta affascinata dalla dedizione
con la quale portano avanti l’attività del Teatro, ponendosi
come obiettivo quello di diffondere non solo negli Stati
Uniti ma nel mondo la conoscenza della cultura italiana e di
supportare i giovani artisti.
Qual è il tuo rapporto con la musica?
Adoro la musica, non posso farne a meno. È una passione
che mi scorre nelle vene fin da quando ero bambina. Le mie
zie erano musiciste, mio padre componeva musica, sono cresciuta
in mezzo alle note e all’arte. La musica mi accompagna
sempre, anche mentre dipingo, senza di lei non potrei
mai creare. È per me una continua fonte di ispirazione; mi
emoziona, mi fa commuovere, mi fa sentire viva.
Cosa ti ha spinto a prendere parte al progetto Tableaux of
Amico Fritz?
Mi sono fatta letteralmente travolgere dall’entusiasmo di Stefanos,
che ha scelto le opere, e di Enzo. Non potevo dire di
no. È un progetto talmente bello che farne parte è per me motivo
di grande soddisfazione, non solo perché mi emoziona
l’idea di legare la mia pittura alla musica, ma anche perché
come artista ho sentito il dovere di dare un mio contributo
al superamento del drammatico periodo che abbiamo attraversato
negli ultimi due anni. La pandemia ci ha fatto capire
quanto l’amore sia fondamentale nelle nostre vite, quanto
sia bello trascorrere del tempo con gli amici, con gli affetti
familiari, riscoprire valori come la solidarietà, l’aiuto reciproco.
Lo scopo dell’arte è appunto quello di mettere insieme le
persone, offrire loro una speranza nei momenti difficili. Questo
progetto ha il grande merito di far comprendere, soprattutto
alle nuove generazioni, lo straordinario potere dell’arte
e della bellezza, due cose delle quali davvero non possiamo
fare a meno perché danno senso alla vita, nutrono la mente
e innalzano lo spirito. Insomma, ci rendono persone migliori!
Più volte nella tua carriera artistica hai aderito ad iniziative
che avevano come finalità quella di dare sostegno ai giovani.
Vale la stessa cosa anche in questo caso?
Sì, certamente. Uno degli aspetti che mi più mi piace di questo
progetto è il fatto che il Teatro Grattacielo metta a disposizione
delle borse di studio per alcuni dei giovani che vi
prenderanno parte. La trovo un’iniziativa meritoria, soprattutto
in un periodo critico come quello attuale. I giovani sono
stati senza dubbio i più colpiti dalla pandemia, quelli che più
di altri ne pagheranno le conseguenze psicologiche a lungo
termine. Gli è stata negata la possibilità di andare a scuola,
incontrare gli amici, socializzare, vivere con la spensieratezza
necessaria per la loro età. Molti di loro hanno perso la
Mercatale, olio su tela; quest’opera è stata inclusa nel progetto per richiamare il
concetto di “spiritualità”
Il raccolto, olio su tela; una delle cinque opere coinvolte in Tableaux of Amico
Fritz come rimando al concetto di “tradizione”
speranza, sono tristi e demotivati. Hanno davanti un futuro
incerto, minacciato da guerre, malattie, inquinamento, catastrofi
naturali. Il nostro compito come adulti è aiutarli a risollevarsi
e a realizzare i loro sogni. Sostenere i giovani artisti di
tutto il mondo, come fa il Teatro Grattacielo, è una missione
nobilissima, e mi onora poter dare il mio contributo.
Dopo Tableaux of Amico Fritz, la tua collaborazione con il
Teatro Grattacielo prosegue con un altro progetto…
È tutto merito di Stefanos, della sua vulcanica creatività. Mi
ha chiesto di mettere a disposizione per la messinscena del
Don Giovanni alcuni miei disegni realizzati mentre ero in Spagna.
Ovviamente, ho risposto di sì! E devo dire che mi ha
sorpresa vedere i miei disegni trasformati in installazioni luminose
così d’impatto ed affascinanti.
LOLITA VALDERRAMA SAVAGE
19
Personaggi nel
mondo
Enzo Pizzimenti
Presidente del Teatro Grattacielo di New York e fondatore della Camerata Bardi, promuove
iniziative in favore della diffusione della cultura italiana nel mondo
di Daniela Pronestì / foto courtesy Teatro Grattacielo
Calabrese di nascita, dal 1974 Enzo Pizzimenti vive negli
Stati Uniti, dove si è trasferito, in giovane età, per
completare gli studi. Ad una brillante carriera nel settore
del real estate, ha affiancato negli anni un’importante
attività a sostegno della diffusione della cultura italiana in
America. Profondo conoscitore dell’opera lirica – ha studiato
da tenore –, ha fondato la Camerata Bardi, accademia per
la formazione canora di giovani e adulti, e da due anni ricopre
il ruolo di presidente del Teatro Grattacielo di New York.
Lo abbiamo intervistato per farci raccontare, insieme alla sua
pluridecennale esperienza nella promozione delle eccellenze
artistiche italiane nel mondo, il recente incontro a Firenze
con l’artista internazionale Lolita Valderrama Savage per lavorare
insieme al progetto Tableaux of Amico Fritz promosso
dal Teatro Grattacielo. Gli abbiamo chiesto inoltre un parere
su come l’Italia possa meglio divulgare all’estero la conoscenza
del proprio patrimonio culturale, valorizzandolo anche
come fonte di ricchezza economica.
Quando hai iniziato ad appassionarti all’opera lirica?
Ho cominciato a studiare canto lirico come tenore da un maestro
italiano all’età di cinquant’anni. Penso che il canto sia
una delle forme d’arte più belle da imparare, fa bene non solo
allo spirito ma anche alla salute perché insegna a respirare
con il diaframma e quindi ad ossigenarsi meglio. Frequentando
quest’ambiente, mi sono appassionato all’opera ed ho
deciso di impegnarmi personalmente per divulgarne la conoscenza
al pubblico americano. Ho iniziato a promuovere
la cultura italiana con la Columbus Foundation della quale
faccio parte e due anni dopo ho fondato la Camerata Bardi,
un’accademia di canto lirico per giovani e meno giovani.
Ho scelto di chiamarla così per omaggiare le origini italiane
del “recitar cantando” attraverso quella che fu, nel XVI secolo,
l’attività della Camerata de’ Bardi a Firenze, città che amo
e dove mi reco spesso.
Come hai conosciuto il Teatro Grattacielo?
Il merito è del direttore artistico del Teatro Grattacielo Stefanos
Koroneos, che ho conosciuto perché era spesso ospite,
in qualità di cantante, di una compagnia di opera lirica della
quale sono presidente nella città dove abito. Due anni fa, è
venuto a trovarmi con la fondatrice del Teatro Grattacielo per
chiedermi di collaborare con loro. È stato talmente convincente
che non ho potuto dirgli di no. Ho accettato l’incarico di
presidente e insieme ci siamo messi a lavorare con dedizione
e passione per promuovere ed incrementare l’attività del Te-
Enzo Pizzimenti
atro Grattacielo. In poco tempo, siamo riusciti a farci conoscere
anche fuori degli Stati Uniti e ad oggi collaboriamo con
teatri e scuole in ogni parte del mondo. Abbiamo affiancato
l’attività del Teatro a quella della Camerata Bardi, e quindi la
realizzazione degli spettacoli all’attività didattica dell’accademia.
Sono due realtà distinte che però operano in sinergia
per far conoscere soprattutto alle nuove generazioni la bellezza
del canto lirico italiano.
E l’incontro con Lolita Valderamma Savage com’è avvenuto?
Mi è stata presentata dalla giornalista Anna Balzani mentre
mi trovavo a Firenze. Lolita è un’artista straordinaria, una
donna sensibile alla bellezza ed amante della cultura italiana.
La sua collaborazione con il Teatro Grattacielo mi rende
davvero felice, perché anche grazie a lei stiamo riuscendo a
far conoscere la nostra attività fuori dagli Stati Uniti.
Sostieni che l’opera lirica sia la più alta e compiuta espressione
del Made in Italy, perché?
Sì, è vero, sono convinto che tra tutte le “invenzioni” italiane
quella dell’opera lirica sia la più geniale e completa perché
comprende tutto: il canto, le arti visive, la storia, i costumi,
la prosa. Attraverso la messinscena di un’opera lirica possiamo
rivivere un’epoca lontana, ripercorre l’arte e la storia del
20
ENZO PIZZIMENTI
passato. È un modo anche per far sopravvivere la nostra lingua,
visto che tutti i cantanti lirici del mondo devono studiare
l’italiano per vocalizzare e leggere il libretto dell’opera. E poi
non dimentichiamo che si tratta di una forma d’arte totalmente
Made in Italy: l’abbiamo inventata noi, tutto il mondo ce la
invidia, dovremmo esserne fieri. Per tutti questi motivi penso
che non ci sia modo migliore e più efficace per divulgare la
cultura italiana all’estero se non attraverso l’opera lirica. Peccato
però che proprio in Italia i progetti del Teatro Grattacielo
fatichino ad essere accolti: ci chiamano da ogni parte del
mondo per mettere in scena i nostri spettacoli o aderire alle
nostre iniziative per le scuole. L’anno scorso in Grecia abbiamo
realizzato ben tredici spettacoli, mentre in Italia ancora
nessuno. E questo, da italiano che ama il proprio paese, mi
dispiace davvero tanto.
Com’è l’Italia vista da un italoamericano che come te diffonde
la conoscenza delle bellezze artistiche del nostro
paese all’estero?
Se dovessi dare un voto da 0 a 10 al modo in cui l’Italia promuove
sé stessa al di fuori dei confini nazionali darei 1.
Questo perché, al di là degli istituti di cultura italiana, che
peraltro sono luoghi frequentati per lo più da emigrati italiani,
il nostro paese non fa granché d’altro per promuovere
il proprio patrimonio artistico all’estero. Una situazione a
mio parere inaccettabile, soprattutto perché potremmo fare
della cultura il vero motore dell’economia italiana. Purtroppo
l’Italia continua ad adagiarsi sulla grandezza del proprio
passato, a vivere di eredità, mentre dovrebbe invece darsi
da fare affinché l’immensa bellezza artistica che i nostri
avi ci hanno lasciato sopravviva nel tempo generando nuova
ricchezza. Spesso dimentichiamo che l’Italia rappresenta
soltanto lo 0,6% della popolazione mondiale: dobbiamo
quindi faticare di più per non farci schiacciare dalla concorrenza,
ma abbiamo dalla nostra parte delle opere incredibili
e un talento creativo unici al mondo. Il colmo è che
la cultura italiana piace di più agli stranieri che agli italiani
stessi. Posso farti l’esempio degli Stati Uniti, dove tutto ciò
che è arte e creatività italiana, è tenuto in grande considerazione.
Che altro aggiungere? Mi auguro che quest’intervista
serva ad aprire degli spiragli per iniziare a collaborare
anche con Italia, magari proprio con Firenze, madrepatria
del bel canto.
Un momento della messinscena de L’Amico Fritz di Mascagni da parte della compagnia del Teatro Grattacielo nel 2021 (ph. Gustavo Mirabile)
ENZO PIZZIMENTI
21
Personaggi nel
mondo
Stefanos Koroneos
Dopo una carriera internazionale come cantante lirico, da due anni è
direttore artistico del Teatro Grattacielo
Il suo obiettivo è divulgare la conoscenza dell’opera lirica italiana nel mondo coinvolgendo
soprattutto le nuove generazioni
di Daniela Pronestì / foto courtesy Teatro Grattacielo
Dopo una carriera internazionale come cantante lirico,
Stefanos Koroneos, greco di nascita, americano
d’adozione e italiano per amore del “bel canto”, da
due anni è direttore artistico del Teatro Grattacielo di New
York, che con lui ha preso un nuovo indirizzo, più orientato
all’integrazione dei linguaggi artistici e al coinvolgimento
dei giovani attraverso le nuove tecnologie. La sua profonda
conoscenza dell’opera lirica, l’entusiasmo e la passione
che trapelano da ogni sua scelta fanno di lui una delle figure
trainanti, insieme al presidente Enzo Pizzimenti, del Teatro
Grattacielo. In questa intervista racconta di progetti già
messi a segno e di altri ancora in corso, incluso Tableaux
of Amico Fritz, riadattamento per le scuole dell’opera di Mascagni
realizzato in collaborazione con l’artista Lolita Valderrama
Savage.
Raccontaci un po’ di te e di come sei arrivato a ricoprire il
ruolo di direttore artistico del Teatro Grattacielo.
Sono stato un cantante professionista per venticinque anni,
ho cantato un po’ dappertutto, in vari teatri del mondo,
anche se gran parte della mia attività si è svolta in Italia, a
Milano e specialmente a Parma con la Fondazione Toscanini.
Mi ha sempre incuriosito conoscere la parte amministrativa
dei teatri. Un po’ di anni fa mi fu data la possibilità
di affiancare la fondatrice del Teatro Grattacielo e di imparare
grazie a lei il lavoro di chi amministra una compagnia
teatrale. Quando la signora ha deciso di ritirarsi, mi è stato
chiesto dal consiglio di amministrazione del Teatro di assumerne
la direzione artistica, proposta che ho accettato molto
volentieri.
In che modo è cambiata l’attività del Teatro in questi ultimi
due anni?
Fino a due anni fa il Teatro Grattacielo è stata una compagnia
dedita alla messinscena di opere liriche italiane di
stampo verista in forma di concerto, con tanto di orchestra
e di libretto tradotto in inglese per il pubblico americano.
Personalmente, coltivo da sempre una grande passione
per le arti visive e per la possibilità di integrare i linguaggi
artistici in un’ottica multidisciplinare. Per questo motivo,
il mio lavoro con il Teatro Grattacielo in questi due anni è
stato volto a combinare diverse forme d’arte nella messin-
Stefanos Koroneos
scena degli spettacoli, coniugando il canto con opere di pittura
o scultura inserite nel racconto. Il primo spettacolo di
questo genere è stato la Fedora di Giordano nel 2020, il secondo
L’Amico Fritz di Mascagni nel 2021 e per il prossimo
giugno stiamo preparando Giulietta e Romeo di Zandonai.
L’altro aspetto sul quale ho lavorato riguarda la mission del
Teatro Grattacielo, che è quella di far conoscere l’opera lirica
alle nuove generazioni, le quali, come sappiamo, sono
solitamente convinte che l’opera sia un “pezzo da museo”,
un’espressione artistica antiquata e noiosa. Ho quindi cercato
il modo di incuriosirli, di catturare la loro attenzione.
22
STEFANOS KORONEOS
I due interpreti di Tableaux of Amico Fritz
Com’è nato il progetto per le scuole Tableaux of Amico Fritz?
È nato dopo aver conosciuto Lolita Valderrama Savage. La
sua pittura mi ha entusiasmato, ho pensato subito che avrei
dovuto coinvolgerla in un progetto. Per questa ragione, ho
individuato cinque suoi dipinti per me particolarmente significativi
e a ciascuno di questi ho abbinato un estratto
dell’opera di Mascagni, per una durata totale dei brani di
circa 13/14 minuti. Come trait d’union tra pittura e canto,
ho scelto cinque parole chiave, una per ogni dipinto, leggendo
le quali i ragazzi possono conoscere fin da subito
alcune tematiche che troveranno poi negli estratti dell’opera
lirica ma possono prima ancora commentare queste parole
filtrandole attraverso le proprie esperienze. L’intento è
renderli protagonisti, parte attiva del progetto e non soltanto
spettatori.
revo molto tempo in mezzo alla natura,
i miei migliori amici erano gli alberi,
i fiori, la terra. Allo stesso modo, la parola
traditions è densa di suggestioni:
mi è venuta in mente osservando il
quadro di Lolita in cui la raccolta del
grano richiama l’idea di una tradizione
contadina che si tramanda di generazione
in generazione. E quindi qualcosa
che ci lega saldamente alle nostre
radici familiari, culturali, etc. . Molto
importante è anche la quinta parola
chiave, il “potere dell’amore”, che in
un certo senso contiene tutte le altre,
proprio come accade ne L’Amico Fritz,
dove i due protagonisti, soprano e tenore,
si abbandonano alla forza dell’amore
dopo un percorso che li vede
riscoprire sé stessi, la propria interiorità,
l’attaccamento alle radici.
Quali sono queste parole chiave e in base a quali criteri le
hai scelte?
I giovani come hanno accolto questa tua iniziativa?
Stiamo avendo un’ottima risposta dalle scuole, sia in America,
a Miami, Chicago e Indianapolis, che all’estero, anche
in paesi lontani come le Filippine. Finora i feedback raccolti
sono più che positivi, e questo mi fa molto piacere. Non
volevo assolutamente che si riproponesse la situazione alla
quale mi è capito spesso di assistere durante ad esempio
le recite scolastiche, con i ragazzi in platea annoiati, distratti
dal telefonino o intenti a parlare tra di loro.
Secondo te, cosa cattura di più la loro attenzione?
In generale penso che i giovani siano attratti soprattutto
dalla parte artistica, e in particolare da quella che prevede
il ricorso alla tecnologia e ai linguaggi multimediali.
Le parole chiave sono earthiness, che in italiano
possiamo tradurre come “connessione
con la terra”, transitions (transizioni),
traditions (tradizioni), spirituality (spiritualità)
e power of love (il potere dell’amore).
Le ho scelte ispirandomi alle opere di Lolita,
che mi hanno molto emozionato e fatto
pensare a come avrei potuto legare questi
concetti, e quindi anche i relativi dipinti,
al capolavoro di Mascagni. Ciascuna di
queste parole sottende una grande varietà
di significati perché lo scopo non è dare ai
ragazzi un’interpretazione univoca ma offrire
loro un ventaglio di possibilità. La parola
earthiness, ad esempio, può voler dire molte
cose: a me personalmente ha fatto ricordare
quando da bambino, nel paesino del
Peloponneso dove sono cresciuto, trascor-
Un momento della registrazione del progetto Tableaux of Amico Fritz
STEFANOS KORONEOS
23
Per quanto riguarda Tableaux of Amico Fritz,
mi è capitato di assistere alla presentazione
del progetto in una scuola di Miami: ho notato
che i ragazzi, circa 200, erano contenti di
commentare le parole chiave, darne un’interpretazione
personale, ma la cosa ancora più
bella è stata notare la loro attenzione quando
è venuto il momento di ascoltare la parte
musicale. Non so quanti di loro continueranno
in futuro ad ascoltare musica lirica, se
qualcuno deciderà magari di studiare canto
o di approfondire la conoscenza dell’opera.
L’importante per me è fargli capire che la lirica
è un’arte che può parlare anche ai giovani;
non è qualcosa di vecchio o stantio ma è un
concentrato di creatività e bellezza che tutti,
a qualunque età, possono apprezzare.
Come si accede al progetto?
Per via del Covid, abbiamo pensato che rendere
il progetto fruibile online, attraverso l’interfaccia
del computer, ci avrebbe consentito
di arrivare ai giovani, nelle scuole, più facilmente.
Lo svolgimento è abbastanza semplice:
per prima cosa forniamo ai docenti un
testo illustrativo dei contenuti e degli obiettivi
da raggiungere; il passaggio successivo è il coinvolgimento
dei ragazzi, ciascuno dei quali fruisce dei contenuti
stando davanti al proprio computer. Per le scuole che lo volessero,
ci sono altre due possibilità: realizzare il progetto
in presenza con l’utilizzo di un proiettore oppure affidare
la presentazione a due professionisti del Teatro Grattacielo
che, collegandosi online con la classe, spiegano l’opera
ai ragazzi e interagiscono con loro. Alla fine dell’esperienza,
chiediamo agli studenti che lo vogliono di inviarci un loro
commento scritto. Agli elaborati migliori assegneremo due
borse di studio, 500 dollari ciascuna, appositamente istituite
dal Teatro. È importante ricordare che l’accesso al progetto
da parte delle scuole è totalmente gratuito.
La pandemia ci ha insegnato che le nuove tecnologie servono
anche per fare cultura; che impatto hanno avuto
sull’attività del Teatro Grattacielo?
Io sono totalmente a favore della tecnologia, i nostri spettacoli
prevedono sempre un elemento tecnologico perché
non hanno un set, una scenografia tradizionale. Ed è stata
proprio la tecnologia, durante questi due anni di pandemia,
a consentirci di far conoscere l’attività del Teatro Grattacielo
ad un pubblico internazionale e non più soltanto a quello
newyorkese. Grazie al Web siamo riusciti ad entrare nelle
case delle persone, a raggiungere gente che mai prima di allora
aveva sentito parlare di noi. E visto che il nostro obiettivo
è far conoscere, insieme alla lirica, anche la cultura e la
lingua italiana, la tecnologia può essere uno strumento molto
efficace e diretto per ottenere questo risultato.
La scultura a neon ispirata ai disegni di Lolita Valderrama Savage per l'opera Don Giovanni
A cosa stai lavorando adesso?
All’organizzazione dello spettacolo Giulietta e Romeo di Zandonai,
che verrà messo in scena il 4 e 5 giugno prossimi al
Wagner Park di New York. È un incarico molto importante,
un bel riconoscimento per il Teatro Grattacielo, sia perché
lo spettacolo ci è stato richiesto dal Lincoln Center, un’istituzione
newyorkese davvero prestigiosa, sia perché si terrà
nell’ambito di una delle manifestazioni culturali più importanti
dell’estate cittadina. La scelta dell’opera di Zandonai è nata
facendo il sopralluogo al Wagner Park: mi è bastato vedere
un muro, con mattoni rossi e due balconi, per pensare subito
alla vicenda dei due giovani protagonisti shakespeariani. Ho
previsto una messinscena molto particolare, con luci, proiezioni,
video, insomma qualcosa che, spero, emozionerà tanto
il pubblico. Il cast è enorme, ne fanno parte anche diversi
italiani, inclusi il direttore d’orchestra che è romano. Ovviamente,
tutto questo è possibile grazie al presidente del Teatro
Grattacielo Enzo Pizzimenti, senza il quale non avremmo
potuto raggiungere gli obiettivi messi a segno in questi ultimi
due anni. Enzo ama l’opera lirica e la cultura italiana più
di ogni altra cosa e s’impegna tantissimo, lavorando giorno
e notte, per portare avanti l’attività del Teatro. Altrettanto importante
è il contributo di Lolita, la cui arte è per me fonte
di continua ispirazione, tanto che, dopo l’opera di Mascagni,
l’ho coinvolta nella messinscena del Don Giovanni, che debutterà
prossimamente al Teatro Apollon di Ermoupolis a Syros,
con alcuni suoi disegni su carta che, trasformati in sculture
a neon da Tasos Protopsaltou, stage designer, e da Emorfili
Tsimplidou, lighting designer, fanno parte della scenografia.
24 STEFANOS KORONEOS
Associazioni in
Toscana
Associazione Toscana USA-ONLUS
Dal 1995 un punto d’incontro sociale, culturale ed economico tra la nostra regione e gli Stati Uniti
di Jacopo Chiostri / foto courtesy Associazione Toscana USA- ONLUS
Nonostante le difficoltà dell’emergenza pandemica, l’Associazione
Toscana USA-ONLUS è riuscita nel 2020 e
nel 2021 a condurre in porto buona parte delle proprie
iniziative tradizionali. In particolare, come tiene a sottolineare il
presidente dell’associazione, Maurizio Mancianti: «Siamo riusciti
a rimanere vicini con attività di raccolte fondi alla Croce Rossa,
Comitato di Firenze, per comprare uno scooter elettrico per
portare medicinali a chi risiede in luoghi difficili da raggiungere
con l’ambulanza, e alla Comunità Amore e Libertà ONLUS, fondata
da don Matteo Galloni in favore di bambini provenienti da
famiglie disagiate o abbandonati, in quest’ultimo caso con un
evento che si è tenuto nelle stanze della Karl Stengel Collection
a Palazzo Rosselli del Turco, che fu sede dell’ambasciata USA
ai tempi di Firenze Capitale». Fondata nel 1995 dall’onorevole
Sergio Pezzati, già ideatore della storica Associazione Filippo
Mazzei (medico toscano vissuto negli USA a cavallo tra XVIII e
XIX secolo) e grande conoscitore della società e dell’economia
americana, Toscana USA è un punto d’incontro sociale, culturale
ed economico tra la nostra regione e gli Stati Uniti allo scopo
di rafforzare, in stretto contatto con il Consolato Generale USA,
prima di tutto l’amicizia tra i due popoli; attualmente il presidente
è Maurizio Mancianti, fiorentino e dottore commercialista, e il
co-presidente è Andrea Davis, avvocato americano con studio
a Firenze; per statuto presidenti onorari sono il presidente della
Regione Toscana (Eugenio Giani) e il console generale degli
USA a Firenze (attualmente Ragini Gupta). Oltre a implementare
gli stretti legami fra Toscana e Stati Uniti, fin dal 1996 l’associazione
organizza eventi in occasione dell’Independence Day
(4 luglio), del Welcome Day per gli studenti americani in Toscana
con, in concomitanza, la consegna del Premio Toscana-USA,
premio nel tempo diventato autonoma manifestazione in Palazzo
Vecchio, così come organizza la festa in occasione del Thanksgiving
a novembre e la tradizionale festa degli auguri nel mese
di dicembre. Per capire correttamente lo spirito dell’associazione
possiamo ricordare, tra le tante iniziative, un memorabile convegno
svoltosi nel Salone delle Feste di Palazzo Bastogi, sede
della Regione Toscana, il 15 febbraio 2019, organizzato sul tema
Usa-Toscana: investire per crescere, cui presero parte, tra i tanti,
Eugenio Giani, il vicepresidente nazionale di Confindustria (Man-
Il Memorial Day (2019) al Cimitero Monumentale degli Americani ai Falciani
con il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, a sinistra, e il presidente
dell’Associazione Toscana USA-ONLUS Maurizio Mancianti
si), i presidenti di Confindustria (Salvadori e Ranaldo), il presidente
della Camera di Commercio di Firenze (Bassilichi), Lucia
Aleotti (cda Menarini), Elisabetta Fabri (presidente Starhotels),
Sandro Sartor (a. d. Ruffino) e altri imprenditori, con moderatore
Francesco Carrassi (direttore La Nazione). Un convegno economico
simile si svolgerà nei prossimi mesi sempre presso la
Regione Toscana, così come si terrà presso il Salone dei Cinquecento
in Palazzo Vecchio la cerimonia di premiazione dei due
vincitori del Premio Toscana-Usa che si sarebbe dovuta svolgere
a marzo 2020. Verranno consegnati il premio alla memoria a
Giuliana Plastino Fiumicelli, fondatrice e animatrice dell’Accademia
Internazionale Le Muse e degli omonimi Premio Internazionale
e Club, e il premio a monsignor Timothy Verdon, direttore
del Museo dell’Opera del Duomo. A breve si terrà anche una conferenza
sui progetti elaborati nei due anni di pandemia dalle socie
della Women’s Commitee, associazione nata nel 2007 come
forum di professioniste e imprenditrici USA che lavorano in Toscana
per interagire e allacciare relazioni con professioniste e
imprenditrici italiane. Con il patrocinio del Comune di Firenze e
assieme al consolato USA, la Women’s Commitee ha già organizzato
convegni tra professioniste nelle arti, nell’imprenditoria,
nella pubblicità, nella politica locale, nel mondo dell’hospitality.
Da ricordare lo scorso novembre il concerto di beneficenza nel
Salone dei Cinquecento col famoso violinista americano Robert
Mc Duffie e i suoi giovani allievi provenienti da tutto il mondo,
evento che, visto il successo, verrà ripetuto anche quest’anno.
L’assemblea dei soci (2021) dell’Associazione Toscana USA-ONLUS sulle rive
dell’Arno sotto il Ponte Vecchio al Circolo dei Canottieri di Firenze
La celebrazione del ventesimo anniversario dell’attacco alle torri gemelle con
l’attuale Console Generale degli Stati Uniti Ragini Gupta (Progetto Luxart)
TOSCANA USA-ONLUS
25
Arte e
tecnologia
DaVinciFace
Un progetto di Mathema per far rivivere il genio di Leonardo grazie
all’intelligenza artificiale
di Alessandro Bellini / foto courtesy Mathema
Èpossibile resuscitare lo stile dei grandi maestri del
passato (Leonardo, Michelangelo, Raffaello) e costruire
nuove opere d’arte con il loro stile? Il progetto
DaVinciFace ha cercato di dare una risposta concreta a questo
quesito, permettendo la creazione di un ritratto leonardesco
a partire da una semplice foto. Questo progetto è prima
di tutto un esperimento per misurare fino a che punto l’intelligenza
artificiale possa essere impiegata nell’arte. Per comprendere
le ragioni di questa iniziativa occorre ripercorrerne
brevemente la storia. Per prima cosa va precisato che DaVinciFace
è stato realizzato da Mathema, società fiorentina operante
nell’ambito dell’innovazione informatica dal 1987. Dal
2018 è una piccola e media impresa innovativa e, a partire
dall’anno in corso, ha deciso di orientare la propria attività
per lo più nel settore dell’intelligenza artificiale. Nel 2020, al
termine del primo lockdown, Mathema è venuta in contatto
con amici di Vinci che hanno segnalato la straordinaria storia
dell’antico borgo di San Pantaleo e della madre del genio toscano,
Caterina. Il borgo di San Pantaleo è la frazione di Vinci
dove abitava Caterina, data in sposa da Ser Piero, il padre
di Leonardo, ad un certo Attaccabrighe, da cui ebbe cinque figli,
e dove è presente una piccola chiesa in cui è stato portato
il dipinto di un nodo che Leonardo ha riprodotto nella Gioconda.
La piccola chiesa di San Pantaleo è oggi in decadenza e
avrebbe bisogno di urgenti restauri. Come aiutare San Pantaleo?
Come supportare la comunità di Vinci che ha sofferto
per la pandemia? Ecco un caso in cui mettere alla prova l’intelligenza
artificiale: i turisti non ci sono più ma possiamo in
un certo senso “resuscitare” Leonardo. Da questa ambiziosa
sfida è nato il progetto DaVinciFace. Dopo diciotto mesi
di lavoro è stato aperto il portale www.davinciface.com che
dà la possibilità di ottenere in modo gratuito un ritratto leonardesco
a partire da una semplice foto. Il portale all’inizio
Dalla foto originale (a sinistra) alla rielaborazione del ritratto in stile leonardesco
non è stato notato, perché il Web, si sa, è come un oceano e
un nuovo sito è come una goccia nel mare. Poi si è accesa la
luce grazie ad un’efficace campagna di marketing che ha fatto
decollare il progetto, tanto che alcune prestigiose riviste
di arte online lo hanno recensito molto favorevolmente. Il primo
è stato il celebre The Art Newspaper del Regno Unito, poi
Sky Arte e più di recente altre recensioni nel resto del mondo.
Produciamo oltre 1.000 ritratti al giorno destinati a Stati Uniti,
Regno Unito, Brasile, Francia, Russia, Iran, Cina e, ovviamente,
Italia. Il funzionamento, visto dall’esterno, è piuttosto semplice:
s’inserisce una propria foto e questa viene trasformata
in un ritratto nello stile delle opere di Leonardo. È difficile raggiungere
un compromesso tra preservazione dell’identità del
soggetto e acquisizione dello stile leonardesco. Alla fine, dopo
tante prove e tanto studio, abbiamo ottenuto risultati sorprendenti,
con ritratti anche di varie personalità del mondo
della politica, dell’arte e della cultura. Al di là delle fredde statistiche,
ciò che rimane impresso sono i commenti delle persone,
come quello di una giovane donna scozzese che ha così
commentato: «Sono bionda e mi ha fatto castana, ho gli occhi
celesti e me li ha fatti marrone, ma mi ha conferito un’aria
così profonda e piena di speranza
che potrebbe capitarmi di incontrare
un ricco mercante che mi sollevi
dalle fatiche del lavoro quotidiano».
È bastato questo commento a
farci capire di aver colto nel segno.
Se siamo riusciti a trasmettere alle
persone lo stile introspettivo di Leonardo
allora abbiamo adempiuto
alla nostra missione di far rivivere
con la tecnologia gli splendori del
nostro glorioso passato.
Benigni
Draghi
www.davinciface.com
www.mathema.com
26 DAVINCIFACE
A cura di
Maria Grazia Dainelli
Grandi mostre
in Italia
Vivian Maier
Ai Musei Reali di Torino il mondo
poetico della fotografa americana
Testo e foto di Miriana Carradorini
Nel 2007 l’agente immobiliare John Maloof, alla ricerca
di fotografie per illustrare un libro di storia locale, acquista
presso un deposito alcuni beni di una persona
sconosciuta, comprendenti fotografie, pellicole e negativi. Alcuni
anni dopo Maloof troverà, tra i vari oggetti, il nome della loro
proprietaria, Vivian Maier, una donna deceduta pochi giorni prima
che i suoi scatti venissero venduti. Osservando le fotografie,
l’agente fu colpito dalle capacità di Vivian, rimasta fino a quel
momento sconosciuta. Per questo motivo, nel 2011 organizza
la prima personale a lei dedicata, a cui seguiranno numerose altre
mostre in tutto il mondo, Italia compresa. Alcuni scatti della
fotografa statunitense sono stati mostrati per la prima volta al
pubblico italiano con l’apertura della mostra, il 9 febbraio scorso,
Vivian Maier inedita ai Musei Reali di Torino, in corso fino al 26
giugno 2022. Nelle Sale Chiablese il pubblico può scoprire la vita
della fotografa e l’evoluzione del suo linguaggio artistico attraverso
più di duecentocinquanta immagini per lo più inedite. Le
diverse sezioni tematiche mostrano quali furono i suoi interessi:
dalla fotografia umanista con cui immortalava le persone incontrate
nella sua vita alla street photography con immagini delle
città visitate. L’intero suo lavoro fotografico è caratterizzato da
autoritratti, immagini di bambini, della città e dei suoi abitanti,
che divennero anche soggetti di alcune pellicole e registrazioni
audio da lei realizzate. Lungo il percorso espositivo è possibile
vedere alcuni dei filmati girati dalla fotografa, ascoltare le registrazioni
e osservare gli oggetti a lei appartenuti che permettono
un coinvolgimento emotivo maggiore. Una delle sezioni della
mostra è dedicata al viaggio che Vivian Maier fece intorno al
mondo nel 1959; vi sono esposte anche le fotografie che realizzò
il 21 luglio del 1959 a Torino, catturando scorci della città che
il visitatore può riconoscere facilmente. È sorprendente come
L’ingresso alla mostra
attraverso gli occhi e gli scatti di quest’artista, che si potrebbe
definire “amatoriale” non essendo mai stata una fotografa professionista,
sia possibile emozionarsi e ripercorrere allo stesso
tempo alcune delle tappe fondamentali della storia del linguaggio
fotografico.
Vivian Maier inedita
Musei Reali Torino – Sale Chiablese
9 febbraio – 26 giugno 2022
Informazioni:
www.vivianmaier.it
+ 39 338 169 1652 – info@vivianmaier.it
Dr. Fabio Giannarini
Wealth Advisor
+39 347 3779641
fabio.giannarini@bancamediolanum.it
Alcuni degli scatti esposti
La macchina fotografica di Vivian Maier
VIVIAN MAIER
27
Dimensione
salute
A cura di
Stefano Grifoni
La risposta del cervello alla paura
di Stefano Grifoni
Quando siamo impressionati da qualcosa o in corso
di forti paure entra in azione l’amigdala una
piccola struttura cerebrale a forma di mandorla.
Lo stimolo prodotto dall’amigdala raggiunge i lobi
frontali del cervello dove viene svuotato della sua carica
terrorizzante. Nel giro di pochi secondi il cervello libera
nel sangue una trentina di ormoni che favoriscono lo stato
di allerta. Il respiro si fa affannoso, il cuore batte più velocemente,
le pupille si dilatano e iniziamo a sudare freddo.
Tra gli ormoni rilasciati quando abbiamo paura troviamo
anche endorfine e dopamina che ci aiutano ad affrontare il
dolore. Il cortisolo rafforza le memorie dell’evento negativo
e fa sì che durino anche quando la minaccia è passata.
Questa potrebbe essere la spiegazione del perché i bambini
e non solo hanno spesso incubi terrificanti dopo avere
visto un film di orrore. Troppi di noi non vivono i loro sogni
perché stanno vivendo le loro paure: le paure del giorno rubano
i sogni della notte.
Stefano Grifoni è direttore del reparto di Medicina e Chirurgia di Urgenza del pronto soccorso
dell’Ospedale di Careggi e direttore del Centro di riferimento regionale toscano per la diagnosi
e la terapia d’urgenza della malattia tromboembolica venosa. Membro del consiglio nazionale
della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza, è vicepresidente dell’associazione
per il soccorso di bambini con malattie oncologiche cerebrali Tutti per Guglielmo e membro tecnico
dell’associazione Amici del Pronto Soccorso con sede a Firenze.
28
RISPOSTA ALLA PAURA
A cura di
Emanuela Muriana
Psicologia
oggi
Atti di sana prevenzione portati all'estremo
di Emanuela Muriana
Procedure indispensabili in ambito sanitario e nell’industria
alimentare, ma negli ultimi due anni caratterizzati
dalla pandemia siamo stati sollecitati ad
avere attenzioni speciali anche nelle nostre case per difenderci
dal virus Sars2 che non ci dà tregua. Così quel
surplus di igiene domestica e del corpo è diventato la regola.
Facciamo uso di detergenti battericidi, alcolici, saponi
speciali, etc. . Secondo i dati pubblicati da Assocasa
a far la parte del leone sono i disinfettanti, la cui produzione
è aumentata del 100%; la seconda categoria è quella
delle candeggine, cresciute del 53%. Seguono i detergenti
per superfici dure con un incremento del 38%. Questi comportamenti
necessari in un periodo particolare, possono,
come il virus, fare un passaggio di qualità e diventare un
bisogno irrefrenabile per avere il controllo sulla realtà. Atti
di sana prevenzione portati all’estremo innescano una
severa psicopatologia dove la prevenzione si trasforma in
misofobia, cioè la paura patologica
di venire a contatto con lo
sporco e con i germi, che spinge
a ricorrere a misure preventive
per evitare le situazioni, le
persone o gli oggetti che possono
aumentare il rischio di
contrarre malattie per evitare
qualsiasi tipo di contaminazione
fino ad aumentare le precauzioni
igieniche all’inverosimile.
«Disinfetto i contenitori della
spesa del supermercato perché
chissà chi li ha toccati».
Questa è la logica del pensiero
che sta alla base del severo disturbo
ossessivo compulsivo.
La casa, alcune parti del corpo,
l’auto, l’ufficio, etc. diventano
“il tempio della pulizia”.
Il dubbio di aver toccato una
maniglia che può essere stata
toccata da un presunto infetto
fa correre urgentemente
ai ripari con lavaggi ossessivi
delle mani, seguendo procedu-
re con sequenze inalterabili, oppure con l’abuso di detergenti
ritenuti quasi magici. L’ossessione può instaurarsi
nella mente in qualunque modo fino a divorare la sana ragionevolezza.
La preoccupazione, l’ansia e l’angoscia vengono
alleviate dal lavaggio rituale compulsivo. Questa è
la trappola “che funziona” del rito irrefrenabile, ma invalida
la vita personale e relazionale di chi è ostaggio della
fobia. Alla fine dell’emergenza pandemica temiamo che
molti rimarranno ostaggio del virus della mente, che fino
ad ora aveva assunto caratteristiche di adeguatezza alla
situazione. Il disturbo ossessivo compulsivo è considerato
dalla letteratura scientifica una delle patologie più invalidanti
e più resistenti al cambiamento, ma l’intervento
con la psicoterapia breve strategica ha mostrato ad oggi
un’efficacia ed un’efficienza media dell’86% che permette
di evadere dalla prigionia dell’assurdo mediante percorsi
strategicamente pianificati.
Emanuela Muriana è responsabile dello Studio di Psicoterapia Breve
Strategica di Firenze, dove svolge attività clinica e di consulenza.
È stata professore alla Facoltà di Medicina e Chirurgia presso
le Università di Siena (2007-2012) e Firenze (2004-2015). Ha pubblicato
tre libri e numerosi articoli consultabili sul sito www.terapiastrategica.fi.it.
È docente alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Breve Strategica.
Studio di Terapia Breve Strategica
Viale Mazzini 16, Firenze
+ 39 055 242642 - 574344
emanuela.muriana@virgilio.it
DISINFETTARE TUTTO
29
Il parere
dell’esperto
Glaucoma
L’importanza della diagnosi precoce per prevenire i danni
di una grave patologia del nervo ottico
di Paolo Santoro, già direttore dell'Unità di Oculistica dell'Ospedale Palagi
Il glaucoma è una patologia con danno cellulare e deficit
funzionale del nervo ottico. Le ultime stime riportano circa
il 2% oltre i 40 anni e tale incidenza aumenta con l’età
arrivando al 10% oltre i 70 anni. Annualmente la malattia provoca
4500 ciechi. Causa principale è la pressione endoculare.
All’interno dell’occhio viene prodotto un liquido, l’umor acqueo,
che defluisce attraverso particolari strutture. Se questo
deflusso è impedito si ha un aumento della pressione. Questa,
agendo nell’occhio, provoca sulla papilla danni gravissimi ed
irreparabili. Caratteristica della malattia è di essere asintomatica
e di dare segni di sé solo tardivamente a danni funzionali
ormai gravi ed irreversibili. L’aumento della pressione oculare,
l’escavazione della papilla ottica e le alterazioni del campo
visivo sono sintomi della malattia. La pressione normale è
tra i 12 e i 18 mmHg con tolleranza variabile; alcuni soggetti
sopportano pressioni di circa 25 mmHg, altri soggetti invece
hanno la tipica malattia con pressioni anche di 12 mmHg.
Quindi non è sufficiente dire “pressione nei limiti della norma”.
Se esiste un sospetto occorre eseguire altri esami. Possiamo
parlare di pressione “normale”
se due esami del campo visivo
a distanza di qualche mese non
evidenziano peggioramenti. Per
quanto riguarda l’escavazione,
la papilla ottica normalmente si
presenta piana, rosea e con una
piccola depressione centrale.
Oggi disponiamo di strumentazioni
che ci danno indicazioni
anche sulla funzionalità della
papilla. Sono esami computerizzati
fatti con l’OCT e l’HRT.
Questi apparecchi a scansio-
ne laser memorizzano la funzionalità del nervo e ne registrano
la forma. Il danno al campo visivo è direttamente legato al
danno anatomico. Non compare subito ma all’incirca quando
il 40% delle fibre nervose sono danneggiate. Il paziente si
accorgerà della malattia quando è ulteriormente progredita.
Oftalmoscopicamente si ha un cambiamento del colore della
papilla (pallore) e un aumento della depressione centrale in
ampiezza e profondità. Il danno anatomico si accompagna al
restringimento del campo visivo. Per esaminarlo si adoperano
apparecchi computerizzati che controllano in maniera automatica
la validità del test e lo mantengono nel proprio database.
Da quanto detto il glaucoma è sì una patologia in cui l’età
ha un ruolo rilevante ma molto importante è la familiarità presente
dal 15% ad oltre il 50%. Ecco il motivo del rilievo della
prevenzione. La tonometria è e deve esse un atto normale nelle
visite oculistiche ma è necessario informare il maggior numero
di persone sui pericoli. Una normale misurazione della
vista, senza altri esami, non ci mette sull’avviso per un possibile
glaucoma. Quindi è necessario che le persone controllino
il tono sempre più avanzando l’età. È per questo che la IAPB
Italia l’UICI della Toscana insieme al Rotary Firenze Nord organizzano
iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla
necessità di mettere in atto percorsi di diagnosi precoci per
tale grave patologia.
30 GLAUCOMA
A cura di
Silvia Ciani
I consigli del
nutrizionista
Gli zuccheri
Un piacere da gustare in maniera consapevole
di Silvia Ciani
Pensiamo agli zuccheri presenti nella nostra alimentazione
solo quando la nostra salute è già compromessa,
cioè quando vediamo gli esiti degli esami
ematici o ce lo dice il medico. È importante invece avere
una sana e corretta alimentazione fin da giovani in modo da
prevenire le patologie e le alterazioni metaboliche, oggi purtroppo
molto diffuse, associate ad un consumo eccessivo
di zuccheri (sovrappeso, diabete, carie dentale, etc.). Allora
vediamo di fare un riepilogo dei concetti base per un uso
consapevole e responsabile di questi importanti principi
nutritivi. Esistono fondamentalmente due categorie di zuccheri
che giocano un ruolo importante nella nostra alimentazione:
gli “zuccheri complessi” o amidi presenti in tutti i
cereali (frumento, riso, farro, orzo, mais, etc.) nelle patate
e nei legumi, e gli “zuccheri semplici” che si trovano principalmente
nel latte (lattosio), nello zucchero che usiamo
per dolcificare (saccarosio), nel miele e nella frutta (fruttosio).
Questi ultimi, in particolare, sono usati come ingredienti
(spesso in gran quantità) nella preparazione di dolci,
confetture, pasti pronti, oltre che in molte bevande e, poiché
non sono visibili in quanto si sciolgono nei liquidi o si
mescolano con altri ingredienti, non è facile percepirne la
quantità. Leggere l’etichetta nutrizionale può essere un valido
aiuto per iniziare a diventare consapevoli di questi zuc-
cheri invisibili. Secondo i livelli di assunzione raccomandata
di nutrienti per la popolazione italiana (dati del 2016), circa
il 45-60% delle calorie giornaliere devono essere assunte
sotto forma di zuccheri, ma solo il 15% di questi devono essere
“semplici” mentre i rimanenti devono essere “complessi”,
quindi derivare da pasta, cereali, etc. . Un apporto totale
maggiore del 25% è da considerare potenzialmente legato
ad eventi avversi sulla salute. Attenzione però: per arrivare
alla quota 10% di zuccheri “semplici” bastano due porzioni
di frutta, e già con un po’ di latte, la marmellata o qualche
biscotto la mattina a colazione e uno yogurt durante la giornata
se ne copre e se ne supera il fabbisogno. Va da sé allora
che in una dieta equilibrata il consumo di dolci e bevande
zuccherate debba essere considerato un’eccezione e non
una regola. E quando saltuariamente li consumiamo, , dovremmo
farlo in piccola quantità e sempre in sostituzione
di altri alimenti che contengono zuccheri: per esempio, una
fetta di dolce al posto dei biscotti oppure pane e marmellata
la mattina o per la merenda pomeridiana dei bambini; un
gelato al posto della frutta alla fine di un pasto o a merenda
prima di una cena leggera; un succo o una spremuta di
frutta al posto della frutta a colazione o a spuntino dopo un
allenamento, e via dicendo, sempre all’insegna di un consumo
attento e consapevole.
Biologa Nutrizionista e specialista in
Scienza dell’alimentazione, si occupa
di prevenzione e cura del sovrappeso
e dell’obesità in adulti e bambini attraverso
l’educazione al corretto comportamento alimentare,
la Dieta Mediterranea, l’attuazione di
percorsi terapeutici in team con psicologo, endocrinologo
e personal trainer.
Studi e contatti:
artEnutrizione - Via Leopoldo Pellas
14 d - Firenze / + 39 339 7183595
Blue Clinic - Via Guglielmo Giusiani 4 -
Bagno a Ripoli (FI) / + 39 055 6510678
Istituto Medico Toscano - Via Eugenio
Barsanti 24 - Prato / + 39 0574 548911
www.nutrizionistafirenze.com
silvia_ciani@hotmail.com
GLI ZUCCHERI
31
I giganti
dell’arte
Torso del Belvedere
Il capolavoro dei Musei Vaticani che ha ispirato intere
generazioni di artisti
di Matteo Pierozzi
Il Torso del Belvedere è un’opera custodita nei Musei Vaticani
che ha influenzato intere generazioni di artisti.
Reperto di età ellenistica di una statua dello scultore
ateniese Apollonio (I secolo a. C.), viene oggi considerato,
dopo innumerevoli ipotesi e dibattiti, una raffigurazione
dell’eroe greco Aiace Telamonio colto nell’attimo in cui
sta pensando di togliersi la vita, stremato dalla sconfitta subita
per mano di Ulisse. Impazzito, ha appena sterminato
un intero gregge di pecore, credendolo un gruppo di nemici;
adesso, seduto sulla pelle di un animale, medita il suicidio.
Capita che molti dei numerosi visitatori che ogni giorno
si riversano nei Musei Vaticani non rivolgano la giusta attenzione
a questo capolavoro, concedendogli solo uno sguardo
distratto mentre procedono verso la Cappella Sistina. Questa
statua in realtà ha cambiato la vita di molti artisti, da Rubens
a Michelangelo, da Cellini a Leonardo. Poche e incerte
le notizie sul ritrovamento della scultura: falsa è la notizia
che sia stata trovata al tempo di Giulio II a Campo de’ Fiori o
nelle terme di Caracalla, così come non dimostrata è la provenienza
dalle terme di Costantino. La prima traccia certa si
ha solo dopo il 1430 per tramite dell’epigrafista Ciriaco d’Ancona
che la cita come “singularissima figura” e riferisce il
nome inciso sulla pietra “Apollonios (figlio) di Nestor ateniese
fece”. Si narra che Michelangelo, artista prediletto di Giulio
II, rifiutò l’offerta del Papa di completare
l’opera che giudicò perfetta così, nella sua
incompiutezza. Il maestro trascorse giorni
interi ad ammirarla e ne fu talmente influenzato
da essere poi definito “discepolo
del Torso” come possiamo evincere dai nudi
della Cappella Sistina e del Giudizio Universale,
ma soprattutto dai Prigioni, statue che,
come il Torso, appaiono contratte in uno
sforzo di tormentata inquietudine.
Il Torso del Belvedere ai Musei Vaticani
32
TORSO DEL BELVEDERE
A cura di
Maria Concetta Guaglianone
PsicHeArt
Il mandala
Una forma d'arte per entrare in contatto con le emozioni
di Maria Concetta Guaglianone
Ogni qual volta si vivono esperienze che generano disagi,
conflitti e malesseri il carico emotivo può aumentare
fino a provare la sensazione di essere sopraffatti
dalla situazione. Diventa fondamentale la capacità di entrare
in contatto con le proprie emozioni, di gestirle e riconoscerne
il valore anche se percepite come “negative” e non funzionali.
Accoglierle e prendersene cura è il primo passo per giungere
ad una piena consapevolezza e conoscenza di sé. Essere
consapevoli significa riuscire ad auto-osservarsi, ascoltarsi in
modo non giudicante, entrare in contatto con il proprio mondo
interno ed esterno, aprirsi alle possibilità di risoluzione per
non rimanere bloccati in emozioni “sequestranti”, in “trappole
emotive”. Uno strumento che utilizzo nella pratica clinica per
lavorare sulle emozioni è il mandala, il cui merito dell’uso in
ambito psicoterapeutico è da attribuire a Carl Gustav Jung. I
mandala sono disegni e figure contenuti in un cerchio, simbolo
della vita e del tutto. L’etimologia della parola “mandala” deriva
dal sanscrito, letteralmente si traduce “disco” o “centro” e
il significato simbolico richiama il concetto di unità. Di origine
tibetana, diffusi nelle culture induiste e buddiste come strumenti
di meditazione e di preghiera, venivano realizzati sulla
sabbia colorata dai monaci buddisti per essere poi distrutti,
in un rituale attraverso il quale la creazione e la distruzione si
incontrano trovando equilibrio. Quando emergono contenuti
emotivi importanti ed intensi propongo alle persone di lavorare
con tale strumento che diventa contenitore di emozioni e di
significati simbolici, di rappresentazioni archetipiche del proprio
mondo interno. Chiedo alla persona di costruire il mandala
dell’emozione che sente in prevalenza e che caratterizza
la fase di vita che sta attraversando: ad esempio, se l’emozione
dominante è la rabbia, chiedo di creare il suo mandala
della rabbia. Si parte dal disegnare un cerchio su un foglio,
cartoncino o tela di colore bianco, per poi aggiungere disegni,
forme e colori rappresentativi dell’emozione. Disegnare e colorare
un mandala aiuta la persona a dare forma alla propria
rappresentazione ed espressione di sé. Il lavoro con il mandala
permette di stare nel momento presente, aiuta a ritrovare
uno stato di centratura, concentrazione, rilassamento, apertura
mentale, pace e armonia interiore. La sua funzione è quella
di riequilibrare uno stato di confusione, ristabilire un ordine lavorando
su tre piani di coscienza: quella fisica, psicologica e
spirituale. La persona esplora ed elabora la propria esperienza
emotiva, attiva un processo trasformativo che coinvolge
l’emozione stessa e la modalità con cui si rapporta ad essa. Il
mandala diventa un catalizzatore di energia che crea qualcosa
di nuovo, una vera e propria opera d’arte, un processo creativo
che permette alla persona di contattare il proprio centro,
l’io interiore, e di orientarsi attraverso la consapevolezza delle
proprie emozioni.
Psicologa specializzanda presso la Scuola di Psicoterapia dell’Istituto Psicoumanitas di Pistoia, Maria Concetta
Guaglianone ha frequentato la scuola biennale di Counseling Psicologico presso Obiettivo Psicologia
di Roma, dove ha svolto anche la propria attività professionale collaborando come tutor nel Master di
Psicologia Perinatale. È autrice di numerosi articoli sul portale Benessere 4you - Informazioni e Servizi su Salute e
Benessere Psicologico. Attualmente svolge la propria attività professionale presso Spazio21 - Studi Professionali
di Discipline Bio Naturali e Psicologia (via dei Ciliegi 21 - 50018 Scandicci).
+39 3534071538 / + 39 348 8226351 / mariaconcetta.guaglianone@gmail.com
GESTIRE LE EMOZIONI
33
Dal teatro al
sipario
A cura di
Doretta Boretti
Carlo Terzo
Dal teatro agli spettacoli con il fuoco: il percorso anticonvenzionale
di un artista eclettico
di Doretta Boretti / foto Simona Di Pasquale
Abbiamo incontrato Carlo Terzo nel Salone dei Cinquecento
il 21 novembre 2021, quando Lucia Raveggi,
presidente dell’associazione Toscana Cultura, gli ha
consegnato il Premio Ponte Vecchio. Il suo nome, così ridondante,
non risponde realmente alla sua natura, se pur eclettica
e molto estroversa, in quanto ci troviamo di fronte ad una persona
semplice e di un’umanità disarmante. Artista del mondo
e della poesia della vita, i suoi spettacoli rappresentati nei teatri,
nelle piazze, nei vicoli di numerose città, raccontano la storia
della nascita “magica” del fuoco.
Quando hai intrapreso questa professione?
Il mio inizio, nell’arte della manipolazione del fuoco e delle
fiamme, lo dato nel 2002. In quel periodo studiavo e praticavo
il teatro già da diversi anni: facevo sia teatro d’avanguardia
che lirico. Da tempo avevo notato una scarsa affluenza di pubblico
nelle sale, così pensai: «Se la gente non viene a teatro
forse è il teatro a dover andare dalla gente». Sulla base di questa
intuizione, nonché conscio della potenzialità socialmente
benefica della cultura e dell’arte, proposi ai miei concittadini
palermitani, amici e conoscenti, un laboratorio per la realizza-
zione di un happening artistico, ispirato tanto dallo studio delle
esperienze degli Indiani Metropolitani, del Living Theatre e
dell’Odin Theatre, quanto dalla poetica. Mio primo maestro di
teatro fu Franco Scaldati. L’obiettivo (ambizioso ma raggiunto)
fu portare in piazza e dal vivo quante più forme espressive
possibili, quindi arti sceniche, visive, musicali e plastiche,
tutte accomunate da una partitura drammaturgica ispirata alla
storia di Spartacus. Nel corso del laboratorio conobbi dei
giocolieri che mi proposero di rappresentare la rivolta degli
schiavi con l’ingresso in scena degli attrezzi di giocoleria infiammati...
ed ecco l’incontro! Le fiamme erano entrate nella
valigia da teatrante dove tengo i miei strumenti espressivi.
Sei stato e sei a tutt’oggi direttore artistico della Compagnia
dei Fuocolieri…
Beh... sì! Dopo l’incontro con le “fiamme”, iniziai a sperimentarne
l’uso espressivo. Per circa tre anni feci spettacoli in giro
per la Sicilia come “artista singolo”. Ma sono sempre stato
convinto che l’espressione artistica abbia un enorme potere aggregante:
sperimentare, ricercare, lavorare, studiare, esprimersi
sono attività umane che, in un modo o in un altro, chiamano
In questa e nelle altre foto Carlo Terzo durante un suo spettacolo con il fuoco
34
CARLO TERZO
in causa altre persone. È grazie alle altre e gli altri che il nostro
mondo interno si manifesta in forme che culturalmente, e quindi
comunemente, definiamo artistiche. Avere presente questo
significa concepire la ricerca come una ricerca umana, anche
letteralmente, per questo nel 2005 ho voluto fondare una compagnia;
cercare altre persone accomunate da una visione confluente
e condivisa della vita, del mondo, dell’umanità con cui
crescere insieme nella reciproca espressione artistica. L’ho intesa
e ho cercato di dirigerla come una comunanza artistica.
Sono un umanista socialista e rivoluzionario, cerco la trasformazione,
la crescita con e per le altre persone, condividendo le
migliori qualità, capacità o competenze di ciascuno.
Il fuoco, a volte, può fare paura: è così?
Vero! Vengo da una terra devastata dagli incendi e sin da piccolo
ho assistito alla potenza distruttrice delle fiamme nelle
campagne o nei boschi siciliani. Tuttavia le fiamme ci uniscono
ed accompagnano la nostra specie da talmente tanto tempo
che ne avvertiamo palpitare la radice antropologica ogni
volta che le vediamo. Per questo il fuoco è così affascinante
e ci ipnotizza. Quanto può essere evocativo trovarsi intorno
ad un fuoco? Perché si prova così tanta ammirazione davanti
al baluginio delle fiamme? Per non parlare della meraviglia e
dello stupore della pirotecnica. Oppure pensiamo al focolare:
anche nel linguaggio viene evocata una dimensione intima e
confortante, benefica. È l’unico degli elementi che riusciamo
a ricreare e può essere tanto distruttivo quanto benefico. Pensiamo
alla luce, al calore. Il fuoco racconta la vita, illumina gli
aspetti migliori e fa scorgere le ombre; del resto ci ha accompagnati
fuori dall’animalità. Brucia, illumina, trasforma. In sé
non è né negativo né positivo, tant’è che si autoestingue; la
questione è come lo si pensa e lo si sente e quindi come si indirizza
ciò che genera e suscita.
È un’arte, la tua, aperta a numerose forme espressive: dalle
arti plastiche a quelle visive, alla musica…
Pur essendo intimamente legato alle sue opere, ogni artista
viene prima dell’arte e la persona viene prima dell’artista. Ci
si può armonizzare ed accordare fra persone, proprio come
un’orchestra. Trovarsi su valori umani quali la solidarietà, l’amicizia,
la cooperazione, l’accoglienza, la libertà d’espressione,
l’incontro, il dialogo, l’ascolto, il rispetto per il genere
femminile, per la dignità di ogni persona nella sua interezza
psicofisica. Come contrasto alla cultura della morte, della
violenza, della rassegnazione, dell’alienazione e della disumanizzazione
tecno/illogica, l’affermazione della vita e della
umanità favorisce un’armonia fra le persone, fra artisti, che
dà una forma estetica alle opere. Nella mia ricerca di equilibro
artistico fra forma e sostanza, parto dalla sostanza umana,
quindi dal nostro mondo interno, ciò che pensiamo sentendo
e sentiamo pensando. Dalla nostra interezza psicofisica discende
la forma che assumeranno le opere. Le persone prima
delle cose. Questo approccio mi ha arricchito tantissimo,
e amicizie, conoscenze, esperienze mi spingono a continuare
CARLO TERZO
35
a provare ad affermare una cultura della vita e della liberazione
per mezzo di forme espressive più disparate, come ci insegnano
le arti nella storia.
Conduci anche un corso di “arte di strada”...
L’arte di strada è anzitutto arte della relazionalità. Le persone
vanno a teatro, al cinema, alle mostre, ai concerti di loro iniziativa
ed in luoghi a ciò deputati; l’arte di strada coinvolge luoghi
non convenzionali e tempi “asincronici”. Quindi la prima
bravura dell’artista di strada sta nella capacità di coinvolgere
i passanti creando in loro uno straniamento nello svolgersi
della quotidianità. Così si risvegliano sentimenti, emozioni,
riflessioni, suggestioni che li trasformano in spettatori compartecipi
dell’opera o dello spettacolo. Non c’è immagine più
triste di un artista di strada solo in una piazza vuota. È come
in un gioco dove, se si gioca in tanti, è più divertente e nel gioco
i bambini e i ragazzi, se ascoltati e ben suscitati, sono maestri.
Inoltre l’attività fisica e psicomotoria prevista dalle arti
di strada non è finalizzata alla competizione, bensì alla cooperazione,
ed è funzionale all’espressione, alla conoscenza di sé
in relazione agli altri. Tuttavia, vista la pandemia che stiamo
vivendo e le restrizioni che comporta, in questo periodo ho deciso
di sospendere i corsi per dedicarmi principalmente all’actor
coaching e alla formazione ad personam di professionisti.
Che emozioni ti dà insegnare?
L’insegnamento l’ho sempre concepito come una grande responsabilità,
alcuni miei allievi sono diventati insegnanti a loro
volta e questo ne aumenta la portata. Attenzione però, per
responsabilità intendo anche continuare a venire stimolato
nella ricerca e nell’espressione, continuare a studiare, approfondire,
arricchire il mio bagaglio e le mie competenze. Non
può esistere un modo, un “metodo”, che vada bene per tutti e
sempre, quindi è necessario che io mi metta in gioco ed in discussione
ogni volta che mi trovo davanti a qualcuno in una
relazione pedagogica. Motivo per cui sono spinto all’ascolto e
alla ricerca del modo e delle tecniche per favorire l’espressione
di sé, di ciascuno. Nel mettermi in condizioni di favorire la
crescita umana, artistica, professionale altrui, cresco anche
io. È come continuare a stupirsi e meravigliarsi, continuare a
36 CARLO TERZO
vedere il mondo, interno ed esterno, con uno sguardo sempre
rinnovato ed aperto ad altre discipline, altre pratiche o anche
alle scienze, come ad esempio quelle cognitive, la fisica quantistica
e meccanica, la chimica. Inoltre chi inizia da giovane,
ha una freschezza e un’immediatezza intuitiva che, per definizione,
non sarà più la stessa andando avanti. È prezioso apprendere
da chi “principia”.
La tua espressività artistica non si ferma, continua ad aprirsi
a nuove conoscenze e adesso a percorsi naturalistici di
vita rinnovata. Ci puoi parlare dello studio e della realizzazione
di oli essenziali, unguenti curativi, tisane rilassanti?
Ho letto che la conoscenza è creazione autocosciente di sé.
Per coinvolgere il pubblico, oltre all’eclettismo delle forme, ho
sempre lavorato nella direzione del sincretismo sensoriale, fino
ad arrivare alla realizzazione di teatralizzazioni urbane, in
cui il pubblico è completamente avvolto da stimoli perché ne
diventa parte integrante. La combustione, oltre al fuoco e alle
fiamme, genera fumo che può essere profumato, bruciando
piante aromatiche o incensi, si può riscaldare cibo, da servire
durante una rappresentazione, o preparare tisane, a seconda
di cosa si sta narrando e cosa si vuole suscitare. Pur non
essendo un terapeuta, la mia indagine artistica mi ha portato
ad approcciarmi alla psicologia, alla cromoterapia, all’aromaterapia,
allo studio delle frequenze musicali, al Tai Chi. Procedendo
in questa direzione mi sono accorto che sia io che le
persone con me, prima durante e dopo gli spettacoli, stavamo
meglio. Tutto ciò è sfociato in un approccio sempre più
autenticamente olistico. Ho cercato di sperimentare la possibilità
di un equilibrio dell’unitarietà mente/corpo e relazionale,
per poterla offrire agli altri, a partire dai miei cari. Ecco
cosa mi ha mosso: la cura per e con le altre e gli altri. Poi mi
piace la botanica è uno studio che si presenta infinito. Quante
piante ci sono! La natura viene prima di noi, ne siamo emersi
come una specie speciale, ma lei ci precede, ci contiene e ci
costituisce: siamo fatti, in massima parte, di acqua ma anche
di minerali. L’aria ci è necessaria per la vita e produciamo calore
con processi biochimici. Tutto questo è in una relazione
di reciproca influenza con i nostri aspetti energetici, psichici,
emotivi, ideologici, sentimentali, relazionali, culturali. Siamo
inscindibilmente fisico e non. Riappropriarci di un sano stile
di vita (alimentare, culturale, relazionale), riavvicinarci alla
natura e ai suoi tempi, reimparare a sentire, a pensare sé
stessi e agli altri, recuperare competenze tecniche, mediche e
curative o di prevenzione, anche elementari, tutto questo credo
che sia una grande possibilità benefica e alla portata di
tutti. È affascinante e gravido di ispirazione osservare la biofilia
degli esseri viventi, piante comprese. È stupefacente vedere
come si trasformano gli elementi, le materie prime o le
sostanze, come è incredibile osservare il sentimento umano
che si muove ed interagisce, si manifesta concretamente, fra
le persone, per trovare una sistematizzazione, modi di procedere,
migliorando ulteriormente le possibilità di cura. Come
operatore e counselor olistico, ho da poco iniziato a frequentare
una scuola di naturopatia; mi diplomerò alla soglia dei
cinquant’anni. Pensare a questo traguardo mi diverte e mi entusiasma.
Giovani si diventa.
Come può contattarti chi fosse interessato alla tua attività
artistica?
Sono su Facebook alla pagina carloIII o La Compagnia Dei
Fuocolieri e su Instagram come carlo.terzo. È possibile inoltre
contattarmi via mail all’indirizzo info@la-cdf.com oppure su
WhatsApp al +39 328/8781940.
CARLO TERZO
37
Notizie
fiorentine
Garage Europa Firenze
Progettato nel 1928 da Pier Luigi Nervi, verrà sottoposto ad un importante
restyling in occasione dei novantaquattro anni di storia
di Fabrizio Carabba, responsabile Garage Europa Firenze / foto Maria Grazia Dainelli
Il Garage Europa a Firenze è il più antico e grande parcheggio
pubblico privato del capoluogo toscano, con i
suoi trecentocinquanta posti auto disposti su tre livelli,
più una terrazza panoramica dalla quale si può toccare con
mano il duomo della città e scorgere le colline circostanti.
È stato progettato nel 1928 dall’architetto Pier Luigi Nervi in
pieno stile Liberty ed è la prima struttura in cemento armato
della Toscana. Costruito con saggezza e lungimiranza, prevede
una rampa di risalita e una di discesa con altezze superiori
ai cinque metri di altezza, tanto da poter ricoverare
anche mezzi di una certa portata, cosa impossibile nei moderni
parcheggi che rasentano appena tre metri di altezza.
Nel 2022 il Garage Europa compie ben novantaquattro anni;
agli inizi della sua fantastica storia era una vera e propria cittadella
dell’auto, essendo stato non solo un parcheggio ma
anche la sede della prima concessionaria Opel della Toscana
con spazi dedicati sia alla vendita delle macchine che dei
pezzi di ricambio. C’erano poi due pompe di benzina, un autolavaggio,
un’officina meccanica e una carrozzeria. Insomma,
precursore dei tempi già allora, era un vero e proprio hub
di servizi per l’automobilista, concetto di grande attualità vista
l’importanza oggi di diversificare sempre di più i servizi
al cliente. Nel corso degli anni gran parte delle attività sono
state interrotte e dal 1985 il Garage Europa funziona esclusivamente
come parcheggio. A breve verranno avviati importanti
lavori di rifacimento che rinnoveranno completamente
l’edificio, con l’ambizione di renderlo il più bello, moderno ed
efficiente garage del gruppo Interparking in Italia. Il progetto
prevede la riqualificazione di tutti gli spazi ai piani, che verranno
dotati delle più aggiornate tecniche di posizionamen-
to e controllo delle auto e degli utenti. È stato previsto, tra
l’altro, un doppio ascensore, uno dei quali arriverà direttamente
sulla terrazza. L’obiettivo è realizzare almeno quattrocento
posti auto, ognuno dei quali verrà monitorato da una
consolle di regia e da telecamere che consentiranno di verificare
l’occupazione o meno degli stalli e di garantire l’assoluta
sicurezza del cliente e degli operatori. Verrà inoltre posta
attenzione alla mobilità elettrica con l’installazione ad ogni
piano di stalli e ricariche per le auto elettriche. Nel seminterrato
continuerà ad essere fornito il servizio di autolavaggio
per privati o aziende (autonoleggi) con o senza operatore.
Inoltre, la splendida terrazza diventerà location di eventi e
manifestazioni: i clienti potranno accedere al parcheggio, la-
In questa e nelle altre foto alcuni scorci del Garage Europa Firenze
38 GARAGE EUROPA FIRENZE
sciare l’auto al terzo piano e salire in cima all’edificio per
prendere parte agli eventi. Si tratta quindi di un grande investimento
volto a riqualificare un “fiore all’occhiello” non solo
del gruppo Interparking ma di tutta la città di Firenze. I lavori,
che dureranno un anno e mezzo, con la cantierizzazione
da aprile 2022 a luglio 2023, non interferiranno con l’attività
del garage, che continuerà ad essere garantita sia ai nuovi
clienti che a quelli ormai fidelizzati.
Interparking Italia
Garage Europa Firenze, Borgognissanti 96
www.garageeuropafirenze.it
GARAGE EUROPA FIRENZE
39
Movimento
Life Beyond Tourism
Travel To Dialogue
Carlotta Del Bianco è la nuova presidente
della Fondazione Romualdo Del Bianco
Le attività sinergiche tra Fondazione Romualdo Del Bianco e Movimento
Life Beyond Tourism - Travel to Dialogue
di Stefania Macrì
Il 2022 si presenta come un anno di svolta per il mondo e per
il Movimento Life Beyond Tourism - Travel to Dialogue si apre
con l’emozione di poter augurare alla nuova presidente della
Fondazione Romualdo Del Bianco la passione necessaria per
continuare l’opera di diffusione dei valori Life Beyond Tourism ® e
la grinta per superare le sfide di una contemporaneità così complessa.
Dopo le nomine dell’esperto UNESCO Mounir Bouchenaki
a presidente onorario e di Paolo Del Bianco a presidente
emerito della Fondazione Romualdo Del Bianco, l’arrivo di Carlotta
Del Bianco a capo dell’istituzione che ha dato i natali a migliaia
di progetti in Italia e nel mondo è il segno di un piacevole rinnovamento
nel solco della tradizione in fatto di competenze e visione
del futuro. Nelle parole di Carlotta Del Bianco, lanciate attraverso
un video messaggio, tutta l’emozione e il coinvolgimento per
questo nuovo incarico: «Un compito e una sfida importante nella
mia vita, ma sono davvero fiduciosa di continuare a diffondere
con successo il messaggio di conoscenza interculturale, dialogo,
rispetto e amicizia che ha caratterizzato la Fondazione sin
dal suo inizio». Accanto a lei la sorella Caterina Del Bianco nel
ruolo di vicepresidente della Fondazione fiorentina, i componenti
del consiglio e soprattutto il grande valore aggiunto della Fondazione
che è il network internazionale con legami in 111 paesi del
mondo. «Paolo Del Bianco, presidente emerito e grande padre,
Da sinistra, Paolo Del Bianco, presidente emerito della Fondazione Romualdo
Del Bianco, con Mounir Bouchenaki presidente onorario della stessa Fondazione
Da destra, Carlotta e Caterina Del Bianco, rispettivamente presidente e
vicepresidente della Fondazione Romualdo Del Bianco
continuerà a stare al mio fianco – prosegue la neo presidente
– con la sua lungimiranza e visione, il signor Mounir Bouchenaki
ha recentemente accettato di condividere con noi la sua straordinaria
esperienza e le sue relazioni nel patrimonio mondiale
come presidente onorario della Fondazione, anche per questo
sono pienamente consapevole e fiduciosa dei sentimenti di apprezzamento
e condivisione, di rispetto e amicizia reciproca che
la Fondazione ha maturato in questi decenni collaborando con
università e istituzioni culturali e con la rete internazionale di Life
Beyond Tourism info point network. Il mio sforzo sarà rivolto
a coloro che credono che tutti sia come singoli che come membri
delle comunità sociali, economiche ed educative possiamo
contribuire a diffondere lo spirito di conoscenza reciproca,
a promuovere i valori del patrimonio locale per sostenere il rispetto
delle diversità, per favorire uno sviluppo responsabile ed
etico delle comunità locali rispettoso dei principi umani di amicizia
e fratellanza». Proprio grazie alla visionaria attività della
Fondazione è nato il Movimento Life Beyond Tourism - Travel to
Dialogue che è ora al suo fianco come braccio operativo e creativo
delle attività e dei progetti che caratterizzeranno i prossimi
anni. Le proposte e gli strumenti arriveranno come sempre partendo
dalle solide basi delle Convenzioni UNESCO 1972, 2003,
2005 e dalla Carta ICOMOS di Ename per l’interpretazione dei siti
del patrimonio culturale, con la riflessione di oltre trent’anni di attività
e lo sguardo attento a cogliere i segnali di un futuro complesso.
La pandemia globale, i cambiamenti climatici e sociali,
i nuovi bisogni stanno disegnando nuovi scenari che speriamo
di interpretare insieme, promuovendo sempre la conoscenza e il
dialogo fra culture. Il Movimento LBT-TTD sarà accanto alla presidente
in questa nuova avventura che, siamo certi, affronterà con
il sorriso accogliente e la tenacia che abbiamo imparato a conoscere
in questi anni. Il rapporto tra la Fondazione Romualdo Del
Bianco e il Movimento LBT-TTD è da sempre sinergico e di colla-
40 MOVIMENTO LIFE BEYOND TOURISM TRAVEL TO DIALOGUE
Carlotta e Caterina Del Bianco mostrano un pannello fotografico e interattivo
del Festival
Il festival The World in Florence nella Galleria delle Carrozze a Firenze (25-28
novembre 2021)
borazione nell’ideazione, promozione e organizzazione di attività
internazionali all’insegna del dialogo tra culture, il rispetto per
le diversità culturali e la valorizzazione dei territori per la pace
tra le genti. Questo percorso ha definito la filosofia Life Beyond
Tourism ® di cui il Movimento LBT-TTD si fa portavoce e ne mette
in pratica i princìpi all’interno dei territori con il coinvolgimento
attivo dei loro attori: residenti, istituzioni culturali, pubbliche
amministrazioni, aziende, artigiani, artisti. Ci rivolgiamo anche ai
viaggiatori per sensibilizzarli al rispetto dei territori che li ospitano
e per stimolare la ricerca dell’essenza dei luoghi che visitano.
Il modello di viaggio LBT valorizza le tradizioni locali e supera
il turismo dei servizi e dei consumi, facendosi promotore di un
viaggio responsabile e sostenibile, in contrapposizione al turismo
di massa che sta “uccidendo” il nostro pianeta. Con i nostri
servizi, gli enti locali sono in grado di contribuire nella creazione
di economia all’interno dei loro territori attraverso l’unione e la
collaborazione con le realtà del proprio luogo. Creiamo eventi basati
sul dialogo tra il territorio e i viaggiatori. Supportiamo le realtà
locali nel racconto del proprio territorio. Queste attività hanno
portato alla definizione di prodotti a servizio della valorizzazione
dei territori che stanno avendo eco internazionale: dalla creazione
della rete Infopoint Life Beyond Tourism, che ad oggi conta
37 centri di diffusione LBT in 17 paesi del mondo (Azerbaigian,
Giappone, India, Italia, Kazakhstan, Kosovo, Kyrgyzstan, Lettonia,
Lituania, Marocco, Polonia, Repubblica Ceca, Regno Unito, Russia,
Slovacchia e Taiwan), alla mostra itinerante che sta portando
nel mondo Firenze e la Toscana, Florence in the World, dal festival
internazionale delle espressioni culturali del mondo The World
in Florence, allo strumento di narrazione e valorizzazione dei
territori che è Luoghi Parlanti ® . Una serie di progetti che vanno a
consolidare la diffusione delle buone pratiche e del modello di Life
Beyond Tourism che, siamo certi, donerà nuova linfa ai territori
per renderli poli di attrattività di viaggiatori curiosi e consapevoli
e fulcri di conoscenza nel mondo.
The World in Florence 2022: è online il bando di partecipazione
La seconda edizione del festival delle espressioni culturali
del mondo The World in Florence si terrà a Firenze nei giorni
16-18 novembre 2022. Al link www.theworldinflorence.com è
disponibile il nuovo bando di partecipazione per presentare
il proprio territorio attraverso un racconto culturale interattivo
che metta in evidenza le peculiarità dei luoghi, con le loro
tradizioni, i modi di dire, i personaggi famosi, le specialità culinarie
e cosa vedere. Candida il tuo territorio ed entra nella
rete internazionale del Movimento LBT-TTD.
Il Movimento Life Beyond Tourism Travel to Dialogue srl è una società
benefit. Nasce e si sviluppa seguendo i princìpi di Life Beyond Tourism®,
ideati dalla Fondazione Romualdo Del Bianco al fine di promuovere
e comunicare il patrimonio naturale e culturale dei vari territori insieme
alle espressioni culturali, il loro saper fare e le conoscenze tradizionali che
custodiscono. Offre progetti e soluzioni di visibilità e rafforzamento delle
identità locali dei vari luoghi, crea eventi basati sul dialogo tra il territorio e
i suoi visitatori grazie a una rete di relazioni internazionali di alto prestigio.
Per info:
+ 39 055 290730
info@lifebeyondtourism.org
www.lifebeyondtourism.org
MOVIMENTO LIFE BEYOND TOURISM TRAVEL TO DIALOGUE 41
La tutela
dell’ingegno
A cura di
Aldo Fittante
Non Fungible Token
La rivoluzione del mondo dell’arte digitale
di Aldo Fittante
Tre lettere di un acronimo sono
diventate uno dei termini che
ha fatto irruzione con più forza
nel 2021. Si tratta di NFT, ovvero Non
Fungible Token, un certificato digitale
di autenticità associato a un singolo
file digitale attraverso la tecnologia
blockchain, la stessa utilizzata nelle
criptovalute. La blockchain è una vera
e propria “catena di blocchi”, una tecnologia
che permette il trasferimento
di dati digitali in modo crittografato e
decentralizzato, che gli conferisce assoluta
sicurezza. Per questo motivo il
termine blockchain è sempre stato legato
al campo delle criptovalute e ora
anche a questo tipo di beni digitali.
L’acronimo NFT si riferisce a un “token
non fungibile”, vale a dire un asset digitale
che non può essere consumato
o sostituito. Ogni NFT, infatti, viene
registrato tramite uno smart contract milioni di dollari
che gli assegna un numero univoco e
assicura il proprietario contro il rischio di possibili repliche.
Questo registro contiene i dati del proprietario e del
Everydays - The First 5000 Days (particolare), il collage digitale di Beeple venduto come NFT a 69
creatore, il che consente di preservare equamente il diritto
d’autore. In breve, un NFT può essere un’immagine, una
42
NON FUNGIBLE TOKEN
Il meme conosciuto come Disaster Girl
grafica, un video, una musica o qualsiasi altro contenuto
digitale di cui qualcuno vuole entrare in possesso. La
vendita di NFT è un nuovo modo di guadagnare facilmente
con l’online, e sono già molti gli artisti, gli influencer,
le celebrità, le aziende e le organizzazioni che stanno cavalcando
un’onda che, nel 2022, promette di subire un’ulteriore
impennata. Questo perché tutto ormai può essere
un NFT: basti pensare che il fondatore di Twitter, Jack
Dorsey, ha venduto il primo tweet sulla piattaforma di sua
paternità all’inizio del 2021 come NFT per quasi 3 milioni
di dollari. Il famoso “Nyan Cat” in versione Gif è stato
scambiato per 600.000 di dollari e anche i video degli
highlights NBA hanno raggiunto prezzi stellari. In effetti,
questo franchise sportivo ha già una piattaforma per
scambiare i propri NFT, cioè NBA Top Shot, e questo vale
anche nel caso della European American Football League.
Lo sviluppo degli NFT cambia il modo di acquistare
e vendere le opere d’arte digitali. Uno degli esempi più
eccezionali è quello dell’artista Beeple, il cui collage digitale
intitolato Everydays - The First 5000 Days è stato
messo all’asta l’11 marzo 2021 per 69 milioni di dollari.
Sebbene ci siano copie e versioni su Internet, l’NFT
corrisponde al contenuto originale; al creatore viene garantito
il 10% delle transazioni future. Pertanto, mentre
l’acquirente possiede i diritti di proprietà, anche i diritti
d’autore vengono preservati. Tutto questo comporta inevitabilmente
un forte impatto sulla comunicazione
digitale. Internet e l’evoluzione
delle tecnologie mobili hanno portato le
persone a stabilire dialoghi quotidiani attraverso
risorse digitali come emoji, adesivi,
meme, gif e video. A parte i casi già
citati, recentemente è emersa la conversione
in NFT di uno dei più famosi videomeme
di Internet: Charlie mi ha morso il
dito. Questo video è stato venduto come
NFT per 650.000 di dollari a maggio 2021;
vi si vede un bambino di un anno che morde
il dito del fratello di tre anni, il quale si
lamenta ad alta voce. Il padre dei bambini,
divertito dalla scena, ha caricato il video
su YouTube dove è stato visualizzato
talmente tante volte da diventare uno dei
primi meme della piattaforma. Non meno
significativo il caso della foto di una
bambina che sorride in primo piano mentre
una casa brucia sullo sfondo. Meglio
conosciuto come Disaster Girl, questo meme è stato recentemente
venduto per quasi mezzo milione di dollari. I
meme sono un elemento fondamentale nella cultura pop
digitale di oggi e un mezzo di comunicazione che anche
brand e aziende sfruttano frequentemente nelle strategie
di marketing. Sulla carta, il funzionamento di un NFT
è semplice: qualunque sia il tipo di “prodotto” – immagine,
video, audio, testo o file compresso –, questo ottiene
un identificatore che registra il nome dell’autore, il valore
iniziale e la cronologia delle vendite, insieme agli altri
metadati. Questo bene non fungibile non può quindi essere
duplicato né consumato con il suo utilizzo, tanto meno
può essere sostituito da qualcos’altro. In altre parole, in
qualsiasi casa o ufficio potrebbe esserci una replica della
Gioconda incorniciata ed esposta, ma l’originale si trova a
Parigi al Museo del Louvre e la sua riproduzione è protetta
da copyright. Repliche e versioni continueranno quindi
ad esistere, perché così è il mondo di Internet, tuttavia
il contenuto originale, oltre ad avere dei “proprietari”, permetterà
di garantire ricompense basate sulla paternità. Il
fenomeno NFT è agli inizi e c’è ancora molta strada da fare
affinché la sua tecnologia diventi massiccia e gli utenti
siano pienamente consapevoli delle sue potenzialità. Certamente
però questa nuova frontiera tecnologica ha tutte
le caratteristiche per portare ad una vera e propria rivoluzione
digitale del modo di produrre e vendere arte.
Avvocato, docente di Diritto della Proprietà Industriale
all’Università degli Studi di Firenze e giornalista pubblicista
iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, Aldo
Fittante è promotore di molti convegni e autore di numerose pubblicazioni
scientifiche, articoli in riviste prestigiose, saggi e monografie
in materia di Diritto Industriale e d’Autore.
www.studiolegalefittante.it
NON FUNGIBLE TOKEN
43
Farmacia Mijno e
Farmacia Guandalini
Un programma per aiutare l’organismo a depurarsi
della dott.ssa Anna Rita Maroccini e del dr. Gabriele Guandalini
L’avvicinarsi della bella stagione è il momento giusto per
ritrovare benessere e energia. Uno dei modi è depurare
il nostro organismo, migliorando lo stile di vita e scegliendo
dei prodotti validi che aiutino gli organi emuntori nelle
loro funzionalità detossinanti. Molto spesso il termine detox,
che deriva dall’inglese, è associato esclusivamente a un regime
dietetico particolarmente rigido; in realtà indica proprio un
processo di detossificazione completo dell’organismo che è
consigliabile intraprendere per ribilanciare i processi fisiologici,
psicologici e correggere lo stile di vita. In questo percorso
di depurazione è fondamentale aiutare gli organi emuntori ovvero
fegato, reni ed intestino che insieme svolgono la funzione
di smaltimento delle tossine, in modo che la loro quantità non
sia superiore alla capacità dell’organismo di smaltirle. Spesso,
infatti, le accumuliamo a causa di scorrette abitudini tra le quali
una dieta sbilanciata, l’uso improprio di farmaci o forti periodi
di stress. Ricordiamoci che un carico tossico troppo elevato
potrebbe portare a uno stato di infiammazione cronica di basso
grado detta silente che, se pur asintomatica, può provocare
problematiche importanti. Invece quando il nostro organismo
è depurato, ci sentiamo bene: il sistema immunitario funziona
meglio, l’intestino è più regolare, la pelle risplende luminosa.
Quali sono i segnali che l’organismo invia per dirci che abbiamo
bisogno di un trattamento detox? Tra quelli a cui dobbiamo
prestare attenzione ci sono: digestione lenta, sonnolenza dopo
i pasti, irregolarità intestinale, alitosi, gonfiore addominale. Per
ritrovare l’energia che ci fa stare bene è consigliabile migliorare
il nostro stile di vita e prenderci cura di fegato, intestino e
reni, assumendo dei rimedi efficaci come integratori a base di
principi naturali detossinanti. Scegliere una farmacia specializzata
di fiducia è il primo passo per intraprendere un percorso
di depurazione personalizzato in base alle vostre esigenze.
Il team della Farmacia Guandalini
Il team della Farmacia Mijno
Vi aspettiamo nelle nostre farmacie specializzate nel mese di marzo per consigliarvi e supportarvi.
Possiamo accompagnarvi in questo percorso di recupero del benessere anche a distanza.
Chiamate per fissare una consulenza oppure passate a trovarci:
Farmacia Mijno, via Gramsci 5, Signa (FI), + 39 055 875639
Farmacia Guandalini, via 24 Maggio 3/5, Lastra a Signa (FI), + 39 055 8720090
A cura di
Alessandra Cirri
L’avvocato
risponde
L’assegno unico, una nuova
forma di sostegno per i figli
a carico
Dal 1° gennaio 2022 è entrato in vigore l’assegno unico
e universale per i figli che sostituisce e ingloba tutte
le forme di sostegno per i figli a carico, tra le quali
i bonus e gli assegni familiari. L’assegno unico sarà erogato
mensilmente dall’INPS a coloro che esercitano la responsabilità
genitoriale in presenza di figli, a prescindere dalla condizione
lavorativa. La misura riguarda i figli fino al compimento del ventunesimo
anno di età e i figli con disabilità; l’altra novità è che i
soggetti beneficiari possono essere anche i lavoratori autonomi,
gli imprenditori, i liberi professionisti e i disoccupati, quindi
non soltanto coloro che svolgono un lavoro da dipendente.
La platea di chi può far domanda aumenta rispetto ai soggetti
destinatari delle precedenti forme di sostegno. L’assegno unico
verrà corrisposto sulla base dei redditi e non solo, ma anche
in relazione e considerazione di tutto il patrimonio dei soggetti
beneficiari. Gli importi erogati dipenderanno dall’ISEE del nucleo
familiare dove vivono i figli, calcolati in base a delle tabelle
che prevedono scaglioni di fasce di reddito. Nel caso di genitori
separati, divorziati o non conviventi si pone il problema di chi
possa fare domanda e all’ISEE di quale genitore si dovrà far riferimento
per ottenere il sostegno previsto. Nella maggior parte
dei casi ad esercitare la responsabilità genitoriale sono due
genitori, ma solo uno dei due può presentare la domanda per
lo stesso figlio una sola volta all’anno. Il genitore che richiede
l’assegno unico deve indicare nella domanda tutti i figli per
i quali ha intenzione di richiedere il beneficio e per ciascuno di
essi dovrà fornire il codice fiscale dell’altro genitore. In base alla
normativa, l’assegno unico spetta ad entrambi i genitori al
50%, a prescindere dal fatto che il genitore versi o meno l’assegno
di mantenimento per i figli o da chi sia realmente convidi
Alessandra Cirri
vente con gli stessi. Tuttavia, la procedura permette anche di
scegliere che l’importo venga pagato al 100% solo al richiedente
che, però, deve dichiarare che la modalità di ripartizione del
beneficio è stata decisa di comune accordo con l’altro genitore.
Il genitore non richiedente non deve necessariamente confermare
la scelta del richiedente e può chiedere, in un secondo
momento, che la ripartizione avvenga nella misura del 50% per
ciascun genitore. La procedura in oggetto, come spesso accade,
potrebbe generare attrito tra i genitori che hanno diritto al
beneficio, soprattutto se non c’è accordo sulla divisione dei benefici
spettanti ai figli. Per tale motivo è consigliabile inserire
negli accordi di separazione o divorzio il criterio con il quale
verrà attribuito l’assegno, se al solo genitore convivente con i
figli e in quale misura. Per il modello ISEE, il genitore non convivente
va comunque aggregato al nucleo familiare del minore
per il quale si richiede l’assegno. Esistono però delle eccezioni:
se il genitore non convivente risulti coniugato con persona diversa
dall’altro genitore; se risulti avere figli con persona diversa
dall’altro genitore; se sia stato escluso dalla potestà sui figli
o sia stato adottato il provvedimento di allontanamento dalla
residenza familiare; se sia stato stabilito con provvedimento
dell’autorità giudiziaria il versamento di assegni periodici destinato
al mantenimento dei figli; se risulti accertata in sede giurisdizionale
o dalla pubblica autorità competente in materia di
servizi sociali la estraneità in termini di rapporti affettivi ed economici.
La nuova misura dell’assegno unico, che assorbe tutti i
precedenti incentivi per le famiglie con figli, ha inoltre mantenuto
inalterata la possibilità di portare in detrazione nelle dichiarazioni
dei redditi tutte le spese per i figli a carico, ovvero per
quelle sanitarie, di istruzione e per l’attività sportiva.
Laureata nel 1979 in Giurisprudenza presso l’Università
di Firenze, Alessandra Cirri svolge la professione
di avvocato da trent’anni. È specializzata in diritto
di famiglia e minori, con competenze in diritto civile. Cassazionista
dal 2006.
Studio legale Alessandra Cirri
Via Masaccio, 19 / 50136 Firenze
+ 39 055 0164466
avvalecirri@gmail.com
alessandra.cirri@firenze.pecavvocati.it
ASSEGNO UNICO
45
Personaggi
Il Cece
Un artista del disegno umoristico
di Andrea Cafaggi
«
Ognuno di noi ha il suo Dio, che lo regala ogni
giorno di un povero immenso dono». Così scriveva
l’autore dell’Epistula ad Matriculas che
tanto mi commosse ai miei verdi anni, ed oggi più che mai
mi fa tornare il groppo in gola di quella commozione. Certo
quel dono, quale che sia, alcuni lo ignorano, altri lo trascurano,
altri ancora lo vivono come il contrastato amor
di Catullo (fieri sentio et excrucior), altri infine lo coltivano
anche a prezzo di enormi sacrifici. Fra questi ultimi, voglio
rendere speciale omaggio e onore al grande Cece, che
da sempre vive con sereno e divertito distacco il suo dono
di saper disegnare stupende tavole e vignette per gli amici,
rubando ore al sonno, senza alcun tangibile corrispettivo
ma contentandosi di godere, di riflesso, della gioia
che procura ai destinatari delle stesse. Il vasto pubblico,
pedestremente, conosce il Cece col suo nome d’arte, o
meglio nessun vasto pubblico lo conosce proprio, al di
fuori della cerchia dei suoi amici. I quali, per contrappasso,
non ricordano quasi più il suo vero nome, quello dei registri
dell’Anagrafe, Francesco Sciacca. Eppure, secondo
me, il nome di “Cece” meriterebbe invece la massima fama
e risonanza: questo puro bisillabo iterativo dovrebbe
rincorrersi sul labbro delle genti d’ogni paese. E dovrebbe
essere pronunciato con rispettosa venerazione, dai cultori
del disegno d’arte contemporaneo, al pari di quello dei
più celeberrimi Moebius, Muñoz, Pazienza, Fremura, etc.:
perché non meno grande di essi è il nostro Cece! Spesso
attorno ad un artista in auge volteggiano sciami di letterati
che sfornano a getto continuo recensioni mirabolanti
per illustrare ogni sua opera come capolavoro di assoluta
originalità e genialità: il tutto, ovviamente, per finalità
commerciali. Il Cece, al contrario di tanti meno bravi di
lui ma più introdotti negli ambienti giusti, non ha mai venduto
quadri o disegni, né ha mai cercato alcun garante o
sponsor per decollare nel mondo dell’arte grafica o della
vignetta satirica sui giornali. E per questa sua modestia
è rimasto semplicemente il Cece, umbratile genio negletto
dal grande mondo ma faro di luce per noi che gli vogliamo,
e ai quali lui vuole, un bene sincero. Inoltre, siccome
non ha mai chiesto alcun compenso, né alcuna recensione
ai tanti per i quali ha profuso tavole, vignette e strisce,
per poter sbarcare il lunario ogni giorno, il Cece ha dovuto
Il domatore di calamari
Provolo, Gran Caiordo
46
IL CECE
L'assaggiatore
confinare nelle ore notturne il tempo da dedicare alla sua
arte. Ma il genio del Cece vola ben più in alto di ogni miseria
e di ogni interesse materiale, e il sole non scioglie
la cera delle sue ali poiché esse non sono posticce. Lui,
con quelle ali, c’è nato. Ars gratia artis, proprio come recita
il motto della Metro-Goldwyn-Mayer. Poiché non c’è bisogno
di intermediari, fra la sua Arte e i felici mortali cui
tocca la gioia di fruirne: essa non chiede compensi, non
ha bisogno di alcuna spiegazione, eppure tutte le parole
del mondo non basterebbero a spiegarla né a riprodurre
in vitro la beatitudine che dagli occhi scende a riscaldare
i precordi di chi la osserva con animo puro. E quindi dico
al Cece: non lasciare che la tua Arte mai languisca, rinnova
ogni giorno per i nostri occhi deliziati e stupiti il miracolo
del tuo tratto semplice e sublime! Ripeti per noi mille
volte ancora le tue liete e sognanti trasfigurazioni di una
realtà che senza di esse ci parrebbe insopportabilmente
prosaica e materiale. Continua a trasportare nel tuo cielo
limpido e fantastico il nostro anelito di bellezza e di armonia
per questo mondo. Poiché questo è ciò che cerchiamo
di attingere e di testimoniare con ogni nostra piccola
o grande sofferenza umana: questo, che lottiamo per realizzare
qui ed ora. E possano i tuoi segni (segni di segni
come direbbe Eco/Adso da Melk) aiutarci a vivere e a sognare
ogni giorno il mondo buono e sereno che è proprio
dietro l’angolo della tua – e della nostra – fantasia. Con
affetto, Cafax senior.
Polpo alla catalana
Nicola I. G. Terry
IL CECE
47
PREMIO I MURAZZI 2022
X EDIZIONE
SCADENZA 15 APRILE 2022
Poesia singola - sezione A
Silloge inedita - sezione B
Poesia edita - sezione C
Poesia edita femminile opera prima - sezione D
Prosa inedita - sezione E
Prosa edita - sezione F
Saggistica inedita - sezione G
Saggistica edita - sezione H
La quota di iscrizione per ogni sezione
e per ogni opera inviata è di € 20,00
per info e regolamento visitare il sito
https://www.elogiodellapoesia.it/Bando22.pdf
tel. 0113092572 / 3290060705
info@elogiodellapoesia.it
I libri del
mese
Alex Pagni
Un viaggio dentro sé stessi attraverso la poesia
di Erika Bresci
«
Mentre io son qui, / In questa isola, sperduta sul
mare. / Sognando soltanto un sussulto di vele
/ O la fresca carezza d’una strofa del vento».
Scavare nella profondità di questi quattro versi tratti dalla poesia
Il porto solitario, presente nella raccolta, aiuta a prendere
per mano il viaggiatore, seguirlo nei suoi percorsi più
arditi, fermarsi con lui nelle inevitabili, spesso dolorose soste,
scegliere i bivi, ascoltare le voci, gustarne i silenzi, vestire
gli stessi panni di erratico stupore. «Io sono qui», scrive
il poeta. E la distanza dal “là”, rappresentato dal chiassoso,
quasi sempre insulso muoversi delle nostre grigie, anonime
città, delle frenetiche strade che accompagnano i passi indaffarati
del quotidiano, pare incolmabile. In mezzo, Pagni ci
racconta per immagini quel mare nel quale l’isola è immersa,
una distesa d’acqua immensa, brulicante di vita, così lontana
dal «padule d’abitudini, stagno di “vita”» cui la cecità del
lavorio odierno ci condanna. Un luogo “oltre”, dove è possibile
ancora sognare, perché «chi non sogna più è morto ormai
da tempo…». Scopriamo allora che il viaggio cui ci invita
Alex Pagni non è una mutatio loci – che, sappiamo benissimo
con i maestri latini Orazio e Seneca («Devi cambiare d’animo,
non di cielo»), non garantisce lo star bene, il ritrovare la pace,
la serenità –, ma un camminare dentro sé stessi per ricercare
la radice della propria essenza. Un viaggio dal buio alla luce.
Dall’aridità alla fecondità. Proprio nello sviluppo di questo
tema centrale è possibile notare come il rispetto filiale, l’eredità
che Pagni mutua dai grandi della poesia, primo fra tutti
Dante, non si risolve in semplice eco di voci già ascoltate. Il
viaggio che Dante fa partendo dalla porta della città infernale
di Dite, fino ad arrivare alla visione estatica del Paradiso, in
un progredire e in un sentire tutto di fede, in Pagni diventa un
percorso che identifica nella vita stessa l’inferno da attraversare
– «“Questa è la vita.” / Veggi sovra l’entrata dell’arcana
dimora» –, per poi giungere all’approdo nel “giardino”, al recupero
di un rapporto privilegiato e puro con la natura e i suoi
elementi: «Latteo sentier portommi dinnanzi all’antico portal,
/ Spinse mio cammin, ancora ed ancora… / Perenne silenzio
vagheggiava tra zagare ed allori. / Decisi di andare, dissi addio
all’umano mondo / Ed aprii ‘l celestial portone…». Non cori
angelici e Rosa mistica ma un giardino dell’Eden dove l’uomo
possa riscoprire la propria ingenuità adamitica, possa comunicare
con gli altri abitanti del creato, possa loro rendere grazie,
e custodire, e ammirare, e amare. Un privilegio, questo,
che è possibile sperimentare anche in questa valle di lacrime.
E anche in questo Pagni ci offre un metodo, una via. La «fresca
carezza d’una strofa di vento», citata all’inizio, racchiude
in sé le due chiavi per aprire questo scrigno delle meraviglie:
la prima è senz’altro il rapporto con la natura: un fiore, un giovane
olivo, una rondine, un gabbiano, una foglia, l’erba dei
Alex Pagni, Il viaggio (Laura Capone Editore, 2021)
campi parlano al cuore e agli occhi di chi sa “vedere”; la seconda
è la voce usata dalla natura, che si fa poesia nelle mani
del poeta. La poesia è il linguaggio che mette in comunione
l’uomo con il creato, «la Poesia è istinto di vita, / Eterna fiamma
arder nell’animo, / … / Scelta del ciel, salvezza di spirto».
La poesia è salvifica perché ha la capacità di attingere al pozzo
delle emozioni, di farne emergere acqua sorgiva, fonte di
vita da regalare a sé e a quanti sosteranno nel silenzio del
proprio dolore per dare ad esso significato e valore. La poesia
di Pagni, si diceva, è intessuta di rimandi classici, rielaborati
però in una visione del tutto personale e propria. Così
Dante della Commedia, Leopardi del colle dell’Infinito, Pascoli
e la sua rondine di X Agosto, ma anche Omero, cantastorie
e veggente, offrono quel terreno di coltura dal quale prezioso
fluisce originale e puro il canto del poeta. Raramente, oggi,
la poesia viene sponsorizzata dal mondo editoriale, ancor
più raramente si decide di investirci sopra. Il viaggio di Alex
Pagni rappresenta, anche in questo, forse per quanto ricordato
in sintesi, una piacevole eccezione.
ALEX PAGNI
49
Arte e restauro
in Toscana
Cappella Brancacci
Al via il restauro del capolavoro di Masolino e Masaccio nella
chiesa del Carmine a Firenze
Sarà possibile accedere ai ponteggi per ammirare gli affreschi da una prospettiva inedita
di Barbara Santoro
Èiniziato lo scorso gennaio il restauro degli affreschi della
Cappella Brancacci, gioiello dell’arte fiorentina nella
chiesa del Carmine. La particolarità è che durante
il restauro il pubblico potrà accedere alla cappella e, grazie ai
ponteggi, ammirare il capolavoro di Masolino e Masaccio da distanza
ravvicinata e da una prospettiva del tutto inedita. Un’occasione
unica per guardare negli occhi i protagonisti degli
affreschi, come Adamo ed Eva tentati dal serpente e poi cacciati
dal Paradiso. Il ciclo fu commissionato da Felice Brancacci,
ricco mercante di seta e politico fiorentino, già patrono della
cappella posta nel transetto fin dal 1367. Per rispettare le disposizioni
testamentarie dell’avo Pietro, Felice fece eseguire
l’imponente ciclo pittorico dedicato alla vita di San Pietro, protettore
della famiglia. L’opera fu realizzata a più mani da Tommaso
di Cristoforo Fini, meglio conosciuto come Masolino da
Panicale (1383-1447), e da Masaccio, soprannome di Tommaso
di ser Giovanni di Mone di Andreuccio Cassai (1401-1428),
suo allievo. Masolino era già un pittore affermato, mentre Masaccio,
appena ventiduenne, figlio di un notaio e nipote di un
costruttore di cassoni, si stava facendo conoscere. Nel 1428
Masaccio sostituì definitivamente il maestro che era stato chiamato
in Ungheria per un incarico importante, ma morì poco
dopo all’età di 27 anni. Felice Brancacci, essendosi schierato
contro i Medici nel 1436, fu esiliato e forse la cappella fu svuotata
da ogni riferimento alla famiglia per volontà, si ipotizza,
degli stessi frati del convento. Venne quindi dedicata alla Madonna
del popolo e fu posta sull’altare una Madonna con Bambino
del 1268 a ricordo dell’anno di fondazione della chiesa. Con
molta probabilità, la scena del martirio di San Pietro dipinta dietro
l’altare fu cancellata. Oggi gli affreschi di Masolino solo in
minoranza, ma in origine si trovavano anche sulla volta a crociera
e su una delle due lunette superiori andate distrutte, con un
effetto d’insieme completamente diverso dall’attuale. Sembra
che Masolino e Masaccio lavorassero separatamente ma insieme
su un unico ponteggio, dipingendo scene contigue in modo
da evitare una netta separazione fra le loro opere. Le parti mancanti
furono poi completate tra il 1481-1483 da Filippino Lippi
(1457-1504), al quale si deve il ripristino e l’integrazione delle
scene mancanti. Scampata all’incendio del 1771, che devastò
l’interno della chiesa, la cappella fu acquistata dai Riccardi
che ne rinnovarono l’altare e il pavimento. Gli affreschi trascurati
per tutto l’Ottocento, vennero sottoposti alla spolveratura
nel 1904, ma fu soltanto l’accurato restauro effettuato negli anni
Ottanta del Novecento a permettere il recupero del magnifico
ciclo di affreschi. L’intervento di restauro e valorizzazione messo
a punto da Comune di Firenze, Soprintendenza, Cnr-Ispc di
Vista d’insieme della Cappella Brancacci
Firenze, Opificio delle Pietre Dure e Fondazione Friends of Florence,
in compartecipazione con Jay Pritzker Foundation, durerà
un anno. «Poter quasi toccare gli affreschi di solito visti
solamente dal basso verso l’alto è davvero emozionante – dichiara
il sindaco e assessore alla Cultura del Comune di Firenze
Dario Nardella – e nei prossimi mesi visitatori e turisti potranno
approfittare di questa opportunità davvero unica. L’alternativa,
ovvero chiudere la Cappella Brancacci per tutto il tempo del
restauro, ci pareva un danno davvero grande, soprattutto dopo
il prolungato periodo di lockdown per i nostri musei a causa
del Covid. Siamo grati a restauratori e tecnici per aver consentito
questa possibilità di accesso e siamo particolarmente felici,
inoltre, di avere di nuovo a fianco la Fondazione Friends of Florence
che davvero si dimostra “amica” della città avendo così
a cuore i suoi beni artistici». La presidente della Fondazione,
Simonetta Brandolini d’Adda, ha così commentato l’iniziativa:
«Friends of Florence sostiene l’intervento agli affreschi della
Cappella Brancacci attraverso il dono di alcuni fra i sostenitori
più vicini alla nostra Fondazione, in particolare Dan Pritzker
50 CAPPELLA BRANCACCI
Parete ovest della cappella
Masaccio, Battesimo dei neofiti (particolare)
della Jay Pritzker Foundation, membro del board di Friends of
Florence, Janet e Jim Dicke II, membro anche quest’ultimo del
consiglio di amministrazione e sostenitore insieme alla moglie
da 23 anni dei progetti della nostra fondazione, Peter Fogliano
e Hal Lester Foundation, donatori di Friends of Florence da oltre
15 anni. Siamo molto grati a tutti loro per la vicinanza e il sostegno
all’iniziativa e siamo felici di cominciare questo intervento,
consapevoli dell’importanza che la Cappella Brancacci ha per
la cultura fiorentina, italiana e internazionale. Il nostro grazie
va anche al Comune di Firenze, alla Soprintendenza Archeologia
Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Firenze
e le province di Pistoia e Prato, al
CNR e all’Opificio delle Pietre Dure,
enti con i quali collaboriamo da anni
e la cui sinergia sarà fondamentale
per lo sviluppo dell’intero progetto».
Nel novembre 2020 gli affreschi sono
stati sottoposti ad un primo monitoraggio
che aveva messo in luce
alcune criticità dal punto di vista
della conservazione e la necessità
di stabilizzare alcuni potenziali fenomeni
di deterioramento presenti
sul ciclo pittorico. Grazie all’attuale
cantiere è oggi possibile svolgere
una nuova campagna diagnostica,
più approfondita ed esaustiva della
precedente. Le tecniche utilizzate,
completamente non-distruttive,
consentiranno di conoscere approfonditamente
i materiali utilizzati,
gli aspetti pittorici e i fenomeni di alterazione/degrado: informazioni
indispensabili per una corretta pianificazione dell’intervento
di restauro. Allo stato attuale sono in corso indagini di
imaging fotografico nelle varie bande dello spettro elettromagnetico,
dal visibile all’infrarosso, in alta definizione e a luce radente,
finalizzate ad identificare le aree con anomalie altrimenti
impercettibili allo sguardo. Le attività successive sono mirate
ad aumentare il livello di dettaglio conoscitivo sui particolari
identificati nella fase diagnostica precedente. Dopo il restauro
la cappella tornerà ancora più godibile di prima e sarà certamente
meta sia dei fiorentini che dei turisti.
I ponteggi del restauro attualmente in corso (ph. Gino Carosella)
CAPPELLA BRANCACCI
51
Firenze
mostre
Zhang Leifu
Protagonista allo Spazio Espositivo San
Marco con opere realizzate attraverso
l’intelligenza artificiale
di Jacopo Chiostri
Zhang Leifu, giovane artista cinese, nato a Hunan nel
1992, attivo nel campo dell’A. I. (intelligenza artificiale)
painting, è stato ospite a inizio marzo dello Spazio Espositivo
San Marco (Toscana Cultura). La mostra, curata da Luca
Xie e Rosanna Ossola e presentata da Jacopo Chiostri, ha avuto
una vasta eco per la sua originalità e innovazione. Zhang Leifu
si è laureato all’Accademia Centrale di Belle Arti con specializzazione
in Pittura a olio nel 2018, e attualmente segue un dottorato
in estetica presso l’Università di Tsinghua. Grazie a software da
lui stesso creati, propone nuovi media tramite l’utilizzo di bracci
robotici che mettono in relazione, evidenziandone punti di contatto
e differenze, estetica artificiale ed estetica meccanica. Le
opere, proposte in genere in spazi pubblici, sono realizzate con
algoritmi “istruiti” in ambiente di deep learning, algoritmi evoluti
capaci di imparare e dialogare tra loro, e i dipinti, riferibili alla
nostra realtà sociale, pongono in sovrapposizione realtà virtuale
e realtà fisica. In mostra, a Firenze, quarantasette ritratti eseguiti
con una A. I. Painting man-machine, uno strumento di cui
l’artista è coautore e con il quale sono stati elaborati disegni
eseguiti da altrettante persone, interpretando ed elaborando i loro
singoli stili: è stato chiesto al pubblico di interagire con un
braccio robotico disegnando, con linee e schizzi, un ritratto; poi,
i dati raccolti da telecamere da diverse angolazioni, sono stati
elaborati dalla macchina (i lavori in mostra al “San Marco”, tra
l’altro, hanno confermato che agli algoritmi è richiesta una soglia
di conoscenza molto alta, simile, peraltro, a quella della ritrattistica
della pittura tradizionale). Zhang Leifu evidenzia due
aspetti centrali del suo lavoro: il primo relativo ai benefici della
ricerca che conduce, benefici che, in forma tangibile, producono
nuove frontiere per scienza e tecnologia nei campi della
matematica, della statistica e dell’intelligenza artificiale; l’altro,
intimamente connesso al suo lavoro di artista, la necessità di
offrire in ambito pittorico una risposta sistematica alla frattu-
Zhang Leifu
ra verificatasi tra pittura tradizionale e società contemporanea.
I momenti più significativi del percorso artistico di Zhang Leifu:
2014 partecipazione alla mostra del 65° anniversario della China
Artists Association sul tema “Doppie Cento Figure” (pittura
a olio); 2017 progetto di cooperazione tra il Palazzo Imperiale e
l’Accademia Centrale di Belle Arti per un ritratto di lavoratore inteso
come simbolo nazionale; aprile 2018, ha collaborato alla realizzazione
del disegno per un ritratto ufficiale di Deng Xiaoping
per il 30° anniversario della riforma e dell’apertura, che è stato
raccolto dal Museo di Deng Xiaoping nella città di Guang’an;
agosto 2018, su invito della National Ice Hockey Association of
the State Sports General Administration, ha realizzato dipinti a
olio per la Chinese Ice Hockey Association; sempre nel 2018,
su invito del Ministero degli Affari Esteri, ha dipinto un ritratto
di Ban Ki-moon, segretario generale delle Nazioni Unite e presidente
del Forum Boao per l’Asia, che è stato donato allo stesso
Ban Ki-moon; agosto 2018, ha dipinto un ritratto di Li Zhaoxing,
l’ex ministro degli Affari Esteri; settembre 2018, è stato invitato
dal Ministero del Commercio a dipingere un ritratto per Hun Sen,
l’ex primo ministro di Shupu Zhai; dicembre 2018 ha ritratto Yang
Liwei, un eroe spaziale.
Jacopo Chiostri, giornalista, presenta la mostra
Il giornalista Fabrizio Borghini intervista Rosanna Ossola, co-curatrice della
mostra insieme a Luca Xie
52
ZHANG LEIFU
A cura di
Francesco Bandini
Quando tutto
ebbe inizio…
Viola, un colore da re
Rinvenuti a Timna, nel sud di Israele, frammenti di tessuti tinti di viola: un ritrovamento
unico che racconta la storia della regione com’era tremila anni fa
Testo e foto di Francesco Bandini
Oggi nelle ricerche archeologiche s’incrociano competenze
diverse: dai geologi agli archeo-botanici,
dai fisici agli antropologi, ai chimici. In uno scavo,
dunque, vengono utilizzati tutti quei patrimoni di metodi di
lavoro e di tecnologia che provengono dalla collaborazione
con numerose altre discipline. Uno scavo archeologico non
è più soltanto un ambiente dove operano architetti, restauratori,
epigrafisti ed esperti di lingue antiche ma è un luogo
in cui s’intersecano competenze diverse, dai geologi ai
paleozoologi, ai fisici, che studiano, per esempio, i pollini e
quindi la vegetazione antica e sono in grado di ricostruire
il clima e i cambiamenti del tempo. Tante professionalità
ci hanno permesso di svelare quelli che per troppo tempo
abbiamo chiamato “misteri dell’archeologia”; grazie a loro
abbiamo potuto capire cosa è sepolto sotto il piano di
campagna di territori nei quali sono vissute antiche civiltà,
facendo passi avanti enormi nella comprensione e nella
ricostruzione della vita e del costume di quelle comunità.
Un esempio concreto ci viene dai riferimenti letterari, religiosi
e botanici che oggi hanno documentato una scoperta
unica: i ricercatori che lavoravano sui tessuti nel sito archeologico
nella valle di Timna, all’estremità meridionale
di Israele, sono rimasti sbalorditi per la recente scoperta
di tessuti e fibre di lana tinti di porpora reale, da non confondere
con il rosso porpora, una tintura estremamente costosa,
citata anche nella Bibbia, il cui colore viola è ancora
intenso, anche se vira verso il porpora in alcuni punti. I pezzi
di stoffa non sono molto grandi ma il loro colore non inganna:
una datazione di carbonio-14 li fa risalire intorno al
1000 a. C. . Il periodo corrisponde alle monarchie di Davide
e Salomone a Gerusalemme. «Il colore – ha dichiarato il
28 gennaio scorso il professor Ben Yosef in un comunicato
dell’Autorità Isrealiana per le Antichità e dell’Università di
Tel Aviv – ha immediatamente attirato la nostra attenzione,
ma fatichiamo ancora a credere di aver trovato del viola antico
di tremila anni fa». In Israele prima d’ora non erano mai
stati trovati resti di questa tintura, nota come “argaman” o
“porpora di Tiro”. Nell’antichità i capi di abbigliamento viola
erano associati alla nobiltà, ai sacerdoti e ai reali. Le magnifiche
tonalità del viola e la difficoltà nel produrre questa
tintura, che si trova in quantità minime nei corpi dei piccoli
molluschi, per lungo tempo lo hanno reso il più prestigioso
dei coloranti. «Il porpora reale era più costoso dell’oro»
spiega Naama Sukenik, curatrice delle scoperte organiche
per le antichità. Fino ad oggi erano stati trovati solo i gusci
dei molluschi e il materiale utilizzato per estrarre i pigmenti
dalla piccola ghiandola situata nel loro corpo. Questi
molluschi sono chiamati “murici” e sono stati utilizzati anche
per produrre il blu azzurro da cui si ricava il viola a se-
Uno dei frammenti di tessuto viola rinvenuti a Timna
conda di come i pigmenti sono esposti al sole. Questi due
colori sono spesso citati insieme nelle fonti antiche; i sacerdoti
del Tempio, Davide, Salomone e Gesù sono tutti descritti
mentre indossavano abiti tinti di viola. Trovati nel
sito di produzione del rame di Timna, questi frammenti di
tessuto testimoniano la ricchezza della popolazione nomade
che abitava quello che un tempo era il regno di Idumea.
I re governavano società complesse, formavano alleanze,
relazioni commerciali e si facevano la guerra. La ricchezza
di una società nomade non si misurava nei palazzi, ma
in cose non meno apprezzate nel mondo antico, come il rame
prodotto a Timna e la tintura viola che veniva commerciata
con essi.
VIOLA, UN COLORE DA RE
53
Nuove proposte dell’arte
contemporanea
A cura di
Margherita Blonska Ciardi
Te - Sian Shih
Le sfide internazionali dell’artista e designer taiwanese conosciuta e
apprezzata nel mondo
di Margherita Blonska Ciardi
Te - Sian Shih è un’artista grafica e designer taiwanese
che da diversi anni vive e lavora a New York. I suoi lavori,
che uniscono le necessità commerciali della società
contemporanea alla cultura, riscuotono molto successo
in varie parti del mondo. Spesso le sue opere evadono dal
linguaggio materialista della pubblicità per immergersi nel
regno della poesia, della musica e dei sentimenti umani. In
questo modo il suo design è sempre attuale e tocca il cuore
del pubblico classificandosi come opera d’arte. Te - Sian
ha una preparazione professionale a trecentosessanta gradi,
essendo inoltre specializzata nel packaging e nel branding
delle aziende e dei marchi. Queste conoscenze e il naturale
intuito artistico le hanno permesso di sviluppare uno stile
molto personale, in cui la tecnica e la geometria incontrano
una fertile fantasia con l’obiettivo di approfondire la conoscenza
della psicologia collettiva. La scelta delle composizioni
e dei colori è sempre dettata dallo scopo che l’artista
vuole ottenere per guidare le reazioni del pubblico. Ha lavorato
per clienti molto importanti come il maestro di musica di
fama mondiale Cho-Liang, e ha collaborato con il festival di
Lin’s Taipe Music Accademia e con diverse istituzioni tra cui il
Ministero della Cultura del Taiwan. I suoi progetti grafici sono
visibili in diversi supermercati di New York City e alcuni suoi
lavori sono stati presentati nel 2019 nell’ambito della mostra
d’arte promossa dall’UNICEF presso l’Oculus del World Trade
Center. L’artista ha partecipato alla Biennale di Firenze 2019
e alla Biennale di Genova 2021. Inoltre, i suoi progetti di design
sono stati esposti nel 2021 nella mostra d’arte a Taiwan
dedicata al mondo delle orchidee, con il supporto dell’Ufficio
Economico e Culturaledi Taipei e del Ministero della Cultura
di Taiwan. Nel 2019 è stata invitata, insieme a altri undici artisti,
a partecipare ad una collettiva nel quartiere Chelsea di
New York curata dalla famosa artista Catherine Lan. Te - Sian
è stata intervistata dai quotidiani Voice of America e World
Journal e ha vinto numerosi premi negli Stati Uniti come
graphic designer negli anni 2019 e 2021. Nel 2022 prenderà
Echoes (2021) Éne (2018)
54
TE - SIAN SHIH
Loving message (2020)
parte ad un’esposizione a Bruxelles e presenterà le proprie
opere a Venezia nella seconda edizione di Tamara Art Award,
che si svolgerà tra fine maggio e inizi giugno, e alla quarta
esposizione internazionale Aqvart che si terrà, sempre nel capoluogo
veneto, il prossimo settembre e sarà dedicata al tema
della laguna e dell’ambiente.
TE - SIAN SHIH
55
Il cinema
a casa
A cura di
Lorenzo Borghini
La grande bellezza
La vacuità del mondo firmata Sorrentino
di Lorenzo Borghini
Èda poco diffusa la notizia che È stata la mano di
dio, ultimo film di Paolo Sorrentino, è entrato in
cinquina agli Oscar quale miglior film straniero. A
distanza di otto anni dall’Oscar vinto nel 2014, La grande
bellezza non perde lo smalto di un tempo anzi, acquisisce
ancor più valore. Dopo molteplici visioni tutte le piccole
sfumature vengono a galla e un senso di grande bellezza
ci assale, proprio come nel film, in cui il fascino della
città eterna colpisce un turista asiatico facendolo crollare
in preda ad un malore. Sorrentino prende a pretesto un
microcosmo composto da galleristi d'arte, nobili decaduti,
direttori di prestigiose riviste, maschere al botulino, ricchi
e arricchiti di ogni specie per una riflessione assai più
ampia. La grande bellezza non è un film su Roma e sull’Italia,
e soprattutto non è un film per il quale dobbiamo scomodare
il grande maestro Federico Fellini. Non che questi
riferimenti siano inesatti, ma Sorrentino dà al suo film un
carattere universale. Se ci distacchiamo per un attimo dai
piccoli provincialismi italiani, chiudendo gli occhi possiamo
vedere la rappresentazione dello squallore quotidiano
intriso di vacuità, la rincorsa forsennata a quell’apparire
che ormai dilaga in tutto il mondo, le continue bugie
per evitare di ferirci ancor di più; e dentro questo vortice
di mondanità si aggira l’antieroe Jep Gambardella (Toni
Servillo), re dei mondani, come si proclama in uno dei
tanti monologhi interiori, circondato sempre da centinaia
di persone ma allo stesso tempo solo come l’eremita
che sta sulla montagna. Jep, napoletano con mille aspettative,
parte in giovane età per quella Roma che tanto promette
ma poco mantiene. Durante la sua ricerca di quella
purezza – che scoprirà non esistere – lascia, un po’ per superbia
e un po’ per pigrizia, che il vuoto della chiacchiera
e della mondanità anestetizzi il suo cuore dolente facendolo
diventare indifferente e impermeabile a tutto, perfino
alla tanto amata scrittura. L’unica bellezza che sembra intravedere
è quella lontana centinaia di chilometri, decine
di anni, la grande bellezza che ormai alberga solo ne suoi
ricordi: il mare, il primo amore che non ritornerà più, quella
spensieratezza che appartiene a un’epoca passata, sotterrata
da bugie, cinismo, scopate e feste con persone che
fingono di stare bene ma, come dice Jep, i trenini delle loro
feste sono i più belli d’Italia proprio perché non vanno
da nessuna parte. Ma poi incontrerà Ramona, spogliarellista
a fine carriera che gli dirà quel “Volemose bene” che
ci fa pensare a due anime sole, due anime disincantate
che uniranno le loro solitudini senza nemmeno il bisogno
di toccarsi. Ma la morte, cinica e spietata, gli sottrarrà Ramona
poco dopo, strappandogli di dosso quel bagliore di
pace che sembrava aver ritrovato accanto alla ragazza, im-
maginando, insieme alla donna, un mare placido sul soffitto
che placa per un momento le sue paure e le brutture
della sua esistenza quotidiana. In questa Roma decadente
e decaduta c’è anche molto di sacro, una santità perduta,
profanata da tutti noi, perché guardando La grande bellezza
dobbiamo farci forza e riconoscere i vizi, le oscenità, i
difetti, il ridicolo che è in tutti noi, le sconfitte dell’animo,
e da lì ingoiare il boccone amaro, rialzarci e ripartire dalle
“radici” per raccontarci la verità che tanto ci appartiene.
Jep alla fine del film ci confida quasi timidamente il suo
mondo e il nostro in un monologo che lascia gli spettatori
spiazzati e ammutoliti a riflettere su ciò che ci è stato appena
mostrato. «È tutto sedimentato sul chiacchiericcio e
il rumore, il silenzio e il sentimento, l’emozione e la paura,
gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza e poi lo squallore
disgraziato e l’uomo miserabile». Quindi lasciatevi cullare
da La grande bellezza proprio come Jep fa con il mare dei
suoi ricordi, lasciatevi cullare come il bambino dalla mamma...
BLA BLA BLA.
56
LA GRANDE BELLEZZA
A cura di
Giuseppe Fricelli
Polvere di
stelle
Puccini e Frazzi
Due maestri della musica universale
di Giuseppe Fricelli
Ho avuto la fortuna ed il piacere di essere stato allievo
di Armonia e Composizione di uno fra i più
grandi maestri e musicisti italiani del Novecento:
Vito Frazzi. Ho tanto ammirato in Frazzi la dolcezza
e l’incoraggiamento che sempre, e dico sempre, metteva
nel suo insegnamento. Sono molti i suoi allievi che hanno
svolto un’attività di compositori con successo, basta
citare Luigi Dalla Piccola, Bruno Rigacci, Carlo Prosperi,
Angelo Francesco Lavagnino. Un giorno un nipote di Frazzi
mi raccontò che Giacomo Puccini, ascoltando un brano
del mio maestro e rimanendo attratto da quella idea musicale,
chiese a Frazzi, persona squisita che amava l’arte
di Puccini, di poter utilizzare lo spunto musicale del suo
brano. Il grande docente rispose a Puccini che ne sarebbe
stato onorato e gli chiese dove avrebbe potuto ascoltare
e ritrovare quello spunto musicale. Il musicista di Lucca
gli rispose che stava lavorando al Trittico (1918) e quindi
avrebbe ritrovato il suo inciso in una delle tre opere. Voi
non ci crederete ma Frazzi, ascoltando più volte le splendide
pagine pucciniane, non riuscì ad individuare la sua
melodia. Il meraviglioso artista lucchese aveva talmente
filtrato, personalizzato e realizzato l’idea musicale di Frazzi
che lo stesso autore non riusciva a scoprire e ritrovare
il suo scritto.
Vito Frazzi
Nato nel 1948, Giuseppe Fricelli si è formato al Conservatorio “Luigi Cherubini” di Firenze diplomandosi
in Pianoforte con il massimo dei voti. Ha tenuto 2000 concerti come solista e
camerista in Italia, Europa, Giappone, Australia, Africa e Medio Oriente. Ha composto musiche
di scena per varie commedie e recital di prosa.È stato docente di pianoforte per 44 anni presso
i conservatori di Bolzano, Verona, Bologna e Firenze.
PUCCINI E FRAZZI
57
Emo
Formichi
L’arte di far rivivere
le cose quotidiane
Atelier e studio: via Secondo
Risorgimento 1 - 53026 Pienza (SI)
+ 39 0578 758624
Pinocchio (2018), bronzo, h cm 130
Cavallo (1997), metalli vari e plastica, h cm 180
Arte del
vino
A cura di
Paolo Bini
Il Gallo Nero torna a cantare nel calice
Testo e foto di Paolo Bini
Non sembra vero: torna la primavera,
tornano i profumi
più freschi, torniamo a respirare
scampoli di normalità verso
un recupero ordinario delle nostre vite.
Cambiati forse sì, ma non nella
nostra essenza. Questo è accaduto
anche all’universo vino, un sistema
che ha tentato di rinnovarsi e che ha
saputo resistere alle difficoltà cercando
nell’innovazione di comunicazione
e marketing la soluzione alla
transizione fra epoca pre-Covid e un
futuro ancora tutto da scrivere. Tornano
anche le anteprime toscane,
quegli appuntamenti per operatori di
settore e appassionati che presentano
le nuove annate in commercio
delle principali denominazioni regionali.
Tranne il Consorzio del vino Brunello
di Montalcino, che ha deciso di
anticipare per poi spostare definitivamente
le sue date a novembre di ogni
anno, i vini più noti di Toscana cercano la definitiva “rampa di
rilancio” al pubblico in questo mese di marzo 2022 (nuova era,
anno II) e sa di storia, di gioia e di bello il constatare la coincidenza
con i giorni che un tempo chiudevano l’anno vecchio e
aprivano quello nuovo così come si fece a Firenze fino al 1750.
E proprio nel capoluogo, alla Leopolda, tornerà a presentarsi
il Chianti Classico, con la sua “Collection” e il suo “Gallo Nero”
emblema di oltre 300 anni di tradizione che lo scorso anno
scelse il chiostro di Santa Maria Novella per la degustazione
in anteprima delle nuove annate in commercio. Troviamo curioso
che ancor oggi si confonda la denominazione del Chianti
Classico con quella del Chianti e probabilmente è colpa anche
un po’ della storia stessa. Ad oggi sono soltanto otto i comuni
Chianti Classico Collection 2021
Chianti Classico Collection 2020
compresi fra le province di Firenze e Siena che possono vantare
vigne discendenti da quelle che Cosimo III nel 1716 decantò
per qualità nel suo bando con cui definì le zone dei vini più
buoni del granducato, compresa appunto quella del Chianti.
L’aggiunta dell’appellativo “classico” è arrivata con la legislazione
del ventesimo secolo per rimarcarne l’esclusività, eppure
il pubblico generico tende tutt’oggi a fraintenderne areali
e peculiarità. Un vino adesso fatto esclusivamente da uve a
bacca nera, prevalentemente se non totalmente sangiovese,
che con le sue tre tipologie riesce ad accompagnare un pasto
completo, quantomeno se a base di carne e verdure. Il Chianti
classico “annata” sa completare antipasti rustici, salumi e paste
al ragù. La versione “riserva” è maggiormente complessa
negli aromi e nel corpo così da saper sostenere
meglio primi piatti sostanziosi e carni cotte
secondo tradizione. Il Chianti Classico “Gran
selezione” è in vetta alla piramide qualitativa e
nasce dalle migliori uve aziendali dopo trenta
mesi di invecchiamento. Come il “riserva” può
rimanere a lungo nella vostra cantina ma è una
gioia poterlo stappare per abbinarlo ai secondi
piatti forti, dallo spezzatino allo stracotto
e all’umido. Sono preparazioni che saprà domare
con la sua densità gustativa fruttata, la
tipica astringenza e la lunga persistenza aromatica
da grandissimo vino toscano. È giunta
l’ora che il Gallo Nero torni a cantare nel calice:
si rinasce.
60
GALLO NERO
A cura di
Filippo Cianfanelli
Itinerari del
gusto
Trattoria L’Ortone
La tradizione fiorentina nel quartiere
di Sant’Ambrogio
Testo e foto di Filippo Cianfanelli
Domenica d’inverno a Firenze, quartiere di Sant’Ambrogio,
è l’ora di pranzo e in piazza Ghiberti si vedono molte
famiglie di fiorentini che passeggiano con bambini
piccoli per la mano, poco distante una signora anziana, elegantemente
vestita, accompagnata dalla figlia. Tutti hanno lo stesso
desiderio e lo stesso obiettivo: pranzare in un luogo tranquillo
con persone che si prendano cura di loro e sappiano consigliarle
sui piatti più adatti ai loro gusti. La trattoria L’Ortone è lì per loro,
accanto al Complesso Universitario di Santa Verdiana, dove le
monache dell’antico convento avevano l’accesso ai loro orti murati
oggi diventati piazza Ghiberti. Da qui il nome del locale L’Ortone,
come quello dell’omonima strada adiacente. Decidiamo di
accomodarci all’interno della trattoria dove si nota l’accuratezza
nell’arredamento che esalta le antiche architetture. Il ristorante
è stato completamente ristrutturato nel 2015 dal suo nuovo proprietario
Federico Tacconi, “Fede” per tutti, che ha creato un ambiente
unico, su due piani, con cucina a vista su due lati. Dietro
il vetro lo staff di cucina si muove tra i fornelli seguendo tutte le
norme di igiene sotto l’occhio vigilie del mitico Jack, il cuoco che
sa creare delizie partendo sempre da ingredienti freschi possibilmente
del territorio fiorentino. Fede ha voluto riprendere antiche
ricette di famiglia rivisitandole secondo un’idea di cucina attuale.
Il pane e la schiacciata calda sono fatti in casa, così come la pasta
fresca. Il menù è molto vario, con piatti anche per vegetariani.
La carta dei vini è piuttosto ampia e il personale sa consigliarti
per il meglio. Come sempre ho preferito farmi portare piccoli assaggi
per poter provare soprattutto i piatti più caratteristici. Fra
gli antipasti, oltre alla loro specialità, la lingua fritta con cipolla
caramellata e maionese al lime, ho apprezzato soprattutto l’uovo
poché con crema di sedano rapa e acciughe del cantabrico,
un piatto veramente speciale. Non potevano mancare le tartare,
quella di bistecca e soprattutto quella di ricciola con erba cipollina
e maionese all’arancia, che ho particolarmente apprezzato. Al
L’interno della trattoria
momento di scegliere i primi ho dovuto limitare la scelta a quelli
più originali: ho provato così la vellutata di porri con fonduta di pecorino
e prosciutto San Daniele croccante. Fra i primi di pesce ho
scelto i ravioli di gambero rosso con un’ottima bisque agrodolce
e crema di ricotta al prezzemolo. Fede ha voluto portarmi anche
una specialità del locale, gli gnocchi di patate al ragù di ossobuco
e animelle fritte, veramente da provare. Arrivati ai secondi la
curiosità era tanta, ma ho dovuto escludere alcuni patti che avrei
volentieri provato come il carré di agnello laccato al miele con cime
di rapa oppure l’invitante filetto di ricciola che ho visto servire
ai miei vicini di tavolo. Ho optato invece per la squisita guancia di
manzo brasata con purè di patate e soprattutto per il piccione al
tegame, uno dei piatti che più adoro. Devo dire che quest’ultimo
era davvero perfetto, con petto correttamente poco cotto ma, come
tutto il resto, avvolto da una scorza perfettamente rosolata e
croccante. Il tutto servito su un millefoglie di patate viola che dava
una pennellata di colore al piatto. I dolci sono tutti fatti in casa
e, come è mia abitudine, ho voluto provare il cheesecake crudo
senza né cioccolato né frutti di bosco per apprezzarne meglio il
gusto. Ottime anche le pere cotte con crema di zabaione e naturalmente
la loro specialità: la torta di cioccolato con caramello
salato. Tutti i piatti sono stati di mio gradimento, oltre alla bontà
ne ho apprezzato la cura nei particolari. Un ristorante al contempo
elegante e familiare, un’esperienza da ripetere al più presto.
Ravioli di ricotta al prezzemolo
Uovo poché
TRATTORIA L’ORTONE
61
Diario di
un’esploratrice
A cura di
Julia Ciardi
Al parco per trascorrere una giornata
in compagnia degli alpaca
Testo e foto di Julia Ciardi
Negli ultimi mesi ho sentito spesso parlare
di allevamenti di alpaca presenti
in Italia. Anche qui in Toscana sono
approdati gli alpaca, animali originari del Perù
che vivono sulle Ande a oltre 5000 metri di altitudine
dai tempi dell’imperatore Kuzko. Da
questi animali si ricava una lana pregiatissima
chiamata anche “lana degli dei”. Per conoscerli
più da vicino è possibile recarsi nel Parco Albus
Alpaca a Sasso d’Ombrone, in provincia di
Grosseto, dove questa curiosa specie – un mix
perfetto tra il “katalicammello”, personaggio
dell’omonima canzone dello Zecchino d’Oro, e
i Bantha di Star Wars – è pronta a sorprendere
i visitatori con il suo aspetto buffo. In questo
posto si può trascorrere una piacevole giornata
con i bambini all’insegna della natura, del relax
e della scoperta di questi esseri viventi dal
lungo collo, cugini del lama ma non altrettanto
maleducati da sputare addosso a chiunque,
a meno che non siano spaventati o maltrattati.
Per loro è una forma di comunicazione che
serve a stabilire i confini e l’ordine sociale: una
pratica tanto insolita, quanto geniale per molti
aspetti. Gli alpaca emettono diversi suoni, il
più comune è “l’hamming” che ricorda un ronzio
e serve per comunicare all’interno del gregge.
È un animale dal carattere diffidente ma
curioso, insegna la pazienza e il rispetto. Molto
docile, attento ed educato, viene impiegato
nella pet therapy per la sua intelligenza e la capacità
d’interazione con le persone. Nel Parco
Albus Alpaca si possono fare diverse attività:
dar da mangiare agli animali, coccolarli e
scattare delle foto con loro (la visita dura un’ora
e mezza); fare una breve camminata (all’incirca
2,5 chilometri) in compagnia degli alpaca
attraverso campi, vigneti e boschi per arrivare
alla sponda del fiume Ombrone (percorso
consigliato per bambini con età inferiore a 10
anni); fare una passeggiata più lunga e impegnativa
(circa due ore e mezza di cammino), la
cui riuscita dipende, oltre che dalla predisposizione
degli animali in quel giorno, anche dalla
capacità dei partecipanti di “condurli” e da altre
variabili come lo stato dei sentieri. Due delle
principali attività degli allevamenti di alpaca
in Italia sono la tosatura e lo stoccaggio della
lana che, nel caso specifico del Parco Albus
Alpaca, viene utilizzata per realizzare una linea
62
ALPACA
Ph. Nicky Pe
di abbigliamento venduta in tutta Italia. Gli
alpaca, infatti, non sono animali da soma
ma vengono allevati per la loro lana pregiata,
utilizzata per tessere coperte e poncho.
Ne esistono due razze: la più comune, Huacaya,
la cui lana è fitta, sottile, uniforme,
a ciocche, con molte tonalità del mantello,
e la Suri, con il pelo lungo, che cade lungo
la schiena e dà all’animale un aspetto
longilineo. Chi lavora a maglia conosce la
qualità di questa lana, calda e leggera, assai
più morbida al tocco di quella delle pecore
perché, non contenendo lanolina, non
crea allergie o irritazioni. Dal 2014 è attiva
in Italia la Snael (Società nazionale alpaca
e lama), il cui obiettivo è diffondere la conoscenza
e il rispetto di questi animali davvero
speciali. Vale la pena quindi prenotare
una visita per trascorrere una piacevole
giornata in compagnia di questi simpatici
amici pelosi.
Per informazioni e prenotazioni:
info@passeggiateconalpaca.it
+ 39 3791171940
albusalpacas
ALPACA
63
Ritratti
d’artista
Maris
Un viaggio a colori da Siena a Schifano e oltre
di Roberto Della Lena
Ho conosciuto Maris nel 2012 in occasione dell’inaugurazione
della sua mostra personale Apocalisse
presso il Gruppo Donatello di Firenze; in
quell’occasione parlammo a lungo delle sue opere e del
suo percorso artistico. Ci siamo incontrati anche successivamente;
ho avuto modo di ascoltare con interesse
i suoi racconti, ho più volte rivisto ed apprezzato i suoi
quadri in esposizione e nel suo studio, ho anche letto il
suo libro autobiografico ritrovando cose che avevo già saputo
da lui e scoprendone di nuove. Un destino curioso
lega le nostre vicende. Entrambi siamo approdati a Firenze
dopo aver vissuto a Siena ed entrambi siamo arrivati
a Siena dalla provincia. Curiosamente sia a Siena che
a Firenze abbiamo vissuto e viviamo nella stessa zona.
Prendo proprio lo spunto da queste coincidenze che furono
argomento di conversazione nel lontano 2012 in occasione
della già menzionata mostra personale. Siena è
una città piccola per superficie e numero di abitanti, ma
grande e molto importante per arte, turismo, tradizioni.
Tra queste ultime una in particolare: il Palio, un evento
che si comprende soltanto se si vive a Siena, e probabilmente
del tutto lo si capisce soltanto se a Siena si è
nati. Ma perché prenderla così larga e parlare di Siena?
Non solo per l’approdo prima senese e poi fiorentino legato
a trasferimenti e traslochi, ma anche perché in quella
discussione – e in tante altre successive – ci siamo
chiesti se e quanto due elementi abbiano influenzato la
fantasia di tanti artisti ed anche la nostra: i colori senesi
delle varie contrade e l’onnipresente rosso delle case.
Queste discussioni sul tema “emigrazione-città-provincia-cambiamento”
e sul “potere del colore” non hanno in
effetti avuto definitiva risposta, ma hanno continuato ad
incuriosirci e si sono riproposte nel tempo. Maris ha praticamente
dipinto da sempre; un evento è
stato per lui particolarmente significativo,
ovvero la sua frequentazione con l’importante
artista Mario Schifano che lo ha
indubbiamente e positivamente influenzato,
come egli stesso testimonia nell’autobiografia:
«Mario Schifano mi invitò nel
suo studio nei pressi di Arcetri […] mi dava
utili consigli sulla tecnica pittorica, in
particolare riguardo la miscelazione delle
vernici e nell’uso degli smalti per ottenere
particolari effetti cromatici […] mi incitava
a dipingere con spontaneità privilegiando
l’immediatezza del gesto». Ho più volte
riletto queste frasi e ho sempre pensato
– osservando anche opere molto datate –
che quanto Schifano gli suggeriva, Maris
lo avesse, almeno in parte, autonomamente già posto in
essere. Naturalmente la guida di Schifano lo ha rafforzato,
gli ha dato conferme, lo ha convinto che la strada intrapresa
fosse quella giusta. L’esplosione del colore – e
non è un modo di dire – è pressoché sempre protagonista
nelle tele di Maris, e, accanto al suo naturale istinto creativo
e alla lezione di Schifano, anche i colori delle contrade
senesi forse hanno davvero influenzato la sua pittura.
La produzione pittorica di Maris è enorme; probabilmente
nemmeno lui sa quanti quadri ha dipinto dagli inizi degli
anni Settanta ad ora. Troppe sarebbero le mostre da
ricordare, dalla già citata Apocalisse alla personale al Baraka
di Firenze, ad altre personali a Cremona, Montecatini
e in molte altre città italiane e anche all’estero. Altri colori,
quelli della vita, sono stati tracciati – stavolta non con
i pennelli, ma con la penna – in un libro autobiografico dal
titolo Vita… vita che ebbi a leggere alcuni anni fa, proprio
poco dopo la pubblicazione. È in quel libro molto sintetico
ma ad un tempo molto esaustivo, che si comprende
appieno la vicenda artistica e umana di Maris. Un libro
che ripercorre una vita intensa, fatta di arte, di trasmissioni
antesignane sulle TV private, di gallerie come espositore
ma anche come gallerista (nel 1972 fondò la San
Frediano nell’omonima strada fiorentina). Un libro dove
accanto alla cronaca, agli eventi, usando una metafora, si
affacciano e sfilano i colori della vita: il rosso dell’entusiasmo,
le tinte fosche di giorni più difficili, il verde della
speranza. Un Maris dunque artista a tutto tondo, che scrive,
ti parla e ti racconta ora ricevendoti nel suo bellissimo
studio lungo l’Arno ora davanti ad una tazzina di caffè,
sempre con lo stesso entusiasmo e con la stessa passione.
Dunque alla prossima mostra, al prossimo libro, alla
prossima chiacchierata!
64
MARIS
Arti e mestieri
in Toscana
Gelateria Dondoli
Dal 1992 un’eccellenza a San Gimignano
di Serena Gelli
Quando si visita San Gimignano non si può perdere
l’occasione di gustare un gelato alla famosa Gelateria
Dondoli di Sergio Dondoli, la cui storia è ricca
di curiosità, come lui stesso racconta: «Ho iniziato
a fare il gelataio in Germania nel 1984; ero proprietario di
due ristoranti che mi impegnavano molto, mentre mio cognato,
che possedeva una gelateria, poteva permettersi di
andare in ferie quando voleva, per questo motivo ho deciso
di cambiare lavoro e di aprire anche io una gelateria». È
stato il cognato, quindi, ad insegnargli come fare il gelato,
e nel 1984 il Dondoli ha aperto la sua prima gelateria. Inizialmente
non è stato facile farsi conoscere e soltanto nel
1986 l’attività ha iniziato a funzionare. Nel 1988 il rientro in
Italia e l’apertura nel 1992 della Gelateria Dondoli nel cuore
di San Gimignano. «La mia gelateria – spiega il titolare – è
diventata famosa grazie ad un giornalista tedesco che, durante
un viaggio in Toscana, ebbe modo di assaggiare il mio
gelato al cioccolato e di innamorarsene tanto da farmi co-
noscere prima in Germania e poi anche nel resto d’Italia». Il
gelato di Dondoli è stato gustato non solo da celebri personaggi
del mondo dello spettacolo, come Claudio Baglioni,
Giorgio Panariello, Carlo Conti e Christian De Sica ma anche
dal leader politico britannico Tony Blair, ospite nella tenuta
della famiglia Guicciardini Strozzi di San Gimignano. Il
successo del Dondoli è confermato anche dai tanti riconoscimenti
ricevuti negli anni. Nel 2016 il presidente della Repubblica
Mattarella lo ha insignito del prestigioso premio
Maestro d’arte e Mestiere, mentre nel 2020 il Senato della
Repubblica gli ha conferito il premio Ambasciatore nel mondo
del Made in Italy. A questo si aggiungere l’apertura di una
scuola a San Gimignano, già cinque anni fa, rivolta a quanti
per professione o per diletto vogliano imparare l’arte di fare
il gelato. Il prossimo ambizioso progetto è aprire una gelateria
a Parigi nella sede della Galleria Continua di San Gimignano.
«Un’iniziativa – dichiara Dondoli – che spero segni
l’inizio di altri futuri importanti progetti».
Sergio Dondoli
GELATERIA DONDOLI
65
Centro Espositivo Culturale
San Sebastiano
Centro Espositivo Culturale
San Sebastiano
Sala San Sebastiano Centro Espositivo Culturale
Bianca Miriam Ferretti
Nata a Milano nel 1956, dopo il liceo, Bianca
Miriam Ferretti intraprende studi con indirizzo
artistico e lavora come grafica in vari
settori fra i quali quello editoriale a Firenze dove si
trasferisce nel 1978. Proprio nel capoluogo toscano
inizia il percorso come decoratrice
del legno, restauro classico
e “alternativo”, quest’ultimo relativo
ai suoi mobili dipinti. Impara le
tecniche del finto marmo dai decoratori
dell’Oltrarno, l’affresco, la
laccatura antica e altre tecniche
che, unite alla passione per i colori
e per l’arredamento di interni, la
portano a realizzare mobili e oggetti
particolari, tutti pezzi unici.
Partecipa a molte fiere in Toscana
e fuori regione, come Artigianato
a Palazzo a Firenze, e alla
Versiliana a Marina di Pietrasanta.
Qualche anno dopo approda alla
pittura vera e propria, con quadri ad olio e a tempera
su tela e su tavola. È molto impegnata tra il
lavoro, la famiglia, i nipoti, ma l’amore per l’arte in
ogni sua forma l’accompagna sempre, in una continua
e appassionante ricerca.
Dalia e le sue piume
Armadio giungla
Bianca Miriam Ferretti
di LUCHINI LUDOVICO & NUTI SIMONE s.n.c.
Via del Colle, 92 - 50041 Calenzano (FI)
Tel. 055 8827411 - Fax 055 8839035
www.carrozzeriailcolle.it info@carrozzeriailcolle.it
Africa
66 BIANCA MIRIAM FERRETTI
Gualtiero Risito
Centro Espositivo Culturale
San Sebastiano
Margherita Hack, olio su tela, cm 90x80
Gino Bartali, olio su tela, cm 100x70
Pamela Villoresi, olio su tela, cm 70x100
Pierfrancesco Listri, olio su tela, cm 60x80
GUALTIERO RISITO
67
Mestieri del settore
sanitario
Marco Razzolini
La professione di odontotecnico tra passato e futuro
di Doretta Boretti
In questa intervista a Marco Razzolini, titolare di un laboratorio
di odontotecnica in via Vincenzo da Filicaia 21 a
Firenze, parliamo delle competenze necessarie per intraprendere
la professione di odontotecnico, anche alla luce delle
nuove tecnologie digitali.
Può spiegarci che differenza c’è tra un odontotecnico e un
odontoiatra?
L’odontoiatra è un laureato in Odontoiatria e Protesi Dentaria,
quindi si occupa della prevenzione, della diagnosi e della
cura delle patologie del cavo orale. Un odontotecnico, come
me, non ha un contatto diretto con il paziente, eccetto alcuni
specifici momenti, tipo la presa del colore in caso di protesi.
Per esercitare la mia professione non bisogna conseguire
una laurea.
Che tipo di studi occorrono per diventare odontotecnico?
Dopo la scuola secondaria di primo grado, si deve frequentare
una scuola professionale di tre anni più due. Al termine dei
tre anni, lo studente può conseguire un diploma di Operatore
Meccanico nel settore odontotecnico, mentre frequentando
altri due anni, come ho fatto io, dopo un esame abilitativo,
è possibile intraprendere la professione odontotecnica. Questo
permette di essere titolari di un laboratorio.
È un mestiere difficile? Cosa è cambiato oggi rispetto al
passato?
In questi cinquantatré anni di attività ho visto un’evoluzione
incredibile nel mio settore, con una velocità, negli
ultimi anni, veramente esponenziale. Adesso il digitale è
entrato nelle tecniche di costruzione. Il nostro mestiere
prima era il mestiere di un artigiano per cui veniva fatto
tutto con l’uso delle mani. Adesso, con la presenza dei fresatori
e del digitale, aumenta la qualità del prodotto, ma
tanta manodopera sparirà perché una parte del lavoro lo
faranno le macchine. Il percorso è molto variegato. Occorre
predisposizione, una base preparatoria, ma anche numerosi
corsi, molto professionali, che non finiscono mai,
tanta esperienza e tanto amore. Quindi sì, non è un mestiere
facile.
Alla luce della sua lunga esperienza, consiglierebbe questa
professione ad un giovane?
Si tratta di un lavoro indubbiamente interessante, ma che
richiede forti investimenti. Quindi se il padre di un giovane
ha un laboratorio, con le tecniche attuali, già avviato da
tempo, allora è una cosa, mentre invece se un ragazzo deve
partire da zero, senza una base, allora vedo soltanto lacrime
e sangue.
68 MARCO RAZZOLINI
A cura di
Franco Tozzi
Toscana
a tavola
Conchiglioni alla massese
Un piatto della memoria
di Franco Tozzi
Questo piatto di pesce non ha una sua storia, ma
era una ricetta che un’amica di mia madre originaria
di Marina di Massa ci preparava quando an-
davamo a trovarla durante le vacanze estive a Cinquale.
Ricetta che anche mia madre ci riproponeva, ma senza
eguagliare l’originale.
La ricetta: conchiglioni alla massese
Ingredienti:
- 1/2 chilo di conchiglioni
- 3,50 etti di vongole veraci
- 3 etti di cozze
- 3,50 etti di gamberi
- 3,50 etti di moscardini
- 2 etti di passata di pomodoro
- 3 spicchi di aglio
- 1 bicchiere di vino bianco secco
- olio, sale, pepe, peperoncino e prezzemolo
Si comincia pulendo il pesce e tagliando i moscardini in piccoli
pezzi. In una padella rosolare l’aglio con il peperoncino
e gli steli del prezzemolo tritati (le foglie non sono adatte alla
cottura, si usano sempre per guarnire e il gambo ha più
sapore); poi aggiungere i moscardini e cuocerli per una decina
di minuti, sfumando con il vino. Lasciare sul fuoco ed
aggiungere la passata, proseguendo la cottura per altri dieci
minuti. A questo punto aggiungere i gamberetti e le vongole,
cuocendo a fuoco medio fintanto che, una volta aperte
le vongole, bisogna togliere i gusci e levarle dal fuoco. Nel
frattempo lessare i conchiglioni e metterli a scolare su di un
panno; una volta freddi, si procede prima riempiendoli con la
parte più soda della “farcia” (metà del totale), poi sistemandoli
in una teglia da forno e versandoci sopra il liquido rimasto
in padella. Infornare a temperatura media per 15 minuti.
Intanto riscaldare il sugo rimasto, sfornare, condire il tutto
con il sugo caldo, le foglie di prezzemolo a pioggia, pepe e
servire in tavola.
Accademia del Coccio
Lungarno Buozzi, 53
Ponte a Signa
50055 Lastra a Signa (FI)
+ 39 334 380 22 29
www.accademiadelcoccio.it
info@accademiadelcoccio.it
CONCHIGLIONI ALLA MASSESE
69
A tavola
con...
A cura di
Elena Maria Petrini
Il cibo nella storia dell’arte: intervista
al professore Vittorio Sgarbi
di Elena Maria Petrini / foto courtesy ufficio stampa Vittorio Sgarbi
Questo nuovo appuntamento della
rubrica dedicata al “cibo della
memoria”, ospita il professor
Vittorio Sgarbi, critico e storico
dell’arte, saggista, politico, personaggio
televisivo ed opinionista. Ferrarese
di origine, ha iniziato alla Soprintendenza
di Venezia come storico dell’arte ed
ha ricoperto molti incarichi istituzionali,
sia come sindaco (oggi in carica a Sutri)
che come parlamentare ed europarlamentare.
Che legame c’è secondo lei tra il cibo e la
cultura dei luoghi?
Il cibo è una componente caratteristica
dei luoghi, un sistema, una sorta di endiadi.
Durante l’Expo del 2015 a Milano fui
chiamato da Oscar Farinetti per condividere
il suo padiglione tecnico di Eataly
con i prodotti di tutte le regioni; feci una
mostra piena di capolavori con circa 250
opere, divise regione per regione, sottolineando
il tema della biodiversità dei cibi,
parallelamente alle opere d’arte che andavano
dal Trecento al Novecento. Ogni
regione ha una cultura che rispecchia una
produzione artistico-letteraria idealmente
fusa assieme a quella dei prodotti della
terra e della gastronomia.
Il cibo è sempre stato un protagonista
nella storia dell’arte, vero?
Certamente, ci sono banchetti, nature
morte, tavole imbandite: basti pensare
all’Ultima Cena di Leonardo o anche la
Cena di Emmaus, le varie cene citate nel
Vangelo, ma anche tutti i banchetti legati
ad un tema non religioso, tipo quello fiammingo.
È uno dei temi di maggior esibizione
del virtuosismo e delle capacità degli
artisti di misurarsi con la rappresentazione
dei prodotti gastronomici, ma soprattutto
il rapporto con il tema eucaristico
che è quello altamente simbolico dell’ultima
cena.
Vittorio Sgarbi
70
VITTORIO SGARBI
Leonardo, Ultima Cena, affresco
Qual è il suo rapporto personale con il cibo? Le piace cucinare?
Non ho mai cucinato niente in vita mia, neanche un uovo; la
cucina è un’arte femminile anche se oggi con gli chef è diventata
maschile. Detto questo, però, non ho mai preparato
niente, nemmeno un caffè, ma sono un “primista”, mi piacciono
molto i primi piatti.
Predilige qualcosa in particolare della cucina toscana?
La ribollita e la pappa al pomodoro ma anche la finocchiona.
Nella sua memoria ci sono
cibi che la ricollegano agli
affetti o ad un particolare
momento di convivialità?
Caravaggio, Cena in Emmaus, olio su tela
Da bambino ho mangiato
una intera pianta di fagioli
facendo un'indigestione,
ed ora non mangio più
fagioli. Poi mi ricordo che
non mangiavo la minestra
in brodo e mia madre, per
rendermela gradita, me la
riempiva di formaggio, tanto
che avevo più formaggio
che brodo. Mi piacevano e
mi piacciono tuttora, e sono
tra le cose che prediligo,
i rapanelli, che non
sono così frequenti: il rapanello
è qualcosa che mi
dà piacere, come le ciliegie,
rapanelli e ciliegie sono
due cibi molto attraenti;
e l'unico vino che bevo è il
lambrusco.
VITTORIO SGARBI
71
Elena Gheri
Un nuovo Rinascimento
gherielena@libero.it
A cura di
Margherita Blonska Ciardi
Nuove proposte dell’arte
contemporanea
Ana Andras
Suggestive facciate e scorci architettonici nei diari pittorici
dell’artista spagnola
di Margherita Blonska Ciardi
San Marco
Burano
L’artista Ana Andras è nata a Madrid
dove ha iniziato gli studi di
disegno al carboncino e pittura
ad olio, approfondendo successivamente
la propria formazione durante prima negli
Stati Uniti, poi in Inghilterra e a Tarragona.
Ha inoltre studiato smalto e oreficeria
a Barcellona presso la scuola d’arte
La Massana. Pur continuando la propria
ricerca pittorica, Ana si è dedicata anche
alla produzione di una linea di bigiotteria
in argento e rame fuso, aprendo nel
2006 un laboratorio e una galleria a Calafell.
La sua attività artistica l’ha vista
esporre in Italia, Francia, Miami, Lituania
e Olanda. Nel 2019 si trasferisce definitivamente
a Miami Beach dove, accanto
alla dedizione alle nuove tecniche orafe,
approfondisce la passione per il disegno
e l’acquarello. Diventa membro dell’associazione
Urban Sketchers nel 2020, ispirandosi
sempre di più alla bellezza delle facciate di edifici
importanti e alla vitalità che attirano attorno a sé. Si appassiona
in particolare ai palazzi e alle ville in stile Art déco
di Miami. Questa ricerca la porta a trattare l’edificio rappresentato
in maniera singolare, come se fosse un ritratto
in cui, con pennellate veloci di acquarello e freschezza
del gesto, riesce a rendere l’atmosfera e la vera espressione
del luogo. Il suo stile, consolidatosi a Miami, unisce il
paesaggio della città balneare con
l’architettura e con l’ambiente naturalistico
circostante come la
spiaggia, il mare e gli alberi. Nati
come appunti pittorici, i suoi schizzi
diventano successivamente veri
e propri diari di viaggio, nei quali
illustra ed annota le atmosfere e
l’incantesimo degli scorci architettonici
ammirati durante in Europa.
Ogni schizzo è arricchito dalle sue
impressioni personali scritte con
una bella calligrafia. A settembre
2022 parteciperà alla quarta edizione
di AqvArt a Venezia, mostra
che raduna artisti internazionali
sensibili alle problematiche ambientali
e all’equilibrio tra la città
e il mare. In questa occasione, la
pittrice spagnola presenterà i lavori
eseguiti nel 2021 a Venezia durante
un workshop en plein air.
ANA ANDRAS
73
Firenze
mostre
Zhaohui Wang
L’iperrealismo non ortodosso dell’artista cinese in mostra al
Caffè Letterario Le Murate
di Jacopo Chiostri
Per la pittura di Zhaohui Wang dobbiamo, seppure con
una certa licenza interpretativa, parlare di “iperrealismo
non ortodosso”. La tecnica non lascia dubbi, ma
Wang non annulla la soggettività interpretativa che è invece
uno dei punti cardine di quella forma di espressione artistica.
Anzi con le sue pitture, così impattanti con la sensibilità
Panettone impacchettato, olio su tela, cm 70x100
Per Natale, olio su tela, cm 68x98
Dipingere rifiuti in plastica come fossero oggetti preziosi
di Rosanna Ossola, curatrice della mostra
Difficile restare indifferenti davanti alle opere pittoriche di
Zhaohui Wang che evidenziano una tecnica ed un’abilità
assai rara. Per quanto restio a mostrarsi in luoghi non dedicati
esclusivamente all’arte più canonica, sono riuscita
a convincerlo ad esibire le sue più recenti opere in due locali
alternativi, che però ben si legavano al suo attuale ed
estremamente contemporaneo filone di ricerca: dipingere i
contenitori di plastica, che devono poi essere smaltiti con
danni all’ambiente, con una precisione ed un realismo quasi
ad elevarli ad oggetti preziosi. Il critico Jacopo Chiostri,
che ha presentato entrambe le mostre, lo ha infatti giustamente
definito un “iperrealismo non ortodosso”. Nei mesi
di gennaio e febbraio le opere di Zhaohui sono state esposte
dapprima nella Enoteca “P” di via San Gallo e poi nel
frequentatissimo Caffè Letterario Le Murate. Un pubblico
non convenzionale ha ammirato ed apprezzato con entusiasmo
la sua eccezionale bravura e questo ha reso orgogliosa
anche me, che lo conosco e lo stimo da molti anni.
74
ZHAOHUI WANG
Zhaohui Wang, Autoritratto, olio su tela, cm 50x60
Zhaohui Wang ( 王 朝 晖 ), conosciuto in Italia come Giorgio Wang, è nato
in Cina, nel Fujian, il 25 settembre 1962. Laureato in Arte alla Fusjian
Normal University, è stato un professionista in ambito scolastico per cinque
anni. Nel 1993 si è trasferito a Firenze per lavorare come pittore e
coltivare una forte passione per l’arte antica, in particolare per i maestri
del Rinascimento.
dello spettatore, propone una riflessione su tematiche
attuali che, semplificando, si possono
riassumere nella denuncia del consumismo
sfrenato e dei danni ambientali che derivano da
tanti nostri comportamenti scellerati. È in questo
senso che lo dobbiamo considerare un pittore
contemporaneo ed è per questo che la sua
esposizione al Caffè Letterario Le Murate si era
intitolata So contemporary, perché, bypassando
le diverse interpretazioni su cosa si può considerare
contemporaneo in pittura, Wang è un artista
saldamente ancorato e partecipe al mondo
e alla società nei quali opera, quindi assolutamente
contemporaneo. Si avverte nelle sue
opere una religiosità sacrale, non militante, bensì
universale. Nella mostra precedente a questa
intitolata Strappo divino era esposto un Cristo
crocifisso, dipinto in cui, anche da un punto coloristico,
si contrappongono alla figura simboli
consumistici, e considerato che l’opera è stata
esposta in un periodo di poco antecedente
al Natale, la scelta fece scalpore: Cristo che nel
momento in cui viene al mondo è già sulla croce;
ma quello che vuole dirci Wang è che siamo
noi, con la nostra indifferenza e il nostro
egoismo a crocifiggerlo. Nei suoi dipinti, supera
la “dannazione” della pittura iperrealista, cioè
la nemesi della bravura tecnica che, talvolta, si
spinge fino alla provocazione visiva. Lo fa come
i grandi sarti londinesi di Savile Row che lasciano
sempre un qualcosa d’imperfetto nelle loro creazioni. Le
imperfezioni di Wang sono simboliche: gli squarci nella materia,
il suo essere accartocciata che contribuisce a dare forza al
messaggio, a farci male, e non consente di mollare l’attenzione.
Non si tratta di un esercizio stilistico o di un’esibizione virtuosa,
ma del contraltare delle infinite possibilità dell’arte con
il suo dover fare i conti con le miserie degli umani. Wang rifiuta
la retorica dell’antiretorica, il suo è un messaggio piano, privo
di fronzoli ed è la sua stupefacente capacità artistica che lo
rende così essenziale e autentico. Si tratta di una preghiera, come
quella che sentiamo nel suo autoritratto: lo sguardo rivolto
al cielo, il volto coperto da una mascherina che, oltre a ricordare
che l’artista sta supplicando di essere liberati dal dramma della
pandemia, rappresenta l’implorazione per un mondo migliore.
Plastica n.5, olio su tela, cm 60x100
ZHAOHUI WANG
75
B&B Hotels
Italia
L’apertura del B&B Hotel Pomezia Roma
di Chiara Mariani
B&B Hotels, catena internazionale con oltre 600 hotel
in Europa, amplia ulteriormente la sua presenza in
Italia con una nuova apertura, il B&B Hotel Pomezia
Roma, portando così a 7 le strutture presenti sul territorio romano.
Situato a solo 1,5 km dal centro cittadino (via Roma),
a 2km dall’area commerciale e a pochi minuti dai principali
punti di interesse della zona, come i parchi a tema di Cinecittà
World e Zoomarine, la struttura è inserita in un’area che
è ad oggi oggetto di virtuose operazioni di architettura volte
al recupero del patrimonio urbanistico e immobiliare. L’hotel
si posiziona così come un ulteriore tassello nel progetto
di rivalutazione della zona volto a rendere il territorio attrattivo
sia per il turismo business e che per quello leisure. Il B&B
Hotel Pomezia Roma si pone in una posizione strategica sia
per chi deve organizzare un viaggio d’affari - essendo a soli
30 minuti dall’aeroporto di Fiumicino e in uno dei principali
poli farmaceutici italiani presidiato da grandi multinazionali
- sia per chi desidera riscoprire il litorale laziale e l’area dei
Castelli Romani, partendo da via Pontina, a pochi metri dalla
struttura. La struttura ha previsto un forte intervento di ristrutturazione
basato sul riuso dell’esistente, in un’ottica di
riduzione delle risorse e di immissione di rifiuti nell’ambiente
con un esemplare esempio di riciclo e gestione consapevole.
I materiali utilizzati per la ristrutturazione sono tutti ecosostenibili
e riciclabili al 100%: l’utilizzo di vernici all’acqua
e impianti performanti danno all’edificio un’impronta green,
così come pannelli solari, illuminazione a led e rubinetteria
a basso consumo d’acqua rendono l’edificio in linea con la
tendenza attuale. Il nuovo B&B Hotel Pomezia Roma dispone
di 75 camere interamente rinnovate, ciascuna dotata di
ogni comfort e servizi, tra cui climatizzazione autoregolabile,
minibar e cassaforte elettronica. Garantiti anche i migliori
servizi smart: ogni ospite dispone di una connessione Wi-Fi
a 200 Mb/s illimitata e gratuita anche nelle camere e di una
Smart TV 43” con Chromecast integrata per godersi al meglio
i canali Sky gratuiti e avere la libertà di proiettare ogni sorta
di contenuto multimediale personale sulla TV per una visione
più comoda. Inoltre, grazie alla Smart TV, è possibile navigare
nelle sezioni dedicate e scoprire i ristoranti nei dintorni,
ricevere informazioni sul territorio e tutto ciò che serve per vivere
al meglio l’esperienza del viaggio. Alle 79 camere si aggiungono
anche 3 appartamenti per long stay.
In questa e nelle altre foto alcune stanze ed ambienti del B&B Hotel Pomezia Roma
76
B&B HOTEL POMEZIA ROMA
Su B&B Hotels
Dal design moderno e funzionale, con bagno spazioso privato
e soffione XL, le camere B&B Hotels dispongono di Wi-Fi
in fibra fino a 200Mb/s, Smart TV 43” con canali Sky e satellitari
di sport, cinema e informazione gratuiti, nonché Chromecast
integrata per condividere in streaming contenuti audio e
video proprio come a casa. Per un risveglio al 100% della forma,
B&B Hotels propone una ricca colazione con prodotti dolci
e salati per tutti i gusti.
B&B HOTEL POMEZIA ROMA
77
Benessere e cura
della persona
A cura di
Antonio Pieri
Marzo: prendersi cura della pelle durante
il cambio di stagione
di Antonio Pieri
La primavera è alle porte, adesso come non mai è importante
non smettere di idratare e nutrire la nostra
pelle. Infatti utilizzare prodotti naturali e biologici
per prenderci cura di noi stessi è una buona abitudine che
va mantenuta durante tutto l’anno, soprattutto nei cambi di
stagione durante i quali si verifica uno sbalzo repentino delle
temperature.
I tuoi alleati per la cura della pelle
Prendersi cura della propria pelle in maniera naturale è semplice,
basta scegliere i prodotti giusti. Noi di Idea Toscana
proponiamo tre tipi di prodotti essenziali per una corretta cura
della pelle: una crema corpo idratante, un burro corpo e un
olio corpo rilassante. Tutti e tre prodotti naturali ed ottimi,
ma ognuno è adatto ad una tipologia di pelle e svolge un’azione
specifica, quindi è bene capire quale utilizzare in base
alle proprie necessità.
Crema, burro, olio: quale scegliere?
Se si vuole ottenere un effetto idratante ed elasticizzante
– per rilassare la pelle – è più indicato l’uso di un olio che
abbia proprio la funzione di ammorbidire la pelle. In questo
caso è utile massaggiare due o tre gocce con le mani e, una
volta ottenuto un certo calore, applicarlo sulla zona interessata
dopo una doccia o prima di andare a dormire. Il vero
segreto dell’utilizzo di un olio con ingredienti naturali come
l’olio di oliva toscano IGP biologico è che risulta perfetto anche
per chi ha la pelle grassa, proprio per la capacità di questo
ingrediente di essere sebo – regolarizzante. Dunque un
olio è più adatto a pelli grasse che pelli secche. L’olio corpo
rilassante della linea Prima Spremitura è stato creato proprio
con la funzione di idratare e tonificare la pelle senza ungerla,
rendendola morbida e liscia. L’effetto “rilassante” è dato
proprio dalla miscela di oli essenziali naturali che amplifica
la sensazione di benessere e freschezza sul corpo. La crema
corpo invece permette di prevenire secchezza e macchie
della pelle se utilizzata con cadenza quotidiana. L’esclusiva
formulazione della nostra crema fluida idratante della linea
corpo Prima Spremitura, arricchita di principi attivi vegetali
quali l’olio extravergine di oliva toscano IGP biologico, il burro
di karité e di cacao, regala alla pelle nutrimento e benessere.
Molto facile da stendere e di rapido assorbimento, lascia
sul corpo un piacevole effetto vellutato. Indicata in particolare
per le pelli secche, aiuta a ristabilire l’equilibrio idrolipidico
dell’epidermide conferendole un aspetto compatto e
luminoso. I toni olfattivi presenti nella preziosa miscela di
oli essenziali naturali regalano durante il massaggio un profondo
senso di energia e benessere. Infine il burro corpo permette
di idratare la pelle in profondità. Il nostro burro corpo
fondente della linea Prima Spremitura contiene ingredienti
emollienti come il burro di karité e di cocco e oli naturali come
quello di jojoba e ha come principio attivo principale l’olio
extravergine di oliva toscano IGP biologico. La sua composizione
permette di creare una barriera tra gli agenti esterni
e la pelle proteggendola dall’inquinamento e dalle varie condizioni
ambientali. Inoltre permette di mantenere l’idratazione
della pelle, penetrando in profondità e mantenendone lo
strato superficiale liscio ed elastico. Avendo una consistenza
semi solida, al fine di migliorarne la stesura si consiglia di
conservare il barattolo in bagno per ammorbidirlo e massaggiarlo
sulla pelle ancora calda dopo la doccia. Si assorbirà
completamente in pochi istanti. Per la sua capacità di protezione
dell’epidermide è particolarmente efficace nell’idratazione
della pelle di viso, mani e corpo. È ottimo anche come
crema post depilatoria, infatti grazie alla sua formula particolarmente
ricca di nutrienti, aiuta a lenire la pelle irritata dalla
depilazione, lasciandola morbida e liscia.
Ti aspettiamo nel nostro nel nostro punto vendita in Borgo Ognissanti
2 a Firenze o sul sito www.ideatoscana.it per aiutarti a
prenderti cura della tua pelle in maniera naturale e biologica.
Antonio Pieri è amministratore delegato dell’azienda il Forte srl
e cofondatore di Idea Toscana, azienda produttrice di cosmetici
naturali all’olio extravergine di oliva toscano IGP biologico.
Svolge consulenze di marketing per primarie aziende del settore,
ed è sommelier ufficale FISAR e assaggiatore di olio professionista.
antoniopieri@primaspremitura.it
Antonio Pieri
78
CAMBIO DI STAGIONE
Idradazione Naturale per il Benessere della pelle
Natural moisturising for the well-being of the skin
IDEA TOSCANA - Borgo Ognissanti, 2 - FIRENZE | Viale Niccolò Machiavelli, 65/67 - SESTO FIORENTINO (FI) |
Tel. 055.7606635 |info@ideatoscana.it | www.ideatoscana.it
Una banca coi piedi
per terra, la tua.
www.bancofiorentino.it