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La Toscana nuova - Anno 4 - Numero 7 - Luglio/Agosto 2021 - Registrazione Tribunale di Firenze n. 6072 del 12-01-2018 - Iscriz. Roc. 30907. Euro 2. Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv.in L 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 C1/FI/0074
Emozioni visive
a cura di Marco Gabbuggiani
La Compagnia di Babbo Natale
È Natale tutto l’anno!
Testo e foto di Marco Gabbuggiani
La Compagnia di Babbo Natale Onlus è nata nel 2007 grazie
ad una trentina di imprenditori fiorentini che hanno deciso
di trasformarsi in Babbo Natale per consentire anche
ai bambini meno fortunati di trascorrere un Natale sereno
raccogliendo aiuti per le loro famiglie. Della Compagnia
faccio parte anch’io. Adesso siamo circa 170 “Babbi”
che si sentono Babbo Natale tutto l’anno, impegnandosi (e
spesso autotassandosi) nella raccolta di fondi da destinare
ai meno fortunati. L’accensione dell’albero l’8 dicembre
insieme al sindaco di Firenze e la consegna degli assegni
alle famiglie sono soltanto la punta dell’iceberg di un impegno
continuo a supporto dei bisognosi con manifestazioni
e partecipazioni ai vari eventi rivolti alla raccolta fondi
e, quando non arriviamo allo scopo, ci frughiamo in tasca
per far sì che anche coloro che non sono abituati a sorridere
possano farlo. Pensate che negli ultimi anni di vita della
Compagnia abbiamo ampiamente superato i 100.000 euro
annui di donazioni, somme che abbiamo distribuito direttamente
o tramite gli enti locali e varie organizzazioni
di sostegno presenti sul territorio. Insomma, di sorrisi ne
abbiamo orgogliosamente distribuiti davvero tanti. Se volete
AIUTARCI AD AIUTARE seguiteci sul nuovo sito (tra
pochissimo online) wwww.lacompagniadibabbonatale.it e
sulle nostre pagine Facebook ed Instagram @lacompagniadibabbonatale,
da poco aperte. Due passi che rappresentano
una svolta nella comunicazione voluta da quest’anno
con il preciso scopo di allargare ulteriormente le potenzialità
della Compagnia nel raggiungimento dello scopo di dare
un po’ di gioia a tante persone disagiate, che, in questo
periodo difficile, stanno purtroppo moltiplicandosi.
marco.gabbuggiani@gmail.com
Da oltre trent'anni una
realtà per l'auto in Toscana
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LUGLIO / AGOSTO 2021
I QUADRI del mese
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Museo Archeologico di Sarteano, l’Etruria in Val d’Orcia
Il futuro delle città nelle visioni di Giacomo Costa
Ruth Bernhard, la fotografa della sensualità femminile
Riflessioni sull’architettura nell’intervista a Francesco Gurrieri
Luciano Tigani, dentro ed oltre l’emozione del paesaggio
Volterra omaggia i 500 anni della Deposizione di Rosso Fiorentino
L’attore Sergio Forconi si racconta tra ricordi e progetti futuri
A Palazzuolo sul Senio, la manifestazione Leggere in Appennino
Salmo XXIV, il giallo veneziano di Lucia Serracca
Il volto della joie de vivre nelle opere di Claudio De Col
Pietro Porcinai, pioniere dell’architettura del paesaggio in Toscana
Dimensione salute: il perdono, cura per anima e corpo
Psicologia oggi: l’indecisione, figlia della paura
I consigli del nutrizionista: l’attività fisica fatta bene
Dimensione salute: rischi e benefici dell’esposizione solare
L’abisso oltre la luce nella mostra di Sonia D’Alò a Ravenna
Curiosità fiorentine: Canto dei Bischeri, origine di un modo di dire
Archeologia: il Diluvio Universale sui monti sacri della Bibbia
La riscoperta dei territori con il Movimento Life Beyond Tourism
A Sesto Fiorentino il premio Medaglia Leonardiana
La tutela dell’ingegno: Made in Tuscany eccellenza del Made in Italy
L’avvocato risponde: le unioni civili, conquista di civiltà
I ferraristi toscani ripartono dalla Mille Miglia in Valdarno
Roberto Bellucci in personale al Terme Beach Resort di Ravenna
Zeffirelli’s Tea Room, luogo dove l’arte incontra il gusto
Teresa Casalaina, pittrice dal linguaggio universale
La Toscana fuori dalla Toscana per il premio CrimenCafé
La voce dei poeti: le liriche di Ermella Cintelli Molteni
Il momento in casa fiorentina secondo Roberto Galbiati
Piero Farulli, missionario e divulgatore dell’arte di Euterpe
Cultura e società: il Banco Fiorentino premia l’impegno dei giovani
Di-segni astrologici: Cancro e Leone, protagonisti dell’estate
Enrico Caruso, maestro sul palco e tra i fornelli
L’esercito delle 12 scimmie: il futuro è storia per Terry Gilliam
Torrini 1369 Jewels, un’eccellenza toscana da 40 anni in Cina
Storia delle religioni: riflessioni sull’enciclica Laudato si’
B&B Hotels: a Firenze, la scelta migliore per qualità e prezzo
A tavola con l’attrice giapponese Jun Ichikawa
Benessere della persona: la cura dei capelli in estate
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Anno 4 - Numero 7 - Luglio/Agosto 2021
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Testi:
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Ugo Barlozzetti
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Ruth Bernard
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Rossella Carbone
Marco Chiti
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Giacomo Costa
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Giuseppe Fricelli
Marco Gabbuggiani
Simone Lapini (ADVphoto)
Diana Manduci
Maurizio Mattei
Carlo Midollini
Azzurra Primavera
Barbara Santoro
Silvano Silvia
Livia Tozzi
4
Pola
riparte da qui
Atelier
Giuliacarla
Cecchi
Si ringrazia la sposa,
Rossella Carbone,
per la gentile concessione delle foto
Ombretta
Giovagnini
Frammentazioni visive
Con il Guggenheim negli occhi (2010), fotocollage, cm 100x100
ilamen77@icloud.com
A cura di
Ugo Barlozzetti
Percorsi d’arte
in Toscana
Museo Civico Archeologico di Sarteano
Tesori dall’Etruria nell’incantevole cornice della Val d’Orcia
di Ugo Barlozzetti
Il Museo Civico Archeologico di Sarteano, posto nel cinquecentesco
Palazzo Gabrielli nel centro cittadino, conserva
ed espone materiali dalle necropoli etrusche del
territorio, dal IX al I secolo a. C.: il primo piano è ordinato cronologicamente
dalle necropoli di Sferracavalli, Solaia - Macchia
Piana e la Palazzina, permettendo un percorso lungo
otto secoli, con lo sviluppo dei rituali di sepoltura dai pozzetti
villanoviani agli ziri di epoca orientalizzante con sepolture
singole, fino alle grandi tombe a camera di famiglia dell’epoca
classica e dell’inizio dell’Ellenismo. Tra gli ossuari canopici
in forma umana del periodo tardo-orientalizzante (630-620
a. C.) il canopo femminile con in mano un’ascia di terracotta
simbolo del potere costituisce un’importante testimonianza
di quanto ancora si debba studiare la società etrusca. Tra i
reperti vi è il cippo di pietra fetida da Sant’Angelo, con scene
rituali e vi sono esemplari di ceramografia del V e IV secolo
a. C. dalla necropoli della Palazzina. Nel piano inferiore sono
esposte le scoperte recenti dalla necropoli delle Pianacce,
con una sala in cui è esposta, a grandezza naturale, la tomba
dipinta del IV secolo a. C. detta della Quadriga Infernale,
il cui ciclo decorativo è tra i più significativi dell’arte etrusca.
A questa scoperta è anche dedicata una saletta multimediale
con il video del momento in cui è avvenuta nel 2003 e con
una visita virtuale permessa da una ricostruzione in 3D dell’ipogeo.
Altre sculture in pietra fetida sono presenti, tra cui
un gruppo cinerario con il defunto e il dèmone Vanth, una
statua cineraria maschile e cippi-ossuario. Insieme ad altri
esemplari di ceramografia attica vi sono oggetti di lusso, come
una collana d’oro e il manico in osso di uno specchio,
che documentano il lusso esibito dalle famiglie più potenti.
A circa un chilometro dal centro di Sarteano, dominante lo
splendido panorama sulla Val di Chiana, vi è la necropoli delle
Pianacce dove sono visitabili 13 tombe a camera (delle
Sarcofago
21 scoperte), realizzate dalla II metà del VI al II secolo a. C..
La tomba di gran lunga più interessante è quella della Quadriga
Infernale che, con il suo ciclo pittorico, è una delle più
importanti per la pittura etrusca di quell’epoca. La scena del
dèmone Charun che guida il carro trainato da due leoni e da
due grifi è unica in Etruria. L’eccezionale qualità dell’apparato
cromatico è dovuta all’intonaco di cui è una delle prime attestazioni,
molto probabilmente determinata dalla scelta per la
preparazione dell’intervento pittorico. La necropoli conserva
inoltre un’altra sorpresa: una grande struttura teatriforme
semicircolare che era un’area
sacra a podio-altare
sopra la quale si svolgevano
rituali funebri prima della
deposizione delle salme
nelle tombe.
In questa e nell'altra foto, particolari di tombe
TESORI DALL’ETRURIA
7
I grandi della
fotografia
A cura di
Maria Grazia Dainelli
Giacomo Costa
Città deserte dominate da devastazione e silenzio: il probabile futuro
del genere umano nelle “visioni” del celebre fotografo fiorentino
di Maria Grazia Dainelli / foto Giacomo Costa
Come e quando hai iniziato a scattare fotografie con
tecniche tradizionali?
Ho iniziato da bambino grazie al nonno fotoamatore e crescendo
ho ripercorso la foto tradizionale dallo scatto alla
camera oscura interessandomi da subito alla realizzazione
di fotomontaggi. Ho intrapreso lo studio della fotografia utilizzando
l’autoritratto come forma di autoanalisi, un modo
per ricordarmi che dietro all’artista c’è anche l’uomo. Essendo
sin da piccolo appassionato di fantascienza, alla fine degli
anni Novanta ho iniziato a manipolare le foto studiando
Photoshop e successivamente sono passato ai programmi
3D per creare il mio mondo virtuale.
La tua ricerca artistica si colloca tra pittura, fotografia o
disegno digitale?
Certamente la mia visione della fotografia adesso è più vicina
alla pittura che alla fotografia vera e propria. Nelle mie immagini
cerco di creare una visione emozionale del mondo e non
documentaristica attraverso l’utilizzo di programmi di montaggio
3D perché gli scenari che realizzo nascono dalla mia
fantasia, e quindi compongo le mie inquadrature per testimoniare
un mio pensiero in chiave metaforica. Non sapendo
quale sarà il risultato finale, sono costretto a disegnare con
estrema meticolosità i dettagli; altero il mondo senza rispettare
la realtà usando la fotografia come mezzo e non come
fine. Il procedimento di costruzione virtuale è molto complesso
anche perché, a differenza della pittura, prima costruisco
un’intera città e poi come un vero fotografo cerco l’inquadratura,
il tipo di pellicola, l’esposizione, facendo il mio reportage.
Avendo lavorato in camera oscura, sono cresciuto con il
mito della perfezione, della nitidezza, della pulizia e dell’incisività
e questo bagaglio me lo porto dietro anche oggi.
Qual è il fil rouge che lega tutta la tua produzione e quali interrogativi
vuoi suscitare nello spettatore?
La fotografia è un’interpretazione della realtà del tutto irreale.
Traduco in immagini quello che angoscia il mondo contemporaneo:
i disastri naturali, le speculazioni, l’inquinamento, il
devastante impatto ambientale causato da uno sviluppo sen-
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Elemento n. 3
za criterio, dallo sfruttamento sconsiderato delle risorse naturali,
portando lo spettatore a riflettere sulla sostenibilità
ambientale. Storicamente il fotomontaggio è sempre stato
un punto di forza perché lo spettatore è portato nel dubbio a
dare ragione al lato veritiero della fotografia, a cercare di contestualizzare
l’immagine anche quando questa è palesemente
irreale rimanendone turbato ma anche molto coinvolto. Il
linguaggio che utilizzo è parte fondamentale del risultato finale,
è la mia personalissima cifra, il mio stile. Le mie città
non hanno un loro significato intrinseco dal momento che
non esistono, ma sono una conseguenza delle mie riflessioni,
della mia ricerca che spazia tra l’umanità e il mondo. Siamo
troppi, viviamo in modo dissennato e siamo invadenti; questo
porta alle catastrofi che si verificano nel nostro fragile
pianeta.
Le tue ambientazioni surreali sono più che mai attuali in
questo momento storico. In che modo la pandemia ha influenzato
la tua produzione artistica, se lo ha fatto?
Con la pandemia è come se ci fossimo trovati a vivere improvvisamente
in una delle mie foto, con megalopoli fatte
di ghetti giganteschi, serrande abbassate e strade vuote. Le
mie osservazioni sono basate sulla scienza che da tempo ha
predetto i problemi di un pianeta sovrappopolato e globalizzato
che potrebbero provocare un giorno anche l’estinzione
dell’essere umano. Nella fase iniziale del Covid pensavo che
il mondo, dopo questa terribile esperienza, sarebbe migliorato,
avrebbe adottato uno stile di vita diverso e riscoperto che
è bello vivere in modo più armonico nel rispetto del bene comune.
Purtroppo mi ritrovo sempre più pessimista.
Quali lavori hai realizzato in quest’ultimo periodo? Hai progetti
per il futuro che non hai ancora iniziato?
8 GIACOMO COSTA
Atmosfera n. 6
Al momento espongo alcune mie opere all’Arsenale di Venezia
nell’ambito della 17^ Biennale di Architettura che è stata posticipata
al 2021 a causa del Covid. Ho costruito un racconto per
immagini su resilienza e sostenibilità, trattando i temi di aria,
acqua, terra e fuoco declinati alla mia maniera in quattro visioni
catastrofiche: tempeste e trombe d’aria, inondazioni, desertificazioni
e incendi. L’opera di 20 metri dal titolo Atmosfere, in
cui monumentali architetture nascoste da una fitta nebbia appaiono
sospese nel tempo e dominate dal silenzio, s’incastra
perfettamente nel contesto di una grande mostra d’arte ricca
di video e installazioni ma soprattutto di contenuti. Come progetto
futuro vorrei dare vita alle mie immagini animandole, per
questo sto pensando di realizzare dei cortometraggi.
La diffusione dei tuoi lavori segue le vie classiche come
gallerie, esposizioni e pubblicazioni cartacee oppure è affidata
ad Internet?
È un misto di cose. La mia generazione ha vissuto con la televisione
in bianco e nero e quando ho iniziato a realizzare le
mie opere non c’era ancora Internet. Sono stato uno dei primi
a valutare la preziosità della rete e nel 1997 ho costruito il mio
primo sito perché il mondo virtuale è per me stimolante. Frequento
i social ma sono ancorato alle mostre dal vivo, ritrovandomi
da sempre ad allestire mostre in giro per il mondo. Ho
avuto la fortuna di viaggiare tanto e quindi di potermi creare
una rete di conoscenze e di stimoli, ma Internet ha reso tutto
molto più facile. Il sito è come un giardino, qualcosa che va curato
con amore tutti i giorni, è il modo per mostrare il mio lavoro
non come un catalogo ma come storia della mia vita.
Il fatto di vivere in una città relativamente periferica rispetto
ai grandi centri di attività artistica, come ha influito
sulla diffusione dei tuoi lavori a livello internazionale?
Alla fine degli anni Novanta volevo andare via da Firenze ma
per pigrizia non l’ho fatto e in quegli anni ho pagato cara questa
scelta. Successivamente, con l’avvento dei social, ho recuperato
il gap, veicolando link che oggi fanno parte di un
archivio mondiale. Dopo venticinque anni di lavoro sono rinomato
a livello internazionale ma non pretendo che tutti mi conoscano
nella mia città, dove non realizzo mostre. Oggi, grazie
alla visibilità data dal Web, si può fare l’artista anche restando
a Firenze, città dove la glorificazione del passato penalizza l’arte
contemporanea e la fotografia.
So che ti stai dedicando all’insegnamento con grandi risultati...
Quest’anno ho un corso di fotografia rivolto a centottanta studenti
all’Accademia di Perugia. Il mio valore aggiunto è fargli
conoscere il mondo dell’arte, della critica, del collezionismo
con il quale mi confronto da molti anni. Cerco di alimentare la
loro vena artistica stimolandoli a sviluppare i loro progetti e le
loro idee attraverso il racconto per immagini. Con autorevolezza
cerco di spiegare il ragionamento che c’è dietro le immagini,
attraverso le quali si crea un dialogano con lo spettatore. Già
dalla scuola elementare si dovrebbe maneggiare la fotografia
per abituarsi a sviluppare un linguaggio personale come quello
della scrittura. Nel mondo amatoriale dei circoli fotografici
molto spesso gli appassionati di fotografia vivono di citazioni
e non sviluppano un vero e proprio stile.
Atmosfera n. 28 Atmosfera n. 19
GIACOMO COSTA
9
Duilio Tacchi
La persistenza della memoria
In mostra dal 22 agosto al 4 settembre
Artistikamente Art Gallery – via Garibaldi 39 / Pietrasanta
A cura di
Nicola Crisci
Spunti di critica
fotografica
Ruth Bernhard
Sensualità e mistero del corpo delle donne negli scatti di
una delle maggiori interpreti del nudo femminile
di Nicola Crisci / foto Ruth Bernard
Nata a Berlino il 14 ottobre 1905, studiò Storia dell’arte
all’Accademia della stessa città nel 1927 e si trasferì
a New York verso la fine degli anni Venti. Nel 1935, dopo
essersi spostata in California, incontrò Edward Weston che
fu per lei come una specie di mentore spingendola a fotografare
il nudo femminile e introducendola nell’ambiente fotografico
degli f/64, dove conobbe fotografi che propugnavano la straight
photography, una fotografia diretta contro il pittorialismo.
Una delle sue prime foto di nudo ad avere successo fu Embryo
del 1934: una modella nuda racchiusa in un calice di spumante
di chiara matrice surreale. Nel 1944 si innamorò della designer
Evelyn Phimister e andarono a vivere insieme per i successivi
dieci anni in California. Nel 1962 una sua fotografia, Two Forms,
in cui sono rappresentate due amanti lesbiche (una bianca
ed una nera), fece notevole scandalo sia per l’argomento sessuale
che per quello razziale, ma contribuì a far conoscere la
Bernhard in tutto l’ambiente culturale statunitense. Dello stesso
anno è la foto surreale dal titolo In the box horizontal, in cui
un bianco e nero sfumato di grigi delicati avvolge le linee morbide
del corpo della donna in contrasto alla rigida geometria di
una scatola che raffigura una prigione fisica e mentale. A questo
proposito Ansel Adams disse di lei: «È la più grande fotografa
di nudo che io conosca». Nel 1967 il Moma le dedicò una
prima grande mostra. Grazie alla fama acquistata, incominciò
ad insegnare fotografia prima alle università californiane e poi
nel resto degli Stati Uniti. Durante la sua vita ha realizzato più
di duecento mostre in tutto il mondo e innumerevoli libri hanno
riprodotto le sue immagini. Sempre nel 1967, conobbe il co-
In the box horizontal (1962)
lonnello dell’aeronautica Price Rice, un afroamericano di dieci
anni più giovane di lei; i due divennero compagni di vita rimanendo
insieme fino alla sua morte nel 1999. Le sue immagini
furono inserite nelle collezioni permanenti del Museo di arte
moderna di San Francisco e Metropolitan Museum of Modern
Art di New York e nel 1986 fu pubblicata, con grande successo,
la sua monografia di nudo The Eternal. I nudi della Bernhard
sono intrisi di erotismo, capolavori di una perfezione classica
e senza tempo, che esaltano la donna con giochi sapienti
di luci e ombre sfumate, con immagini di una sensualità raffinata.
In un’intervista del 1999 affermò: «Mi interessano di più
le piccole cose che nessuno osserva, che nessuno pensa abbiano
un valore. Ogni volta che scatto una fotografia celebro
la vita che amo, la bellezza che conosco e la felicità che ho
sperimentato. Tutte le mie fotografie sono fatte così, rispondendo
alla mia intuizione. Dopo tutti questi anni, sono ancora
motivata dalla radiosità che la
luce crea quando trasforma un
oggetto in qualcosa di magico.
Ciò che l’occhio vede è un’illusione
di ciò che è reale. L’immagine
in bianco e nero è ancora un’altra
trasformazione. Che cosa esista
esattamente, forse non lo sapremo
mai». È morta il 18 dicembre
2006 a San Francisco a più
di 101 anni.
Studio del collo (1958) Two forms (1962)
RUTH BERNHARD
11
Incontri con
l’arte
A cura di
Viktorija Carkina
Riflessioni su passato, presente e futuro dell’architettura a
Firenze nell’intervista al professor Francesco Gurrieri
di Viktorija Carkina
Come vede la scena artistica in Toscana oggi
e com’è cambiata nel tempo?
Il cambiamento principale consiste nel fatto che la
scena artistica di oggi non è più locale e deve essere
collocata in un ambito geografico molto più vasto
di quanto accadeva alcuni decenni fa. Ormai un episodio
che matura a Firenze, nel giro di mezza giornata
si situa e si diffonde a livello internazionale.
Ciò riguarda anche gli istituti di formazione come
le accademie collocate sul territorio. Ormai anche
la formazione è policentrica perché ogni artista si
forma con un’informazione che non è più perimetrata
alla cultura locale ma a quella internazionale.
Devo dire però che oggi Firenze soffre di uno sconforto
culturale di disaffezione a quella che è stata la
cultura storica di questa città, creando nello stesso
tempo anche un limite rispetto all’attenzione all’arte
contemporanea.
Come vede il futuro architettonico a Firenze?
Firenze rimarrà conservatrice. Bisogna ammettere
però che essere conservatrici nella cultura artistica
Il professor Francesco Gurrieri
Studio di Francesco Gurrieri a Firenze
12
FRANCESCO GURRIERI
specifica e specialistica che al
momento purtroppo non vedo.
Con quale scuola di pensiero
nel restauro concorda?
Con Henry Moore
non è una colpa, ma significa avere coscienza del proprio
patrimonio e del proprio ruolo nella storia, nella cultura e
nella civiltà. Come potremmo immaginarci una Firenze con
i grattacieli di Foster o con le strutture assolutamente incredibili
di Dubai? Ogni città ha un suo ruolo e una sua
responsabilità storica e perciò il compito di Firenze è di
conservare il proprio patrimonio. Non possiamo immaginarla
alternata dalle innovazioni come è accaduto in altre
realtà come a Londra, a Barcellona o a Baku, dove sono
stati realizzati i grattacieli con il tentativo di sottolineare
la contemporaneità. A mio parere invece la modernità è la
civiltà dove la vita di relazione è più calda e più capace di
interscambiare la cultura e gli interessi delle persone. Firenze
è cosciente del suo ruolo testimoniale di una cultura
che deve valorizzare e conservare.
Parlando della conservazione, quali sono le maggiori difficoltà
legate al restauro oggi?
Una volta Firenze aveva una cultura legata al restauro del
patrimonio artistico molto importante, osservata e presa
come esempio da tutte le parti del mondo. Era previsto un
ulteriore sviluppo con l’apertura di molte scuole di restauro
e di un grande centro dedicato al restauro, realizzato
con l’appoggio del Ministero per i Beni Culturali. Ma l’ambizioso
progetto di Firenze “Città di restauro” è stato colpevolmente
abbandonato dagli amministratori degli ultimi
vent’anni e consecutivamente una delle valenze maggiori
della città è venuta a mancare. Sono state abbandonate
importanti ricerche come quella sulla conservazione delle
pietre, nonostante Firenze sia una città di pietra serena e
di pietra forte. Per recuperarla ci vuole una spinta culturale
La scuola di pensiero con cui
mi sono formato e che ho cercato
di trasmettere ai miei allievi,
oggi docenti, è quella di
Piero Sanpaolesi e della scuola
romana di Guglielmo De
Angelis d’Ossat. Ho cercato
di mettere molto impegno
nell’insegnamento del restauro,
partecipando anche a tanti
seminari internazionali. I primi
ebbero luogo nei paesi dell’Unione
Sovietica per poi continuare
in Polonia, Ungheria,
Spagna, Francia, Senegal, Brasile,
Argentina e in altri luoghi.
I miei allievi che si sono formati
a Firenze o a Roma oggi
sono funzionari dirigenti in diverse
parti del mondo come a Rio de Janeiro o a Buenos Aires.
Questo è un motivo di soddisfazione.
Qual è per lei la peculiarità architettonica toscana da
sottolineare?
Esiste una peculiarità un po’ meno nota e un po’ meno studiata
che è il fenomeno del policromismo architettonico.
Inizialmente consisteva nell’impiego del bianco e del verde
per espandersi più tardi sui marmi rosa. Il policromismo
è un fenomeno peculiare della Toscana ed in parte della
Sardegna. È importantissimo perché rappresenta una vera
e propria testimonianza dell’assorbimento di una cultura
architettonica medio orientale che viene dalla Persia. È
arrivata da noi attraverso la Repubblica di Pisa e si è diffusa
a Pisa, Lucca, Pistoia, Prato, Firenze, Siena e in parte
anche in Sardegna che in quel momento era sotto il dominio
della Repubblica di Siena. Il policromismo ha donato
al nostro paese dei capolavori meravigliosi. Basti pensare
al battistero di San Giovanni, alla cattedrale di Santa Maria
del Fiore e all’abbazia di San Miniato al Monte di Firenze
o al battistero di San Giovanni in corte e alla cattedrale
di San Zeno di Pistoia.
www.florenceartgallery.com
FRANCESCO GURRIERI
13
Occhio
critico
A cura di
Daniela Pronestì
Luciano Tigani
Dentro e oltre l’emozione del paesaggio
di Daniela Pronestì
Luciano Tigani nel Salone delle Feste a Polistena per la presentazione del suo
ultimo catalogo (ph. Diana Manduci)
L’emozione in pittura consiste nel potere dell’immagine
dipinta di farci vedere la realtà con occhi nuovi. Compito
dell’arte non è confermare le piccole certezze del
vivere quotidiano, ma è indurre a maturare una diversa visione
delle cose, soprattutto di quelle che più rischiano di sfuggirci
proprio perché crediamo di conoscerle già bene. Le opere di
Luciano Tigani hanno questo potere: far sembrare “nuovi” paesaggi
familiari, antichi scorci di paese, luoghi cari all’infanzia.
Osservati attraverso il filtro dell’immagine dipinta, questi angoli
di natura parlano una lingua diversa da quella a noi consueta,
lingua che riscrive il racconto della realtà per aprirla ad
una nuova profondità di sguardo e di significato. Proprio perché
rinnovano ciò che l’abitudine logora e rende quasi "invisibile",
le opere di Tigani invitano a vivere un’esperienza che
non si ferma alla sola emozione generata dal colore, quella
per la quale viene da chiedersi come l’artista abbia fatto a riprodurre
con tanta verosimiglianza la trasparenza dell’acqua,
la schiuma dell’onda che s’infrange, il rincorrersi di ombra e luce
nel bosco, l’atmosfera imbevuta di sole in una giornata estiva.
Tutto questo rientra nella tecnica: sorprendente, raffinata,
distillata dal tempo e dalla continua sfida che l’artista vive anzitutto
con se stesso e soltanto dopo con la realtà che ha di
fronte. Ma da sola la tecnica non basta a spiegare perché queste
opere siano tramite di una rivelazione che spinge chi le osserva
a superare le proprie consuetudini visive per catturare
l’essenza segreta del paesaggio, il senso che rimane nascosto
dietro l’aspetto sensibile delle cose. Se è vero che ogni quadro
di natura è sempre un autoritratto, per cui l’artista comincia
dipingendo ciò che ha davanti e finisce per trasferire tutto
Mareggiata alla marinella, olio su tela
Nevicata in Calabria, olio su tela
14
LUCIANO TIGANI
La natura si fa bella, olio su tela
il proprio essere in ogni colore e forma di quello scorcio, la
stessa esperienza tocca a chi, trovandosi dinnanzi a questi dipinti,
riesca a compiere il salto che lo porta dal “vedere” il paesaggio
al “sentirlo” risuonare dentro, sovrapponendo la propria
interiorità all’immagine dipinta, diventando a sua volta vastità
di cielo, sentiero di campagna, mareggiata d’autunno. Tigani
sa bene che il senso della pittura non può legarsi soltanto
alla capacità di riprodurre fedelmente l’emozione dell’incontro
con la natura. Per questo la forza dei suoi paesaggi risiede in
ciò che non trapela al primo sguardo ma va intuito scrutando
nelle pieghe della pittura, nel modo di restituire il senso dello
spazio, enfatizzare un particolare
rispetto all’insieme, far vivere i
colori accordandoli o ponendoli in
contrasto. Più che paesaggi reali,
quelli di Tigani sono astrazioni della
mente che sfidano l’osservatore ponendolo
di fronte all’illusione della
realtà dipinta. Sfida che si fa ancora
più evidente nei quadri che lasciano
all’immaginazione il compito
di tenere insieme verità e finzione,
mescolandole entrambe, scambiandone
le parti, insinuando dubbi sul
ruolo dell’una rispetto all’altra. Se il
paesaggio in pittura è artificio mentale,
ecco allora che esistono diversi
tipi di paesaggio, non solo quello
estrapolato dalla natura ma anche
quello che l’artista “costruisce” riunendo
sul piano, come fossero appunti
su di un taccuino, scampoli
di tela dipinta, oggetti del mestiere,
simboli del suo personale mondo
interiore. Può accadere persino
che gli elementi del quadro oltrepassino
i confini della tela per invadere
lo spazio intorno e creare nuove
suggestive illusioni all’interno del dipinto.
Una provocazione sottile e intelligente
con la quale Tigani ribalta
il punto di osservazione per mostrarci
ciò che sta dietro la pittura, dietro
il paradosso della rappresentazione,
che si fonda sul far sembrare “vera”
quella che invece è soltanto una
simulazione. Ceci n’est pas un paysage,
potremmo dire parafrasando
il titolo di una celebre opera di Magritte.
Ma è proprio questo suo accostarsi
in maniera del tutto libera
al genere del paesaggio che gli consente
di essere pittore di tradizione
e innovatore, interprete fedele di una
storia antica e al medesimo tempo
creatore di un lessico nuovo.
Alla ricerca del colore, olio su tela
Lo scorso 4 giugno, nel Salone delle Feste del palazzo comunale
di Polistena (RC), Luciano Tigani ha presentato il suo ultimo
catalogo intitolato Tra realtà e fantasia, alla presenza di
critici d’arte e rappresentanti delle istituzioni locali. Per l'occasione
alcune opere sono rimaste in mostra nella stessa sede
fino al 6 giugno.
www.lucianotigani.it
artelucianotigani@gmail.com
Tigani Luciano Art
lucianotigani
LUCIANO TIGANI
15
NICOLETTA
MACCHIONE
Sant'Anna, olio su tela, cm 40x50
nicolettamacchione@yahoo.it
Eventi in
Toscana
Volterra celebra i cinquecento anni della Deposizione del Rosso Fiorentino
con la mostra omaggio di due celebri artisti contemporanei
Testo e foto di Barbara Santoro
Sono trascorsi cinquecento anni dalla realizzazione della
Deposizione dalla croce dipinta magnificamente da Giovan
Battista di Jacopo di Gasparre, meglio conosciuto
come il Rosso Fiorentino, e conservata alla Pinacoteca Civica
di Volterra. Il Rubeus, come era solito firmarsi questo artista
dai capelli rossi, è stato uno dei personaggi più estrosi
della scena artistica fiorentina, esempio tipico di quel secondo
Manierismo a noi tanto gradito. La gallerista Francesca Sacchi
Tommasi ha organizzato la mostra Rubeus et alii, curata
da Antonio Natali e Elisa Gradi, con opere di Ugo Riva e Elena
Mutinelli, noti artisti che ben hanno saputo legare la loro
materia con quella grandiosa pala così tanto contemporanea.
Una mostra omaggio al Rosso Fiorentino da parte di due artisti
del nord: Ugo Riva (1951) bergamasco ed Elena Mutinelli
(1967) milanese, nipote dello scultore Silvio Monfrini, autore
del monumento a Francesco Baracca che troneggia nell’omonimo
piazzale a Milano. La mostra, inaugurata il 21 giugno nel
chiostro di Palazzo Minucci Solaini, sede della Pinacoteca Civica
di Volterra, sarà visitabile per tutta l’estate fino alla fine di
agosto. Anche il sindaco di Volterra Giacomo Santi ha accolto
con grande piacere questo progetto espositivo che, data la
qualità degli artisti, servirà per tutta l’estate da richiamo ai turisti
stranieri che transitano in questi luoghi. Alessandro Furiesi,
direttore della Pinacoteca, ha sottolineato come la Deposizione
del Rosso, dipinta nel 1521, ancora oggi attiri un pubblico
elitario che, a maggior ragione, sarà in grado di apprezzare il
contrasto dei lavori degli artisti lombardi. In esposizione cinque
opere progettate e realizzate appositamente per questa
Elena Mutinelli, Manifesto Principio, marmo
Ugo Riva, Le inquietudini del Rosso, terracotta
mostra. I due artisti sono stati sedotti dal fascino del capolavoro
di Rosso Fiorentino ed entrambi hanno scelto di utilizzare
materiali tipici della Toscana come la terracotta policroma
e il marmo di Carrara. Ugo Riva ha proposto quattro opere in
terracotta, rinnovando in questa occasione il suo antico amore
per il Rosso Fiorentino. Già nel 1994 aveva dedicato a questo
artista una piccola scultura intitolata Le inquietudini del Rosso
che fu poi rifatta in dimensioni più grandi nel 2010 ed esposta
al Four Seasons di Firenze, dove tuttora è possibile ammirarla.
Ora, in questa nuova dimensione, l’artista bergamasco ha lavorato
quasi per “sottrazione”, eliminando anche la croce che
risultava quasi banale. Le figure disperate appaiono tutte in fuga
da qualcosa di terribile perché nel momento del dolore ogni
uomo è solo con se stesso. Le altre tre opere, disseminate fra
le arcate della loggia ed il bordo del pozzo, sono anch’esse laceranti.
Nel Sine pietas et amore dei appare un bue squartato
e ricucito con sotto un Cristo deposto inserito in un recinto
di metallo. Lo Stabat Mater è posizionato in un altarino proveniente
da Napoli in cui Riva ha modellato una deposizione.
Infine con Eros e Thanatos l’artista mette in gioco la grande
sensualità del Rosso senza però mai staccarsi dal tema della
morte: un Cristo fra due lunghi chiodi ed una Cleopatra nuda
con un manto iridescente. Elena Mutinelli espone un’opera dal
titolo Manifesto Principio, un marmo alto 170 cm che ha richiesto
un grande lavoro di progettazione. La croce è lo stesso corpo
del Cristo inarcato, la cui testa, rivolta all’indietro, sembra
voler uscire dal blocco che lo trattiene; è sorretto solo da due
figure acefale che a malapena si distinguono nel magma materico.
Una bella mostra che merita davvero una visita.
ROSSO FIORENTINO
17
Dal teatro al
sipario
A cura di
Doretta Boretti
Sergio Forconi
Dall’esordio nei teatri fiorentini alla ribalta del cinema con Pieraccioni e Garrone:
il famoso caratterista toscano si racconta tra ricordi e progetti futuri
di Doretta Boretti / foto courtesy Sergio Forconi
Il detto popolare “la comicità è la cura di tanti mali”,
noi toscani lo abbiamo proprio sposato. E non solo abbiamo
sposato questa affermazione, ma abbiamo anche
la fortuna di avere avuto in passato, e di avere ancora
oggi, una schiera di affermati comici che ci intrattengono,
facendoci fare ampie risate. L’attore che riesce a donare
pillole di allegria, in una vita, a volte, non sempre così
gradevole, ha veramente una marcia in più. Ci troviamo in
compagnia del famoso attore toscano Sergio Forconi e ci
parlerà della sua intensa e molteplice esperienza artistica,
qualche volta anche come attore comico, ma di una comicità
particolare.
Comici si nasce o si diventa? Cosa ne pensi?
La comicità è una cosa seria. Comici si nasce o si diventa?
Noi toscani, e forse di più noi fiorentini, abbiamo tutti dentro
di noi una vena comica, perché abbiamo sempre la battuta
pronta. Ma comici si diventa. In quanto, sia nel teatro che nel
cinema, una battuta detta a modo fa ridere. Per quanto mi riguarda,
sia per la mia voce che per il mio fisico, non mi ritengo
un comico, quanto piuttosto un caratterista.
Che tipo di comicità è la tua?
La mia comicità è, come dicevo, più da caratterista. C’è il
ruolo brillante, comico, drammatico. Se il personaggio che
interpreto è comico, io entro nel personaggio e sono quel
personaggio. A volte ho interpretato alcuni sketch con attori
comici a cui ho fatto da spalla e la gente ha riso anche
per le mie battute. Al Teatro della Pergola, nella commedia
l’Acqua cheta, interpretai lo “Stinchi”. Nel teatro ci sono dei
tempi comici. Non lo interpretai, per tutta durata dello spettacolo,
come un “ubriacone”. Soltanto in un monologo, quasi
alla fine, feci l’ubriaco vero, con una comicità che portò a
cinque minuti di applausi a scena aperta.
Ci sono dei ruoli, tra quelli che hai interpretato, che ti sono
rimasti nel cuore? E se sì, perché?
Sì, ci sono due personaggi che ho interpretato nel cinema
che mi sono rimasti proprio nel cuore. Ho iniziato a lavorare
molto presto, perché il mio babbo era morto e io
ero il più grande dei miei fratelli. Non ho studiato molto,
ma ho lavoravo tanto. Avevo 18 anni, facevo l’artigiano e
Sergio Forconi
18
SERGIO FORCONI
In Berlinguer ti voglio bene dove ha recitato con Roberto Benigni
il mio unico passatempo era la Casa del popolo, al circolo
di Grassina. La Casa del popolo di Grassina era la mia
seconda casa. A quel tempo si parlava di “curtura” non di
cultura. Io non mi vergognavo a essere di sinistra e lo continuo
a dire anche adesso quando incontro qualcuno che
mi dice: «Tu sei rimasto all’antica». Sì, io sono rimasto
all’antica. Perché per me l’ideale comunista è proprio come
una fede. La questione morale del mio partito io l’ho
sempre vissuta e sentita forte. Quindi, nel film Berlinguer
ti voglio bene (1977), il mio personaggio sembrava fosse
stato scritto proprio per me. E anche nel film Zitti e
mosca (1991) facevo parte degli “irremovibili” ed ero proprio
il Forconi. Quei personaggi erano fatti apposta per
me. Quindi, in quelle interpretazioni sono stato me stesso
e la mia fede comunista.
Hai lavorato con numerosi attori e registi famosi sia in ambito
cinematografico che teatrale. Ce ne vuoi parlare?
Il libro di Alessandro Sarti che racconta la carriera di Forconi
Nel teatro fiorentino, negli anni Settanta, ho fatto delle
bellissime esperienze. Al teatro della Casa del popolo di
Grassina, con la compagnia Gli sfacciati paesani, mi sono
formato come attore. Poi ho lavorato al Teatro Astoria e al
Teatro Affrico. Non ho mai potuto fare, anche se lo ero a
quel tempo, l’attore giovane. Fin da subito ho dovuto fare il
caratterista, sia per la voce, sia per la presenza fisica. Ho
lavorato con Mario Marotta, Ghigo Masino, Tina Vinci, Giovanni
Nannini, Wanda Pasquini, Valeria Vitti. Poi ho iniziato
la collaborazione con il Teatro Amicizia. Fui chiamato
da Biancamaria Gatti ed entrai nella sua compagnia, con
Alvaro Focardi, Ughino (Ugo Benci) e tanti altri. Di recente
al TeatroDante Monni a Campi, il direttore artistico Andrea
Bruno Savelli mi ha chiesto di interpretare dei personaggi
e abbiamo fatto belle cose, come La briscola a cinque
di Marco Malvaldi. Nel cinema, ho lavorato con molti regi-
SERGIO FORCONI
19
Sul set de Il ciclone di Leonardo Pieraccioni
sti e attori famosi, ma con Leonardo Pieraccioni è stata
un’esperienza magnifica. Con lui ho fatto tre film: I laureati
(1995), Il ciclone (1996) e Il pesce innamorato (1999).
Ho potuto esprimere, in quelle caratterizzazioni, proprio il
mio personaggio.
Nel 2019 hai interpretato il ruolo di Cecconi (il venditore)
nel bellissimo Pinocchio di Matteo Garrone. Che esperienza
è stata lavorare con questo famoso regista?
La mia agenzia di Roma mi contattò per fare un provino per
il film di Matteo Garrone. Avevo già lavorato con Roberto Benigni
nel film Berlinguer ti voglio bene di Giuseppe Bertolucci,
ma dopo quell’esperienza, nel 1977, non ci siamo più incontrati
sul set. Ci siamo ritrovati grazie al film di Garrone, ed è
stato come se ci fossimo lasciati il giorno prima. L’esperienza
con entrambi questi due personaggi è stata bellissima.
All’inizio dovevo fare un’altra parte, poi invece, dal nostro sodalizio,
è nato un ruolo che nel copione non c’era. Garrone
disse: «Come ti chiami?». Io risposi: «Forconi». E lui: «Allora
il tuo personaggio sarà “Cecconi”». Tutti i registi con i quali
avevo lavorato in passato chiedevano di imparare a memoria
la parte. Quindi io e Roberto si stava provando, con i fogli in
mano; Garrone ci vide e disse: «Quello che dovete fare è non
imparare niente a memoria ma fare tutto in maniera naturale,
senza copione». Così vennero girate più scene, tutte recitate
in modo spontaneo e ognuna diversa dall’altra. Il regista poi
scelse quella che gli interessava di più. Questa per me è stata
veramente una nuova e piacevolissima esperienza.
Adesso che tutto, intorno a noi, sta ricominciando a vivere,
dove possiamo venirti a vedere?
Comincio col dire che Alessandro Sarti ha scritto un libro
che racconta i miei cinquant’anni di carriera artistica. È
uscito proprio adesso e lo stiamo presentando in diversi po-
L'attore in una foto di qualche anno fa Nel film Grazie di tutto (1997)
20 SERGIO FORCONI
sti. S’intitola Uno spettacolo d’uomo. Se devo dire la verità,
non sono stato completamente fermo neppure nel periodo
di fuoco. Poi, quest’anno, a maggio, ho girato un corto, da
un’idea di Roberto Farnesi, intitolato Vecchio mondo e sceneggiato
e diretto dal regista Giuseppe Ferlito. Affronta il
tema della pandemia ma da un punto di vista completamente
diverso dal solito. So che viene distribuito da Amazon
Prime. Sono anche stato contattato dal regista Domenico
Costanzo, con il quale nel 2019 ho già lavorato nel film Ho
sposato mia madre, e tra pochi giorni inizierà le riprese del
suo nuovo film che si intitola Play boy, dove io mi calerò in
un nuovo ruolo. Inoltre ho in programma di riprendere la collaborazione
con Andrea Bruno Savelli ma soltanto quando
i teatri riapriranno del tutto. Comunque se volete essere informati
sui miei prossimi impegni potete seguirmi sulla mia
pagina Facebook. Vi aspetto.
In questa e nella foto in basso, Forconi a teatro con Casa nova vita nova di Vinicio Gioli e Mario De Majo e la regia di Andrea Bruno Savelli
SERGIO FORCONI
21
Eventi in
Toscana
Nel piccolo borgo antico di Palazzuolo sul Senio al
via la seconda edizione di Leggere in Appennino
di Elisabetta Mereu / foto courtesy Associazione Culturale Palazzuolo per le Arti
Letture, musica, incontri, interviste, esposizioni artistiche,
escursioni nei boschi e naturalmente buon cibo.
Questo in sintesi il programma della 2^ edizione della
manifestazione Leggere in Appennino, che si svolgerà, dal 30
luglio al 1° agosto, nel Comune di Palazzuolo sul Senio, in Alto
Mugello. «La prima edizione del 2020 è stata il frutto di un’esperienza
precedente durata dieci anni che si chiamava Leggere
in piazza – dice Daniela Poli dell’Associazione Culturale
Palazzuolo per le Arti, promotrice e organizzatrice del festival
– e anche quest’anno, tenendo sempre come filo conduttore
la lettura, abbiamo voluto creare un contenitore culturale
che tratti vari aspetti di carattere artistico, letterario, ma anche
ambientale, proprio nel luogo in cui tutto questo si sviluppa,
cioè l’Appennino, il cui contesto naturalistico è molto ben
conservato e con tanti boschi. Nel corso dei tre giorni ci saranno
incontri con personalità di caratura anche internazionale
che saranno intervistati da Massimo Cirri, direttore artistico
del festival, conduttore della trasmissione di Radio 2 Caterpillar,
che li animerà in modo molto colloquiale e scherzoso
com’è nel suo stile. Insomma il tutto avrà un’impostazione non
certo banale ma neanche troppo tecnica in modo che sia pia-
Programma
Venerdì 30 luglio
Ore 17: Piazza Ettore Alpi - Inaugurazione del Festival
Ore 18.00: "Maghinardo Pagani da Susinana, un signore della guerra dell'Appennino al tempo di
Dante" - Interventi di Eugenio Giani, Franco Cardini, Riccardo Nencini. Intervista di Simona Poli
Ore 21.30: Piazza Strigelli "L’Appennino racconta" Massimo Cirri direttore artistico del
festival intervista Loriano Macchiavelli
Sabato 31 luglio
Ore 10.30: Piazza Ettore Alpi - Inaugurazione della mostra "Il Castagno e le sue genti" a cura
del prof. Alberto Maltoni con la partecipazione dell’artista fiorentino Roberto Barni
Ore 11.00: Musica e Letture
Ore 17.30: Parco della Fontana - Musica e Letture
Ore 18: M. Cirri e A. Maltoni su "Castagni e castanicoltori: resilienza e resistenza in Appennino"
Ore 19.30: Cena lungo il fiume (su prenotazione)
Ore 21.30: Piazza Strigelli "Quanta strada nei miei sandali: leggere Dante in Piazza" Massimo
Cirri intervista Federica Anichini
Domenica 1 Agosto
Ore 8.00: Agriturismo I Monti - Visita guidata da Alberto Maltoni. Pranzo su prenotazione
Ore 10.30: Piazza Ettore Alpi - Musica e Letture
Ore 18.00: Piazza Strigelli - Musica e Letture. A seguire apertura straordinaria della Biblioteca
ore 19.30: Piazza Ettore Alpi - Cena su prenotazione
Ore 21.30:"Western: da Hollywood al Cinema Strigelli" Massimo Cirri intervista Stefano Rosso
!
Associazione Culturale
Palazzuolo per le Arti
Leggere in Appennino
Letture, musica, incontri, escursioni nei boschi
Palazzuolo sul Senio 30 luglio - 1°agosto 2021
!
Ingresso libero
Informazioni e prenotazioni:
leggereinappennino@gmail.com
Tel. 055/8046125
www.palazzuoloperlearti.it
Patrocinio Comune di
Palazzuolo sul Senio
Daniela Poli, promotrice e organizzatrice del festival, con il giornalista e
direttore artistico della manifestazione Massimo Cirri
cevolmente fruibile dalla gran parte delle persone che saranno
qui soprattutto come turisti e vacanzieri». Nelle piazze del delizioso
paese dell’Alto Mugello ci saranno poi vari intermezzi
di musica che si alterneranno ai diversi momenti dedicati alle
letture da parte di un attore. «All’interno del Museo delle Genti
di Montagna – continua Daniela Poli – faremo una mostra
curata dal professor Maltoni dell’Istituto di Agraria di Firenze,
che avrà come tema il rapporto fra l’uomo e il castagno, con la
partecipazione dello scultore fiorentino Roberto Barni, ideatore
del nostro logo, che esporrà due sue opere. Inoltre, nell’anno
delle celebrazioni dedicate a Dante, non mancheremo di fare
un omaggio al sommo poeta con due incontri ai quali interverranno
il governatore della Toscana, Eugenio Giani, lo storico
Franco Cardini, il senatore Riccardo Nencini e Federica Anichini,
italianista con una lunga esperienza di insegnamento negli
Stati Uniti. L’ultima giornata inizierà con un’escursione guidata
e si concluderà con un incontro con Stefano Rosso, americanista
dell’Università di Bergamo, che parlerà di Western sul
tema Da Hollywood al Cinema Strigelli, dal nome della piazza
dove si trovava il vecchio cinema del paese frequentato da tutti
noi bambini di Palazzuolo. Tengo infine a precisare che tutti
gli eventi sono ad ingresso libero in ogni contesto. È però necessaria
la prenotazione per i momenti conviviali, cioè pranzi
e cene a base delle specialità enogastronomiche della zona».
www.palazzuoloperlearti.it
Info e prenotazioni:
leggereinappennino@gmail.com
+ 39 055 8046125
22
LEGGERE IN APPENNINO
I libri del
mese
Lucia Serracca
Salmo XXIV: un giallo veneziano sulle orme del maestro Antelami
di Erika Bresci
Nella nota a chiusura del romanzo Lucia Serracca svela
ai suoi lettori un rapporto ancillare con Il pendolo
di Focault di Umberto Eco. E ne spiega il motivo.
Quell’interesse curioso, intrigante per i Rosacroce, una società
esoterica segreta, non si sa se realmente esistita, fondata
nel Quattrocento, che proponeva una riforma universale
e generale dell’intero universo, sulle cui tracce perse inutilmente
gli occhi anche un giovane, ostinato Cartesio. Certo,
non vi è dubbio che il romanzo Salmo XXIV si nutra di sostanza
alchemica e di mistero. Ma pensiamo che l’empatia che
lega l’autrice a Eco coinvolga anche e soprattutto un intelligente,
scrupoloso e insieme appassionato comune metodo
di costruzione del romanzo. Nelle sue Postille al Nome della
rosa Eco individua infatti gli ingredienti essenziali per la realizzazione
di un impianto onesto e credibile di una qualsivoglia
storia – in entrambi casi un thriller – ambientata in un’età
e in un luogo specifici. Indica impalcature e tecniche narrative
e confessa un segreto. «Ho scritto un romanzo perché me
ne è venuta voglia. Credo sia una ragione sufficiente
per mettersi a raccontare. L’uomo è animale fabulatore
per natura». Al quale pare rispondere in eco Lucia
Serracca: «Ho cominciato a pensare a una storia
che unisse queste suggestioni (la lettura del Pendolo
di Eco e l’amore per Venezia e il Carnevale, ndr.), volevo
scrivere il romanzo che mi sarebbe piaciuto leggere».
Ecco qua, un perfetto dialogo a distanza, retto
con la serena tranquillità di chi sa che quegli strumenti,
quei consigli, quegli accorgimenti sono passati con
naturalezza e profondità dal maestro all’allieva (e chi
sa se tra quegli insegnanti cui si dedica il romanzo
non si pensi anche al caro Umberto). La storia, appunto.
Alto il rischio, in questo caso, di spoilerare snodi
cruciali e finale – cosa terribile per un giallo! – e sciupare
così, in poche righe, il gusto della lettura. Ci limitiamo
quindi a citare quanto riportato nel risvolto di
copertina: «Venezia, 2017. In programma tra i concerti
del Carnevale c’è il “Salmo XXIV”, opera sconosciuta
del maestro Antelami ritrovata a Oxford. Ma chi è
Antelami, accusato di stregoneria dall’Inquisizione e
fuggito a Londra nel 1667? In una inesauribile serie di
colpi di scena il critico musicale Stefano Montani e la
restauratrice Chiara Sabelli scopriranno un’incredibile,
sconcertante verità». E basterebbero questi “colpi
di scena” – animati da una folta schiera di personaggi
misteriosi e ambigui – a rendere più che godibile il
romanzo, presagendo e augurandogli fortune cinematografiche.
Noi crediamo però che la storia nasconda
molto di più. Colpisce l’insistenza, ricamata nelle
sue varie forme, del concetto di identità nascosta, di
una verità da svelare prima di tutto a se stessi, di un’immagine
chiara di sé e degli altri cui tendere e da distillare dalle
parvenze e dai pochi, male interpretabili, talvolta celati lacerti
a disposizione (il ritratto di Antelami che riappare dal certosino
restauro, lasciando in chiaroscuro i tratti del volto ma
non l’intensità dello sguardo ne è magistrale esempio). E sullo
sfondo Venezia. Perfetta nel suo intrico di labirintici vicoli,
nelle atmosfere nebbiose e umorali, senza tempo, nell’ambiguità
delle maschere, nelle forme fiere e insieme decadenti,
nello sciabordare di un’acqua limacciosa e lenta che sbatte
sui pontili e rintocca nel cuore gravezze di domande irrisolte.
Cos’è l’uomo? Speculum Dei o putrido fango, o forse entrambi,
o altro ancora? Da dove viene, qual è il suo scopo nel mondo?
E la ragione vera che l’ha trascinato qui, fuori dal giardino
dell’Eden? Dove va? Ci arriverà mai? Così scorrendo le pagine
di Salmo XXIV pare di sentire ancora quella melodia sublime
che nasconde il “terribile lascito” di Antelami, che si arriva sul
punto di afferrare, fino a che…
LUCIA SERRACCA
23
Claudio De Col
Fleur Sirène – Storie celate
Fleur n.4
A cura di
Daniela Pronestì
Occhio
critico
Claudio De Col
Il volto della joie de vivre
di Daniela Pronestì
Cosa si può dire della bellezza femminile che non sia
stato ancora detto? Cosa può raccontare un volto di
donna a chi sappia osservarlo senza farsi influenzare
da canoni e stereotipi? Il nuovo ciclo di opere di Claudio
De Col invita a porsi queste domande, a partire dalla scelta
del titolo Fleur Sirène, in cui l’accostamento tra la grazia luminosa
dell’elemento floreale e l’enigma di una forza seduttiva
irresistibile come quella delle mitiche creature omeriche
lascia pensare che queste figure non incarnino singole storie,
ma una condizione interiore, un modo di vivere e di essere,
una ricerca di armonia nelle cose del mondo attraverso l’arte.
Lo conferma lo stesso artista, che su queste opere afferma:
«Volti che suggeriscono storie che tali non sono, ma soltanto
intime suggestioni narrative di storie mai raccontate, un condensato
di ricerca armonica di colori e di forme, un gesto liberatorio
con il quale trasmettere gioia di vivere». Pensando
alla lezione di un maestro assoluto della rappresentazione
del femminile, Henri Matisse, il cui obiettivo è sempre stato
allontanarsi dall’immagine somigliante per trasformare il volto
in un segno astratto che si fonde con lo spazio e con le cose
intorno, viene in mente che anche per De Col il volto non
abbia valore in quanto ritratto ma in quanto “pretesto” per
raccontare altro, per far emergere dal quel volto nuove storie,
riunendo insieme, in una inscindibile unità, figure e fiori, natura
ed ornamento. Nascono così donne-farfalla, donne-fiore,
donne-conchiglia, creature che vivono nella fertile immaginazione
dell’artista e che per questo “galleggiano” nello spazio
bianco del foglio come fossero pensieri nella dimensione
astratta della mente. Queste opere invitano ad andare oltre
a ciò che il volto da solo può suggerire per coglierlo come
parte di un insieme composto di forme e colori, volumi e superficie,
linee di contorno e segni stilizzati. De Col procede
Fleur n.3
dall’individualità all’universalità del modello ritratto, con un’agilità
esecutiva che assimila queste opere ad uno schizzo al
fine di mantenere “viva” l’intuizione che le ha generate. A ben
guardare, si tratta invece di lavori complessi nella stratificazione
dei passaggi e delle tecniche, che vanno dal disegno a
matita al collage, dall’acquerello al carboncino. Eppure, l’arte
vera sta proprio nel fare sembrare semplice ciò che
al contrario è complesso, nel far credere “abbozzo”
opere che invece dicono tutto su come l’armonia di
queste immagini venga generata dalla sapiente orchestrazione
tra orizzontale e verticale, pieno e vuoto,
arabesco e figura. «Basta un segno per evocare
un viso» diceva Matisse. Il resto spetta alla fantasia
dell’osservatore, che in queste opere di De Col può
muoversi liberamente, volare alto, immergersi in un
sogno e, nel fare questo, respirare l’atmosfera di un
mondo traboccante di joie de vivre.
Le opere di Claudio De Col sono in vendita sul sito
della galleria Artistikamente di Pistoia
www.artistikamente.net
Fleur n.2 Fleur n.1
Art C. De Col
CLAUDIO DE COL
25
I maestri della
architettura
A cura di
Margherita Blonska Ciardi
Pietro Porcinai
Il celebre pioniere dell’architettura del paesaggio che
rilanciò il giardino rinascimentale all’italiana
di Margherita Blonska Ciardi
In tempi di sfrenata corsa verso il progresso e la crescita
economica, la civiltà occidentale è caratterizzata dalla
continua edificazione urbana che spesso porta con sé una
sempre maggiore sottrazione di suolo a Madre Natura. Ogni
giorno vediamo sparire la campagna per la realizzazione di
anonime e degradanti periferie, il cui unico obiettivo è garantire
il più grande numero di abitazioni standard, traendone il
massimo profitto economico a basso costo. L’architettura
post-industriale spesso era poco attenta all’ambiente, considerando
gli spazi non costruiti come superflui e di risulta. Pietro
Porcinai, considerato oggi uno dei più importanti
paesaggisti al mondo, ha apportato una vera svolta nella concezione
degli spazi aperti, mostrandoli come un’occasione di
bonifica del territorio e rilanciando in chiave moderna e minimalista
la dimenticata tradizione del giardino tardo rinascimentale
all’italiana. Per tutta la vita, Porcinai si è impegnato a
sensibilizzare l’opinione pubblica sulle problematiche derivanti
dal degrado provocato all’ambiente dall’incessante cementificazione
del suolo esercitata dall’uomo. Nato a Settignano,
alle porte di Firenze, in un posto incantevole situato in prossimità
di Villa Gamberaia ed immerso nella natura della campagna
toscana, Porcinai ha potuto apprendere l’arte del
giardinaggio da suo padre Martino, il quale curava il parco della
principessa rumena Ghika. La esule principessa Ghika, conosciuta
come Dora d’Istria, era una donna di grande cultura
ed umanità che spesso ospitava nei suoi salotti grandi personaggi
dell’epoca. Questo, per un bambino, è stato un ambiente
molto stimolante che ne ha favorito lo sviluppo intellettuale ed
artistico. Dopo la qualifica come perito agrario, il giovane Pietro
si reca subito a lavorare all’estero prima in Belgio e poi in
Germania. Dopo il suo rientro in Italia, inizia a collaborare con
un noto vivaista pistoiese, Martino Bianchi, e intraprende gli
studi al liceo artistico di Firenze dove si diploma ed inizia a frequentare
il Regio Istituto Superiore di Architettura. Abbandona
In questa e nell'altra foto, il giardino d'inverno a Villa Rondinelli
gli studi prima di conseguire la laurea a causa dei contrasti
con i suoi insegnanti. Le sue vedute rivoluzionarie e i suoi concetti
riguardanti l’architettura e l’urbanistica entrano in contrasto
con l’istituzione, che, a suo parere «non è in grado di
svolgere il ruolo sociale di formare la conoscenza della bellezza
ed educare alla creatività e all’arte il cui modello primario è
la natura». Alcuni anni dopo afferma: «Oggi il legame uomo-territorio
esiste raramente ed inoltre ci siamo abituati al brutto.
Siamo diventati indifferenti all’orrore derivante dalla distruzione
e al degrado delle nostre bellezze paesaggistiche, architettoniche,
urbanistiche ed artistiche». Riparte all’estero dove
conosce importanti architetti del giardino come Fritz Enchke,
Karl Forster, Gustav Luttge, Russel Page, Geoffrey Jellicoe, Rene
Pechere e Gerda Gollwitzer, dei quali visita gli studi ed apprezza
il metodo di lavoro. Dal 1937 inizia la collaborazione
con la rivista di Gio Ponti Domus e nel 1938 apre a Firenze (insieme
a Tempestini e Baroni) il suo primo ufficio che successivamente
trasforma in OP (Organizzazioni Professionisti), un
nuovo studio associato interdisciplinare collegato ad altri professionisti.
A quei tempi, il concetto dell’architettura del paesaggio
era sconosciuto in Italia ed essendo una disciplina
nuova e di nicchia, necessitava di un continuo confronto fra diverse
discipline scientifiche e tecniche. Pietro Porcinai ha capito
per primo la questione, ed essendo una persona schietta
e veramente appassionata delle bellezze naturalistiche, non
esitava a confrontarsi con altri per trovare le soluzioni migliori
per i suoi progetti. Nel 1940, insieme ad Ugo Bagni e Bruno
Marchesi, apre a Firenze presso piazza del Carmine la società
Il Giardino specializzata nella realizzazione e nella manutenzione
di parchi e giardini. Con la collaborazione di Giuseppe
Zecchi e Ugo Mechetti, nel 1941 nasce la Società Arno per la
fabbricazione di ceramiche artistiche, dove Porcinai dimostra
il suo incredibile intuito per soluzioni geniali e grande fantasia
26
PIETRO PORCINAI
La piscina a sfioro in una villa di Portofino progettata da Porcinai
creativa nei disegni di arredi per parchi e giardini. Ben presto si
fa conoscere come bravissimo ed originale progettista di spazi
verdi sia per le realizzazioni presso ville toscane sia per i
suoi trattati sul paesaggio pubblicati sulle pagine di Domus. Il
suo nome, legato sempre più spesso ad importanti imprenditori
italiani per i quali lavora realizzando i parchi aziendali (Mondadori
e Barilla), inizia ad essere conosciuto anche all’estero,
collaborando con famosi architetti come Oscar Niemeyer. Nel
1948 al Jessus Collage di Cambridge diventa socio fondatore
dell’IFLA (International Federation Landscape Architecture).
Prosegue in Italia con i dibattiti dedicati al paesaggio istituendo
la AIAP (Associazione Italiana Architetti del Giardino e del
Paesaggio). Numerose sono le sue realizzazioni e consulenze
professionali nel mondo, tra cui possiamo citare la realizzazione
del Parco Medina in Arabia Saudita e la collaborazione con
lo studio degli architetti Piano e Rogers nella progettazione
della piazza antistante il Centre Pompidou di Parigi. Purtroppo
non possiamo elencarle tutte, ma è necessario ricordare il patrimonio
culturale che Porcinai ha lasciato sotto forma di bellissimi
spazi verdi in Toscana. Tra le sue emblematiche
architetture paesaggistiche vanno menzionate il Parco di Pinocchio
a Collodi, il Giardino di Villa Roseto a Firenze, il Giardino
di Villa Pazzi, la piscina e la terrazza di Villa I Collazzi e
molte altre, tra cui il parco e la piscina presso le Panteraie di
Montecatini Terme. Il suo stile inconfondibile, successivamente
ripreso da tanti progettisti contemporanei, lo possiamo riscontrare
nella realizzazione del 1969 di un giardino privato a
Portofino, dove creò una piscina molto particolare: uno specchio
d’acqua che sfiora e si confonde con la linea del mare nella
visione prospettica che nasconde lo stacco creato dai bordi
del manufatto, dando la sensazione di un continuum e dirigendo
lo sguardo all’infinito. Geniale paesaggista, nei suoi parchi
e giardini ha saputo rilanciare l’equilibrio compositivo delle
piante ornamentali, grazie al sapiente inserimento delle specie
esotiche nel contesto della biodiversità locale delle piante autoctone.
Uno tra suoi lavori più significativi è il restauro e la
progettazione delle serre-studio di Villa Rondinelli, che si trovano
a San Domenico a Fiesole, alle porte di Firenze. Si tratta
del posto che Porcinai aveva scelto come sede del suo ultimo
studio e dove intendeva fondare una scuola di architettura del
paesaggio, il sogno della sua vita che purtroppo non è riuscito
a coronare. La struttura sorge in una località panoramica dominata
a sud dalla veduta sulle ville toscane circondate da cipressi
e oliveti, dall’altro lato si apre sullo skyline di Firenze
racchiusa tra le colline circostanti. Il posto ideale per fondare
una scuola del paesaggio. L’ampio salone d’ingresso si apre
con una parete a vetri sul giardino adiacente sistemato a prato,
dove si trovano fioriere di loto circolari che ricordano la
struttura dei pozzi d’acqua. La continuità tra lo spazio interno
ed esterno è accentuata dalla sistemazione delle poltrone ad
uovo orientate verso la valle. Gli ambienti interni si articolano
tra le linee essenziali che dal giardino d’inverno con le fioriere
e il terreno pianeggiante esterno sistemato a dislivello accompagnano
lo sguardo del visitatore verso la lontana Firenze. Villa
Rondinelli, che doveva essere un punto «dove scambiarsi
idee, esperienze ed opinioni come accadeva un tempo nei vicini
giardini rinascimentali», è oggi sede dell’archivio dedicato a
Pietro Porcinai e curato dai suoi familiari che, da oltre trentacinque
anni, custodiscono i suoi progetti e il patrimonio da lui
lasciato. Il geniale architetto paesaggista era convinto che «la
natura non è solo scienza, ma è anche arte perché è un insieme
di colori, suoni, sensazioni», affermando che «la nostra sopravvivenza
è legata al paesaggio».
PIETRO PORCINAI
27
Dimensione
salute
A cura di
Stefano Grifoni
Il perdono: cura per l’anima e per
il corpo
di Stefano Grifoni
La capacità di perdonare ci rende più felici, migliora
la salute e la qualità della vita. Il processo del
perdono è un allenamento per il cervello e incrementa
le nostre capacità relazionali, personali e sociali.
La vendetta, radicata nell’animo umano, acuisce invece la
sofferenza psicologica di chi la medita e non risolve il problema.
Gli uomini si mostrano più vendicativi mentre le
donne perdonano di più, lo fanno meglio e più facilmente
e non solo all’interno della coppia. I maschi soffrono
di una peggior empatia nei confronti del prossimo e Otello
è sicuramente maschio. La maggior capacità delle donne
di perdonare dipende dal fatto che sono state abituate
ad aiutare gli altri nella famiglia e nella società e probabilmente
hanno avuto una educazione diversa. Essere
capaci di perdonare si accompagna a minori livelli di depressione,
ansia, senso di inferiorità e di inadeguatezza.
In particolare la incapacità di perdonare se stessi si può
associare ad un forte malessere psicologico.
Stefano Grifoni è direttore del reparto di Medicina e Chirurgia di Urgenza del pronto soccorso
dell’Ospedale di Careggi e direttore del Centro di riferimento regionale toscano per la diagnosi
e la terapia d’urgenza della malattia tromboembolica venosa. Membro del consiglio nazionale
della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza, è vicepresidente dell’associazione
per il soccorso di bambini con malattie oncologiche cerebrali Tutti per Guglielmo e membro tecnico
dell’associazione Amici del Pronto Soccorso con sede a Firenze.
28
IL PERDONO
A cura di
Emanuela Muriana
Psicologia
oggi
L’indecisione, figlia della paura
di Emanuela Muriana / foto Carlo Midollini
Nulla è così logorante quanto l’indecisione, e
nulla è così futile» diceva Bertrand Russell.
Ognuno di noi ha vissuto questo stato: per al-
«cuni è attesa, per altri è logoramento. L’indecisione è figlia
della paura, l’emozione più potente connessa all’istinto di
sopravvivenza. La paura si attiva in due modi: il primo inconsapevolmente,
in pochi millesimi di secondi (reazione
paleoencefalica) senza l’intervento della consapevolezza.
È quella che ci permette di frenare improvvisamente con
l’auto anche se si è rilassati o distratti. Il secondo modo
è quando la paura si attiva molto più lentamente, interessando
il telencefalo e stimolando le reazioni coscienti. È
il caso della valutazione del rischio. L’indecisione porta ad
esiti sintomatici in forme lievi, medie o gravi. La paura di
decidere si manifesta in varie forme: la più frequente è la
paura di sbagliare. La risposta va dall’esitazione che si fa
via via più pressante fino a diventare paralizzante. Spesso
si ricorre a chiedere pareri ad altri, ma con risultati non
convincenti. La paura di non essere all’altezza cioè quanto
ci riteniamo capaci di valutare i rischi e sostenere le decisioni
prese. La lotta per decidere è tutta interna tra sé
e sé, con il proprio “persecutore
interno”, ovvero
voci o pensieri che minano
la fiducia nelle proprie
risorse o capacità, pensieri
che velocemente si
trasformeranno in atroci
dubbi. Dall’incertezza
alla paralisi, il percorso
è rischioso. La paura
di “perdere il controllo”
espone la persona ad
una costante vigilanza su
se stessa fino a trasformarsi
in ansia per eccesso
di stress emotivo, nel
tentativo di raggiungere
la sicurezza di fare o reagire
nel modo giusto. La
preoccupazione può portare
a dei veri loop mentali,
fino a controllare e
ricontrollare ogni cosa ritenuta importante. Ripensamenti,
tempi dilatati, ansia e perfino panico ne sono gli esiti
più frequenti. Esito: la perdita di controllo. La paura di
esporsi per il timore del giudizio degli altri, viene tenuta
nascosta per vergogna. L’esito frequente è evitare l’esposizione
e trovare soluzioni “diplomatiche”. Oppure pianificare,
prendere precauzioni costanti, esponendosi a stress
da controllo e ansia elevata. La rimuginazione per dubbio
o per rimpianto è la causa del logorio ansioso e depressivo.
Gli esiti patologici dell’indecisione possono essere
severi: limitano l’agire per il rimandare il più possibile o
difendersi anticipatamente dai rischi. Sul piano del pensare,
il rimuginare è il risultato del sottovalutare/sopravvalutare
le persone o le situazioni; essere troppo razionali
inefficacemente per placare reazioni emotive. Dalla clinica
sappiamo che la paura di decidere non dipende dal tipo
di decisione ma da come questa viene percepita dalla persona.
L’obiettivo terapeutico è condurre la persona a sostituire
le modalità disfunzionali dell’indecisione e condurlo,
dalla situazione in cui subisce ciò che costruisce, a colui
che gestisce ciò che costruisce.
Emanuela Muriana è responsabile dello Studio di Psicoterapia Breve
Strategica di Firenze, dove svolge attività clinica e di consulenza.
È stata professore alla Facoltà di Medicina e Chirurgia presso
le Università di Siena (2007-2012) e Firenze (2004-2015). Ha pubblicato
tre libri e numerosi articoli consultabili sul sito www.terapiastrategica.fi.it.
È docente alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Breve Strategica.
Studio di Terapia Breve Strategica
Viale Mazzini 16, Firenze
+ 39 055 242642 - 574344
emanuela.muriana@virgilio.it
L’INDECISIONE
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Mauro Boninsegni
I mille colori della realtà
Senza titolo, collage di coriandoli, cm 32x45
boninsegni@libero.it
A cura di
Silvia Ciani
I consigli del
nutrizionista
L’attività fisica fatta bene
Testo e foto Silvia Ciani
Anovembre del 2020 l’OMS
ha pubblicato le nuove linee
guida sull’attività
fisica per combattere il comportamento
sedentario tipico dei paesi
occidentali lanciando i seguenti
slogan: “Fare un po’ di attività fisica
è meglio di niente”, “Aumentarne
la quantità permette di ottenere
ulteriori benefici per la salute”,
“Every move counts”, ossia “qualsiasi
tipo di movimento conta”.
Andando nel dettaglio, si specificano
tempi ottimali e modalità di
attività fisica per le differenti fasce
di età, in particolare gli adulti
e gli anziani dovrebbero svolgere
un’attività fisica di moderata intensità
quantificabile tra i 150 e i
300 minuti settimanali o tra i 75 e i 150 se d’intensità vigorosa,
oppure combinazioni equivalenti delle due modalità.
È oramai scientificamente provato che svolgere attività
fisica con regolarità migliora la funzionalità cardiaca prevenendo
ipertensione, ictus e infarto, la coordinazione e l'equilibrio
riducendo il rischio di cadute, rallenta l’insorgenza
dell’osteoporosi, aumenta la massa muscolare con conseguenti
effetti benefici sul dispendio energetico e a livello
psicologico riduce i livelli di stress e le tensioni emotive.
Per ottenere tutti questi risultati è opportuno che l’allenamento
sia specifico e personalizzato, anche per evitare che
alcuni esercizi possano sottoporre muscoli e articolazioni
a un sovraccarico inutile o dannoso. Una persona è in salute
quando raggiunge e mantiene l’equilibrio fra corpo e mente.
L’osteopatia, come forma di terapia manuale, e l’attività
fisica, mirata e consapevole, insieme partecipano e aiutano
l’individuo a sviluppare e a conservare questo benessere psicofisico,
ma saper comprendere e interpretare quei segnali
che esprimono le necessità del nostro corpo non sempre
è semplice. Spesso accade, durante la pratica dell’attività
motoria, di essere distratti e non riuscire a cogliere quei segnali
che il corpo invia in risposta all’esercizio, rischiando di
Il dottor Roberto Papaianni, osteopata e personal trainer presso lo studio artEnutrizione
percorrere un allenamento o una performance atletica non
conforme alle reali esigenze dell’organismo allontanandosi
inevitabilmente dagli obiettivi prefissati: per questo molte
volte si rinuncia a fare attività perché un programma troppo
intenso ha provocato dolori o strappi muscolari o infiammazioni.
L’osteopata è in grado di valutare l’individuo nella
sua globalità e tramite l’identificazione dei segnali che talvolta
allontanano dal benessere o lo disturbano, provvede
a dar loro voce rendendo la persona consapevole e in grado
di auto regolarsi. Integrare quindi la programmazione di
un allenamento personalizzato con la disciplina osteopatica,
non solo può risultare un’ottima forma di prevenzione da
infortuni e problematiche fisiche, ma rappresenta una preziosa
risorsa per massimizzare la propria preparazione atletica
aiutando il corpo a esprimersi al meglio.
Presso lo studio artEnutrizione di Firenze esercita il dottor
osteopata e personal trainer Roberto Papaianni.
Per informazioni:
+39 3490629175
papaianni.osteo@gmail.com
Biologa Nutrizionista e specialista in
Scienza dell’alimentazione, si occupa
di prevenzione e cura del sovrappeso
e dell’obesità in adulti e bambini attraverso
l’educazione al corretto comportamento alimentare,
la Dieta Mediterranea, l’attuazione di
percorsi terapeutici in team con psicologo, endocrinologo
e personal trainer.
Studi e contatti:
artEnutrizione - Via Leopoldo Pellas
14 d - Firenze / + 39 339 7183595
Blue Clinic - Via Guglielmo Giusiani 4 -
Bagno a Ripoli (FI) / + 39 055 6510678
Istituto Medico Toscano - Via Eugenio
Barsanti 24 - Prato / + 39 0574 548911
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ATTIVITÀ FISICA
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Dimensione
salute
Rischi e benefici dell’esposizione solare
Ne parliamo con il professor Nicola Pimpinelli, ordinario di
Dermatologia e Venereologia all’Università di Firenze
di Doretta Boretti
Le giornate si sono allungate, il bel tempo ci regala
momenti di vero piacere, e per numerose famiglie sono
già iniziate le vacanze estive. L’esposizione della
pelle ai raggi del sole richiede sempre alcuni accorgimenti
legati alle varie età anagrafiche. Lo chiediamo al professor
Nicola Pimpinelli, ordinario di Dermatologia e Venereologia
all’Università di Firenze.
A che età i bambini si possono esporre al sole e in quale fascia
oraria? Devono essere protetti con delle creme particolari?
Non esiste un limite di età assoluto; in linea di principio, basandoci
su conoscenze scientifiche e buonsenso, è prudente
evitare di esporre i bambini alla luce solare diretta, durante
i mesi estivi, prima dei 3-4 anni. È opportuno ricordare che
l’organismo dei bambini piccoli è più ricco di acqua rispetto
a quello degli adulti; quindi evitare esposizioni acute e/o
prolungate ai raggi solari significa non incorrere nel rischio
di disidratazione. La fascia oraria da evitare è quella tra le
11 e le 17 (12-18 ora legale), ed è opportuno usare prodotti
(crema, latte o spray) con fattore
di protezione pari almeno
a 50 e rinnovare l’applicazione
ogni 2 ore; l’esposizione diretta
non dovrebbe superare le
2 ore giornaliere come limite
massimo. Consideriamo poi
che l’irradiazione UV raggiunge
la nostra pelle anche quando
siamo all’ombra, pur se in
misura chiaramente minore.
Evitare le ustioni solari in età
infantile significa ridurre grandemente
il rischio di insorgenza
futura di tumori alla pelle.
Il professor Nicola Pimpinelli
Gli adulti a cosa possono andare incontro con un’esposizione
solare troppo prolungata?
L’esposizione prolungata ai raggi solari può avere effetti
acuti, come l’ustione solare detta anche “eritema solare”,
32
ESPOSIZIONE SOLARE
e cronici come il fotodanneggiamento cronico. Il pericolo
di quest’ultimo consiste soprattutto nel rischio di insorgenza
di tumori della pelle: melanoma e carcinoma
basocellulare, favoriti soprattutto dall’esposizione acuta
occasionale ripetuta, quella tipicamente estiva ricreazionale,
cheratosi attiniche e carcinoma squamocellulare, favoriti
dall’esposizione cronica, soprattutto professionale
(vedi marinai/pescatori, cavatori, operatori agricoli) e associata
a fototipo a rischio (pelle chiara, occhi chiari, facilità
alle ustioni solari).
La pelle dell’anziano penso sia molto delicata. Quindi, superata
una certa soglia di età, forse, è opportuno usare
creme molto coprenti oppure è proprio sconsigliato
esporsi ai raggi del sole?
L’esposizione solare eccessiva espone il paziente
anziano al rischio di cui sopra, con
l’aggravante del rischio di disidratazione e/o
colpo di calore. L’esposizione solare moderata,
nel paziente anziano, può avere peraltro
grande utilità nel prevenire l’osteoporosi attraverso
la produzione di vitamina D; quindi è opportuno
evitare l’esposizione diretta nelle ore
centrali della giornata e privilegiare l’esposizione
non diretta nelle prime ore del mattino e
nel tardo pomeriggio.
Dopo questa prolungata chiusura pandemica,
abbiamo tutti quanti una estrema necessità
di aria e di sole. Lei cosa ci consiglia?
Godere del sole e dell’aria aperta, ma esporsi
al sole direttamente con prudenza: poco e con
adeguata protezione.
ESPOSIZIONE SOLARE
33
Alma Sheik, nata in Suriname e cresciuta in Olanda, ha iniziato a dipingere fin dalla
prima infanzia, seguendo la sua vocazione con costanza ed impegno. La sua pittura
sincera ed appassionata rappresenta un vero canto di gioia alla vita. Possiamo capirlo
guardando le opere dell’artista, dove le nature morte, i paesaggi e le figure umane
dipinte con cromie sgargianti rispecchiano la sua anima sudamericana, confermando
la teoria di un grande professore del Bauhaus, Johannes Itten, secondo il quale, ogni
artista inconsciamente riporta sulle proprie tele i colori delle terra di origine. I quadri
di Sheik sono colmi di energia positiva per la scelta di tonalità luminose e brillanti
che l’artista stende sulle tele con pennellate spontanee e materiche. Le nature morte
con le composizioni di frutta e fiori, le figure umane e i paesaggi dipinti con la tecnica
del collage e ad olio sono un inno alla vita, in cui madre natura mostra il suo creato.
I contrasti creati dall’alternanza dei colori primari come rosso, giallo e blu, sono un
chiaro riferimento all'arte di Paul Cezanne e sostengono la sua tesi secondo cui “qualunque
sia il nostro temperamento o capacità di fronte alla natura, bisogna riprodurre
ciò che vediamo, dimenticando tutto quello che c’è stato prima di noi». Le opere di Alma
Sheik sono un trionfo della vita e della natura.
Arte &
Vacanze
A cura di
Andrea Petralia
La luce oltre
l'abisso
Sonia D’Alò protagonista di una
personale a Ravenna
di Anna la Donna
Sonia D’Alò guarda la realtà e il linguaggio che la rappresenta
con lo sguardo sempre puntato verso l’alto:
lei segue la scia della luce dal nero dell’abisso. Il
suo è un viaggio dantesco al femminile, un’ascesa a “riveder
le stelle” attraverso un climax di immagini ricche di metafore
e citazioni disposte nella geografia dell’invisibile, dove
la soggettività si apre ad una dimensione archetipica collettiva.
Nel suo universo artistico la dualità, che accompagna
da sempre la storia dell’umanità, si pareggia risolvendosi in
una compenetrazione degli opposti in cui Eros dialoga con
Thanatos, il Bene non sarebbe pensabile senza il Male, lo Yin
non esisterebbe senza lo Yang. La sua espressione artistica
è una condizione reale, attraversata da forze complementari
e diversificate che minano e sgretolano quella precarietà
che l’uomo, ostinatamente, chiama certezza. Nei suoi dipinti
Mi affido a te (2020), tecnica mista su carta da parati, cm 54x92
Apparteniamo all'universo... e l'universo si prende cura di noi (2021), tecnica mista su tela, cm 80x60
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SONIA D’ALÒ
si sente, si tocca, si vibra nel pathos del cambiamento; la tela
diventa il laboratorio della sua anima, trama di una maglia
legata da un filo rosso sangue che cuce tagli bordati di bruciature
e tiene unito il presente al passato, in un ricordo, vivo
nella memoria dell’adulto che non dimentica la propria casa
d’infanzia. È una tela macchiata dal rosso di una violenza che
a volte erompe con passione, altre con energia equilibrata; è
una ferita che si apre ad una visione nuova, sollevata; sono
mani libere che progettano nuove architetture; è un processo
creativo che ci conduce dalla Madre Terra al Tempio della
Luce. Questa proiezione dipinta, in cui sogno, introspezione
e viaggio si dispongono come vertici di uno spazio salvifico,
si apre al giardino orientale confermando, a forza di colore
e materia, il superamento di ogni dualismo. Nel corpus delle
opere della D’Alò, si vive una rinnovata e sentita vicinanza
alla natura, l’unica capace di riportarla verso un sentimento
autentico della forma, una possibile rifondazione della vita,
un desiderio di equilibrio tra l’essere e il divenire, tra ciò
che si è e quello verso cui si tende. Il Creato con Sonia diventa
espressione immediata della psiche, il luogo che accoglie
l’uomo e partecipa alla sua lacerata ma resistente crescita,
un volo di uccelli in un rogo di spine, due occhi puntati verso
albe di nuovi giorni. In questo silenzio materico e palpabile,
dove la vita si intreccia alla morte tra abbandono e difesa, desiderio
e sofferenza, l’unico rumore che sentiamo è quello di
un bocciolo di rosa che si schiude a nuova vita.
Questo silenzioso rimanere in attesa di fiorire a modo mio (2021), tecnica mista
su tela, cm 80x100
La luce oltre l’abisso
Personale di Sonia D’Alò
9 agosto – 9 settembre 2021
Inaugurazione 9 agosto ore 11,30
a cura di Alberto Mazzotti
Sala espositiva Arte&Vacanze
Terme Beach Resort / Punta Marina Terme (RA)
Nata nel 1979 ad Atessa (CH), in Abruzzo, dove vive e
lavora, fin da piccolissima Sonia D'Alò ha mostrato la
predisposizione ad esprimersi attraverso il disegno, le
forme e i colori. Dopo il diploma
di maturità in Arte
applicata, si laurea in Architettura
all’Università di
Pescara. Nel 2008 la prima
personale Ha iniziato
ad esporre presso l’ex
Chiesa di San Gaetano in
Atessa (CH), a cui si sono
seguite altre esposizioni,
tra cui quella presso il Palazzo
degli Studi di Lanciano
(CH) nel 2011. Nel
2009 ha realizzato il restauro
scultoreo e pittorico
di parte della
Sonia D'Alò
struttura
architettonica del Teatro A. Di Iorio di Atessa e nel 2012 ha partecipato
al Premio D’Annunzio presso il Museo Michetti a Francavilla
(PE). Nel 2017 è stata selezionata per partecipare alla Mostra
mercato nazionale di Arte Moderna e Contemporanea di Pordenone
con la galleria d’arte Divitas di Bari e nello stesso anno ha
partecipato alla Rassegna internazionale d’Arte Contemporanea
Premio S. Crispino a Porto Sant’Elpidio (FM), dove è stata premiata
con Medaglia di bronzo da parte della Camera dei Deputati
di Roma. Nel 2019 espone in occasione della 16ª Edizione Sentieri
d’autunno – Saperi e sapori a Paglieta (CH) e partecipa, su
invito, alla XIX Edizione Rassegna d’Arte – Carabinieri ed Artisti:
offriamo motivi di speranza, promossa dall’Associazione Nazionale
Carabinieri - Sezione Atessa, con scopo benefico. Inoltre ha
collaborato come illustratrice al libro La vita è una rima dell’autrice
Mariana Cinalli, pubblicato nel 2018/2019. Attualmente si dedica
sia all’attività di interior designer e grafica 3D e all’attività
artistica, realizzando vari lavori per privati, strutture pubbliche ed
edifici sacri e partecipando a mostre collettive e personali, a fiere
d’arte contemporanea e a premi internazionali.
SONIA D’ALÒ
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Curiosità storiche
fiorentine
A cura di
Luciano e Ricciardo Artusi
Il Canto dei Bischeri
Dalla storia di una famiglia fiorentina, l’origine di un modo di dire
di Luciano e Ricciardo Artusi
All’angolo di Piazza del Duomo, con via dell’Oriuolo, si
nota il Palazzo Guadagni sorto alla metà del XVII secolo
su disegno dell’architetto Gherardo Silvani, che
scolpì anche lo stemma che adorna la facciata. La cantonata
è denominata il Canto dei Bischeri dal nome dell’omonima
famiglia – in Firenze fin dalla metà del XIII secolo – che diede
alla Repubblica Fiorentina quattro gonfalonieri e quindici
priori. Il loro stemma vedeva in campo d’oro, tre gemelle
in banda di nero. I Bischeri avevano palazzo, case e botteghe
appunto sul suddetto angolo e su quello di fronte fra
via del Proconsolo e via dell’Oriuolo (già via degli Albertinelli
e, dal Novecento, via Buia), dietro l’abside dell’antica cattedrale
dedicata a Santa Reparata. Cattedrale che, divenuta
troppo “piccola a comparazione di siffatta cittade”, doveva
essere sostituita. La comunità offrì un “equo indennizzo” a
tutte quelle famiglie sottoposte allo sfratto, per consentire
lo sbancamento e i fondamenti della nuova costruzione. Tutti
accettarono, tranne la facoltosa famiglia dei Bischeri, che
vanificò ogni tentativo di mediazione. Infatti, intuendo che le
loro proprietà erano divenute indispensabili per tale imminente
costruzione della cattedrale di Santa Maria del Fiore, allo
scopo speculativo di ottenere un più grande utile dalla vendita,
temporeggiarono alle reiterate offerte di acquisto avanzate
da parte del governo della Repubblica fino a che, dopo
mesi di infruttuose trattative, una notte, improvvisamente, Firenze
fu svegliata da sinistri bagliori, alte lingue di fuoco e
nuvole di fumo acre si levarono dalla zona dove fervevano i
lavori dell’Opera del Duomo. Le campane suonarono a distesa,
i lumi vennero apposti alle finestre delle case adiacenti al
luogo dell’incendio per rischiarare la strada all’accorrere dei
soccorsi. Fiamme altissime alimentate anche dal vento ingigantirono
l’incontenibile combustione che distrusse tutte le
proprietà dei Bischeri, mandando in fumo anche l’ultima vantaggiosa
offerta di acquisto. Fu il tracollo economico e morale
della famiglia. Da quel momento il loro nome, a Firenze,
fu usato in senso dispregiativo e beffardo per indicare persone
che, ritenendosi troppo furbe, in realtà avevano poco
senno. Quindi “bischero” divenne lo spietato, facile bersaglio
Luciano Artusi, a sinistra, con il figlio Ricciardo
Canto dei Bischeri
d’ironia, a tal punto da generare anche il noto proverbio Pe’
bischeri non c’è Paradiso, in quanto la “categoria” degli sprovveduti,
che non sanno usufruire delle circostanze favorevoli,
avrebbe trovato il modo di star male anche in quello splendido
luogo dove non si può che stare bene. Ma di senno la famiglia
Bischeri dimostrò di averne: infatti, per liberarsi della
loro poco dignitosa fama di sciocchi, per non aver saputo curare
i propri interessi, lasciò la città ed emigrò in Romagna e
poi in Francia dove fecero fortuna. Quando due secoli dopo
decise di ritornare a Firenze, mutato il nome in quello significativo
di Guadagni, volle prendere dimora proprio nella stes-
Cornici Ristori Firenze
www.francoristori.com
Via F. Gianni, 10-12-5r
50134 Firenze
sa zona dove sorgevano gli antichi
fabbricati degli antenati, nel bel palazzo
tuttora esistente all’angolo di
Piazza del Duomo e via dell’Oriuolo.
Nonostante ciò, a Firenze, l’appellativo
“bischero” è rimasto a significare,
se pur in modo non del tutto
offensivo, un epiteto almeno di uno
un po’ “scemerello” per bonarietà,
tanto da generare anche il proverbio
Tre volte buono vuol dir bischero!
38
IL CANTO DEI BISCHERI
A cura di
Francesco Bandini
Quando tutto
ebbe inizio…
Il Diluvio Universale
di Francesco Bandini
Tra i monti sacri più volte citati dalla Bibbia,
c’è una montagna che ha il privilegio
di essere la più investigata, scalata, visitata.
Si tratta dell’odierna Agri Dagi sulla catena
di montagne che dividono la Turchia orientale
dall’Armenia, meglio conosciuta come Monte
Ararat. Questa fama proviene dai capitoli 6-9 del
libro della Genesi dove, parlando del Diluvio Universale,
si indica anche il luogo dove si sarebbe
arenata l’arca, sulla quale si era imbarcato il
patriarca Noè. Riprendo dal mio Dall’Ararat alle
sorgenti del Nilo Azzurro: «Sono voluto tornare
ancora una volta su quella che gli Armeni chiamano
“La montagna del destino” per giungere
fino alla stupenda chiesetta della Santa Croce
sull’isola di Aktamar nei pressi del lago Van che
è a 1800 metri sul livello del mare. Ero in cammino
verso Harran, patria di Abramo, quando
decisi di spingermi fino alle pendici del grande
Ararat. È qui che, secondo la tradizione, l’imbarcazione
di Noè, con il suo carico di uomini e animali,
si sarebbe incagliata ad un’altezza di 2000
metri, quindi poche decine di metri sopra l’attuale
livello di queste valli che dal lago Van risalgono
verso la catena montuosa». Ma è veramente
esistita l’arca di Noè cercata invano da numerose
spedizioni, e il diluvio universale è avvenuto
in luoghi geograficamente corrispondenti all’antico
Urartu, l’attuale Armenia, in un territorio che
si estende per una lunghezza di circa 230 chilometri?
Nel 1929, sir Charles Wolley cercando
in vari luoghi aveva ripreso una sua ennesima
campagna di scavi nei pressi di Ur dei Caldei.
Non sapeva darsi pace, voleva accertarsi se la
terra dove aveva già scoperto l’esistenza di alcune
tombe reali, nascondesse altri reperti. Dopo
molti giorni, alcuni operai gridarono: «Siamo
arrivati in fondo al pozzo!». Egli stesso scese
nella galleria che era stata scavata e si accorse
che tutto ad un tratto ogni traccia di civiltà
era scomparsa: sul terreno erano rimasti solo gli
ultimi frammenti di utensili domestici. Esaminando attentamente
il suolo notò che era composto di argilla come quella
che si forma solo con i sedimenti
di acqua e per questo dette ordine
di proseguire con gli scavi. Dopo
tre metri, si accorse che lo strato
argilloso cessava improvvisamente
e per questo fece continuare a
Casa della cornice
www.casadellacornice.com
scavare e vennero alla luce macerie
e macerie, residui di un tempo,
e tra queste una quantità di rottami
Il monte Ararat al confine fra Armenia e Turchia con ai piedi il lago Van
di terracotta. Sotto un sedimento profondo quasi tre metri,
furono trovati resti umani e altri reperti di ceramica lavorata
ma con una tecnica spiccatamente mutata. Al di sopra dello
strato di argilla, i vasi e i recipienti risultavano chiaramente
torniti con la ruota del vasaio mentre quelli emersi dagli ulteriori
scavi risultavano palesemente essere stati realizzati a
mano. Dalle ceste che man mano emergevano dagli scavi,
uscì anche uno strumento primitivo, la sgrossata pietra focaia
probabilmente risalente all'età della pietra. Quel giorno, un
telegrafo dalla Mesopotamia diffuse in tutto il mondo la sensazionale
notizia: «Abbiamo trovato il Diluvio Universale!».
IL DILUVIO UNIVERSALE
39
Movimento
Life Beyond Tourism
Travel To Dialogue
Viaggio alla (ri)scoperta dei territori
con Life Beyond Tourism
Conoscere i luoghi del mondo partendo dal dialogo con i residenti
di Stefania Macrì
Aseguito del successo della mostra “Florence in the
World, the World in Florence”, riaperta in occasione
di Toscana Arcobaleno d’Estate 2021 all’Auditorium
al Duomo, il Movimento Life Beyond Tourism Travel to
Dialogue lancia la Call for Participation ad un nuovo evento
strettamente connesso alle attività portate avanti fino ad
oggi in materia di valorizzazione dei territori attraverso gli
occhi e le parole di chi li abita. Si tratta del primo Festival
internazionale delle espressioni culturali
del mondo “The World in Florence” che
si terrà a Firenze nei giorni 25 e 26 novembre
2021. Il Festival, promosso dalla Fondazione
Romualdo Del Bianco e organizzato
dal Movimento LBT-TTD, si pone come l’inizio
di un programma quinquennale di attività
che parte da Firenze e dalla Toscana con
lo scopo acquisire uno sguardo privilegiato
sul patrimonio materiale e immateriale internazionale
e avvicinare le culture attraverso
la scoperta e la valorizzazione delle
espressioni culturali che ciascun territorio
custodisce. Dalla mostra internazionale e interattiva
Florence in the World, il Movimento
si propone di stimolare i vari territori del
mondo a realizzare un’analoga rappresentazione
della propria identità, dei propri luoghi,
del sapere e saper fare insiti in ciascuno. Un
vero e proprio lavoro di storytelling culturale
che coinvolge gruppi di lavoro, composti
perlopiù da giovani insieme ai propri docenti,
che racconteranno luoghi del mondo dal
punto di vista dei locals. Il Festival prevede
anche momenti di confronto con racconti dei
territori, della loro cultura, delle loro identità,
delle loro espressioni culturali, dei punti
di interesse. Ma anche approfondimenti tematici
legati alla ripartenza dei territori alla
luce delle crescenti esigenze sociali, economiche
e locali grazie alla tecnologia NFC, a
cura del partner tecnologico Europromo, che
sarà utilizzata per la realizzazione dei pannelli
fotografici di ciascun territorio. Attraverso
queste attività e progetti il Movimento
Life Beyond Tourism Travel to Dialogue vuole
coinvolgere gruppi di giovani universitari
nel mondo nella promozione, interpretazione,
presentazione e valorizzazione della
cultura delle regioni del proprio paese, adottando la metodologia
Life Beyond Tourism che consente ai visitatori di
conoscere il territorio in cui viaggiano grazie alle proposte
di chi vi è nato e cresciuto: in dialogo con i residenti. Per
conoscere i dettagli, ricevere informazioni su come partecipare
con un gruppo di lavoro e approfondimenti ecco il
link al Festival: https://www.lifebeyondtourism.org/it/events/the-world-in-florence/
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MOVIMENTO LIFE BEYOND TOURISM TRAVEL TO DIALOGUE
Proprio la metodologia dei territori Life Beyond Tourism è alla
base del racconto che il Movimento LBT-TTD sta facendo dell'Italia
su www.lifebeyondtourism.org, alla scoperta della penisola
italiana attraverso i suoi luoghi caratteristici, la sua storia,
le sue peculiarità. Vi invitiamo a scoprirla con noi per viaggiare
con la curiosità tipica del viaggiatore Life Beyond Tourism.
Ecco come fare:
https://www.lifebeyondtourism.org/it/italia-ita/
Il Movimento Life Beyond Tourism ti porta al Museo del Tessuto (PO)
Da non perdere la visita della nuova mostra del Museo
del Tessuto aperta fino al 21 Novembre 2021 dal
titolo Turandot e l’Oriente fantastico di Puccini, Chini
e Caramba. Tutti i membri affiliati al Movimento LBT-TTD
possono usufruire dello sconto ad essi riservato esibendo
la propria card di affiliazione, scaricabile dalla propria area
personale del sito www.lifebeyondtourism.org. Quello con
il Museo del Tessuto è un rapporto di collaborazione nato
per sviluppare le potenzialità della rete del Movimento Life
Beyond Tourism sul territorio e per contribuire alla narrazione
e valorizzazione del patrimonio culturale di Prato. Il percorso
di realizzazione della mostra, a cui il Movimento Life
Beyond Tourism Travel to Dialogue, la Fondazione Romualdo
Del Bianco e B&B Hotels Italia hanno partecipato come sostenitori,
è stato illustrato lo scorso giugno dalla curatrice Daniela
Degl’Innocenti presso l’Auditorium a Duomo di Firenze, in
occasione di Toscana Arcobaleno d’Estate 2021.
Per approfondimenti: https://www.lifebeyondtourism.org/it/
i-costumi-e-i-gioielli-di-scena-della-turandot-in-mostra-al-museo-del-tessuto-di-prato/
L’artista del mese: Rolando Scatarzi
Rolando Scatarzi è un artista fiorentino che ha
iniziato a muovere i primi passi del suo percorso
artistico avvicinandosi ai macchiaioli
toscani e all’impressionismo. La sua arte è una interpretazione
personale dell’astrattismo classico per
esprimere, attraverso le sue opere, l’antinomia tra
sentimento e tecnica, arte e consumismo, elementi
che caratterizzano la nostra era. Per conoscere l’artista
e contattarlo:
https://www.lifebeyondtourism.org/it/ourartists/
rolando-scatarzi-pittura-e-arte-digitale/#
Il Movimento Life Beyond Tourism Travel to Dialogue srl è una società
benefit. Nasce e si sviluppa seguendo i princìpi di Life Beyond Tourism®,
ideati dalla Fondazione Romualdo Del Bianco al fine di promuovere
e comunicare il patrimonio naturale e culturale dei vari territori insieme
alle espressioni culturali, il loro saper fare e le conoscenze tradizionali che
custodiscono. Offre progetti e soluzioni di visibilità e rafforzamento delle
identità locali dei vari luoghi, crea eventi basati sul dialogo tra il territorio e
i suoi visitatori grazie a una rete di relazioni internazionali di alto prestigio.
Per info:
+ 39 055 290730
info@lifebeyondtourism.org
www.lifebeyondtourism.org
MOVIMENTO LIFE BEYOND TOURISM TRAVEL TO DIALOGUE
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Eventi in
Toscana
Premio Medaglia Leonardiana
Al Centro Espositivo Culturale San Sebastiano di Sesto Fiorentino la consegna
di un riconoscimento alla creatività e all’impegno sociale durante la pandemia
di Aldo Fittante / foto Tiziano Buti
Nell’antico chiostro della
Pieve di San Martino a
Sesto Fiorentino si è svolta,
sabato 19 giugno con il patrocinio
del Comune, la prima edizione
del Premio Medaglia Leonardiana
all’idea e al merito, promosso dal
Centro Espositivo Culturale San Sebastiano
che lo ha conferito a personalità
che si sono distinte per
idee originali partorite durante il
lungo periodo di quarantena o per
meriti acquisiti sul campo nel medesimo
drammatico lasso di tempo.
Dopo il saluto di apertura del
sindaco di Sesto Fiorentino Lorenzo
Falchi, Fabrizio Finetti, portavoce
della San Sebastiano, ha ricordato
al numeroso pubblico che ha seguito
la manifestazione, che l’onorificenza
è nata per evidenziare alcune
iniziative che in questi tristi momenti hanno portato, anche
se in misura diversa, conforto a vario titolo a chi ne ha potuto
beneficiare. Il primo ad essere premiato è stato il dottore
in medicina Giuseppe Paladino per l’impegno profuso, senza
risparmiarsi e mettendo a rischio la propria incolumità, per
soccorrere a domicilio le persone colpite dal Covid-19. Poi è
Lorenzo Falchi, sindaco di Sesto Fiorentino, consegna il premio al medico Giuseppe Paladino
Il giornalista Fabrizio Borghini
L'attore Alessandro Calonaci
42
PREMIO MEDAGLIA LEONARDIANA
Orazio Guerra, sponsor della manifestazione, premia il professore Federico Napoli
L'archeologo Enrico Ciabatti
stata la volta di Enrico Ciabatti, archeologo
e youtuber, per la realizzazione di
una serie di oltre duecento video dal titolo
Firenze: misteri, segreti e leggende
che hanno rappresentato un importante
conforto per migliaia di persone che
attraverso i social hanno potuto vivere
momenti di relax e di arricchimento culturale
e scacciare dalla propria mente
la paura della pandemia. Anche il noto
critico e storico dell’arte Federico Napoli
è stato premiato per i video da lui
dedicati alle “Terre di Sesto Fiorentino”
e pubblicati durante la clausura. Pure
la storica Società di San Giovanni Battista,
quella che tra le tante altre cose
organizza “i fochi” del 24 giugno per la
festa del patrono fiorentino, ha raggiunto
in remoto tantissime famiglie nelle
loro case attraverso una serie di conferenze
culturali online che hanno riscosso
largo consenso. Per questo è
stato premiato il presidente Claudio
Bini. L’attore e regista Alessandro Calonaci,
direttore dell’attiguo Teatro di
San Martino, oltre ad aver mirabilmente
condotto la cerimonia di premiazione,
ha ricevuto il riconoscimento per
le strepitose interpretazioni di classici
della letteratura mondiale di tutti i
tempi che hanno fatto da prologo alla
trasmissione televisiva Chi vuol esser
lieto sia rivolta ai telespettatori di Toscana
TV e all’ormai sempre più numeroso
pubblico di YouTube. E proprio per
l’ideazione e la regia di questo inedito
format nato sull’onda dell’emergenza,
con rubriche mirate che hanno avuto lo
scopo di suggerire al pubblico la visione
di un film scaricabile da Internet, la
lettura di un libro, la visione di una mostra
virtuale e la riscoperta delle ricette
casalinghe da rispolverare per cene
e pranzi fatti in casa, è stato premiato il
giornalista Fabrizio Borghini. Le Medaglie
Leonardiane, realizzate in argento
da Sophar Milani, e le eleganti pergamene
sono state offerte dallo sponsor
della manifestazione, Orazio Guerra patron
delle Rubinetterie Fiorentine.
Il presidente della Società San Giovanni di Firenze Claudio Bini
PREMIO MEDAGLIA LEONARDIANA
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La tutela
dell’ingegno
A cura di
Aldo Fittante
La tutela del Made in Tuscany, eccellenza
nell’eccellenza del Made in Italy
di Aldo Fittante
L’Italian Sounding, ossia la pratica purtroppo diffusissima
all’estero di spacciare per italiani prodotti che nulla
hanno a che vedere con il nostro paese, fa sentire il
suo peso anche per le produzioni agroalimentari toscane, eccellenza
nell’eccellenza delle specialità del bel paese. È quanto
emerge dall’analisi realizzata da Coldiretti Toscana sulla
base del report delle attività svolte nel 2020 dall’Ispettorato
Centrale Frodi dei prodotti alimentari del Ministero delle Politiche
Agricole, Alimentari e Forestali recentemente pubblicato.
In effetti è indubbia l’importanza strategica dell’agroalimentare
italiano che – settore certamente trainante per l’intero
sistema-Italia in termini di fatturato, numero di imprese ed occupazione
– concorre in modo determinante all’affermazione
ed al successo del Made in Italy e dell’Italian Style nel mondo.
L’Italia può contare su di un patrimonio agroalimentare “autoctono”
certamente unico, su prodotti di altissima qualità e
su antiche tradizioni, legate alla cultura e all’identità dell’intera
nazione. Le produzioni tipiche nazionali costituiscono il “fiore
all’occhiello” di un portafoglio prodotti altamente differenziato,
la cui ricchezza e qualità rappresentano un punto di forza in
un contesto di crescente globalizzazione dei mercati e al contempo
di apprezzamento verso prodotti diversificati e con un
forte connotato di tipicità. In questo quadro di riferimento, l’Italia,
facendo leva con decisione sulle peculiarità originali delle
nostre produzioni agroalimentari – dunque esaltando i tratti
della tipicità, della tracciabilità, della genuinità e del legame inscindibile
territorio-storia-cultura – deve certamente puntare
su tale comparto come formidabile strumento di competitività
nell’agone del mercato globale. Di qui l’esigenza imprescindibile
di tutelare maggiormente e valorizzare nel massimo gra-
do le eccellenze agroalimentari italiane. Per vincere la sfida
dei mercati mondiali dobbiamo essere consapevoli che l’indiscussa
qualità dei prodotti agroalimentari italiani, per le quali
non abbiamo pari nel mondo, sono necessarie ma di per sé
non sufficienti a garantire la competitività dei nostri prodotti.
Non basta produrre qualità: bisogna saperla promuovere e
saperla difendere da ogni tentativo di imitazione e contraffazione.
I numeri dell’Italian Sounding recentemente resi noti da
Coldiretti sono del resto davvero drammatici: il falso Made in
Italy supera per fatturato i 100 miliardi di euro, con quasi due
prodotti apparentemente italiani su tre in vendita sul mercato
internazionale. Il discorso – come anticipato – vale ovviamente
ed a maggior ragione anche per le eccellenze agroalimentari
toscane, eccellenza nell’eccellenza. Il catalogo dei prodotti
agroalimentari Made in Tuscany contraffatti ed oggetto di intervento
da parte degli ispettori ministeriali nel corso dell’anno
2020 è in effetti nutrito e piuttosto variegato: si va dal falso
olio toscano (91 interventi) al pecorino autoctono della nostra
regione (14 interventi), dai cantucci (19 interventi) al prosciutto
toscano (13 interventi), dalla finocchiona tipica regionale
(9 interventi) al Brunello di Montalcino (1 intervento).Sul piano
della difesa della qualità dei nostri prodotti agroalimentari,
è fondamentale una politica di protezione – anche sul piano
giuridico e della lotta all’agropirateria – dei prodotti del nostro
paese e della nostra regione, attuata anche e soprattutto attraverso
un’adeguata politica di tutela della proprietà industriale,
che consenta di salvaguardare l’intero comparto agroalimentare
da fenomeni di contraffazione e imitazione, al contempo
rispondendo alla crescente richiesta di sicurezza e qualità
alimentare, espressa da consumatori sempre più attenti, informati
ed esigenti. In questa prospettiva se
i marchi di qualità (DOP, IGT, IGP, DOCG ecc..)
costituiscono una formidabile opportunità a
disposizione dei produttori agroalimentari locali
– l’indiscussa qualità delle materie prime
impiegate e l’artigianalità delle lavorazioni
tradizionali concorrono a pieno titolo nel determinare
l’affermazione ed il successo di un
determinato territorio. La sfida per tutti – ivi
comprese a pieno titolo le nostre istituzioni
nelle politiche di sostegno sia dell’economia
nazionale che delle economie territoriali – è
dunque quella di tenere inscindibilmente connesse
la qualità dei prodotti agroalimentari e
dei relativi processi con la storia, la cultura e
la tradizione del territorio cui quei prodotti appartengono,
un legame da custodire gelosamente,
valorizzare adeguatamente e tutelare
giuridicamente come la più grande ricchezza
dell’Italia e della Toscana.
44
MADE IN TUSCANY
A cura di
Alessandra Cirri
L’avvocato
risponde
Le unioni civili, una conquista di civiltà
di Alessandra Cirri
La legge sulle Unioni Civili, varata il 20/05/2016, che
porta il nome della senatrice relatrice Monica Cirinnà,
ha rappresentato una svolta epocale nel nostro
ordinamento giuridico, che ormai da anni si sarebbe dovuto
adeguare alle discipline europee volte a sanare quelle situazioni
di diseguaglianza basate sugli orientamenti sessuali
degli individui, più volte sanzionate dalla Corte di Strasburgo.
È stata così istituita l’Unione Civile tra persone maggiorenni
dello stesso sesso, riconoscendola quale “specifica formazione
sociale” ai sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione.
L’unione civile si costituisce mediante dichiarazione di fronte
all’ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni.
L’ufficiale di stato civile provvede alla registrazione nell’archivio
di stato civile. Si differenzia dal matrimonio per diversi
aspetti. Le parti acquistano gli stessi diritti ed assumono gli
stessi doveri; deriva l’obbligo reciproco all’assistenza morale
e materiale e alla coabitazione. Non è stato però previsto l’obbligo
alla fedeltà, come nel matrimonio. Le parti devono contribuire
ai bisogni comuni, a seconda delle proprie sostanze
e capacità lavorative, devono concordare tra di loro l’indirizzo
della vita familiare e fissano la residenza comune. Il regime
patrimoniale ordinario è quello della comunione dei beni, a
meno che le parti pattuiscano diversamente. A differenza del
matrimonio, con l’unione civile non si crea alcun vincolo giuridico
tra una parte e i parenti dell’altra, per cui risulta vano il ri-
chiamo agli artt. 433 e 434 del cod. civ.
che disciplinano gli obblighi alimentari
tra parenti ed affini, mancando il fondamento
giuridico alla loro base. La legge
non prevede la possibilità per una delle
parti di adottare il figlio dell’altro partner,
essendo stata stralciata dal testo la
stepchild adoption. Tuttavia, l’art. 3 stabilisce
che “resta fermo quanto previsto
e consentito in materia di adozioni dalle
norme vigenti”, il che consente alla
magistratura ordinaria di decidere caso
per caso. Difatti, dal 2016 molteplici sono
state le pronunce che hanno attribuito
una veste giuridica al rapporto fra il
componente dell’unione civile e il figlio
biologico dell’altro. Altra differenza dal
matrimonio consiste nello scioglimento
dell’unione per le quali si applicano le
norme sulla legge del divorzio L. 898/1970 per quanto compatibili,
ma non è obbligatoria la separazione e può essere richiesto
anche soltanto da uno dei partner, con dichiarazione
davanti all’ufficiale di stato civile, anche disgiuntamente. Tanto
è vero che si parla di “divorzio lampo”, non previsto per i
matrimoni anche a seguito della recente normativa del 2015.
Il partner dell’unione ha diritto alla pensione di reversibilità e
al TFR maturato. Riguardo alla successione alle parti si applicano
le disposizioni previste in materia di successione relative
all’indegnità (art. 463 e ss. C.c.), dei diritti riservati ai
legittimari (art. 536 e ss. C.c.), di successione legittima (art.
565 e ss. C.c.), di collazione (art. 737 e ss. C.c.), di patti di famiglia
(art. 768 bis, c.c.). Durante la durata dell’unione civile
le parti possono stabilire di assumere un cognome comune,
scegliendo tra i loro cognomi. Si può anteporre o posporre al
cognome comune il proprio. La maggioranza delle dichiarazioni
di unioni civili sono state registrate al centro-nord d’Italia
e dal 2018/2019 sono un po’ in calo, così come del resto i
matrimoni. L’iter normativo di questa legge è stato molto dibattuto
sia al Senato che alla Camera; a causa di ciò il Governo
decise di porre la fiducia sulla legge per eludere il rischio
di emendamenti o ritardi nell’approvazione del testo, il quale,
dal punto di vista formale, presentava un unico articolo e ben
69 commi, evidenziando la necessità di rendere meno complicato
l’iter di approvazione e il voto di fiducia.
Laureata nel 1979 in Giurisprudenza presso l’Università
di Firenze, Alessandra Cirri svolge la professione
di avvocato da trent’anni. È specializzata in diritto
di famiglia e minori, con competenze in diritto civile. Cassazionista
dal 2006.
Studio legale Alessandra Cirri
Via Masaccio, 19 / 50136 Firenze
+ 39 055 0164466
avvalecirri@gmail.com
alessandra.cirri@firenze.pecavvocati.it
UNIONI CIVILI
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Eventi in
Toscana
I grandi raduni dei ferraristi toscani ripartono dal
passaggio della Mille Miglia 2021 in Valdarno
di Elisabetta Mereu / foto Marco Chiti
C’erano anche i Ferraristi Toscani
a festeggiare i 375 equipaggi che
hanno partecipato alla 39^ edizione
della Mille Miglia 2021, accogliendo
nella piazza principale del comune di
Montevarchi le multicolori “vecchie signore”
partite da Brescia (la vincitrice un’Alfa
Romeo 6C Sport del 1929 ndr.). E fra i tanti
brand automobilistici presenti non potevano
mancare le auto di centinaia di proprietari
della Rossa di Maranello. «Siamo stati
molto orgogliosi – dice Enio Turrini, presidente
dei Ferraristi Toscani Club Sieci – di
essere presenti alle manifestazioni organizzate,
insieme al Ducati Desmo Florence
il 13 e il 18 giugno, per celebrare la corsa
più bella del mondo perché, anche se noi siamo “piccoli”
rispetto ad altri club nazionali, abbiamo avuto l’onore di
aprire la parata delle Ferrari e far salire a bordo di una delle
vetture dei nostri soci il sindaco della città, Silvia Chiassai
Martini. Durante il percorso ho potuto notare che, fra i tanti
marchi famosi di auto arrivate da ogni parte d’Europa, la
gente mostrava di apprezzare più di tutti quello Ferrari. Infatti
al nostro passaggio persone di ogni età ci salutavano in
modo festoso o suonavano il clacson della propria auto per
mostrare la loro ammirazione. C’è stata anche un’inaspettata
presenza di pubblico e quindi una bella ripartenza per
tutti noi che con manifestazioni di questo tipo siamo felici
di contribuire a far lavorare diversi settori dell’indotto, dopo
tanti mesi di pausa forzata. E poi, toccare con mano questa
Enio Turrini (secondo da sinistra) con alcuni dei soci del Club Sieci da lui presieduto
passione forte e costante per il brand italiano più famoso al
mondo che anche noi rappresentiamo con onore, ci ha dato
la carica giusta per proseguire con altre iniziative future,
nelle quali coinvolgeremo anche la sezione delle automobili
storiche che da quest’anno si presentano sotto la nostra
egida. Se tutto andrà bene, com’è nei nostri programmi, saremo
infatti presenti con tanti
bellissimi esemplari di auto
il 18 luglio a Porretta Terme
e nell’ultima settimana di
agosto alla tradizionale Fiera
Calda di Vicchio di Mugello».
www.ferraristiclubsieci.it
Silvia Chiassai Martini, sindaco di Montevarchi,
pronta a fare il giro su una Ferrari del Club Sieci
Piazza Varchi dall'alto invasa da tanti modelli e colori di Ferrari
46
MILLE MIGLIA 2021
Rosso Ferrari
Il pubblico numerosissimo al raduno del 18 giugno
Ferrari di tutti i colori Il passaggio di alcuni equipaggi della Mille MIglia 2021
Attenzione all’ambiente, azzerare gli inquinanti, riciclare. Tre
parole fondamentali ormai da decenni nel settore motori che
un imprenditore fiorentino ha deciso di mettere in pratica con
un nuovo progetto di mobilità ecosostenibile che permette a
tutti i proprietari di vecchi Ciao di poterli adoperare di nuovo,
anziché tenerli come un cimelio in garage. Dall’inizio dell’anno
questa attività, con sede nel comune di Rufina, trasforma quello
che per quarant’anni è stato il veicolo a due ruote più usato
per gli spostamenti veloci in città, in un mezzo elettrico installando
al posto del serbatoio per la miscela un motore da 250W
che può essere guidato senza obbligo di immatricolazione,
casco e assicurazione ad una velocità massima di 25 km/h.
«Questo modello della Piaggio – afferma Tiberio
Casali, progettista e titolare di Ambra Italia – è
stato il cinquantino più venduto negli anni Settanta/Ottanta
e la sfida è stata trasformare il vecchio
ciclomotore in E- bike mantenendo esattamente
uguale l’aspetto estetico di quello che è stato un
vero e proprio simbolo di libertà e autonomia per i
giovani di allora. Tutta la preparazione del telaio e
l’installazione del kit elettrico, con porta USB per
la ricarica del cellulare, sono eseguiti in maniera
totalmente artigianale, così come gli accessori
personalizzati. E questa accuratezza nei dettagli
è stata molto apprezzata anche a Montevarchi dove,
su invito del presidente dei Ferraristi Toscani
Club Sieci Enio Turrini, abbiamo portato tre modelli,
ognuno con i colori della bandiera italiana, perché
il Ciao rappresenta un pezzo indimenticabile
nella storia delle due ruote nella nostra nazione al
quale vogliamo ridare nuova vita».
MILLE MIGLIA 2021
47
Appuntamento
con l’Artista
La trasmissione radio che dà voce all’arte in Trentino
La trasmissione Appuntamento con l’Artista è iniziata
nell’ottobre 2019 presso Radio Music Trento
(www.radiomusictrento.it), a cura di Claudio Cavalieri,
artista ed operatore culturale. Va in rete il venerdì
dalle ore 19 alle 20 con l’intento di valorizzare l’arte e gli
artisti del Trentino a 360°. Nonostante le difficoltà organizzative,
anche durante la pandemia sono stati intervistati
34 artisti, due presidenti di associazioni artistiche,
un curatore, un critico, il direttore di una rivista d’arte e il
proprietario di un negozio di belle arti e restauro. Obiettivo
della 3ª edizione è intervistare anche artisti non trentini
che abbiano esposto più volte in Trentino e alcuni direttori
di istituzioni artistiche o museali della regione.
In queste due foto, l'artista Claudio Cavalieri, ideatore e conduttore della trasmissione, in studio durante le interviste
Dal 12 giugno al 2 luglio, RadioMusicTrento, in collaborazione
con Kunst Grenzen - Arte di frontiera a Roverè della Luna
(TN), ha promosso la prima mostra di alcuni degli artisti intervistati
in radio. Questo primo appuntamento ha riguardato
artisti che operano con la 3ª dimensione: sculture, opere
tridimensionali da parete e installazioni.
Tre momenti dell'inaugurazione della mostra di alcuni degli artisti che sono stati intervistati nella trasmissione radio
Arte &
Vacanze
Frammenti dell’anima
La personale di Roberto Bellucci al Terme Beach Resort di Ravenna
di App/arte
Di che materiale sono fatti i pensieri? Qual è la superficie
dei concetti? Accostandosi ai dipinti di Roberto
Bellucci emerge subito questa percezione
tattile dei suoi quadri. Egli costruisce una tessitura immaginaria
di non ambienti, ritagliati in materiali fittizi, assemblati
con un criterio simile al patchwork. Ogni porzione della
tela corrisponde a una zona dell’intelletto, ad un aspetto
particolare dell’idea fondante da cui nasce l’opera. Le tematiche
molto hanno a che fare con la cittadinanza nel mondo
e la cura del pianeta e dell’umanità. Non mancano i riferimenti
letterari e colti da cui l’artista trae spunto per una
personale riflessione sul mondo e sulla posizione che l’uomo
intende assumervi. In particolare i dipinti tra il 2020 e
il 2021 risentono della situazione internazionale con riferimento
all’isolamento, la malattia, la perdita della libertà,
l’incuria dell’ambiente. Bellucci ama commentare con articolate
didascalie le proprie opere perché sia esplicita la sua
motivazione e il percorso interiore che lo ha portato a una
tale risoluzione espressiva. Le forme essenziali, spesso geometriche,
lanciano un’intuizione ma facilmente si è come
distratti da una propria interpretazione che magari rimanda
a un mondo archetipico, anziché alle dotte fonti di cui l’artista
si pasce. In più opere palpita il richiamo all’autenticità
dell’essere umano, la consapevolezza delle storture che viene
dalla storia. Si vedano ad esempio Pace, Memoria, Gabbia,
Sardine. L’individuo ha una responsabilità nei confronti
di se stesso e della società e, sebbene le scelte possano
apparire insormontabili (Incidenza), ciascuno è chiamato
a farsi carico della propria condizione (Gregge, Trasformazione,
Contaminazione) e ad esplorare l’immensità psichica
(Buco, Ombra, Scarabocchio) che si nutre anche della visione
di talune religioni orientali (Triskel). Solo superando una
visione antropocentrica si potrà tornare a un vero equilibrio
tra l’uomo e la natura (Il grido della terra, Sfera). Il mondo
femminile è tratteggiato con una sorta di soggezione che
attinge al mistero del femminino, a una Grande Madre. Si
veda, a questo proposito, Il tempo, in cui la figura muliebre
Roberto Bellucci
ha un significato arcano, simile al principio vitale e inesorabile
della terra. Anche Elle suggerisce un mondo femminile
misterioso e impenetrabile che, non potendo essere compreso
o posseduto, va contemplato. L’immateriale è materiale,
la materia mantiene la sua consistenza mostrando i
suoi movimenti, le sue sorprendenti torsioni: è il caso di
Soffio dove l’alito coincide con la luce e l’aria con il movimento
a spirale e ondivago. Allo stesso modo la luce e l’energia
del cosmo quasi si frangono in schegge taglienti in
Walhalla. In ultima analisi, pur partendo da una visione spirituale
e di adesione profonda alla dimensione immateriale
dell’esistenza e del mondo, con rimandi ai valori universa-
50
ROBERTO BELLUCCI
li e alla perduta armonia, l’impasto pittorico di Bellucci è
tutt’altro che aereo, anzi è corposo e denso, quasi ritagliato
in campionari di materia che bambini filosofi hanno ritagliato
per comporre il loro insondabile collage.
Frammenti dell’anima
Personale di Roberto Bellucci
8 luglio – 8 agosto 2021
Curatore e Art Director Andrea Petralia
Trasformazione (2021), olio su tela, cm 100x100
Roberto Bellucci è nato a Roma il 2 aprile del
1959. La permanenza in Africa ha segnato
profondamente la sua vita sia dal punto di vista
artistico che personale (il forte sole, i pungenti
odori, la durezza dell’esistenza). Nel 1978 ha cominciato
il suo percorso tecnico espressivo. Oggi i suoi
dipinti rappresentano sensazioni, preoccupazioni, gioie
e pensieri di un uomo contemporaneo.
Inaugurazione 8 luglio con intervista di Fabrizio Borghini
Sala espositiva Arte&Vacanze
Terme Beach Resort - Punta Marina Terme (RA)
Per informazioni: andrea.petralia@libero.it + 39 388 4096489
FRAMMENTI DELL’ANIMA
ROBERTO BELLUCCI
8 luglio / 8 agosto 2021
Art director e curatore Andrea P. Petralia - Cell. 388 4096489
Ufficio Stampa: Alberto Mazzotti - Cell. 338 8556129
informazioni: info@mecenate.online
Comune di Ravenna
Mecenate.online non è solo un portale dedicato agli appassionati che presenta decine
di artisti e permette loro un contatto diretto con i collezionisti (soprattutto nel mondo anglofono).
Ora che la situazione emergenziale comincia a dare tregua, Mecenate riprende
anche la sua attività di organizzazione di mostre, partendo come sempre dalla riviera
romagnola, in particolare da Punta Marina, a pochi chilometri da Ravenna, all’interno del
Terme Beach Resort, direttamente sulla spiaggia: uno spazio che è stato il “banco di
prova” delle attività di Mecenate fin dagli albori…
Ufficio Stampa Alberto Mazzotti
ROBERTO BELLUCCI
51
Cesare Triaca - Artista lombardo, discende da una antica famiglia contadina dalla quale
ha ereditato valori fondamentali come un forte legame ed amore per la terra dei suoi
antenati. Ha lavorato per decenni come stuccatore e decoratore nelle ricostruzioni e nei
restauri di storiche chiese in Italia ed all’estero, collaborando spesso anche nella realizzazione
dei progetti di diversi architetti illustri tra qui Mario Botta. Il continuo miglioramento
nella realizzazione delle decorazioni e lo studio degli affreschi delle chiese
durante i lavori di restauro lo hanno avvicinato sempre di più all’arte visiva dei grandi maestri
del passato. Essendo affascinato dall’arte romantica di fine Settecento e Ottocento,
non riesce a rimanere indifferente al paesaggio del Lago di Como dove vive e della laguna
veneta dove spesso si reca per le sue mostre. I suoi quadri molto diversi dalle avanguardie
contemporanee per il realismo romantico; si distinguono inoltre per la caratteristica
luce rosata dei tramonti che illuminano le meravigliose vedute del Lago di Como con
i suoi porticcioli, le barche e i paesini oppure i velieri che navigano sui canali di Venezia.
Tutto è dominato dal maestoso skyline delle montagne che, come una donna vanitosa
e consapevole della propria bellezza, si specchiano nelle acque del lago. Nella pittura
di Cesare la natura ci avvolge in un caldo abbraccio rilassante, dove pare di sentire il fruscio
dell'acqua e il soffio del vento. Le barche a vela che navigano sull'orizzonte e i vecchi
fari che si affacciano sul lago ricordano la pittura romantica di Friedrich e le settecentesche
vedute di Canaletto, richiamando la malinconica solitudine di ognuno di noi. L’elemento
acqua cosi presente nelle sue tele, tanto che possiamo intuire il movimento delle
correnti, spesso narra la fragilità del momento e del tempo che passa portandoci via.
Percorsi del gusto
a Firenze
Zeffirelli’s Tea Room
Un luogo dove l’arte incontra il gusto nella splendida cornice
della Fondazione dedicata al celebre regista
di Doretta Boretti / foto courtesy Ludovica Santedicola
Il prestigioso palazzo, che per numerosi anni ha ospitato
il Tribunale di Firenze in piazza San Firenze, fa parte
del Complesso architettonico di San Firenze. La struttura
fu completata nel 1715 e appare ai nostri occhi come un raro
esempio di stile Barocco. Dal 2017, dopo un ampio restauro
interno, il palazzo ospita il cospicuo patrimonio artistico e
culturale del grande maestro Franco Zeffirelli, il Centro Internazionale
per le Arti dello Spettacolo e, al piano terra dell’edificio,
un Tea Room, Bar&Restaurant. Quest’ultimo è un locale
di una piacevolezza e una poesia veramente uniche. Un incontro
raro di arte e cibo di qualità che invita a ritrovare momenti
di gradevole intrattenimento, sia per una breve pausa
ristoro che per un incontro conviviale o per arricchire il proprio
palato con sapori da tempo dimenticati. Menù sempre
aggiornati, rispettosi dell’antica cucina fiorentina, materie
prime fresche e genuine lavorate con estro e fantasia. Non
mancano, a qualunque ora della giornata, dolci fatti su ricette
di un tempo che fu. Le tre giovani e belle “artiste”, Ludovica
Santedicola, sua sorella Ginevra e la cugina Aurora Rossi,
hanno contribuito non poco a rendere questo luogo veramente
unico e speciale. Inoltre, seppure molto giovani, sono state
così determinate che neppure la pandemia è riuscita a piegarle.
Grazie all’asporto hanno raggiunto, con le loro squisitezze,
numerose persone, tanto da rendere più gioioso il
Ludovica Santedicola con la sua torta Sacher
In queste e nelle altre foto alcuni scorci dell'esterno e degli spazi interni della Zeffirelli's Tea Room in piazza San Firenze
54
ZEFFIRELLI’S TEA ROOM
triste e faticoso isolamento domiciliare. Adesso che per fortuna
le cose stanno migliorando e le riaperture ci permettono
di muoverci in sufficiente libertà, è giunto il momento di visitare,
numerosi, il complesso monumentale, il bellissimo museo
del grande maestro e poi fermarsi e godere di momenti di
grande piacevolezza, assaporando la cucina da favola di Ludovica
Santedicola.
Zeffirelli’s Tea Room, Bar&Restaurant
zeffirellistearoom
ZEFFIRELLI’S TEA ROOM
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Ritratti
d’artista
Teresa Casalaina
La pittura come espressione di un linguaggio universale
di Rosanna Bari
Nata in Sicilia ad Augusta,
Teresa Casalaina
evidenzia, sin da
bambina, l'amore per la pittura
guardando dipingere lo zio.
La sua passione la porterà a
sperimentare, attraverso conoscenze
da autodidatta, anche
la decorazione di oggetti,
con particolare attenzione per
il decoro di mobili e giare. Pur
avendo seguito in ambito lavorativo
differenti interessi, continua
a mantenere viva questa
passione: sarà sempre impe-
gnata nella lettura di riviste specializzate e dedicherà costantemente
parte del suo tempo alla visita di luoghi d'arte. Questo
ha fatto sì che, negli ultimi dieci anni, abbia guardato alla pittura
con più marcato interesse, iniziando a frequentare laboratori
di pittori professionisti. Sempre più nell'ottica di un maggiore
coinvolgimento, partecipa a mostre e ad iniziative locali, vincendo
il secondo premio nell'estemporanea di pittura organizzata,
lo scorso mese di giugno, dalla "Lega navale italiana
Brucoli-Augusta". «Tutte le ragazze del mondo sono nostre figlie».
Con questa frase l'artista esprime l'idea di "universalità"
che accompagna parte della sua produzione artistica, quella
dedicata ai ritratti femminili, in cui dipinge donne di culture diverse,
e dove le modelle sono le figure a lei più care: sua figlia
e le sorelle, e le sue nipoti. La pittura quindi come mezzo privi-
Teresa Casalaina durante un'estemporanea
legiato per esprimere un messaggio universale che, attraverso
l'immagine femminile, viene così trasmesso dallo spettatore al
mondo intero, donando all'arte il potere di sublimare l'umanità.
Altri soggetti da lei preferiti sono i fiori e i paesaggi. Di recente
ha voluto confrontarsi anche con altri stili, riuscendo a suscitare
profonde emozioni attraverso le sue prime opere di pittura
astratta. Infine, la passione per l'arte e il legame con la sua
terra, l'hanno portata a ricoprire il ruolo di presidente del Comitato
"Premiarte Federico II", la cui finalità è l'organizzazione
di mostre d'arte contemporanea per sensibilizzare alla cultura
della bellezza, importante mezzo per l'accrescimento culturale
e artistico della comunità e del suo territorio.
tcasalaina@libero.it
Tempesta, acrilico, cm 100x100
Manù, acrilico, cm 60x80 Monna Isa, acrilico, cm 60x80 Orchidee, acrilico, cm 70x100
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TERESA CASALAINA
Eventi in
Italia
La Toscana fuori dalla Toscana
La pittrice massese Maria Rita Vita e il presidente della Fondazione Nazionale
Collodi Pierfrancesco Bernacchi nel Comitato d’onore del premio CrimenCafé
patrocinato dalla Regione Liguria e dal Comune di Genova
di Aldo Fittante
Nasce a Genova nel 2021 il primo premio letterario
genovese CrimenCafé, dedicato al romanzo e ai racconti
polizieschi in tutte le declinazioni possibili, dal
giallo al noir al rosenoir al gotico e alla spy story. I promotori
Luisa Pavesio, già direttore degli Istituti Italiani di Cultura della
Farnesina, e l’editore Fabrizio De Ferrari, che con la omonima
Fondazione, presieduta da Alberto Ghio, pubblicherà gli
elaborati vincitori, hanno riunito in giuria nomi illustri come
Gaetano Savatteri, giallista siciliano, e Liaty Pisani, una fra le
poche donne autrici di spy story notissima nei paesi di lingua
tedesca. Padrino e madrina del premio Bruno Morchio, gloria
del giallismo genovese, e Isabella Pileri, giovane romanziera
della scuderia De Ferrari, premio Rive Gauche 2017. La
vocazione cittadina non è tuttavia da confondersi con bieco
provincialismo, anzi la volontà degli organizzatori è quella
di invadere in futuro, pacificamente, altre regioni italiane
ed anche la scena estera. La regione con più rappresentanti
nel Comitato d’onore (di cui fanno parte, fra l’altro, l’ambasciatore
Umberto Vattani, due volte segretario generale della
Farnesina e presidente della Venice International
University, e Carla Bordoli,
fondatrice del Rotary Club di Estepona-
Sotogrande) resta però la Toscana, con
il presidente della Fondazione Nazionale
Collodi Pierfrancesco Bernacchi, il
quale, da più di un ventennio, porta la
cultura italiana nel mondo, e dalla pittrice
massese Maria Rita Vita, nota action
painter con all’attivo molte prestigiose
mostre in Italia (dal Casinò di Sanremo
al Circolo degli Esteri) e nella stessa Liguria
(Museo Navale) ed eventi di carattere
internazionale. Da poco nominata
consigliere nel corpo direttivo di Marguttianarte
(Marguttiana di Forte dei
Marmi, fondata nel 1962 dagli Artisti
del Quarto Platano: Carrà, Lazzaro, Guidi,
Funi, Ordavo e Pieraccini), nel mese
di dicembre Maria Rita Vita sarà protagonista
di un’esposizione al Palazzo
ducale di Massa intitolata Le Stanze
della Vita, con il patrocinio della Provincia
di Massa, del Comune di Massa e di
MarguttianArte. «Sarà una mostra – afferma
l’artista – curata dalla mia Peggy
G, la dottoressa Pavesio, è basata
sul dialogo ininterrotto che da sempre
Maria Rita Vita
gli artisti di ogni epoca intrattengono con i luoghi della memoria,
la propria e quella collettiva, depositata nei secoli dalla
creatività degli autori e dalla munificenza dei committenti.
In questa mostra non negherò il passato, ma offrirò al passato
l’opportunità di parlare ancora alla contemporaneità».
La mostra si svilupperà nelle tre sale della presidenza, con
un’attenta modulazione di soggetti, forme e colori. Più di venti
le opere esposte, non solo oli ed acrilici, su cui la curatrice
Pavesio commenta: «Dimostreranno la versatilità artistica di
Maria Rita Vita e la sua capacità di mantenere il focus, che
rimarrà il dialogo/contrapposizione con le sale del palazzo,
avente per fine la sinergia fra valorizzazione delle opere e risalto
degli spazi, affinché i visitatori traggano il massimo godimento
artistico ed architettonico».
La scadenza per candidarsi al premio CrimenCafé il 31 luglio
2021. Tutte le notizie sul sito www.crimencafe.com
Sito ufficiale dell’artista Maria Rita Vita: www.mariaritavita.com
MARIA RITA VITA
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Rocco Rusiello
• Visioni metafisiche •
Paesaggio metafisico con frutto magico (2021), olio su tela, cm 90x70
Equilibrio metafisico (2021), olio su tela, cm 50x70
La voce
dei poeti
Le liriche di Ermella Cintelli Molteni
Non sono che pioggia
Io non sono che pioggia.
Tu sei luce che brilla.
Come il sole tu accendi
Le mie gocce di pioggia
di bagliori multicolori.
Come l’acqua col sole
anch’io risplendo di te.
Ho trovato la felicità
L’ho cercata per tanto tempo.
Inutilmente.
Poi, all’improvviso,
ho visto dov’era.
E l’ho trovata,
finalmente!
Era… nei tuoi occhi.
L’ultimo albero
Soffocato
da muri senza sole,
tra foreste pietrificate di case
e assurdi labirinti
di strade e di piazze,
non c’è rimasto
che quell’ultimo albero spoglio.
Al cielo sporco,
senza più colore,
tende i suoi rami
silenzioso…
Non ha più voce ormai,
per gridare
la sua sete di luce.
Poetessa, pittrice e scultrice pratese, fin da giovanissima
Ermella Cintelli Molteni ha affiancato alla poesia un’intensa
attività artistica figurativa, scrivendo e dipingendo
ogni giorno della sua vita. Numerose le mostre a Firenze,
Venezia, Padova, Roma, Napoli e numerose le opere in svariate
chiese e collezioni private in Italia e all’estero. Le
sue pubblicazioni in antologie e riviste letterarie partono
dal 1973, dopo essere stata segnalata con la poesia
Sono stanca di correre sempre al 1° Concorso Nazionale
di Poesia Amici del Parnaso di Torino, e procedono
lungo tutto l’arco della sua vita, e anche oltre, con Il
Parnaso (Torino), La Nuova Europa (Firenze), Arpa (Milano),
Masso delle Fate e Toscana Cultura (Firenze). I
critici evidenziano come la sua produzione poetica sia
raffinata, incantevole e cristallina (Giovanna Bascone).
A questo proposito la commissione “Poeti e scrittori
contemporanei” Arpa di Milano commenta: «Le poesie
di Ermella Cintelli racchiudono l’anima stessa della poetessa,
che vibra ad ogni sollecitazione esterna, sia essa
derivante dalla natura o da un ricordo dell’autrice o
anche da una semplice, occasionale meditazione. Tali
stimoli esterni vengono elaborati dall’autrice alla luce
della sua ricchissima sensibilità, creando dei versi che
non esitiamo a definire di una compattezza lirica veramente
mirabile». Il professor Alessandro Muscillo osserva:
«La sua poesia evoca immagini in cui entrare in
punta di piedi e a bassa voce, nella contemplazione di
un mistero profondo. Nel vertiginoso progresso tecnologico
dei nostri tempi, che ispira talvolta un approccio
frettoloso e superficiale verso tutto ciò che lo schermo
del computer può materializzare ai nostri occhi in un istante,
quella di Ermella è una lezione preziosa, un perentorio richiamo
all’importanza di un’osservazione profonda e meditata dell’uomo
e del mondo […]. L’esperienza artistica di Ermella si propone
dunque come un nuovo umanesimo, vissuto in prima persona».
Ermella Cintelli Molteni
ERMELLA CINTELLI MOLTENI
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Il super tifoso
viola
A cura di
Lucia Petraroli
Roberto Galbiati
Il momento attuale in casa viola secondo l’ex giocatore della
Fiorentina
di Lucia Petraroli
Ex giocatore viola, di ruolo difensore, Roberto Galbiati
ha passato anni a Firenze, ricoprendo il ruolo
di allenatore in seconda della prima squadra e allenatore
del settore giovanile. Galbiati ha fatto il punto insieme
a noi sul momento in casa viola.
Che profilo sarebbe giusto sulla panchina viola?
La Fiorentina deve gettare basi importanti per ripartite.
Italiano è un profilo un po' inesperto ma visto il lavoro fatto
con lo Spezia potrà dire certamente la sua.
Dal mercato cosa si aspetta?
Il primo acquisto Gonzalez mi piace, sicuramente ci dovranno
essere molti cambiamenti. La difesa sarà uno di
quei reparti da ricostruire. Il giocatore su cui fare conto
sarà Quarta, anche perché pare che Pezzella e Milenkovic
siano destinati a lasciare. Intorno vanno aggiunti giocatori
importanti ed esperti oltre ai giovani. Igor per esempio
potrebbe dire la sua.
L’inserimento di Burdisso è giusto affianco a Pradè?
Sicuramente una persona competente e seria, può essere
utile per il mercato sudamericano. Farlo diventare il vice
Pradé però mi è sembrato un po’ troppo, credo che in casa
avessimo personaggi già da poter sfruttare, forse migliori
e utili.
Caso Antognoni?
Mi spiace molto per la situazione che si è creata. Antonio
è un valore aggiunto per la Fiorentina e la città. Sa di
calcio, è una persona importante, un nome che pesa e ha
anche una grande esperienza fatta a Coverciano con la
Nazionale.
Come giudica l’operato di Commisso in questi due anni?
Alti e bassi. Aveva molto entusiasmo all’inizio. Credo
però non abbia capito che Italia e America sono due cose
diverse. Dopo due anni penso stia incominciando a capire
di più. Il caso Gattuso insegna, anche se credo che la
colpa stia da entrambe le parti. Inesperienza da una parte,
presunzione dall’altra. Forse sperava di andare altrove,
Gattuso...
Roberto Galbiati in maglia viola nel 1980-81
Quali differenze tra questa e la sua Fiorentina?
Sono completamente diverse. All’epoca nostra il calcio
era differente. Oggi il calcio è un’azienda, prima lo si faceva
per amore, c’era voglia di portare in alto una squadra.
Oggi si pensa al denaro.
Il ricordo più bello che ha in maglia viola?
Ho tutti bei ricordi. Anche l’ultimo anno dove rischiavamo
di retrocedere. Rapporti ottimi con tutti. Il 1982 è stato
l’apice della felicità. Sia da giocatore, allenatore del settore
giovanile che secondo della prima squadra devo molto
alla Fiorentina, le sarò grato sempre.
60
ROBERTO GALBIATI
A cura di
Giuseppe Fricelli
Concerto in
salotto
Piero Farulli
Missionario e divulgatore dell’arte di Euterpe
Testo e foto di Giuseppe Fricelli
Tutti noi musicisti dobbiamo essere grati a questo grande
uomo per la devozione con cui ha sempre servito la Musica.
Sia come esecutore di talento che come docente
di prestigio, Farulli ha donato tutta la vita alla formazione di tanti
e tanti giovani esecutori. Insegnante nelle scuole più importanti
e prestigiose d’Europa, ha profuso le sue infinite capacità didattiche
nel formare splendidi esecutori. Bisogna inoltre ricordare
che Farulli è stato il violista del mitico “Quartetto Italiano” che ha
scritto una pagina indelebile nella storia dell’esecuzione mondiale.
Tanti i riconoscimenti nazionali ed internazionali assegnati al
musicista fiorentino. Fondatore e creatore della Scuola musicale
di Fiesole, centro importante per la divulgazione della musica
non solo a livello professionale ma anche epicentro di conoscenza
per tutti coloro che desiderano comprendere la meravigliosa
arte di Euterpe. Ho conosciuto il Maestro quando nella classe di
pianoforte del grande Rio Nardi frequentavo da studente il Conservatorio
di Musica Cherubini di Firenze. Essendo stato allievo,
per quattro anni, di Franco Rossi (violoncellista meraviglioso del
“Quartetto Italiano”) nella sua classe di Musica da camera, mi è
capitato spesso di esibirmi in presenza di Farulli in saggi e concerti
del Conservatorio. Mi ricordo anche di una importante occa-
sione in cui, con il flautista ed amico Mario Ancillotti, suonammo
un brano di Antonio Veretti, allora direttore del Cherubini, in presenza
di Farulli, Roberto Lupi, Vito Frazzi e Luigi Dallapiccola. Vi
voglio raccontare questo episodio che descrive l’umiltà e l’amore
che Farulli riversava in tutto quello che faceva per la Scuola di
Fiesole. Mi invitò a suonare nell’Auditorium della Scuola con l’amico
fraterno Giovanni Carmassi. Ci esibimmo in un concerto a
quattro mani. In formazione di duo Giovanni ed io abbiamo girato
il mondo. Durante la prova di sala, prima del recital, Farulli si
mise a sistemare ed aggiungere, con devoto silenzio, delle sedie
per il concerto domenicale della sua stagione concertistica.
Carmassi ed io, appena ci accorgemmo che il Maestro era impegnato
in questo inconsueto lavoro, smettemmo di provare per
aiutarlo. Piero ci invitò a continuare la nostra prova. Avrebbe pensato
lui affinché tutto fosse a posto per il concerto. Questa cosa
mi commosse profondamente e provai per questo straordinario
ed irripetibile Maestro quello che a distanza di anni provo ancora:
affetto, ammirazione, riconoscenza. Dopo il concerto di Fiesole,
Farulli mi chiese di dargli del tu, cosa che io feci con devoto amore.
Ne fui onorato. Grazie Piero! Tante sono le incisioni del “Quartetto
Italiano”, ascoltatele ed inebriatevi di bellezza.
Da sinistra, Giuseppe Fricelli con il maestro Piero Farulli
Nato nel 1948, Giuseppe Fricelli si è formato al Conservatorio “Luigi Cherubini” di Firenze diplomandosi
in Pianoforte con il massimo dei voti. Ha tenuto 2000 concerti come solista e
camerista in Italia, Europa, Giappone, Australia, Africa e Medio Oriente. Ha composto musiche
di scena per varie commedie e recital di prosa.È stato docente di pianoforte per 44 anni presso
i conservatori di Bolzano, Verona, Bologna e Firenze.
PIERO FARULLI
61
Mauro Mari Maris
Un artista controcorrente
Paesaggio cinese, smalto su legno, cm 50x70
Mauro Mari, in arte “Maris”, nasce a Siena il 24 marzo del
1940. Durante l’adolescenza, si dedica alle prime prove
di pittura ma soprattutto a ricercare il suo metodo ideale.
Poi, alla fine degli anni Sessanta, inizia ad esporre le sue opere
prima in Toscana e successivamente in tutta Italia, ricevendo
ottimi risultati sia di pubblico che di critica. Nel 1972 apre a
Firenze la galleria d’arte San Frediano, che diventa un punto di
riferimento per la pittura toscana degli anni Settanta e Ottanta.
In quel periodo le sue opere raggiungono valori di mercato
consistenti e di conseguenza si trasferisce a Firenze, città simbolo
dell’arte e punto di riferimento internazionale della cultura
dell’epoca. Negli anni Ottanta tra i suoi sostenitori si evidenza
il maestro “maledetto” Mario Schifano, che, entusiasta delle
opere di Maris, decide di affiancarlo nel suo percorso artistico
per molto tempo. Con l’arrivo del nuovo millennio, un inedito
stile prende forma, la cui tecnica è stata spesso accostata al
genere Dripping/Drip art, noto nei quadri di Pollock. Dietro alle
creazioni di Maris c’è però l’uso di tecniche miste e molto studio
sul colore, qualità che lo rendono un autore fuori dal comune
e, forse, con uno stile unico al mondo. Nei suoi quadri Maris
rappresenta la realtà esaltando i sentimenti con graffi di colore
che creano un’inedita e folle armonia con aspetti futuristici
e fantastici. Ogni quadro di Maris è assolutamente originale,
ma nelle collezioni si riconosce il suo tocco audace e fuori dagli
schemi. Le sue opere racchiudono all’interno una introspettività
creata dal connubio dei colori che danno vita a immagini
surreali: ogni individuo che lo osserva scopre un mondo fantastico
differente che gli appartiene in maniera univoca.
Erika Bresci
www.mauromaris.it
mauromaris@yahoo.it
+ 39 320 1750001
Cultura e
Società
L’impegno dei giovani premiato
dal Banco Fiorentino
di Jacopo Chiostri / foto courtesy Banco Fiorentino
Afine giugno, come ormai consuetudine da molti anni,
presso la sede centrale del Banco Fiorentino a Calenzano,
si è tenuta la manifestazione Impegno Premiato, un
evento che intende premiare gli studenti, soci o figli di soci, che
si sono distinti nel corso del precedente anno scolastico – in
questo caso il 2019/2020 – conseguendo il diploma di scuola
superiore o di laurea col massimo dei voti. Sono stati premiati
ventisette giovani: ventidue per aver conseguito la laurea
con una votazione finale di 110/110 o 110/110 con lode e cin-
que per aver ottenuto il massimo dei voti nel diploma di scuola
superiore. Questi i nominativi dei premiati: Lorenzo Nannelli,
Agnese Mannucci, Valentina Balestri, Beatrice Barletti, Diletta
Borselli, Edoardo Pini, Costanza Pertici, Alberto Galassi, Roberto
Checchi, Duccio Secci, Martina Migliorini, Greta Santi, Elisa
Bonciani, Claudia Pecchioli, Elena Nuti, Arianna Miniati, Enrico
Campo, Federico Cormaci, Giulio Morelli, Francesco Manfriani,
Francesca Giachi, Caterina Cammelli, Gabriele Giannini, Ainhoa
Vermigli, Virginia Pini, Matteo Tinagli, Cosimo Del Vecchio. La
manifestazione, oltre all’attribuzione dei riconoscimenti, testimonia
il radicamento della Banca nel territorio. Il presidente del
Banco Fiorentino, Paolo Raffini, nel premiare i giovani studenti
ha così commentato: «Questo appuntamento, per noi ormai
storico, è uno dei più belli, perché abbiamo a che fare con delle
giovani eccellenze e perché è la testimonianza che la nostra
banca, oltre al suo ruolo più classico, si impegna per valorizzare,
non solo iniziative e attività, ma anche lo studio dei giovani
nel nostro territorio. È un segno di attenzione verso i nostri soci
ed espressione dello spirito cooperativo della nostra banca».
I giovani premiati nella sede del Banco Fiorentino a Calenzano
L’IMPEGNO DEI GIOVANI
63
Michael Henry Ferrell è un artista inglese che, dopo una vita passata lavorando come
scenografo teatrale, si è trasferito in Andalusia per dedicarsi totalmente e con passione
alla pittura. La laurea in Belle Arti e Design e l’esperienza nel campo delle arti
applicate e del teatro hanno permesso a Michael Ferrell di approfondire lo studio dei
comportamenti della società contemporanea, offrendogli diversi spunti per trovare uno
stile molto personale. Viaggiando molto nei paesi che predilige come Marocco, Sud
America, Francia e Italia, spesso dipinge scene di vita urbana, dove presta attenzione
agli angoli di integrazione delle persone, come i mercatini con le bancarelle colorate, i
bar con gli aperitivi, le piazze e i viali. L’artista cattura tutti i momenti belli della vita sociale
dei centri abitati per trasmettere ottimismo e gioia. Le sue opere si sostituiscono
all’album dei viaggi che l’artista completa, mostrando la bellezza e la felicità di far
parte di un mondo pieno di differenze culturali, le quali, secondo lui sono la nostra ricchezza.
Usa colori chiarissimi e le sue tele, piene di luce, danno una sensazione di vibrazione
d’area, ricordando con la tematica e con la tonalità i quadri di Pier Auguste
Renoir. Rappresentando tutto ciò che è bello e che crea coesione umana, Ferrell sottolinea
che la vita nelle città può renderci felici, è sufficiente che impariamo a catturare le
cose belle che ci circondano ed interagiamo con l'ambiente circostante in maniera positiva,
come dimostra l’artista usando una tavolozza dai colori puri e chiari che trasmettono
il suo amore e la gratitudine per la vita ricevuta. Molto bella è la serie dedicata a
Venezia che ha realizzato durante uno dei suoi viaggi e dove riesce a cogliere l'effimera
atmosfera della città lagunare, rendendo omaggio alla Serenissima e ai suoi cittadini.
Di-segni
astrologici
A cura di
Manuela Ambrosini
Cancro
Sensibile, empatico e con doti da leader
di Manuela Ambrosini
Amorevole amico del Cancro tu sei la dolcezza fatta
persona. Tanta tenerezza e capacità di cura, messe insieme,
sono un balsamo per coloro che ti sono attorno.
A volte hai bisogno di imparare la lezione: crescere insieme
è diverso da dipendere. Nel tuo cuore c’è spazio per tutti e tu
senti ogni singolo palpito delle emozioni degli altri. Per questo
è così difficile distaccarti. Uno sguardo, una carezza, una parola
di conforto non ti mancano mai per coloro che ti sono cari.
Tanto che, in certi momenti, rischi di cadere nella malinconia a
causa del dispendio emozionale che ti provoca la compassione.
Potresti mescolare, se sei poco allenato a distinguerle, le
Salvatore Sardisco, Cancro (2020), linearismo continuo, biro su carta, cm 33x24
www.salvatoresardisco.art / + 39 335.5394664
Stefano Mancini, Il Re Giocondo alla conquista del mondo, tecnica
mista e collage, cm 30x30x15
Opera acquistabile presso:
Boîte-en-valise Arte
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tue emozioni con quelle degli altri, rimanendo, per questo, un
po’ confuso rispetto ai confini da mantenere. A volte è meglio
farsi da parte e coltivare uno scambio più equo: che ne pensi?
Un aspetto ombra, che potresti vivere, è la pigrizia, che tuttavia
ti conferisce una notevole leadership. Infatti, nessuno meglio
di te sa rintracciare le qualità altrui e dirigere ciascuno a
compiere quelle azioni che sono maggiormente confacenti alla
propria realizzazione. In alcuni studi si è visto che molti manager,
al contrario di quanto ci si potesse attendere, sono del
segno del Cancro. Questo è vero, soprattutto nella nostra epoca,
in cui le competenze emozionali sono alla base di una buona
capacità di comando. Il contatto con i bimbi e con l’infanzia
sono fondamentali per te. Ti puoi realizzare facilmente in mestieri
che ti mettono in relazione con la sfera dei più piccoli e la
tua casa sarà ricca di ninnoli che ricordano i momenti di quando
eri bambino/a. La dimensione interiore che vivi meglio è
sempre in una relazione di continuità con il fanciullo che hai
dentro, pronto ad emergere in qualsiasi contesto giocoso o tenero.
Rimodellare la visione per focalizzare meglio la direzione
da intraprendere può essere un buon modo per avvicinarti alla
tua realizzazione. Tu, infatti, hai bisogno di dare vita a sicurezze
emotive e questo non può prescindere da un profondo lavoro
sul potenziamento dell’autonomia. Attento a non chiuderti,
a volte ti senti ferito dall’insensibilità umana e potresti scegliere
di isolarti. La tua connessione con la verità del cuore ti può
sempre aiutare, resta acceso.
Astrologa, professional counselor, facilitatrice in costellazioni
familiari, è fondatrice del metodo di crescita personale Oasi di
Luce e insegnante di Hatha Yoga. Vive e lavora a Monsummano
Terme, effettua incontri individuali di lettura del tema natale astrologico
e di counseling ed è insegnante del corso online di astrologia
umanistica Eroi di Luce.
+ 39 3493328159
www.solisjoy.com
manuela.ambrosini@gmail.com
Solisjoy
Manuela coccole per l’anima
66
CANCRO
A cura di
Manuela Ambrosini
Di-segni
astrologici
Leone
Il re dello zodiaco
di Manuela Ambrosini
Generosità, questa è la parola che meglio di altre descrive
chi nasce nel segno del Leone. Tu sei un coacervo
di spontaneità luminosa, brillante centratura e
facile prosperità. Ti riesce immediato entrare in un ambiente
e richiamare verso di te tutti gli sguardi dei presenti, perché
gli altri notano che c’è qualcosa di magnetico che proviene
da te. Non ha importanza se sei di bella presenza o meno, è
quella forza che si sprigiona dal tuo stesso essere, che attrae
verso di te l’attenzione. Tu sei nato/a con la leadership nelle
vene. La creatività ti rende unico/a per come riesci ad inventarti
ed inventare la vita. Poi, scusa se è poco, dentro di te alberga
un cuore immenso e ti piace che intorno a te anche gli
altri risplendano nel loro più alto potenziale. Sei molto portato
per condurre interrelazioni umane basate sulla ricerca
del benessere per tutti e strutturate in team flessibili, di cui
tu puoi essere indiscutibilmente il capo, e questo fa del tuo
buon intento un ottimo balsamo per l’anima di chi collabora
con te a qualsiasi livello. Chi ti sta accanto si sentirà sempre
protetto. Ti diletta essere compiaciuto, la tua partner o il
Luca Bellandi, Golden heart, serigrafia polimaterica, cm 80x65
Opera acquistabile presso:
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Salvatore Sardisco, Leone (2020), linearismo continuo, biro su carta, cm 33x24
www.salvatoresardisco.art / + 39 335.5394664
tuo partner, non sapranno come, ma si troveranno spesso inginocchiati
a coccolare il loro re, la loro regina. In cambio,
verranno sfiorati, comunque e sempre, dalla tua energizzante
allegria, buon umore e piacere di far stare bene chi hai accanto.
Il tuo pianeta dominante è il Sole, l’archetipo della divinità
che guida il carro che trasporta la luce. Puoi fare a meno
di sentirti un dono? Direi proprio di no. Perciò via alle danze,
vesti il tuo abito migliore e recati alla festa dell’esistenza
con brillante savoir faire, ci sono diversi obiettivi da raggiungere.
Coco Chanel e C.G. Jung erano due Leoni, ho detto tutto!
Dove regna la paura o la barbarie tu sei il paladino che
con coraggio si presenta per difendere, con la virtù della forza
e della fierezza, i deboli e gli innocenti. Puoi celebrare il
rito dell’estate più calda con un abito speciale e festeggiare
la tua presenza nel mondo con la spontanea avvolgenza
del Fuoco, il tuo elemento. Mai nulla sarà più piacevole di vederti
entrare nello spirito della festa, con una danza rituale,
che echeggia il senso più profondo della vita. Non cedere alle
provocazioni di quelli che hanno invidia nei tuoi confronti,
non sei certo il tipo che si lascia giudicare dagli altri: cammina
a testa alta e divora la scena, come solo tu sai fare!
LEONE
67
Paolo Lacrimini
La poesia del visibile
paololacrimini@alice.it
Natura morta con uova, acrilico su tavoletta di legno, cm 30x40
A cura di
Franco Tozzi
Toscana
a tavola
Enrico Caruso
Maestro sul palco e tra i fornelli…
di Franco Tozzi
Il prossimo 2 agosto sarà il centenario della morte del grande
Enrico Caruso, il quale, nato a Napoli, visse molto tempo
in Toscana, dove aveva acquistato una bellissima villa sulle
colline di Lastra a Signa. Oltre che un grande tenore era anche
un abile cuoco che si dilettava a preparare cene conviviali per gli
amici ai quali ripeteva spesso: «Dite pure di me che sono un modesto
tenore, ma non dite che sono un cattivo cuoco». Amava
Lastra a Signa, tant’è che, nel giugno del 1918, prese la tessera
di Socio Onorario della Società di Mutuo Soccorso fra gli Operai
di Signa e Lastra, a conferma dello stretto legame con questo
territorio. La sua passione come cuoco era conosciuta a livello
internazionale: pare fosse solito intrufolarsi nelle cucine dei vari
ristoranti italiani di Brooklyn e cucinare per i suoi accoliti. Un
amore confermato anche nei periodi di soggiorno a Villa Bellosguardo
(oggi Villa Caruso Bellosguardo), dove il tenore-gourmet
si cimentava spesso ai fornelli. Un primo piatto di sua invenzione
è la “pasta alla Caruso” preparata con gli spaghetti. A partire dalla
sua morte e perfino in alcuni ricettari fino agli anni Quaranta si
trovano altre ricette attribuite al tenore oppure a lui dedicate: questa
invece è certamente sua. Da tempo, l’Accademia del Coccio
l’ha inserita nel menù, facendola diventare uno dei propri “piatti
forti” come lo era già stato per Caruso. Per rispetto del tenore e
della sua terra d’origine, all’Accademia questo primo viene preparato
con una pasta tipicamente napoletana, i paccheri, che consentono
anche un miglior mantenimento dell’intingolo.
La ricetta: paccheri alla Caruso
Ingredienti per 4 persone:
Enrico Caruso
Accademia del Coccio
Lungarno Buozzi, 53
Ponte a Signa
50055 Lastra a Signa (FI)
+ 39 334 380 22 29
www.accademiadelcoccio.it
info@accademiadelcoccio.it
- paccheri 400gr.
- olio d’oliva
- 2 spicchi d’aglio
- 3 pomodori grossi
San Marzano
- 1 peperone giallo
- 6 zucchine
- farina
- origano
- basilico fresco a volontà
- peperoncino intero
- sale
Soffriggere 2 spicchi di aglio in olio extra vergine di oliva; appena
dorati, toglierli e aggiungere 3 grossi pomodori maturi
del tipo San Marzano spezzettati grossolanamente. Cuocere
a fuoco vivace per qualche minuto, aggiungere poi un peperone
giallo tagliato a listarelle. Aggiustare di sale e aromatizzare
con un pizzico di origano, basilico fresco abbondante e
peperoncino rosso spezzettato (non in polvere). Nel frattempo,
friggere a parte quattro zucchine tagliate a fette sottili
e passate nella farina. Mettere a cuocere i paccheri; quando
saranno alla giusta cottura (non troppo al dente), scolare
e condire con il sugo mantenuto caldo in padella. Aggiungere
a pioggia le zucchine come decorazione (ma non solo).
Paccheri alla Caruso (chef Stefania Bandinelli, ph. Livia Tozzi)
ENRICO CARUSO
69
Il cinema
a casa
A cura di
Lorenzo Borghini
L’esercito delle 12 scimmie: il futuro è storia
di Lorenzo Borghini
Il futuro è storia», questa la tagline del film L’esercito
delle 12 scimmie, e dopo venticinque anni dall’uscita
possiamo dire che la storia l’ha fatta davvero... alme-
«no quella dei film di fantascienza. “Il re del paradosso” Terry Gilliam,
nel lontano 8 febbraio 1995, iniziava a girare quello che
probabilmente è il miglior film sui viaggi temporali. Liberamente
ispirato a La jetée, piccolo capolavoro sperimentale del regista
francese Chris Marker, il film consiste in una storia di fantascienza
post-apocalittica. Siamo nel 2035 e il 99% della razza umana
è stato sterminato da un virus letale. I superstiti sono costretti a
vivere sottoterra per sfuggire al contagio, mentre gli animali dominano
incontrastati il pianeta. I detenuti, muniti di speciali tute
ermetiche, sono obbligati a salire in superficie per raccogliere
prove utili per riuscire a comprendere la catastrofe.
James Cole (un commovente Bruce
Willis), uno dei detenuti migliori, viene inviato
nel passato per indagare sui fatti che hanno
portato all'estinzione dell'umanità. Gli scienziati
dominano la comunità, disposti a tutto
pur di trovare un antidoto e poter riconquistare
la superficie. Cole appare nel 1990 anziché
nel 1996, viene arrestato e rinchiuso in
un ospedale psichiatrico. Un sogno ricorrente
lo perseguita come una profezia. La macchina
del tempo non ha fatto il suo dovere e Cole
viene imbottito di tranquillanti perché ritenuto
pericoloso e affetto da disturbi mentali. Nessuno
gli crede anche se la dottoressa Railly
(Madeleine Stowe) intravede qualcosa in lui,
come se si conoscessero da sempre. Qui conosce
il folle Jeffrey Gonies (Brad Pitt) con cui
stringe una strana amicizia. Cole tenta la fuga,
ma viene fermato, sedato e chiuso in isolamento.
D’un tratto puff, scompare e riappare
nel 2035. Viene mandato di nuovo nel passato
ma... eccolo in versione soldato durante la Prima
Guerra Mondiale. Tempo di prendersi una
pallottola e viene rispedito nel futuro per poi
approdare (finalmente) nel 1996, pochi mesi
prima del contagio, in cui strani murales tappezzano
di rosso Philadelphia. Gilliam è stato
sempre attratto dal concetto di libertà, fin dal
lontano 1985, anno di uscita di Brazil, capolavoro
sci-fi pregno di rimandi al romanzo 1984
di George Orwell, fonte di ispirazione per tutta
la fantascienza moderna. Anche nell’esercito
delle 12 scimmie il concetto di libertà torna
forte e pieno di tristezza. I detenuti vengono
osservati da schermi multipli come cavie da
laboratorio. Schermi che simboleggiano l’estraneazione
dovuta all’avvento tecnologico
del tempo. Vivono dentro gabbie come bestie in un’atmosfera
da giorno del giudizio. Tutto è plasmato e ingigantito, deformato
dall’uso della lente di Fresnel, come in Brazil, usata dal fido
Roger Pratt (direttore della fotografia), come scimitarre per tagliare
mondi, universi incontrollati che sbalzano tra la mente di
Cole e la realtà. Il concetto di libertà è racchiuso benissimo nella
voglia di Cole di respirare l’aria, cosa che ormai, nel 2035, nessuno
può fare. Storia profetica quindi, perché ormai, anche la
nostra Terra rischia di diventare un pianeta ostile, per via dell’inquinamento
e del surriscaldamento dell’ecosistema sempre più
immanente. E se dovessimo ritrovarci anche noi, prima o poi, a
vivere sottoterra? Cole lotta fino alla fine per cambiare il futuro,
e noi, ne saremo in grado?
70
L’ESERCITO DELLE 12 SCIMMIE
A cura di
Michele Taccetti
Eccellenze toscane
in Cina
Torrini 1369 Jewels
Un’eccellenza orafa toscana da quarant’anni sul mercato cinese
di Michele Taccetti
Quarant’anni fa la storica Gioielleria Torrini di Piazza
del Duomo a Firenze, il cui marchio è del 1369, iniziava
il suo cammino verso la Cina appena aperta
al mondo occidentale dal “piccolo timoniere” Deng
Xiao Ping che aveva varato nel 1979 la “politica delle porte
aperte” per dialogare con il mondo occidentale. Da sempre
Franco Torrini guardava a quei mercati, ma la decisione
di entrare in quello che sarebbe stato il grande mercato del
futuro, che allora si poteva solo immaginare, fu presa grazie
alla vicinanza dell’amico Ubaldo Taccetti, che proprio
con il progetto Torrini decise di spostare la sua attività da
New York alla Cina. Il progetto ambizioso è ben strutturato
si scontrò con le problematiche cinesi legate sia alla poca
esperienza di un paese appena aperto al mondo e sia alle
restrizioni di operatività che le istituzioni volontariamente
applicavano per controllare le materie prime come oro e
pietre preziose. In quei primi anni di apertura della Cina sviluppare
una collaborazione societaria con partner stranieri
era molto complicato. Le società miste richiedevano elevati
capitali per la costituzione e soprattutto la maggioranza
delle quote doveva essere detenuta dal partner cinese. Per
tutta questa serie di motivi, la Torrini decise di investire su
altri mercati, pur mantenendo contatti continui con il mercato
cinese, grazie anche all’amicizia fra Ubaldo Taccetti e
Franco Torrini. Quarant’anni dopo ecco che si presentano
Ubaldo Taccetti e Franco Torrini a Pechino
nuove opportunità. Il mercato
cinese si apre ed i dazi
in import sembrano ridursi;
una parte della popolazione
cinese, rappresentata
da consumatori maturi, apprezzano
il made in Italy di
qualità e di altissimo livello;
inoltre il governo cinese
promuove lo sviluppo di collaborazioni
in questo settore
soprattutto con il nostro
paese e promuove partnership
con realtà qualificate,
ma anche con brand storici
che possano dare visibilità,
valore aggiunto, unicità
e continuità alle produzioni Guido Torrini, amministratore della Torrini
1369 Jewels
locali. Per tutti questi motivi
“la lunga marcia” di Torrini
è arrivata oggi ad una tappa fondamentale. La nuova
generazione si chiama Guido Torrini che ha nel DNA molto
del nonno Franco con cui si confronta quotidianamente. Il
mondo non è quello di quarant’anni fa, così come l’organizzazione
Torrini, che oggi è più snella, ma che con l’e-commerce
riesce ad essere sempre internazionale. Di certo c’è
che la Cina è sempre un mercato difficile e anomalo come lo
era quarant’anni fa, fatto per i grandi gruppi, ma dove spesso
hanno successo le piccole e medie imprese che hanno
flessibilità e capacità imprenditoriale. Questa lunga storia
di Torrini con la Cina coincide con la storia dei Taccetti della
seconda e terza generazione ed è la storia di un’amicizia
sincera che può essere riassunta in un noto proverbio cinese
tanto caro agli amici Franco e Ubaldo: Chi si incontra
all’alba non si lascia al tramonto.
Torrini 1369 Jewels
Tifran Gioielli s.r.l.
Piazza Duomo 12r / 50122 Firenze
+39 055 230 2401
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Amministratore unico di China 2000 SRL e consulente per il
Ministero dello Sviluppo Economico, esperto di scambi economici
Italia-Cina, svolge attività di formazione in materia di
marketing ed internazionalizzazione.
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Michele Taccetti
TORRINI 1369 JEWELS
71
Franco Carletti
Il canto della natura
Nato a Gaiole in Chianti nel 1954, Franco Carletti vive e lavora a Siena. Ha iniziato a dipingere da giovanissimo sostenuto
dalla sua insegnante pittrice. Ha partecipato a numerose esposizioni in Italia e all’estero. Le sue sono visioni
espresse con essenzialità, aspetti del paesaggio e della natura, figure femminili, temi sociali in una ricerca
continua di materiali e tecniche pervasa da una vena romantica. Premiato dall’Accademia Internazionale Medicea a Firenze
a Palazzo Vecchio. nel Salone dei Cinquecento, in occasione del Premio Lorenzo il Magnifico nel 2018, è stato recensito da
numerosi critici d’arte e ha aderito a numerosi progetti di Giammarco Puntelli, con il quale ha esposto anche al Museo Storico
Nazionale di Tirana ed a Berlino, con una personale alla Gallerie Lacke & Farben nel 2019. Il suo catalogo personale, con il
contributo critico di Sgarbi, è stato presentato a Milano in occasione di una mostra personale alla Milano Art Gallery nel 2018.
Nel 2021 parteciperà ad Expo Dubai con la mostra Pace e Amore a cura di Giammarco Puntelli. Terrà inoltre una personale a
Siena, al Palazzo Chigi Zondadari (via Banchi di Sotto 46), dal 22 luglio al 17 agosto (orari 9/13-15/18).
francocarletti54@gmail.com
A cura di
Stefano Marucci
Storia delle
religioni
Riflessioni sull’enciclica di
papa Francesco Laudato si’
di Valter Quagliarotti
1^ parte
Una premessa è d’obbligo circa il Cantico di frate Sole,
Cantico che, secondo la testimonianza concorde
di Tommaso da Celano e di altre fonti biografiche,
venne composto da Francesco negli ultimi anni della sua vita
(forse i primi mesi del 1225) quando era gravemente ammalato,
sofferente agli occhi tanto da non sopportare la luce
del giorno, e costretto all’oscurità di una celletta di stuoie
costruita per lui presso San Damiano. Si tratta di una preghiera
di lode pensata da San Francesco come atto di culto
solenne in cui tutta l’umanità e l’intera creazione vengono invitati
a partecipare con la parola, e con la vita. «Laudato sie,
mi’ Signore, cum tucte le Tue creature, spetialmente messer
lo frate Sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui. […].
Laudato si’, mi’ Signore, per sora Luna e le stelle: in celu l’ai
formate clarite et pretiose et belle». Ciò che emerge dal Cantico
è questo rapporto di paternità-figliolanza che esiste tra
il Signore e le creature che egli ha “formate” nel cielo e sulla
terra. Questo sentimento di fraternità che stringe Francesco
alle cose è un legame complesso, esso si fonda sul senso
della paternità di Dio, che dà vita e bellezza e forza a tutte le
creature, raggiungendo il suo vertice quando l’uomo e le creature
diventano un’unica lode vivente del loro Padre e Creatore.
Specchio della bellezza e della bontà di Dio, fa sì che
tutte le creature parlano nei modi più vari del loro Creatore:
l’acqua «utile et humile et pretiosa»; il fuoco «bello et iocundo
et robustoso et forte». Dopo questa breve premessa,
passiamo al documento oggetto di questa riflessione. Laudato
si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra: papa Francesco
ponendosi sulla scia di Francesco d’Assisi, cerca di
spiegare l’importanza di un’ecologia integrale, in cui la preoccupazione
per la natura, l’equità verso i poveri, l’impegno
nella società ma anche la gioia e la pace interiore risultano
inseparabili. Non a caso il Papa si rivolge «a ogni persona
che abita su questo pianeta». Nei sei capitoli dell’Enciclica,
il Papa evidenzia che la nostra terra, maltrattata e saccheggiata,
richiede una “conversione ecologica”, un “cambiamento
di rotta” affinché l’uomo si assuma la responsabilità di un
impegno per “la cura della casa comune”. Impegno che include
anche lo sradicamento della miseria, l’attenzione per i
poveri, l’accesso equo, per tutti, alle risorse del pianeta. Due
appaiono le questioni del nostro tempo che trovano spazio
nella Laudato Si: il lavoro e la casa. La crisi ha generato molta
sofferenza in tante persone che improvvisamente si sono
trovate alle prese con tutta una serie di difficoltà lavorative.
Il tutto aggravato anche da questa pandemia che non ha risparmiato
nessuno, anzi ha accentuato la grave crisi del lavoro.
E come effetto domino della mancanza di un lavoro
stabile diviene il problema della casa, anche in virtù dei mancati
introiti economici. Il lavoro è vocazione di ogni uomo
sin dalla creazione. Per questo, in un significativo passaggio
l’enciclica afferma: «Aiutare i poveri col denaro dev’essere
sempre un rimedio provvisorio per fare fronte a delle
emergenze. Il vero obiettivo dovrebbe essere sempre di consentire
loro una vita degna mediante il lavoro». Accanto al
tema del lavoro, l’enciclica offre un quadro del dramma che
l’intero pianeta sta vivendo, tra inquinamento, uso eccessivo
della terra, riscaldamento globale della Terra che sta provocando
uno scioglimento inarrestabile dei ghiacciai, con il
conseguente innalzamento degli oceani. Il Papa infatti mette
in guardia dalle gravi conseguenze dell’inquinamento e da
quella “cultura dello scarto” che sembra trasformare la terra,
«nostra casa, in un immenso deposito di immondizia». Dinamiche
che si possono contrastare adottando modelli produttivi
diversi, basati sul riutilizzo, il riciclo, l’uso limitato di
risorse non rinnovabili.
ENCICLICA DI PAPA FRANCESCO
73
B&B Hotels
Italia
B&B Hotels a Firenze
La scelta migliore per coniugare qualità e prezzo
di Chiara Mariani
In Toscana, nella città culla del Rinascimento, si trovano
il B&B Hotel Firenze City Center e il B&B Hotel Firenze
Nuovo Palazzo di Giustizia, facenti parte della catena
internazionale B&B Hotels con più di 530 hotel in Europa e
48 in Italia. Che tu abbia bisogno di viaggiare per lavoro o
per piacere, o che tu voglia semplicemente riscoprire la tua
città da un’altra prospettiva e muoverti in prossimità, queste
due strutture sono la scelta ideale per coniugare qualità e
prezzo all’insegna del relax e del comfort. Un’ospitalità, quella
di B&B Hotels, volta a soddisfare ogni tipo di esigenza e
declinata in totale sicurezza grazie al protocollo di sanificazione
dedicato garantito dal Safety Label High Quality Anti
Covid-19, a tutela della salute di tutti. Ogni camera delle due
strutture dispone di un bagno privato, Wi-Fi super veloce gratuito,
TV a schermo piatto con canali Sky e satellitari. Nella
hall è a disposizione un pratico B&B Shop con una vasta scelta
di bevande, snack dolci e salati, piatti pronti da scaldare
nel microonde e un corner beauty con prodotti per il viso, make
up e funzionali set da viaggio con tutto l’indispensabile
per un soggiorno in hotel. Le strutture della catena sono tutte
pet friendly e pronte ad accoglierti insieme al tuo animale
domestico. Il B&B Hotel Firenze City Center si trova nel cuore
della città, nel quartiere Santa Croce, a soli dieci minuti a
piedi dal duomo di Firenze e dalle principali attrazioni, come
Piazza della Signoria, Ponte Vecchio e Palazzo Pitti. In
posizione strategica, tra la stazione ferroviaria Santa Maria
Novella, la stazione di Firenze Rifredi e l’aeroporto di Firenze-Pretola,
il B&B Hotel Firenze Nuovo Palazzo di Giustizia è
la struttura ideale per muoversi comodamente per tutto il capoluogo
fiorentino.
B&B Hotel Firenze City Center
74
B&B HOTELS A FIRENZE
Su B&B Hotels
Destinazioni, design, prezzo. B&B Hotels unisce il calore e
l’attenzione di una gestione di tipo familiare all’offerta tipica
di una grande catena d’alberghi. Un’ospitalità di qualità
a prezzi contenuti e competitivi, senza fronzoli ma con una
forte attenzione ai servizi. Camere dal design moderno e
funzionale con bagno spazioso e soffione XL, Wi-Fi in fibra
fino a 200Mega, TV 43” con canali Sky e satellitari di sport,
cinema e informazione gratuiti. Nei B&B Hotels sono presenti
Smart TV che offrono un servizio di e-concierge per
scoprire la città a 360°
B&B Hotel Firenze Nuovo Palazzo di Giustizia
B&B HOTELS A FIRENZE
75
A tavola
con...
A cura di
Elena Maria Petrini
A tavola con... Jun Ichikawa
Attrice e doppiatrice giapponese, racconta in questa
intervista i suoi “cibi della memoria”
di Elena Maria Petrini
Nasce una nuova rubrica dedicata al
“cibo della memoria”, dove gli artisti e
personaggi del mondo dello spettacolo,
e non solo, ci racconteranno i loro gusti culinari
collegati a ricordi o ad episodi particolari
della loro vita. Apriamo questa nuova rubrica
con l’attrice e doppiatrice giapponese, naturalizzata
italiana, Jun Ichikawa. Nasce nella città
di Kumamoto nell’isola di Kyūshū nel sud
del Giappone da una famiglia di musicisti: il
padre, tenore laureatosi in una delle università
più prestigiose di Tokyo, e la madre, soprano
ed insegnante di pianoforte, si conobbero
a Roma. Una storia, la loro, quasi d’altri tempi,
in cui entrambi, destinati ad altro, intraprendono
questo amore proibito. Così, rientrati in
Giappone, nasce Jun che trascorre i primi anni in famiglia per
poi stabilirsi definitivamente a Roma, all’età di 8 anni, dove
potrà apprendere gli studi classici e le lingue, oltre alla sua
grande passione per la danza classica, e dall’età di 13 anni
frequentare anche la scuola di recitazione. Ha vissuto per diversi
anni nelle principali città del granducato, dove ha potuto
apprezzare il gusto toscano ed i suoi piatti tipici, ma anche
in altre città italiane come Napoli, Venezia, Milano e Torino.
Ha lavorato nel cinema, in TV e in teatro. Ha iniziato la sua
carriera con grandi registi come: Ermanno Olmi, Dario Argento,
Giuseppe Tornatore, Stefano Bessoni e Alessandro Siani.
Jun Ichikawa (ph. Azzurra Primavera)
Tra le sue recenti interpretazioni ricordiamo la serie RAI L’allieva,
con Alessandra Mastronardi, il film Addio al nubilato di
Francesco Apolloni (produzione Minerva Pictures) oggi in onda
su Amazon Prime Video, ed infine il film della Walt Disney
ora su Disney + Raya e l’ultimo drago. La ricordiamo anche interprete,
una decina di anni fa, nel ruolo di sottotenente Flavia
Ayroldi nella serie TV su Canale 5 RIS - Delitti Imperfetti.
Perché hai fatto l’attrice?
In tutto quello che faccio cerco di portare un messaggio alle
persone, sono anche una terapeuta giapponese e
portare un messaggio agli altri è per come una missione.
Credo di aver scelto il paese giusto per imparare
a recitare dalla commedia dell’arte e apprezzo
molto anche l’arte culinaria italiana.
Come ti senti ad esser cresciuta in nazioni considerate
come la “patria del gusto”?
Jun Ichikawa insieme alle attrici Chiara Francini (da sinistra), Antonia Liskova e Laura Chiatti
Mi sento molto fortunata ad esser cresciuta in
due nazioni dai popoli molto curiosi e soprattutto
da una famiglia molto agiata, dai gusti raffinati,
attenta al cibo gourmet e grazie alla quale
ho potuto sperimentare le diverse tipologie di
cucina internazionale spaziando tra le migliori
al mondo come quella giapponese, italiana
e francese. Ricordo mia nonna che mi portava
ad assaggiare i vari piatti della cucina ricercata
giapponese, spaziando da quelli a vapore,
marinati o crudi, fino a quelli affumicati, dove
76
JUN ICHIKAWA
Doppiatrice nel film Disney, ora su Disney +, Raya e l’ultimo drago (copyright ©2021 Disney.
All Rights Reserved)
l’estetica era sempre ricercata. E poi in Italia ho potuto
proseguire questi assaggi, sempre ricercati, che considero
emozioni culinarie.
Quali sono i tuoi piatti preferiti tra quelli che
hai potuto gustare durante la tua permanenza
in Toscana?
Direi che quando viaggio mi piace andare per
i mercati e sentire i profumi della frutta e verdura
stagionale di quel luogo; in questo caso
in Toscana ho potuto apprezzare alcuni sapori
caratteristici come quello della ribollita e la
pappa al pomodoro, ma anche altre tipicità dei
luoghi toscani.
Se dovessi descrivere il tuo “cibo della memoria”,
quale ricordi con più emozione?
Il cibo per me è legato all’emozione e alle
esperienze con le persone. Ricordo il momento
della colazione con i miei nonni in cui mi
ritrovavo a gustare la tipica colazione giapponese
preparata da mia nonna. Mi svegliavo alle
5,30 per andare al parco con mio nonno a
fare ginnastica che trasmetteva la radio nazionale,
e, dopo una preghiera al tempio, rientravamo
a casa per la colazione che intanto mia
nonna aveva preparato: era composta da 1 pesce
alla griglia, riso bianco al vapore, una zuppa di
miso e verdure. Ancora oggi, se faccio una colazione
così, mi sento un leone per tutta la giornata perché
questi abbinamenti e combinazioni alimentari mi danno
molta energia.
C’è un ricordo divertente legato ad un cibo o un momento
che ha creato atmosfera?
Sì, ne ho diversi. Uno, ad esempio, è legato ad un viaggio
in Puglia con degli amici. Dopo esserci fermati
per comprare ad un chiosco un pollo arrosto, ci mettemmo
a mangiarlo con le mani sul cofano della macchina.
Eravamo anche schizzinosi in realtà, eppure ci
trovammo tutti a fare la stessa identica cosa e ad imbrattarci
con questo pollo; poi, per lavarsi, visto che
non c’erano fontanelle, ci siamo buttati tutti in mare.
È stato molto divertente, sono cose che uniscono. Come
in un film, una sorta di horror, dove durante le riprese
al regista venne in mente di fare una scena per
farci giocare col cocomero e, ad un certo punto, è partita
una guerra tra gli attori e mi sono ritrovata con la
testa dentro al cocomero, un ricordo divertentissimo.
Dopo questo brutto periodo di pandemia hai un
messaggio per i nostri lettori?
Augurerei a tutti di poter riscoprire le emozioni legate
al contatto con i vostri cari e riscoprire la bontà del cibo
condiviso. Vogliamoci più bene, mangiamo meglio per avere
una lunga vita.
Jun Ichikawa durante una degustazione al ristorante stellato Zia di Roma (ph. Maurizio Mattei)
JUN ICHIKAWA
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Benessere e cura
della persona
A cura di
Antonio Pieri
Prenditi cura dei tuoi capelli durante l’estate
di Antonio Pieri
L’estate e il caldo sono arrivati e questo significa che
finalmente possiamo tornare a concederci qualche
giorno di relax al mare, in montagna o visitare una
delle nostre splendide città, accompagnati da giornate finalmente
serene. Dobbiamo però prestare molta attenzione al
sole, non solo per quanto riguarda la pelle utilizzando creme
che proteggano dai raggi UV: il sole, insieme al cloro della piscina
o all’acqua salata del mare, può danneggiare anche i
nostri capelli rendendoli secchi e sfibrati.
Detersione profonda con prodotti naturali e biologici
La prima cosa da fare per porre rimedio a questa situazione
è detergere i capelli con prodotti naturali e biologici. L’olio extravergine
di oliva è capace di nutrire a fondo le fibre capillari
e ridare vita al capello. Lo shampoo naturale normalizzante
della linea Prima Spremitura di Idea Toscana ha come principio
attivo l’olio extravergine di oliva toscano IGP biologico.
Questo prezioso ingrediente è in grado di ristabilire, già dopo
poche applicazioni, il naturale equilibrio del cuoio capelluto,
donando ai capelli lucentezza, morbidezza e vitalità. Un
piccolo trucco: l’ultimo risciacquo deve essere effettuato con
acqua fredda per rendere la chioma ancora più lucente.
mandorle e argan. L’estratto biologico di mandorla è un ottimo
emolliente naturale per capelli crespi, idrata in profondità
ed è un rimedio naturale anche per la forfora. L’argan è ricco
di vitamina E ed è adatto a tutti i tipi di capelli; aiuta a reidratare
e fortificare la capigliatura, rendendola brillante e lucente.
Consigli e “trucchetti”
Per pettinare i vostri capelli scegliete un pettine a denti larghi,
in modo da non rischiare di spezzare il capello. Se preferite
la spazzola, è consigliabile usare quelle con i gommini
all’estremità dei dentini perché compiono un’azione massaggiante
sulla cute. Dopo il lavaggio, utilizzare sui capelli
un balsamo naturale ristrutturante, possibilmente a base di
olio extravergine di oliva toscano IGP biologico con proprietà
idratanti e nutrienti, ideale per proteggere la fibra del capello,
migliorare le doppie punte e rendere la chioma così più facile
da pettinare. L’ultimo consiglio è quello di riscoprire durante
questa estate le bellezze della nostra regione, dal mare ai
monti alle città d’arte…
Succo d’uva: un altro prezioso alleato
Non solo olio pregiato, ma anche succo d’uva, e non stiamo
parlando di una tavola imbandita nel bel mezzo del Chianti,
ma di un altro ottimo alleato per la salute dei capelli. Il succo
d’uva biologico infatti è un rimedio naturale idratante e
nutriente per la cura dei capelli secchi e favorisce la rigenerazione
di nuove cellule, rendendo elasticità e forza ai capelli.
Bio Le Veneri con succo d’uva biologico
La linea Bio Le Veneri di Idea Toscana ha come principio attivo
proprio il succo d’uva biologico che, unito ad altri ingredienti
naturali, fornisce il giusto nutrimento al capello, dando
come risultato una chioma spendente e in salute. La linea è
composta da: shampoo per capelli secchi, shampoo per capelli
grassi e shampoo per capelli normali. In particolare lo
shampoo per capelli secchi è indicato per la cura dei capelli
stressati dalla salsedine dopo una giornata di mare. Infatti
le proprietà del succo d’uva si uniscono a quelle degli oli di
Vi aspettiamo nel nostro punto vendita in Borgo Ognissanti 2
a Firenze per farvi scoprire tutte le linee naturali e biologiche
di Idea Toscana.
Antonio Pieri è amministratore delegato dell’azienda il Forte srl
e cofondatore di Idea Toscana, azienda produttrice di cosmetici
naturali all’olio extravergine di oliva toscano IGP biologico.
Svolge consulenze di marketing per primarie aziende del settore,
ed è sommelier ufficale FISAR e assaggiatore di olio professionista.
antoniopieri@primaspremitura.it
Antonio Pieri
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IDEA TOSCANA - Borgo Ognissanti, 2 - FIRENZE | Viale Niccolò Machiavelli, 65/67 - SESTO FIORENTINO (FI) |
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