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La Toscana nuova - Anno 4 - Numero 11 - Dicembre 2021 - Registrazione Tribunale di Firenze n. 6072 del 12-01-2018 - Iscriz. Roc. 30907. Euro 2. Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv.in L 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 C1/FI/0074
Emozioni visive
a cura di Marco Gabbuggiani
Viva l’amore qualsiasi esso sia!
Testo e foto di Marco Gabbuggiani
Lo scorso 25 novembre è stata festeggiata la consueta giornata
contro la violenza nei confronti delle donne. Una violenza
che rappresenta una piaga e una vergogna dell’umanità e che
trova le radici in mentalità antiche, purtroppo radicate anche in
certi credo religiosi. Una piaga difficile da debellare in questa
società che giudichiamo, troppo generosamente, civile... Molto
vicina a questa tragica piaga c’è però un’altra violenza di cui
dobbiamo vergognarci e che vede protagonisti non solo gli uomini
ma anche le donne. Ed è quella perpetrata nei confronti
del “diverso”, di coloro che hanno gusti sessuali non conformi
alla gran massa della gente. Questo comporta devastanti
violenze psicologiche che spesso minano la persona più di
quelle fisiche. Alla luce sia della recente ricorrenza del 25 novembre
che dell’altrettanto recente bocciatura di una legge acclamata
da tanti, propongo su questo numero due foto da me
scattate casualmente in strada un po’ di tempo fa. Due foto
che per me sono “normali” ma che, purtroppo, non lo sono per
tutti. Mostrano delle persone che si amano e che non vogliono
nasconderlo sentendo il bisogno di manifestare al mondo
il loro amore. Non credo che basti una legge a far vedere con
occhi diversi chi reputa spregevole che siano due uomini o due
donne ad abbracciarsi. Serve solo educare tutti, fin da ragazzini,
a questa normalità. E agli adulti serve anche riflettere su
una cosa molto banale ma importante: se abbiamo bisogno
di un bravo avvocato, idraulico, commercialista, chirurgo o altro,
ne valutiamo l’assunzione in base ai gusti sessuali? Ci preme
sapere con chi vada a letto o piuttosto quanto sia bravo a
svolgere il suo lavoro? Una riflessione su questo basterebbe
da sola a far cambiare un pensiero ed un atteggiamento realmente
assurdi.
marco.gabbuggiani@gmail.com
Da oltre trent'anni una
realtà per l'auto in Toscana
www.faldimotors.it
DICEMBRE 2021
I QUADRI del mese
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L’associazione Amici degli Uffizi nell’intervista a Maria Vittoria Rimbotti
Ivo Saglietti, maestro della narrazione per immagini
Eugène Atget, il precursore del surrealismo in fotografia
Archeologia ed arte sacra al Museo di Palazzo Corboli
I volti femminili di Patrizia Casagranda contro ogni discriminazione
La magia dei “teatri segreti” raccontata dall’attore Massimo Salvianti
Curiosità storiche: il ceppo fiorentino, un’antica tradizione natalizia
Le visioni oltre il tempo dell’artista Roberto Braida
Dimensione salute: movimento e alimentazione con i dolori reumatici
Psicologia oggi: quando la paura di deludere gli altri diventa una malattia
Consigli del nutrizionista: olio extra vergine di oliva, conoscerlo per apprezzarlo
Francis Bacon, l’artista del tormento esistenziale
La voce dei poeti: le liriche di Isabella Cipriani
Il premio al “musicattore” Luigi Maio per lo spettacolo Dante in 3D
Archeologia: Babilonia, lo splendore orgoglioso dei Caldei
Alex Pagni, un giovane talento della poesia
Promethéus, il libro di Roberto Mosi sull’attualità di un mito classico
La personale di Maria Rita Vita al Palazzo Ducale di Massa
Eventi in Toscana: a Vinci, la presentazione del catalogo Città e nodi di Leonardo
Giacomo Puccini, l’inventore di una moderna azione scenica
La celebrazione dei sensi nella pittura di Luigi Borgognoni
Il mondo in mostra a Firenze con il Movimento Life Beyond Tourism
Tutela dell’ingegno: il caso Gucci nella protezione dei marchi notori
L’avvocato risponde: la pensione di reversibilità per il coniuge
Appuntamento al cinema: “quel genio di Leonardo” nel film di Alessandro Sarti
Dalla natura all’astrazione nelle opere intimiste di Angelo Marongiu
Il cinema a casa: Locke, il dramma claustrofobico di Steven Knight
Riflessi d’Europa a Napoli tra anni ʼ50 e ʼ60 nel romanzo di Francesco Testa
Ristorante Cafaggi, un’eccellenza nel cuore del centro storico fiorentino
Giovanni Tesauro a Rignano sullʼArno con una mostra sul paesaggio
L’eterna bellezza nel trittico di Annette Lang a Florence Biennale
Di-segni astrologici: Sagittario, un campione di energia e vitalità
Diario di un’esploratrice: week-end a Montecatini Terme, patrimonio UNESCO
Riccardo Salusti, narratore in pittura di storie universali
Storia delle religioni: riflessioni sull’Avvento in preparazione al Natale
Fiorentina anni ʼ70: il libro amarcord di Luca Giannelli sulla viola di ieri
Toscana a tavola: pollo all’aglio, un piatto “medicinale”
Racconti di Natale: i doni sotto l’albero per prendersi cura della Terra
Eccellenze toscane: Emme Gel alla fiera CIIE di Shanghai
Vacanze a Cortina con B&B Hotels
Eventi in Toscana: a Montalcino la 30ª edizione di Benvenuto Brunello
Cura della persona: a Natale regali per il benessere naturale
Erika Castelli, Ritratto di ragazza, olio su tela, cm 60x70
castellierika@yahoo.it
In copertina:
Xiao Feng, Luce e ombra della Cina:
dimensione meravigliosa
(nr.7 della serie / 2010), acrilico su tela
Mirella Biondi, Dialogo, olio su tela, cm 70x100
mirellabiondi38@gmail.com / 3381924161
Periodico di attualità, arte e cultura
La Nuova Toscana Edizioni
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Anno 4 - Numero 11 - Dicembre 2021
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Julia Ciardi
Carmen Franchi
Marco Gabbuggiani
Simone Lapini (ADV
photo)
Maurizio Mattei
Carlo Midollini
Ivo Saglietti
Silvano Silvia
4
Concorso Internazionale
Giuliacarla cecchi
7 a edizione
Una cornice di grande prestigio,
una location di sicuro fascino
Entusiasmo e partecipazione
tra i 150 invitati
Una manifestazione che porta
il nome di Firenze in tutto il mondo
Dieci giovani stilisti finalisti
provenienti dall’Italia e dall’estero
Una giuria tecnica di eccellente
qualità presieduta da Pola Cecchi
che così ha decretato:
Primo premio: Gaia Nicotra (Catania)
Secondo premio: Elisa Sanfilippo (Catania)
Terzo premio: Giorgia Governatori (Ancona)
E ancora:
L’esclusiva della nuova collezione
autunno-inverno dell’Atelier
Giuliacarla Cecchi
in tre stupefacenti uscite
“Due ore di applausi ininterrotti”
orchestrati dalla vivace regia
di Stefano Baragli
Una serata magica conclusa per gli ospiti
nel frizzante convivio rinascimentale
presso l’Atelier Giuliacarla Cecchi
in via Jacopo da Diacceto, 14
Mauro Scardigli
L’unico artista al mondo a realizzare opere d’arte su plexiglass con mani e coltello
Lucido 462 (2021), tecnica mista su plexiglass, cm 50x50
www.scardiglimauro.it
scardiglim@scardiglimauro.it
Associazioni per lʼarte
in Toscana
Associazione Amici degli Uffizi
Intervista alla presidente Maria Vittoria Rimbotti
di Rosanna Bari / foto Rosanna Bari e courtesy ufficio stampa Firenze Musei
Nello scenario della Galleria
degli Uffizi, unʼimportante
realtà prende forma
nel 1993 quando, dopo lʼattentato
di Via dei Georgofili, nasce lʼassociazione
no-profit Amici degli Uffizi,
con lʼintento di sostenere il museo
nel particolare momento di difficoltà.
Maria Vittoria Rimbotti è la
presidente dellʼassociazione e, dal
2006, anche della gemella americana
Friends of the Uffizi Gallery,
che affianca lʼistituzione fiorentina
nellʼimportante missione di finanziamento
di opere di restauro e di
accrescimento del patrimonio del
museo.
La presidente Maria Vittoria Rimbotti con il direttore delle Gallerie
degli Uffizi Eike Schmidt
Leonardo da Vinci, Adorazione dei Magi
(1482 ca.), olio su tavola, particolare,
Galleria degli Uffizi
Cosa ha portato gli americani a costituire questa organizzazione
gemella degli Amici degli Uffizi?
L’organizzazione americana è stata creata per rispondere ai
forti legami culturali ed affettivi che uniscono lʼItalia e gli Stati
Uniti.
Qual è il contributo delle due associazioni?
Le due associazioni, lavorando in sinergia, portano avanti
lʼimportante campagna di promozione che, nel corso degli
anni, ha permesso di accogliere molti nuovi soci e finanziare
tanti indispensabili progetti di restauro e conservazione.
Questo ha dato un forte impulso al miglioramento e alla cre-
scita del museo, come oggi si può valutare e apprezzare.
Quanta importanza ha il nuovo allestimento degli spazi in
cui sono esposti i più famosi dipinti della Galleria?
Lʼimportanza è notevole, perché un nuovo allestimento permette
ai dipinti di stagliarsi su pareti nuove, colorate, che
esaltano ulteriormente la loro cromia. Così, acquistando una
maggiore forza pittorica, il dipinto amplifica la sua carica attrattiva
e comunicativa con lʼosservatore. Fra i più recenti restauri
finanziati dalle due associazioni citiamo: lʼAdorazione
dei Magi di Leonardo e la sala a lui dedicata, le Sale di Caravaggio
e del Seicento, di Michelangelo e Raffaello, quella della
Venere di Urbino di Tiziano e, come ultimo allestimento,
la Sala del Parmigianino dove troneggia la Madonna dal Collo
Lungo.
Maria Vittoria Rimbotti conclude sottolineando che è con
grande orgoglio che guarda ai risultati ottenuti e a quelli che
verranno, grazie ad un lavoro instancabile, portato avanti con
impegno e devozione, che mira alla valorizzazione di uno dei
musei più importanti al mondo.
Giuliana Dini al Welcome Desk (Biglietteria Uffizi)
www.amicidegliuffizi.it
Amici degli Uffizi amicidegliuffizi
La nuova sala con la Madonna dal Collo Lungo del Parmigianino
AMICI DEGLI UFFIZI
7
I grandi della
fotografia
A cura di
Maria Grazia Dainelli
Ivo Saglietti
Lo “sguardo inquieto” di un maestro della narrazione per immagini
di Maria Grazia Dainelli / foto Ivo Saglietti
Perché ha lasciato l’attività di cineoperatore
per fare il fotoreporter?
Sono nato come documentarista cinematografico
ma molto presto, stanco di questo mondo, ho trovato
ispirazione nella fotografia grazie alla scoperta di alcuni
grandi autori come Cartier-Bresson e soprattutto
Eugene Smith, il cui libro Minamata mi ha colpito particolarmente
per le immagini sconvolgenti sulla lotta
di alcune famiglie di pescatori giapponesi contro
l’avvelenamento di mercurio prodotto da un impianto
chimico locale. Questi autori mi hanno fatto capire
che nella mia vita poteva esserci un’altra via; ho
iniziato quindi a collaborare con alcune riviste di sinistra
e in seguito mi sono trasferito a Parigi per lavorare
prima con la Compagnie des Reporters e poi
con l’agenzia Sipà, grazie alla quale ho cominciato a
viaggiare. Ho conosciuto fotografi importanti che hanno condizionato
positivamente il mio lavoro come Raymond Depardon,
Martine Franck e Mario Dondero.
Cosa spinge un fotografo a scattare in luoghi di guerra?
Influiscono molte cose: la mia vocazione umanistica, il senso
dell’avventura ma soprattutto i miei ideali socialisti. Vengo
da una famiglia partigiana e da un nonno anarchico,
quindi è naturale che io continui a credere ancora oggi nel
socialismo. Il mio primo viaggio in un luogo di guerra è stato
nei campi profughi in Libano nel 1976. È stata un’esperienza
che mi ha segnato profondamente; ancora oggi di
notte mi capita di rivivere quelle situazioni in sogno e mi
sveglio angosciato. Ho scattato foto in molti luoghi “caldi”
del pianeta come il Cile, dove ho realizzato il progetto Il
In questa e nelle altre immagini, alcuni scatti realizzati al Monastero di Mar Musa in Siria
Rumore delle Sciabole (1986-1988) per raccontare gli ultimi
due anni della dittatura militare del generale Augusto Pinochet,
e alcuni conflitti in Nicaragua, Salvador, Guatemala,
Panama e Haiti.
Per quale motivo sei passato dai singoli scatti ai progetti?
Lavorando per agenzie e testate giornalistiche, scattavo e
spedivo le mie foto perdendone il controllo con una rapidità
tale che mi provocava un profondo senso di malessere.
Mi richiedevano diapositive e foto a colori, il Time addirittura
voleva che scattassi in Kodachrome, una pellicola molto
particolare, ma io avevo già maturato l’esigenza di lavorare
in bianco e nero perché ho sempre pensato che le immagini
monocrome fossero più efficaci per rappresentare sia la speranza
che la disperazione del mondo. Inoltre, volevo anche
fermarmi a lungo nei luoghi, non scattare e ripartire
velocemente. Per questo motivo, ho iniziato a
lavorare su progetti, proprio perché esigono tempi
lunghi, bisogna ritornare più volte negli stessi
luoghi, conoscere le persone, creare relazioni. Un
buon progetto ha bisogno di costanza e fatica. La
fondazione della Fiom-Cgil di Milano ha finanziato
il mio primo progetto: un viaggio in Cile, dove sarei
dovuto fermarmi per tre mesi e invece sono rimasto
per ben due anni, dal 1986 al 1988.
FOTOGRAFIA PASSIONE PROFESSIONE IN NETWORK
www.universofoto.it
Via Ponte all'Asse 2/4 - 50019 Sesto F.no (Fi) - tel 0553454164
8
IVO SAGLIETTI
Il contesto più drammatico nel
quale hai realizzato un tuo reportage?
El Salvador è stato il paese dove ho
vissuto momenti di paura e di estremo
pericolo non solo per i combattimenti
e il coprifuoco ma soprattutto
perché gli squadroni della morte
seminavano il terrore. Noi fotoreporter
ci proteggevamo a vicenda
essendo purtroppo schedati nella
loro lista nera. Quando uscivamo,
ci guardavamo sempre le spalle per
paura di essere sequestrati o uccisi;
ricordo con profondo dispiacere
che due dei miei amici sono deceduti
proprio lì. La percezione assoluta
della morte però l’ho avuta nel
1989 in Kossovo, dove ci spararono
addosso, ci rubano tutto e il fotografo
tedesco Gabriel Grunenn venne
brutalmente ucciso da un mercenario russo.
Il tuo prossimo lavoro?
Sto preparando un progetto nei Balcani la cui idea è nata nel
1976 a Parigi mentre mi trovavo a casa di amici. Stavamo guardando
il film Anaparastasi del famoso regista greco Theo Angelopoulos
e rimasi molto colpito dalla scena iniziale in cui si
vede una corriera di profughi che sta arrivando. Pensai dentro
di me di riprodurre quella scena con una foto, ma successivamente
abbandonai l’idea. Riemerse quasi per incanto, molto
tempo dopo in Albania, quando vidi arrivare una corriera di kosovari
e scattai la foto che tanto avevo desiderato. Per concludere
questo progetto sui Balcani mi recherò a scattare prima in
Grecia e poi a gennaio in Serbia. Un altro viaggio che vorrei documentare
è quello lungo il Danubio passando dalla Bulgaria.
Cosa ci dici delle immagini scattate in Siria per raccontare la
vita di Paolo Dall’Oglio?
Nel 2023 saranno trascorsi dieci anni dalla scomparsa in Siria
di Paolo Dall’Oglio. Ho fatto ben sei viaggi, di cui il primo di
tre settimane a Mar Musa presso la comunità monastica da lui
fondata. Essendo nata una bella amicizia tra di noi ho potuto
immortalarlo nei momenti di vita quotidiana. Ci terrei molto a
realizzare un libro con le circa 245 foto che ho selezionato insieme
alla mia assistente Alice.
Il fil rouge della tua poetica?
Per me la fotografia è una domanda rivolta al mondo, un tramite
per interrogarsi sui tanti perché della condizione umana.
Cerco sempre di scattare foto complesse sul piano descrittivo,
anche se il successo dell’immagine dipende dalla capacità
dell’osservatore di soffermarsi e riflettere. Con le mie foto ho
raccontato la povertà, i conflitti, la speranza e la disperazione,
le malattie come l’Aids e il colera in Perù con un progetto che
mi è valso il premio Word Press Photo nel 1992.
Quanto è difficile documentare il dolore?
Per me la macchina fotografica è una specie di corazza, uno
scudo di protezione contro il rischio, in certe situazioni particolarmente
drammatiche, di non riuscire a reggere l’orrore di ciò
che si fotografa. Confesso che a volte mi sono vergognato di me
stesso perché scattando quella determinata fotografia toglievo
dignità alla persona immortalata. Queste immagini però non le
ho mai messe in mostra né le ho mai pubblicate.
Come nasce il libro Lo sguardo inquieto / Un fotografo in
cammino?
Nasce dalla volontà di un mio amico genovese, Federico Montaldo,
grande appassionato di fotografia, e dall’editore Claudio
Corrivetti, con la partecipazione di amici come Paolo Rumiz. Ho
parlato di me stesso in maniera sincera attraverso una lunga intervista.
C’è voluto un bel po’ di tempo a causa della mia pigrizia,
ma alla fine sono felice del
risultato, perché è un libro che
fa il punto su molti aspetti del
mio lavoro.
Il ruolo della fotografia oggi?
Tecnica e talento sono importanti
ma non bastano per scattare
una buona fotografia.
Occorre avere soprattutto una
buona cultura che si acquisisce
leggendo, andando al cinema
e riconoscendo umilmente
i propri limiti per superarli.
IVO SAGLIETTI
9
Margaret Karapetian
L’eleganza del segno inciso
www.margaretkarapetian.it
A cura di
Nicola Crisci e Maria Grazia Dainelli
Spunti di critica
fotografica
Eugène Atget
Il precursore del surrealismo
in fotografia
di Nicola Crisci / foto Eugène Atget
Nato a Libourne il 12 febbraio 1857 e morto a Parigi
il 4 agosto 1927, Eugène Atget è stato un autentico
cronista della strada. Ha immortalato soprattutto
architetture destinate alla demolizione e luoghi lontani
dal caos dei boulevard parigini. Ogni mattina all’alba portava
con sé un pesante banco ottico in legno munito di soffietto
con lastre di vetro: da questa macchina fotografica non
si separò mai. La sua fortuna fu sostanzialmente postuma,
anche se il grande artista e fotografo surrealista Man
Ray, suo vicino di studio, già da tempo aveva apprezzato il
suo lavoro e pubblicato una sua fotografia sulla copertina
Eugène Atget fotografato da Berenice Abbott
della rivista La Révolution Surréaliste. La fotografa americana
Berenice Abbott, allieva ed assistente di Man Ray, rimase
letteralmente affascinata dalle opere di Atget, tanto
che gli comprò più di 2000 negativi facendolo conoscere a
tutto il mondo come precursore del surrealismo. Rientrata
nel 1928 negli Stati Uniti, la Abbott portò con sé i negativi
e ne vendette le stampe facendo così conoscere il lavoro di
Atget anche in America. Gran parte dell’archivio fu acquisito
dal Museum of Modern Art di New York, dove oggi sono
esposte alcune sue fotografie. L’introspezione psicologica e
la capacità di “far parlare” luoghi e oggetti nonostante le limitazioni
della sua attrezzatura
rendono Eugène Atget uno dei
più grandi fotografi della storia.
Le sculture di Luigi Mariani
La bellezza sublime che nasce
dall’amore
Cell. +39 329 4180696
luigimariani54gmail.com
EUGÈNE ATGET
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Percorsi d’arte
in Toscana
A cura di
Ugo Barlozzetti
Museo di Palazzo Corboli
Tesori di archeologia ed arte sacra ad Asciano
di Ugo Barlozzetti / foto courtesy Palazzo Corboli
Visitare lo straordinario patrimonio museale conservato
nelle province della Toscana, peraltro in luoghi di
grande bellezza e capaci di un’accoglienza di alta qualità,
come di antica tradizione, è un’esperienza che può privilegiare
gli stessi abitanti della regione. Il Museo Archeologico e
d’Arte Sacra di Asciano è ospitato all’interno di Palazzo Corboli
ed è una delle sedi espositive più prestigiose del territorio senese.
Nonostante le trasformazioni subite nei secoli, il palazzo
conserva ancora parti originali, come la sala di Aristotele e la
sala delle Stagioni, dove spiccano due cicli di affreschi allegorici
tra cui La Ruota di Barlaam (1370 ca.), attribuiti a Cristoforo
di Bindoccio detto Malabarba (notizie 1361-1409) e Meo di
Pietro (notizie 1363-1407): un racconto risalente alla tradizione
buddista che “invitava” il popolo a sfuggire dalla vanità dei beni
terreni. Il percorso della Sezione di Arte Sacra propone opere
dei massimi artisti senesi dal XIII al XVII secolo. Vi sono esposte
anche pregevoli opere di scultura provenienti dalla Collegiata
(diventata Basilica nel 1991) e da altre chiese, come il
Polittico di Matteo di Giovanni (1430 ca.-1495), il San Michele
Arcangelo che uccide il drago e i Santi Bartolomeo e Benedetto,
e, nelle cuspidi, la Madonna col Bambino, San Giovanni Evangelista
e San Ludovico di Tolosa, capolavoro di Ambrogio Lorenzetti
(notizie dal 1319 al
1348), e La Natività di Maria
attribuita al cosiddetto
Maestro dell’Osservanza
(tra XIV e XV sec.). Non
mancano sculture di Giovanni
Pisano e due
www.florenceartgallery.com
statue
L’esterno di Palazzo Corboli
lignee policrome di Francesco Valdambrino (notizie dal 1375
ca. al 1435), L’Angelo annunziante e La Vergine annunziata. Altre
opere di pittura sono L'adorazione dei pastori fra i Santi Galgano
e Agostino di Pietro di Giovanni d’Ambrogio (1410-1448),
il polittico raffigurante la Madonna col Bambino tra i Santi di
Taddeo di Bartolo (1362-1422), i Quattro Evangelisti di Paolo
di Giovanni Fei (1344 ca.-1411) e una Madonna col Bambino e
devoto, pittura su tavola attribuita alla Famiglia Memmi e datata
al secondo decennio del Trecento. Per il XVII secolo vi so-
La Sala Aristotele
12
PALAZZO CORBOLI
La volta della Sala delle Stagioni
no opere importanti di Rutilio Manetti (1571-1639), Bernardino
Mei (1615-76) e Francesco Nasini (1611-95). Un importante nucleo
della raccolta museale è costituito inoltre dalle ceramiche
medievali e moderne tra cui spicca l’importante ritrovamento di
maioliche arcaiche recuperate da un recente scavo in un pozzo
di butto. Tra queste un boccale in maiolica arcaica, dalla finissima
decorazione, che è un unicum. La Sezione Archeologica,
invece, accoglie le testimonianze etrusco-romane dell’alta Valle
dell’Ombrone. Sono esposti parte dei ricchi corredi delle necropoli
di Poggio Pinci e del tumulo del Molinello e della tomba
principesca della necropoli del Poggione con il suo carro etrusco.
Il carro, in ferro e bronzo, proviene da una tomba a camera
(fine del VII sec. a. C.) scavata tra il 1980 e il ʼ94: si tratta di
una tomba a camera dell’età orientalizzante realizzata con lastre
di travertino di Rapolano che costituivano le pareti e la pavimentazione.
La tomba conteneva la deposizione di un uomo
e di una ragazza. Gli oggetti ne caratterizzavano la condizione:
armi, scudi, gratelle associate ai banchetti con funzione rituale,
coltelli, delicatissimi vasi potori, oltre a oggetti di avorio come
una pisside e un pettine e molti rocchetti da usare per la filatura,
fibule e altri monili preziosi. La deposizione di carri e calessi
nelle tombe di età orientalizzante e arcaica è comune nell’Italia
centrale (non solo Etruria, ma anche Latium Vetus, agro Falisco,
Sabinia, Umbria e ambito Piceno) e dimostra un forte
legame con le ideologie delle aristocrazie gentilizie. Altri reperti
illustrano l’arte e la ricchezza delle classi dominanti etrusche
che abitarono questo territorio dal VII sec. a. C. all’epoca romana.
Interessante è la ricomposizione della disposizione delle
urne sovrapposte l’una all’altra della tomba seconda dalle
necropoli di Poggio Pinci, in cui l’ultima
urna in alto presenta un’iscrizione
latina nella forma “HEPENIUS”
sempre della stessa famiglia “HEP-
NI”, che dimostra gli stretti rapporti
tra aristocrazie etrusca e romana.
www.museisenesi.org
www.visitcretesenesi.com
Cornici Ristori Firenze
www.francoristori.com
Via F. Gianni, 10-12-5r
50134 Firenze
Le teche con alcuni reperti
La sala con il trittico di Ambrogio Lorenzetti
PALAZZO CORBOLI
13
Occhio
critico
A cura di
Daniela Pronestì
Patrizia Casagranda
Volti femminili contro ogni forma di discriminazione
di Daniela Pronestì
Nel panorama artistico contemporaneo accade spesso
che linguaggi tra loro molto diversi convivano nella
stessa opera senza distinguersi l’uno dall’altro ma
combinandosi insieme in un nuovo linguaggio. È una conquista
della modernità aver reso fluida la distinzione tra generi artistici,
così come aver superato il pregiudizio che non molto tempo
fa riteneva inconciliabili registri aulici e ricerche sperimentali.
L’ibridazione di mezzi espressivi e stilistici all’apparenza distanti
è diventata oggi condizione indispensabile alla vitalità del fare
artistico. Per la pittrice italo-tedesca Patrizia Casagranda
– tra le protagoniste dell’edizione 2021 di Florence Biennale –
avvalersi di materiali e tecniche appartenenti ad ambiti differenti
è una scelta di stile che si riflette tanto negli aspetti formali
dell’opera quanto nel valore simbolico di una pratica artistica
“inclusiva”, sfaccettata, aperta alla diversità. Pur vivendo in
una società nella quale, grazie alle nuove tecnologie, è diventato
più facile comunicare, scambiarsi informazioni, entrare in
contatto anche in maniera virtuale, questo non basta a superare
le numerose barriere che ancora oggi dividono gli esseri
umani: l’intolleranza verso l’altro, la paura del diverso, le tensioni
generate dalle differenze culturali e religiose. Essere un’artista
socialmente impegnata significa per Patrizia Casagranda
non solo affrontare temi di grande attualità come la discriminazione
di genere e il mancato rispetto della diversità, ma anche
trasformare il corpo dell’opera nello specchio di una realtà
ideale che accoglie e valorizza le differenze, le integra, le rende
permeabili l’una all’altra. Nelle sue opere, infatti, la pittura
dialoga con il design pubblicitario, il quadro da parete con il
graffito urbano, il linguaggio dell’arte con i linguaggi desunti dal
vivere quotidiano. Lo stesso si può dire per le soluzioni tecnico-formali
che vedono riunite insieme diverse modalità di applicazione
del colore – steso, schizzato, “impresso” con l’aiuto di
stencil e griglie –, così come materiali artistici, quali carta e iuta,
vengono assemblati a scarti recuperati dalla strada, pigmen-
Green Diversity, pittura su tela di camion riciclata, cm 180x100
Orange Diversity, pittura su tela di camion riciclata, cm 180x100
14
PATRIZIA CASAGRANDA
ti cromatici mescolati ad impasti di malta e gesso. Dal punto di
vista realizzativo, si tratta di lavori ottenuti stratificando materia
e colore – da quindici a venti livelli di pittura in ogni opera –,
fino ad ottenere delle pitto-sculture che riproducono, nell’intenzione
dell’artista, un pezzo di muro dipinto e staccato dall’ambiente
originario come se fosse il frammento di un murales. Un
effetto che serve a calare l’opera nella vita di ogni giorno, tra le
strade di una metropoli qualunque, nelle anonime periferie dove
gli artisti raccontano le proprie storie sui muri e si consumano
ingiustizie ai danni delle categorie più deboli. Un contesto
che l’artista ha conosciuto da vicino durante un viaggio in India,
scoprendo le contraddizioni di un paese che, pur essendo
evoluto e moderno in molti ambiti, relega ancora le donne ai
margini della società. È nato così il bisogno di raccontare questa
esperienza con il ciclo di opere intitolato Kalbelia, in cui la
condizione delle giovani donne indiane diventa vessillo di qualunque
forma di disuguaglianza ed emarginazione. Un atto di
denuncia che ritorna in altri due cicli, Diversity e Belief, sempre
con la figura femminile ad incarnare i diritti negati di tutti coloro
che subiscono discriminazioni o vengono esclusi dalla vita sociale.
Trarre ispirazione dall’arte di strada serve alla Casagranda
non solo per avvalersi della semplicità e dell’immediatezza
di un linguaggio comprensibile a tutti, ma anche per richiamare
l’attenzione su quei contesti urbani in cui maggiormente si
annidano disagio, violenza, sfruttamento. Ecco perché questi
“muri sul muro”, come l’artista stessa li definisce, hanno il valore
di una testimonianza: parlano di donne umiliate, di diritti non
riconosciuti, di richieste d’aiuto rimaste inascoltate. E allo stesso
tempo indicano la strada da percorrere affinché tutto questo
non accada più; l’unica strada possibile per consegnare alle generazioni
che verranno una società più equa.
Patrizia Casagranda è stata tra i vincitori del Premio Lorenzo il
Magnifico nell’ambito di Florence Biennale; per questo motivo,
dal 13 novembre al 4 dicembre, ha esposto nella sede dell’Accademia
delle Arti del Disegno in via Orsanmichele a Firenze.
Orange (Belief), pittura su cartone riciclato, cm 50x50
Blue Diversity, pittura su tela di camion riciclata, cm 180x100
Grey Blue (Belief), pittura su cartone riclato, cm 130x150
PATRIZIA CASAGRANDA
15
Dal teatro al
sipario
A cura di
Doretta Boretti
Massimo Salvianti
“I teatri segreti”: un progetto per raccontare in maniera
insolita la magia del palcoscenico
di Doretta Boretti / foto courtesy Massimo Salvianti
Ci troviamo al Teatro Niccolini di San Casciano in Val di
Pesa in compagnia di Massimo Salvianti, artista che
non ha bisogno di presentazioni perché la sua vita
professionale, trascorsa tra numerose interpretazioni teatrali
e cinematografiche, raffinate scritture e regie di spettacoli
e di film, è conosciuta e apprezzata da molti. Oggi siamo a
parlare con lui del suo progetto I teatri segreti. Questo lavoro
completa, involontariamente, quel percorso da noi iniziato
su queste pagine a luglio 2020 per parlare di un drone virtuale
alla ricerca dei teatri storici della Toscana. Massimo ci
porterà adesso nel suo progetto, con gli occhi acuti di una telecamera,
e ci farà entrare nei teatri, là dove lo spettatore da
solo non può arrivare.
Com’è nato questo progetto?
C’è di mezzo la pandemia, ovviamente, l’inverno trascorso
con i teatri chiusi e la necessità di inventarsi qualcosa, di fare,
di sentirsi vivi. Tutti, ma proprio tutti, dalla primavera del
2020 ci siamo impegnati per creare qualcosa, e, data l’impossibilità
di abitare il teatro nelle modalità consuete, ci siamo
inventati registi, sceneggiatori, attori di spesso banalissime
performance video che hanno stipato YouTube e ogni altra
piattaforma. Questa la spinta iniziale. Poi, visto che il “mezzo”
andava inflazionandosi eccessivamente, ho cercato di
attingere a quello che mi ha comunque reso meno difficile
scavallare la china pandemica e trarre qualche vantaggio dal-
In questa e nelle altre foto Massimo Salvianti a teatro
16
MASSIMO SALVIANTI
la mia passione quasi compulsiva per la lettura. I teatri vuoti,
un ossimoro. E allora riempiamoli di parole, di poesia, di scene,
di volti dipinti e in carne ed ossa. Usiamoli come una serie
di scatole cinesi che ad ogni apertura svelano una stanza
invisibile, uno spazio inusuale, non frequentato spesso da alcuno:
soffitte, volte, spazi tecnici, sottopalchi, ma anche le
platee, i palcoscenici usati in maniera magari non ortodossa,
un po’ sghemba… D’altronde, mancando il pubblico, cos’altro
si poteva fare?
Il percorso è suddiviso in sei parti per altrettanti teatri,
giusto?
Sì, è un percorso in sei parti. Sono sei perché ho deciso
che dovevo farmi guidare e che la mia guida dovessero essere
le sei lezioni americane di Calvino. I sei concetti, che
secondo lui dovevano essere alla base della letteratura del
terzo millennio, potevano essere di ispirazione per viaggiare
attraverso quei mondi spesso inaspettati che sono i
MASSIMO SALVIANTI
17
teatri quando non ci limitiamo a stare seduti in poltrona a
guardare o sul palcoscenico a recitare. Leggerezza, rapidità,
esattezza, visibilità, molteplicità, coerenza: sei parole, sei
teatri. Decine di poesie, brani letterari, scene teatrali ispirate
a quelle parole, direttamente suggerite da Calvino o dovute
alla suggestione dei suoi consigli sul come e sul perché ci
sia la necessità di scrivere ancora, di recitare ancora e ancora
di ascoltare e guardare: bocche, occhi e orecchi spalancati.
Boccaccio, Leopardi, Kavafis, Leonardo da Vinci e Galileo
Galilei, Beckett e Shakespeare, Simic e Montale, Cavalcanti e
Bob Dylan, e via dicendo…
Scruti e poi scavi nei ricordi, nella memoria, alternando il
presente al passato remoto e intessendo parole narrate da
capaci attori con immagini reali o costruite con dovizia, tali
da proporre fantastici percorsi della fantasia individuale.
Per questa regia, così particolare e così ben articolata,
a che cosa ti sei ispirato?
L’ispirazione è una cosa complicata e semplicissima, ma non
sempre la si riconosce per quel che è. Intuisci una scena, leggi
un pezzo e ti balenano nella mente un tot di possibilità. Poi
scegli la più facile? La più complicata? Chissà... So solo che
la macchina da presa ti dà così tante possibilità, si può volare,
non scherzo, si può sovrapporre, isolare, andare avanti
e indietro nel tempo, e per me era la prima volta dietro la
macchina e mi son fatto prendere la mano. Ed ecco un drone
volteggiare intorno a un lampadario, un attore cavalcare
una trave di sostegno della volta di un teatro, un altro recitare
Moby Dick sospeso sulla cupola di un altro teatro ancora.
Ed è stato, finora almeno, assai divertente, rigenerante, oserei
dire. Ovviamente nulla sarebbe stato possibile senza la
genialità di Johan Tirado, il video maker dietro la macchina
da presa e dietro allo schermo del montaggio. Con lui mi son
sentito così libero che qualsiasi idea, anche la più balzana, è
parsa possibile, almeno sperimentabile. Nelle prime tre puntate
girate a San Casciano al Teatro Niccolini, a Figline al Garibaldi
e a Siena ai Rozzi, abbiamo ripreso le scene e giocato,
immaginato e sperimentato, insomma una goduria, con i miei
sodali di Arca Azzurra, con ragazzi e ragazze, con ospiti del
calibro di Alessandro Benvenuti, con bambine ballerine, con
musicisti fantastici, con pittori…
Con questo tuo lavoro hai raggiunto numerose persone
confinate nelle loro abitazioni durante il periodo più tragico
della pandemia. Un momento terribile, in particolare,
proprio per il mondo dello spettacolo. Adesso ci sono
le riaperture, ma confido che il tuo progetto andrà ancora
avanti. Quindi, a quando i prossimi appuntamenti e su quale
piattaforma ti possiamo seguire?
Abbiamo in programma altre tre puntate per il prossimo inverno.
Finora abbiamo affidato i nostri mini film a YouTube,
ma stiamo pensando di usare anche altre piattaforme più
specifiche e di contattare emittenti televisive come Rai 5 o
Sky Arte. Il progetto andrà comunque avanti, e poi, forse, ne
cominceremo un altro...
I video del progetto “I teatri segreti” sono visibili sul canale
YouTube: Associazione Arca Azzurra
18 MASSIMO SALVIANTI
A cura di
Luciano e Ricciardo Artusi
Curiosità storiche
fiorentine
Il ceppo fiorentino, un’antica tradizione natalizia
Testo e foto di Luciano e Ricciardo Artusi
La parola “ceppo” è utilizzata
dai fiorentini con diversi
significati: addirittura anche
quale sinonimo del Santo Natale.
Ma quello che interessava i
bambini fino al secolo scorso, era
il ceppo porta dolci e porta regali,
cioè quella piccola piramide di legno
dove i doni venivano collocati
proprio per loro. Una volta, la sera
della solenne festa cristiana più
popolarmente sentita, molte famiglie
si raccoglievano intorno al
canto del fuoco a riscaldarsi allo
scoppiettare del ceppo che ardeva
nel camino, in attesa della mezzanotte,
ora fatidica per scambiarsi i
rituali auguri e poi andare tutti alla
tradizionale messa di mezzanotte.
Ma, prima di quell’ora, i ragazzi venivano
allontanati per pochi minuti
dal camino per poter consentire
ai genitori, parenti e amici di addobbare
il ceppo e apporvi i regali. Il ceppo fiorentino
Il ceppo di Natale, come già accennato,
aveva la forma di una piramide allungata con base
triangolare o quadrata, a tre o quattro ripiani, ornata di pigne
dorate, ramoscelli d’abete, fiori di carta colorata e candeline.
Sui piani superiori si trovavano i regali desiderati, insieme
a dolcetti e frutta, mentre in quello più basso troneggiava
un piccolo presepe, che per noi è sempre stato la capannuccia.
Solo al segnale convenuto, che in genere era il battere
della paletta o delle molle di ferro sugli alari, i bambini rimasti
in ansiosa attesa rientravano precipitosamente nella
stanza a prendersi i doni. Questi ceppi portadoni venivano
fabbricati direttamente in casa, unendo al vertice tre o quattro
aste, poi divaricate e connesse ai ripiani, oppure acquistati
già pronti da venditori ambulanti o presso i banchi sotto
le Logge del Mercato Nuovo al Porcellino. Altro significato
della parola ceppo era la grossa radice dell’albero che arde-
Luciano Artusi, a sinistra, con il figlio Ricciardo
va nel camino intorno al quale si riunivano le famiglie: più a
lungo il ceppo bruciava e più si credeva si allungasse la vita
dei familiari. Quando era ben infuocato, lo si batteva con le
molle affinché sprigionasse delle faville, le cosiddette “monachelle”,
dalle quali venivano tratti auspici propiziatori. Dante,
nella sua Commedia (Paradiso, canto XVIII), accenna così
a questa emotiva superstizione della dabbenaggine degli uomini:
«Poi come nel percuoter de’ ciocchi arsi surgono innumerabili
faville, onde li stolti sogliono augurarsi». La mattina
di Natale le ceneri venivano raccolte per essere poi sparse
nei campi o nei giardini a protezione delle colture. Il termine
“ceppo”, inoltre, era usato dai nostri antenati anche quale
sinonimo di “regalo”, come pure per indicare la “mancia” data
ai garzoni delle botteghe e a chi aveva prestato dei servizi,
così chiamata perché elargita con la mano mancina ossia
quella della parte del cuore. Si chiamava ceppo pure quella
piccola cassettina – un pezzo di tronco svuotato – dove
si potevano introdurre le elemosine e che si trovava nelle
chiese e negli ospedali. Come si può constatare il vocabolo
ceppo, pur avendo più significati, era però legato al comune
denominatore di festa-regalo. Il ceppo di Natale è scomparso
dall’uso comune nel Novecento sostituito dall’attuale abete
di origine nordica, che ha preso il sopravvento. Speriamo
che anche con il moderno e scintillante abete possa continuare
il senso ed il valore della famiglia, dell’amore e della
pace fra la gente, come al tempo del ceppo.
IL CEPPO FIORENTINO
19
Incontri con
l’arte
A cura di
Viktoria Charkina
Roberto Braida
Visioni oltre il tempo, alla ricerca di autenticità
di Viktoria Charkina
Com’è nata la tua passione per l’arte?
Ho sempre sentito l’esigenza di immergermi nel mondo
dell’arte. Essendo di La Spezia, non ho avuto la possibilità
di avere un’istruzione in questo ambito perché l’istituto d’arte
più vicino era a Carrara, logisticamente troppo difficile da
raggiungere per un bambino a quei tempi. Così ho fatto il mio
percorso da autodidatta, dedicando tante ore allo studio della
storia dell’arte. Devo dire che l’eredità che ci hanno lasciato
i maestri del passato mi ha dato tanta ispirazione e mi ha
aiutato a sviluppare, con grande consapevolezza, il mio linguaggio.
Quali sono stati gli artisti che hanno particolarmente influito
sul tuo percorso?
Sono un grande appassionato di storia e del mondo antico,
essendo pienamente convinto che la modernità non può
esistere senza la conoscenza del passato. Raffaello e Bronzino
sono i due artisti che mi hanno colpito per il loro talento,
la loro genialità e la loro bellezza impegnativa. Parlando
di artisti moderni, invece, sicuramente i linguaggi surrealisti
e metafisici di Dalì e de Chirico mi hanno dato tanta ispira-
Roberto Braida al lavoro
zione, come anche il Suprematismo di Malevich. Sento anche
molto vicino Mondrian, in quanto nella mia pittura temi
come l’enigma e l’inquietudine sono sempre presenti. Alla
fine, ci si identifica sempre con una corrente con la quale
troviamo similitudini. In realtà, potrei evidenziare veramente
tantissimi pittori che apprezzo, perciò forse è più facile
dire quali sono gli artisti che non mi attraggono: quelli che
Notte di falene (2021), olio su tela, sabbie e polvere oro, cm 100x150
20
ROBERTO BRAIDA
hanno dei fini molto diversi dai miei e portano
l’arte in un’epoca di crisi.
A cosa ti riferisci in particolare?
A mio avviso l’arte contemporanea non è di
grande stimolo. In generale, oggi il talento viene
spesso messo in secondo piano. Sono apparse
diverse mode, operazioni commerciali e
tentativi di stupire lo spettatore. Non credo che
l’arte debba stupire, deve essere un colloquio. È
una disciplina magica che permette un contatto
intimo con lo spettatore e deve rimanere incontaminata.
Per questo non seguo le tendenze
del momento e rimango fedele al mio codice di
appartenenza che è la somma delle mie esperienze.
È comprensibile essere ambiziosi e desiderare
il successo, ma ciò non deve diventare
l’elemento primario per far scattare la creatività, perché altrimenti
si rischia di fare cose commerciali per un mercato che
prevede determinati prodotti al pubblico del momento.
Molto tempo fa (2021), olio su tela, sabbie e polvere oro, cm 100x150
La scelta di esporre in un luogo sacro ti ha permesso di avviare
un dialogo fra arte e fede. Qual è la carica spirituale
dei tuoi dipinti?
Le tue prossime mostre in programma?
In questo momento sto lavorando ad una serie di dipinti, intitolata
Spazi Emozionali, che sarà esposta in primavera a Lucca in
una mostra personale. Sono le mie visioni che si trasformano
in luoghi emotivi puri e intatti. Mentre la primavera scorsa una
mia mostra ha avuto luogo in una piccola chiesa gotica, Santa
Maria della Spina a Pisa. Vi erano esposte tre grandi tele che
comunicavano fra di loro come se fossero un’installazione. Ho
scelto di esporre soltanto tre dipinti per non invadere il luogo
sacro e lasciarlo, il più possibile, immutato. La mostra s’intitolava
Il tempo sospeso e alludeva alla pandemia. La mia idea
era di creare un’immagine positiva verso il futuro, come del resto
faccio nella vita: vivo con speranza e ottimismo.
La mia visione intima e personale sulla spiritualità mi ha
sempre permesso di vedere la bellezza nella forza di un disegno,
nella vibrazione di un colore e nella grazia della natura,
con i meravigliosi paesaggi che ci circondano. Vedo Dio in un
fiore nel campo, in una nube remota sull’orizzonte, nei buoni
gesti delle persone e nelle forme autentiche e innocenti. Quarantacinque
anni fa, quando mi sono sposato con mia moglie
che è tuttora la compagna della mia vita, abbiamo scelto
per le nozze una piccola chiesa privata di una famiglia che rimase
stupita da tale richiesta, in quanto siamo stati i primi a
volersi sposare lì. In quella chiesetta spoglia e povera ho trovato
un’intimità incredibile con l’aldilà. L’individuo trova la verità
se riesce a non essere contaminato dalle situazioni che
ci vengono indotte e questa sensazione di genuinità e il ritorno
all’autenticità è quello che trasmetto nelle mie opere.
Puoi dirci di più su cosa vorresti comunicare con le tue
opere?
La danza delle ombre (2021), olio su tela, sabbie e polvere oro, cm 120x120
Mi sembra che l’uomo, distratto dall’epoca di successi tecnologici
in cui viviamo, abbia dimenticato il vero motivo della
sua presenza sul nostro pianeta. Per questo motivo, in tutti i
quadri che produco, inserisco i valori fondamentali che servono
per raggiungere l’armonia dell’anima. I miei paesaggi
sono visioni intime i cui colori invitano lo spettatore a compiere
un viaggio all’interno di un mondo fatto di poesia, consapevolezza,
amore e vita. Servendomi di tecniche ricercate,
racconto favole semplici e fruibili da tutti. Nei miei dipinti la
linea d’orizzonte è l’altrove che tutti cerchiamo. Un mio dipinto
si crea con la forza interiore che porta alla narrazione; lo
spettatore viene rapito da questo racconto liquido. Le persone
condividono con me un percorso di vita entusiasmante attraverso
i dipinti che fanno riflettere su valori fondamentali
quali l’onestà, la fedeltà e i sacrifici per il prossimo che rendono
il nostro mondo un posto migliore.
ROBERTO BRAIDA
21
Dimensione
salute
A cura di
Stefano Grifoni
Movimento e alimentazione
contro i dolori reumatici
di Stefano Grifoni
I
punti di vista di scrittori, filosofi, scienziati sul dolore
e la sofferenza sono molteplici. Per alcuni il dolore
è un insegnamento e uno strumento per conoscere
sé stessi, per altri il dolore – insieme alla morte – è la più
grande maledizione che possa colpire l’uomo. In realtà chi
ne soffre cerca sempre una soluzione al problema. I farmaci
antidolorifici alleviano momentaneamente il dolore
ma non possono essere usati costantemente per il pericolo
di emorragie gastriche. Esistono invece alcune buone
pratiche che se utilizzate costantemente possono ridurre
e tenere a bada i dolori reumatici. Sciogliere i muscoli
al mattino con un bagno o una doccia calda, praticare una
ginnastica leggera e passeggiare con indumenti che proteggono
il corpo dall’aria fredda, una dieta ricca di vitamina
C, indispensabile per la formazione del collagene e
per la funzionalità di ossa e cartilagini, potrebbero essere
rimedi semplici per ridurre i dolori articolari. Il limite di
ogni dolore è un dolore più grande.
Stefano Grifoni è direttore del reparto di Medicina e Chirurgia di Urgenza del pronto soccorso
dell’Ospedale di Careggi e direttore del Centro di riferimento regionale toscano per la diagnosi
e la terapia d’urgenza della malattia tromboembolica venosa. Membro del consiglio nazionale
della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza, è vicepresidente dell’associazione
per il soccorso di bambini con malattie oncologiche cerebrali Tutti per Guglielmo e membro tecnico
dell’associazione Amici del Pronto Soccorso con sede a Firenze.
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DOLORI REUMATICI
A cura di
Emanuela Muriana
Psicologia
oggi
La prostituzione relazionale
Mai deludere gli altri
di Emanuela Muriana
Tutti ti valutano per quello che appari. Pochi comprendono
quel che tu sei» scriveva Niccolò Machiavelli
mettendo in guardia dai possibili effetti di strategie
«di comunicazione fallimentari. Prostituzione relazionale è un'espressione
volutamente provocatoria, che descrive un atteggiamento
comunicativo e comportamentale “eccessivamente
altruista”. Il bisogno di essere amati e il bisogno di essere popolari
sembra essere un bisogno primordiale – e oggi più che mai
– ma il bisogno di essere amati da tutti ne è l’espressione disfunzionale.
È proprio il dover nutrire questa fame di accettazione e
compiacimento a rendere apprezzabile e popolare chi ne è affetto
in quanto iperdisponibile, attento ai bisogni altrui, sensibile e
abnegato al consenso. Attualmente “la prostituzione relazionale”
è diventata una regola e non un’eccezione: quando una persona
si “prostituisce” pur di avere il consenso, è eccessivamente
disponibile, eccessivamente attenta a cosa le viene rimandato
dagli altri, perde di vista se stessa e i propri bisogni. Certo è un
copione relazionale funzionale, se recitato strategicamente per
raggiungere un obiettivo o per tempi brevi. Andare oltre la doverosa
buona educazione invece fa correre il rischio di sconfinare
in una perdita di dignità. Emblematico un vecchio film del 1968,
dall’altrettanto emblematico titolo, Sissignore, interpretato da
Ugo Tognazzi. L’eccesso di disponibilità comporta rischi: quando
la persona deve far fronte a delle decisioni si trova davanti al
dilemma di poter far torto o irritare qualcuno e mettere, di conseguenza,
in pericolo la propria reputazione. È questo il momento
in cui si crea lo smarrimento, in quanto è prioritaria la propria prepotente
esigenza di sentirsi amata, stimata, benvoluta… da tutti.
Così la persona vive sempre in affanno, nel tentativo di evitare
l’emarginazione, le squalifiche, i rifiuti ritenuti probabili o inevitabili,
costretta ad essere camaleontica “yes- woman” o camaleontico
“yes-man”. Il camaleonte non cambia affatto il suo colore in
virtù di un qualche piano: è solo per paura che si trasforma, poiché
è per natura codardo e vile (Plutarco). È per paura che si crea
una convinzione distorta: «Se la gente conoscesse chi sono realmente
non mi apprezzerebbe». Da qui la necessità di fare di tutto
per non essere scoperta e respinta; fare sempre di più per gratificare
gli altri, sentendosi di conseguenza ancora più frustrata/o
o impotente in quanto l’asticella del “sempre di più” si alza continuamente.
Mentire per uniformarsi al pensiero di coloro che
frequenta, per paura di essere rifiutati o per paura vengano scoperte
le proprie carenze. Rimanere cortesi, con tutti, diventa una
precauzione per l’intravista sofferenza da evitare, parente della
depressione. Quel che manca loro è la difesa morale. Precauzione
che nel lungo periodo può far sorgere anche severe sofferenze
psicologiche con sintomi che possono essere risolti solo se si
trasforma il difensivo copione relazionale. «Scopri chi sei – disse
Mahatma Gandhi – e non avere paura di esserlo».
Lettura consigliata:
Le relazioni dipendenti / Quando l’altruismo diventa patologico
Emanuela Muriana è responsabile dello Studio di Psicoterapia Breve
Strategica di Firenze, dove svolge attività clinica e di consulenza.
È stata professore alla Facoltà di Medicina e Chirurgia presso
le Università di Siena (2007-2012) e Firenze (2004-2015). Ha pubblicato
tre libri e numerosi articoli consultabili sul sito www.terapiastrategica.fi.it.
È docente alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Breve Strategica.
Studio di Terapia Breve Strategica
Viale Mazzini 16, Firenze
+ 39 055 242642 - 574344
emanuela.muriana@virgilio.it
PROSTITUZIONE RELAZIONALE
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Lorella Pubblici
La forza della verità in pittura
Amore al tempo del Covid, olio su tela, cm 50x40
lorellarte@gmail.com
A cura di
Silvia Ciani
I consigli del
nutrizionista
Olio extravergine di oliva
Conoscerlo per apprezzarlo
di Silvia Ciani
La coltivazione degli olivi è antica, risale forse a 6000 anni
fa in Mesopotamia ad opera dei Fenici. Rispetto alla
lavorazione del grano per fare il pane, dell’uva per fare il
vino e del latte per fare il formaggio, non dovendo né cuocere né
fermentare, la lavorazione delle olive per estrarre l’olio sembrerebbe
richiedere una tecnica più semplice, essendo l’oliva solo
raccolta e poi strizzata. In realtà nel tempo si sono perfezionati
i metodi di coltivazione, raccolta e stoccaggio, ed evolute le tecniche
per migliorarne e ottimizzarne l’estrazione fino ad arrivare
ai moderni frantoi automatizzati in cui ogni procedura è monitorata
e controllata. Attraverso il processo estrattivo si ottengono
prodotti appartenenti a diverse categorie commerciali (extravergine,
vergine, di oliva, di sansa, lampante e raffinato) alcuni edibili,
altri no, e classificabili in base alle caratteristiche chimiche e
organolettiche. In particolare, l’olio di oliva extravergine è ritenuto
da molti ricercatori il primo alimento “nutraceutico” naturale
nella storia dell’uomo essendo in grado di svolgere una funzione
benefica sulla salute sia in fase terapeutica che preventiva.
Oltre che per la composizione prevalente in acidi monoinsaturi
(più del 70% di acido oleico) e polinsaturi (10% acido linoleico,
un Omega 6), le caratteristiche nutraceutiche dell’olio extravergine
sono da attribuire alla presenza di composti ad attività antiossidante,
i polifenoli, di cui un olio extravergine di qualità è
Emma Mantovani e Matteo Nutini dell'agriturismo Casa Pietraia a Certaldo
molto ricco. Tali composti concorrono anche alla definizione del
sapore, dell’aroma, del gusto, della capacità di conservazione, e
possono variare a seconda delle cultivar (piante diverse come
leccino, frantoio, moraiolo coratina, nocellara, etc.) o delle zone
di origine (regioni o nazioni diverse) nonché dalla metodologia
di spremitura a freddo (per pressione, per centrifugazione o
per percolamento). Una dose di 30/40 gr. al giorno di olio extravergine
di oliva si sta dimostrando essere un vero elisir di lunga
vita se associata a sane abitudini alimentari e ad uno stile di vita
attivo. Dobbiamo però riscoprire le antiche tradizioni culinarie
e imparare ad abbinare i cibi giusti caratteristici della dieta mediterranea,
per far sì che l’azione di questo elisir sia potenziata
oltre che apprezzata. In qualità di tecnico assaggiatore di olio
d’oliva e di nutrizionista mi occupo di incentivare e promuovere
eventi in cui l’olio e la salute siano protagonisti. Tra questi segnalo
l’attività dell’agriturismo Casa Pietraia (www.pietraia.it) a
Certaldo, i cui proprietari, Emma Mantovani e Matteo Nutini, anche
loro tecnici assaggiatori, sono in grado di offrire un’occasione
unica per iniziare a migliorare la nostra salute all’insegna
della convivialità: qui, fra le colline del Chianti, in mezzo agli olivi,
è possibile prenotare pranzi o cene in cui si fa uso di ricette antiche,
di ingredienti freschi e locali, il tutto accompagnato da olio
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in azienda) da imparare a degustare
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I giganti
dell’arte
Francis Bacon
L’artista del tormento esistenziale
di Matteo Pierozzi
Francis Bacon nasce a Dublino nel 1909. Il padre, di nobili
origini, discende dal poeta, omonimo dell’artista, Francis
Bacon. È un uomo iracondo e tirannico, incapace d’accettare
l’omosessualità del figlio. Dopo l’ennesimo contrasto tra
padre e figlio, a soli 17 anni Bacon si trasferisce a Londra. I suoi
primi quadri guardano chiaramente a Cubismo e Surrealismo,
ma i suoi riferimenti sono Velázquez, Rembrandt e Cimabue. Nel
1934, organizza una presentazione alla Transition Gallery: i critici
osteggiano la sua arte. Due anni dopo una sua opera viene rifiutata
in occasione della Mostra Internazionale Surrealista. A causa
delle innumerevoli critiche, Bacon distrugge molti dei suoi dipinti,
tanto che non esiste alcun lavoro finito tra il 1937 e il 1941. Nel
1945, durante un’esposizione alla galleria Lefèvre di Parigi, l’opera
Tre studi di figure ai piedi di una crocifissione (1944) è fonte
di scandalo. La violenza delle immagini sciocca il pubblico, già
toccato dalle drammatiche scene della seconda guerra mondiale.
Il trauma delle fosse comuni riemerge in quei corpi nodosi e
torturati, ridotti ad uno stato più spregevole di quello delle carogne.
Un trattamento pittorico che Bacon riserverà alle figure per
l’intera durata della sua carriera. Che si tratti di uomini o animali,
la corruttibilità della carne ispirata a Velázquez inonda i suoi dipinti
(Study of man dog, 1952). «Dipinge teste, non volti» sottolinea
il filosofo Gilles Deleuze in un suo famoso saggio. Bacon
vive a credito con i galleristi, beve e gioca in modo compulsivo
Studio dal Ritratto di Innocenzo X di Velàzquez (1953)
Autoritratto (1969)
e tra il 1946 e il 1950 frequenta il Casinò di Monte Carlo. In questo
periodo, inizia una serie sui papi ispirata ancora a Velázquez,
in particolare un terrificante Innocenzo X con carcasse di animali.
All’inizio degli anni Cinquanta incontra Lucian Freud: tra i due
comincia una relazione durata tre decenni e vissuta tra amore,
amicizia, sproloqui e gelosie reciproche. Bacon non si priva delle
proprie libertà: riprendendo lo stile delle cronofotografie di Muybridge,
si rappresenta in piena copulazione con il proprio amante
Peter Lacy (Two Figures, 1953), mettendo in scena un’esistenza
fatta di sesso, violenza e alcolismo pesante. Nel 1954, partecipa
alla Biennale di Venezia e qualche anno dopo, nel 1958, si tiene
la sua prima personale in Italia alla galleria Galatea di Torino. Nel
1961, torna a Londra, in uno studio con centinaia di pennelli, tele
e riviste. L’opera Tre studi per una crocifissione (1962) presenta
toni lugubri di neri e rossi sanguinanti. Le sue quotazioni aumentano,
ma lui s’indebita sempre di più. Si unisce alla Marlborough
Gallery che gli promette uno stipendio e una mostra alla Tate
Gallery. L’esposizione si svolge nel 1962 in un’atmosfera gelida: il
giorno prima dell’apertura, il suo amante si era suicidato. La tragedia
si ripete nel 1971, durante una retrospettiva organizzata al
Grand Palais: il giorno prima dell’inaugurazione, George Dyer, altro
amante del pittore, viene trovato morto in una stanza d’albergo.
Ispirato da questi tragici eventi, Bacon dipingerà più avanti
uno dei suoi trittici più drammatici: Triptych, May-June 1973. A
questo punto della sua carriera ha ormai raggiunto la celebrità
e frequenta le star dello spettacolo,
tra cui il cantante Mick Jagger di cui
dipinge un ritratto mutilato (1982).
Muore a Madrid nel 1992, lasciandosi
alle spalle un lavoro crudo, ma
vero, come la sua vita. Sul mercato,
i suoi trittici iconici sono tra i più popolari.
Nel 2013, Three Studies of Lucian
Freud (1969) è stato venduto per
104,5 milioni di euro da Christie’s a
New York, restando per molto tempo
l’opera più pagata al mondo.
FRANCIS BACON
27
La voce
dei poeti
Le liriche di Isabella Cipriani
di Isabella Cipriani
quale il tuo segreto
non seppi
lucido specchio
tu estranea sostanza io
mio caro amato
quando sentii fuggire
il vello di cuoio
rimasi senza sella
nulla m’appartiene
neppure il mio nome
né la disgrazia né le avventure
isabella.cipriani@yahoo.it
Testi tratti dalla silloge àmina; menzione speciale Premio Internazionale di Poesia e Letteratura Kalos 2021.
28
ISABELLA CIPRIANI
Personaggi
Luigi Maio
Il celebre “musicattore” premiato a Santa Margherita Ligure per
lo spettacolo Dante in 3D
di Maria Grazia Dainelli / foto courtesy Luigi Maio
Lo scorso 21 settembre a Villa Durazzo
(Santa Margherita Ligure) il “musicattore”
Luigi Maio ha ricevuto dal Centro
Internazionale di Studi Italiani dell’Università
di Genova il Premio Dante Alighieri 2021 “quale
più emozionante interprete di Dante” con lo
spettacolo Inferno da camera – Dante in 3D.
Un significativo riconoscimento ad un artista
di rilievo che ha ottenuto successi anche a livello
internazionale. Il professor Mosetti Casaretto
ha definito l’interpretazione di Maio “il
primo Dante in 3D”, trattandosi di uno spettacolo
in cui, anziché limitarsi a leggere la Divina
Commedia, ciascuno dei personaggi viene
interpretato come individuo e come anima
grazie ad un virtuoso ed inedito trasformismo
mimico-vocale che ammalia il pubblico mettendo insieme capacità
teatrali e doti musicali. Sull’assoluta novità di questo
spettacolo, Casaretto aggiunge: «Si tratta di una lettura di
Dante non solo inedita, ma “inaudita” nel senso etimologico
del termine, cioè mai ascoltata, perché veicola una fruizione
polifonica della Commedia, che è diversa e tridimensionale
e che ci appare superiore a tutte le altre letture dantesche».
Maio è stato convocato all’ambasciata italiana a Londra per
mettere in scena il suo Dante in 3D durante un charity gala finalizzato
a finanziare borse di studio per studenti italiani ad
Oxford e Cambridge. La sua abilità attoriale è stata apprezzata
anche a Firenze in occasione del suo intervento al Premio
Francesco I de’ Medici, durante il quale ha ricevuto i complimenti
dell'attuale presidente della Regione Toscana Eugenio
Giani. In scena, Luigi Maio rivela doti, per così dire, “medianiche”,
è un istrione/stregone del palcoscenico, che diverte,
La lectio magistralis del musicattore a Villa Durazzo in occasione della consegna del premio
Roberto Sinigaglia (a destra) consegna il Premio Dante Alighieri 2021 a Luigi Maio
spaventa e commuove al contempo, posseduto dai numerosi
personaggi della Commedia, fino a catturare, con il suo entusiasmo,
il pubblico più trasversale e diversificato per età,
gusto e cultura. «Un interprete che sa rendere gradevoli anche
i diavoli e i peggiori peccati, capace di trasmettere a qualunque
spettatore i messaggi più alti e più complessi della
Commedia», afferma il dantista Francesco De Nicola, presidente
della Società Dante Alighieri di Genova che nel libro
Dante tra noi definisce quella di Luigi Maio un’interpretazione
“moderna e attraente”. Al momento della consegna del
premio a Santa Margherita Ligure, Maio ha dedicato l’importante
riconoscimento agli amati genitori: «Quand’ero piccolo
mia madre, attrice e regista, amava leggermi alcuni passi
dell’Inferno. Incantato dalla sua voce e dalla sua mimica, non
volevo che si fermasse mai. Mentre mio padre, grande scalatore,
mi portava con sé per sentieri e dirupi morenici valdostani
e trentini: indimenticabile la vista
dei Lavini di Marco a Rovereto che pare
abbiano ispirato Dante per la “ruina” del
XII canto dell’Inferno». Va ricordato che
Maio è anche architetto: «Avevo paura
che, facendo il musicattore, sarei finito
sotto i ponti. Così ho studiato architettura
per progettarmeli con tutti i comfort».
La sua toscanità poliedrica si palesa anche
nei testi dei suoi spettacoli rigorosamente
in rima, nell’originalità delle sue
composizioni musicali e nella sua abilità
pittorico/ritrattistica grazie alla quale le
sue tavole infernali “fiammeggiano” con
graffiante ironia nel Dante in 3D.
LUIGI MAIO
29
Quando tutto
ebbe inizio…
A cura di
Francesco Bandini
Genesi di un mito
Babilonia, lo splendore orgoglioso dei Caldei
di Francesco Bandini
“
Ora tutta la terra – racconta la Bibbia – aveva una
sola lingua e parole uguali. Quando vagarono
nella parte d’Oriente gli uomini capitarono in una
pianura del paese di Sennaar e vi si stabilirono. E si dissero
l’un l’altro: «Ora facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco». Il
mattone servì loro invece della pietra e il bitume invece della
malta. Poi essi dissero: «Orsù, costruiamoci una città e una
torre, la cui sommità sia in cielo e facciamoci un monumento
per non essere dispersi sulla faccia della terra»… ma Jahvè li
disperse ed essi cessarono di costruire la città. Per questo si
chiamò Babel, perché la Jahvè confuse la lingua di tutta la terra
e la Jahvè li disperse di là sulla faccia della terra”. In questo
episodio, identificato da tutta la letteratura come “storia
della Torre di Babele”, compare per la prima volta nella Bibbia
il nome di Babilonia nella forma abbreviata e originale di Babel
e ne viene data una etimologia che resiste ormai da oltre
2500 anni come luogo della disorganizzazione più totale, il caos
appunto (Bab-il: “caos”; Bab-el: “la porta di Dio”). Ma nono-
Nel 1978, Saddam Hussein, sotto l’egida delle Antichità Irakene, aveva avviato la ricostruzione di Babilonia ora stranamente somigliante a una cartolina hollywoodiana. Babilonia
era il sito più visitato dell’Iraq prima della guerra; ora sono soprattutto i soldati americani, qui davanti alla ricostruita porta di Ishtar, che popolano la città ricostruita.
30
GENESI DI UN MITO
I giardini pensili di Babilonia (XX secolo), guache su carta, scuola inglese
Particolare delle mura di Babilonia con le effigi a rilievo di animali feroci
stante l’aspetto e il significato negativo del nome, dobbiamo
invece sottolineare come Babilonia sia la prima e più antica
città del mondo e per lungo tempo la più splendida di tutte le
città antiche, tanto da essere considerata dai Greci una delle
sette meraviglie di mondo. Non per nulla Alessandro Magno
la volle come capitale del suo impero e lo stesso Ciro, il re dei
persiani, il conquistatore di Babilonia, Harran, Uruk e Ninive,
prima di lui aveva dato l’ordine ai suoi soldati di non distruggere
la spettacolare capitale, ricca di palazzi monumentali quali
la Torre di Babele, i famosi giardini pensili, la porta di Ishtar e
la via della Processione. Gioielli urbanistici di cui tutti i grandi
scrittori classici, da Erodoto a Berosso, Strabone, Diodoro Siculo
e Curzio Rufo, lasciarono notizie che si rivelarono preziose
quando gli archeologi del XIX secolo ritroveranno i resti dei
forni per cuocere i mattoni e le ceramiche, fino alle incredibili
biblioteche contenenti una documentazione letteraria ancora
oggi non completamente venuta alla luce e tradotta. Questi
antichi poemi, dal titolo L’epopea di Gilgamesh, erano ben conosciuti
nelle civiltà che seguiranno, Assiro-Babilonesi, Israeliani,
Greci e Romani. Gilgamesh, leggendario re di Uruk, eroe
di numerosi racconti sumeri utilizzati dai Babilonesi, è il personaggio
chiave del poema e della intera sua vita. Quest’opera,
la più vasta finora ritrovata in Mesopotamia, è giunta a
noi in varie versioni e lingue; quella più lunga, in dodici canti,
proviene dalla biblioteca di Assurbanipal (VII sec. a.C.); si conoscono
inoltre traduzioni ittite e hurrite di alcune parti del poema.
Personaggio inquieto e turbolento, Gilgamesh opprime
gli abitanti di Uruk che si lamentano con gli dei. Questi inviano
allora la dea madre Aruru che
crea con l’argilla Enkidu, l’uomo
innocente della pianura,
il buon selvaggio destinato a
domare l’arrogante Gilgamesh
e a diventarne amico dopo
aver sostenuto con lui una lotta selvaggia. I due compiono
numerose imprese eroiche. Rimasto solo dopo la morte dell’amico
voluta dagli dei, Gilgamesh si domanda il perché della
morte e decide di mettersi alla ricerca dell’immortalità e del
solo uomo che sia riuscito a divenire immortale: Utna Pistin,
l’eroe del diluvio (il biblico Noè). Atzamhasis, l’eroe devoto del
dio Enki, al quale viene rivelata la futura catastrofe; nell’epopea
di Gilgamesh è chiamato Utna Pistin. Quest’ultimo gli indicherà
dove procurarsi la pianta dell’eterna giovinezza che
cresce in fondo al mare. L’episodio che più fa riflettere è la conoscenza
da parte del Noè biblico di questa pianta che potrà
donare a Gilgamesh. L’eroe, infatti, riuscirà a raccoglierla nella
profondità delle acque ma, risalito a terra, stanco dalla fatica,
vorrà riprendersi con un breve riposo. Ne approfitterà il serpente
in agguato per impadronirsi della pianta miracolosa. Il
serpente, come noto, cambia periodicamente la sua pelle ed è
per questo ripreso come simbolo dell’eterna giovinezza. Stanco
e deluso, l’eroe cercherà consolazione a Uruk contemplando
le potenti mura della sua città. Torniamo a Babilonia che si
stendeva sulle due rive dell’Eufrate. La ricostruzione mostra il
centro religioso della città, con il tempio di Marduk a destra,
l’Esagila e la famosa torre di Babele. Le grandi città della Mesopotamia
presentavano un assetto caratteristico: delle torri
templari erette su piattaforme sopraelevate. Queste torri raggiungevano
altezze notevoli per l’epoca, in particolare quelle
di Babilonia che erano ciascuna di sette piani (vedi ancora
oggi in Egitto la piramide di Saqqara, deformazione del termine
Ziqquarat, anch’essa di sette gradoni). Nel più alto dei sette
ripiani dedicato alla dea dell’amore Ishtar, risiedevano le
sue sacerdotesse, che per le loro “funzioni religiose”… sic!…
hanno fatto rimanere famoso per secoli il detto “Mi sento al
settimo cielo!”. È comprensibile che essa abbia colpito l’immaginazione
e che la Torre di Babele sia diventata nella Bibbia
il simbolo della Hibris.
GENESI DI UN MITO
31
Fleur Sirène, Assolo 1 (2021), tecnica mista su carta, coll. privata – Fleur Sirène, Assolo 2 (2021), tecnica mista su carta
Claudio De Col
Fleur Sirène / Assolo
Fleur Sirène, Assolo 5 (2021), tecnica mista su carta – Fleur Sirène, Assolo 6 (2021), tecnica mista su carta
Fleur Siréne, Assolo 3 (2021), tecnica mista su carta – Fleur Sirène, Assolo 4 (2021), tecnica mista su carta
Le opere di Claudio De Col sono visibili sul sito
della galleria Artistikamente di Pistoia www.artistikamente.net
Art C. De Col
claudiodecol@gmail.com
Fleur Sirène, Assolo 7 (2021), tecnica mista su carta – Fleur Sirène, Assolo 8 (2021), tecnica mista su carta
La voce
dei poeti
Le liriche di Alex Pagni
di Gherardo Dardanelli
Nato a Prato il 27 marzo del 2001, Alex Pagni ha frequentato
il Liceo Statale Cicognini-Rodari, dove ha iniziato
a conoscere la letteratura latina, greca, inglese,
ma anche quella italiana, grazie a famosi poeti come Leopardi,
Ungaretti, Saba e D’Annunzio. Diplomatosi con 80 su 100, ha
portato alla maturità la teoria poetica della Volpe di Fuoco ed
a settembre dello stesso anno ha pubblicato la prima silloge
poetica La Volpe di Fuoco. Nell’edizione 2019/2020 è risultato
tra i ventidue vincitori, su cinquemila partecipanti, del concorso
di poesia della casa editrice Laura Capone Editore di Roma
e nel 2020/2021 tra i tredici vincitori dello stesso concorso. È
stato inoltre tra i vincitori dei concorsi di poesia Scrittori sotto
i riflettori 2021, della casa editrice Centoverba con diploma di
eccellenza per valore letterario dell’opera, e Poets and Poems,
Canto d’una notte d’estate
Pace, tra sussurri cadenti,
Sul fruscio d’arbusti una scia di sorrisi:
All’Amor del ciel s’accullò mia speranza.
Un verso sfiorato da carezze d’emozioni,
Diletto di nubi, disiri gemmati.
Ogni sospir di zaffiro è un silenzio che cade
Nella notte stellata, di sogni e passioni:
Non c’è più dolce illusion d’esser amati.
La caccia
Mamma, papà,
Ora posso sentirlo,
L’amore che mi avete dato,
Il calore del vostro abbraccio.
Mamma, papà,
Ora posso sentirle,
Le carezze del vento
Tra le mie ali.
Mamma, papà,
Ora posso volare
Sopra colline e monti,
Giocare con quei orizzonti
Di sogni e desideri.
Mamma,
Ora posso sentirla,
La dolcezza del tuo canto,
Di quando mi cullavi
E di quando mi dicevi:
“Non aver paura dell’oscurità,
Un giorno volerai su quella luce”.
Papà,
E non ti preoccupare
Di quel tuono assordante,
Del dolore della terra,
Di quelle macchie scarlatte
Dipinger quei grigi campi.
Mamma, papà,
Poi ci ritroveremo
E continueremo a volare
Tra le gemme del cielo,
Sfiorare con una piuma
Il candore d’una vita.
Mamma,
Ora posso vedere
La bellezza del tuo viso,
La gioia del tuo sorriso
Riscaldare il mio cuore,
Ora a riposo,
Lì con voi.
Il vostro piccolo.
dell’associazione culturale “Accademia
dei Bronzi” (edizione
2021) con l’inserimento nell’antologia
del premio. È stato selezionato
dalla casa editrice Aletti
Editore per l’Enciclopedia dei Poeti
Italiani Contemporanei 2021.
Agli inizi di dicembre 2021 ha
pubblicato la nuova raccolta poetica
Il Viaggio, edita dalla Laura
Capone Editore, dove lavora Alex Pagni
come redattore. Da settembre
2021 frequenta il primo anno della Facoltà di Lettere Moderne
all’Università di Firenze.
Il gabbiano
Forse non sai, ma volo tra le dorate tue spiagge,
Quando giochi sul mare,
Sulle rive de’ tuoi richiami.
Forse non sai, ma volo tra le vie tue affollate,
Quando incontri nuove avventure
Nella notte vergine di passioni, ancora.
Plano fra l’onde di salsedine e spume di versi,
Tra gl’ingenui tuoi sorrisi,
Al crepuscolar d’illusioni.
Ove tu riposi su vane speranze, io solco quei mari,
Di tempeste e timor segrete dimore.
Tu non sai, ma io esisto,
Lì con te.
Sulle rive del tempo
Tornai ove l’om s’abbandona
Alla verde brezza d’estate,
Tra dorati lidi di viridi sospiri.
M’immersi nel silenzio d’una voce:
Fresco fruscio di mille parole.
Cadde una stella ninfata
Dall’aurea stirpe di Morfeo,
Placandosi sulle rive del tempo,
Per mostrar come candida seta
Sua grazia di camelia, petali di perla,
Su limpidi specchi di Bianca memoria.
Tra profumi di ricordi,
Tra dolci sussulti d’ombre marine
Riconobbi i segni dell'antica fiamma.
34
ALEX PAGNI
I libri del
mese
Promethéus
L’attualità di un mito classico nel nuovo libro di Roberto Mosi
di Lucia Raveggi
Promethéus / Il dono del fuoco è un libro prezioso da approfondire
nelle sue molteplici sfaccettature poetiche,
dalla narrazione del mito al ritmo musicale. Il dono del
fuoco rubato agli dei è un topos rappresentato ed esaltato dalle
arti e dalla scienza, che sono elementi essenziali alla base di ogni
civiltà e a questi l’autore rivolge lo sguardo dell’uomo di oggi. Fin
dall’inizio dell’opera (Movimento I / Quadri), per il mondo delle arti
Roberto Mosi pone in primo piano l’espressione libera degli artisti
di strada contro le restrizioni della società: «Cerco nelle città
/ spazi lontani / dove s’accende / la fantasia dei colori / strade
periferiche / muri della ferrovia / sottopassi nell’ombra / saracinesche
abbassate / Parlano lingue / nuove, antiche / messaggi
/ sorprendono il quotidiano / stupiscono / accendono sogni
/ deflagrano in sorrisi / Inseguono la vita / sfidano / conformità,
paure / murales poster matrici / adesivi / Sono folla / nei quartieri
lontani / sul fianco delle case popolari / ritratti di gente comune
/ illuminati dall’arte». L’artista di strada porta nel formicaio
grigio delle città, il colore, una nuova fantasia delle forme con venature
di follia, arriva a “correggere” i cartelli stradali:« Il Giullare
s’intrufola, follia / dei segnali, lo spray nella mano / la freccia stradale
infilza un cuore / il Cristo pende dall’incrocio / La forma della
gogna sul divieto / d’accesso, la lisca di un pesce sul / senso
obbligatorio, s’intrecciano / strisce bianche della strada / La follia
del Giullare dipinge / di nuovo i volti della città» (Movimento I
/ Cartelli stradali). Il volto della città cambia di continuo, specie
nei suoi angoli più lontani, anche nel momento triste della pandemia:
«Cambiano i volti della strada, / rinascono in altri luoghi
/ per altre mani, forme e colori / Quello che c’era la sera / non è
detto / sia lì al mattino, un muro bianco / può infiammarsi di colori
la notte / Nella galleria di quadri viventi / una sequenza infinita
di creazioni / scene varie della commedia umana / L’epidemia ha
foderato di silenzio / i quartieri, ha dipinto l’angoscia / sul volto
smarrito dei passanti / Giorni di speranza sorgeranno / al suono
di nuove poesie, alla / luce di nuove scintille d’arte» (Movimento
III / Metamorfosi). Nella prima parte del componimento l’autore
“dipinge” trenta quadri di arte di strada ripresi dal vero nel
suo girovagare per la città, sul modello della suite per pianoforte
di Modest Petrovic Musorgskij Quadri di un’esposizione (1874).
Come la musica descrive e rende vivi i quadri della mostra dell’amico
pittore Victor Hartmann, così la poesia di Mosi interpreta le
opere dell’arte di strada in cinque movimenti: Quadri, Confini, Metamorfosi,
Grotte, Follia. Le poesie di Roberto Mosi sono “poesie
animate” (Virginia Bazzechi) anche grazie allo straordinario
potenziale dei suoi versi. La letteratura è piena di esempi altissimi
di poeti che si sono cimentati illustrando o commentando
quadri o oggetti d’arte, fin dalla descrizione dello scudo di Achille
nell’Iliade. Ma l’ecfrasi, il tentativo cioè di un’arte di riprodurre
con i propri strumenti un’opera di un altro sistema artistico, avviene
non solo dall’immagine alla parola, ma anche nell’altra direzione:
dalla parola all’immagine, dal raccontare con le parole al
mostrare con immagini ferme o in movimento, come appare nei
progetti realizzati dall’autore con il critico d’arte Virginia Bazzechi.
Nella seconda parte del libro, il mito di Prometeo ancora una
volta viene accostato ad alcuni profili della scienza, in particolare
alla speranza che l’umanità ripone nella scienza, in relazione
a Giacomo Leopardi, all’angoscia con cui l’uomo talvolta guarda
alla scienza, in relazione a Jorie Graham, alla salvezza che porta
la scienza, come riporta Eschilo nel Prometeo incatenato, martire
per amore degli uomini: «La sua colpa, ha carpito agli dei / la
fiamma radice di vite, d’industrie / Eschilo canta la generosità /
di Prometeo, fonte di tutte / le scienze per i viventi. Fu suo, / per
il bene degli uomini, il dono / del calcolo, primizia d’ingegno, / e il
tesoro dei segni tracciati» (Tempo I / Mito della scienza). In tempi
incerti e bui come quelli attuali, le poesie di Roberto Mosi brillano
come stelle, indicando la strada ai naviganti desiderosi di
affrontare nuove rotte alla scoperta di scrigni magici pieni di premesse
fantastiche.
Roberto Mosi
Promethéus / Il dono del fuoco
Giuliano Ladolfi Editore, Borgomanero (NO) 2021, pp. 60, € 10
mosi.firenze@gmail.com
PROMETHÉUS
35
Mostre in
Toscana
Maria Rita Vita
Dal 5 al 31 dicembre, protagonista di una personale al Palazzo Ducale di Massa
di Lucia Raveggi
Dal 5 al 31 dicembre 2021, la pittrice Maria Rita Vita
espone nelle sale del Palazzo Ducale di Massa con
la personale intitolata Le stanze del tempo e della
Vita a cura di Luisa Pavesio. Il termine “stanza” è da intendersi
nell’accezione non tanto delle concrete sale espositive
quanto come parte del più vasto atto creativo dell’artista.
Tema della mostra è una riflessione, modulata attraverso i
tre spazi espositivi, sulle tre tappe fondamentali della storia
spirituale della civiltà occidentale, medioevo, rinascimento
e contemporaneità, quasi a voler raccogliere la suggestione
dell’opera architettonica del Bergamini, la cui lunga realizzazione
si è prolungata dal rinascimento al barocco. Con questi
spazi dialogano, a volte anche contrapponendosi, circa
venti opere fra oli, resine, marmi e vetri. Nella prima sala, a
predominanza cromatica del rosso, il fuoco delle fiamme si
contrappone alla morte imperante nelle coscienze medievali.
La seconda sala è invece dedicata alla ricerca dell’armonia
tipicamente rinascimentale, con i dipinti che riprendono
la forma ideale del cerchio e i colori che sfumano in morbidi
pastelli misurandosi con gli affreschi circostanti. La terza
Maria Rita Vita con una sua opera (ph. Carmen Franchi)
è la sala della contemporaneità, e qui la sfida dell’artista diviene
il controllo del contrasto fra la violenza policroma dei
quadri ipermoderni e l’immobile serenità dello spazio. Filo
conduttore fra le tre stanze, due imponenti colonne che segnano
idealmente il transito dall’una all’altra epoca. Chiude
infine il percorso una croce bianca, simbolo della cristianità
e della fede, elemento solo in apparenza pacificatore, speranza,
più che certezza, di un futuro riscatto. Maria Rita Vita
è reduce dall’Expo di Dubai dove ha rappresentato con le
proprie opere la storica Marguttiana di Forte dei Marmi ed
ha avuto l’onore di esporre nel Museo storico nazionale Al
Fahidi. La mostra al Palazzo Ducale di Massa, patrocinata
dal Comune e dalla Provincia di Massa e dalla MarguttianArte
di Forte dei Marmi, è la prima tappa di un tour che,
come già avvenuto nel 2017, vedrà l'artista esporre in contesti
di particolare rilievo sempre con la curatela di Luisa
Pavesio, che Maria Rita Vita considera la sua Peggy Guggenheim.
Al vernissage della mostra il 4 dicembre sono intervenuti
gli scrittori Giancarlo Perazzini e Isabella Pileri e il
gruppo di danze orientali Shams di Genova.
36 MARIA RITA VITA
Mostre Eventi in
Toscana
Città e nodi di Leonardo da Vinci
Presentato il catalogo della mostra omaggio di Aurelio Amendola
e Oreste Ruggiero al genio toscano
di Maria Grazia Dainelli / foto courtesy Centro Espositivo Leo-Lev
Lo scorso 27 novembre, presso la Sala del
Camino del Centro Espositivo Leo-Lev di
Vinci, si è svolta la conferenza di presentazione
del catalogo della mostra Città e nodi di
Leonardo da Vinci / Aurelio Amendola & Oreste
Ruggiero, che, inaugurata lo scorso 4 maggio,
si sarebbe dovuta concludere il 31 agosto ed è
stata invece prorogata fino al 31 dicembre prossimo.
Ideata durante il periodo della pandemia
come risposta artistica al drammatico evento
mondiale, questa mostra, che si avvale del patrocinio
di Regione Toscana e Comuni di Firenze,
Pistoia, Pisa e Vinci, coniuga gli scatti di Aurelio
Amendola con gli altorilievi in acciaio di Oreste
Ruggiero. Mentre le fotografie immortalano sei
città legate alla vita di Leonardo – Vinci, Pistoia,
Firenze, Pisa, Milano, Amboise –, gli altorilievi
ripropongono la complessa struttura dei famosi
nodi vinciani con un effetto di sovrapposizione
/ trasparenza che suggerisce allo sguardo un
percorso tra materia ed emozione. Veronica Ferretti, storica
dell’arte curatrice della mostra, afferma a questo proposito:
«Aurelio Amendola coglie con l’obiettivo fotografico la poetica
di Leonardo, grande osservatore della natura, facendoci
percepire gli effetti atmosferici di mutevolezza che il passaggio
di una nuvola crea sul paesaggio o sull’architettura;
Oreste Ruggiero, invece, ha declinato su acciaio i sei celebri
nodi vinciani della Biblioteca Ambrosiana e li ha sovrapposti,
mediante un telaio bordato di luce radente, alle fotografie
Una panoramica della mostra
Da sinistra, Oreste Ruggiero, il sindaco di Vinci Giuseppe Torchia, la curatrice della mostra
Veronica Ferretti e Aurelio Amendola
di Aurelio Amendola, ottenendo così l’effetto di una griglia
di linee proiettate all’infinito». Tra i testi in catalogo anche
quelli del presidente della Regione Toscana Eugenio Giani e
di Sergej Androsov, direttore del Dipartimento Arte Europea
dell’Hermitage di San Pietroburgo, dove entrambi gli artisti
in passato hanno operato: Aurelio Amendola con la mostra
fotografica su Michelangelo nel 2007 e Oreste Ruggiero
nel 2016 con il catalogo della mostra Due Flore. Nel testo di
Androsov si legge: «Amendola coniuga la sua arte di fotografo
delle città con quella di Ruggiero, che
interpreta le trasparenze dei nodi dell’Accademia
vinciana realizzandoli in acciaio; un’unione
che darà sicuramente emozioni e frutti
inattesi». L’evento è stato introdotto da una
lettera-saluto del direttore generale dell’Hermitage,
Mikhail Piotrovsky, rivolta ad Eugenio
Giani e ai due artisti, nella quale tra l’altro si
legge: «Auspico che il Centro Leo-Lev, come
ha già fatto con passione in altre occasioni,
possa costituire un nodo di unione fra la cultura
e l’arte della Regione Toscana e quella
della Russia in genere e di San Pietroburgo in
particolare». L’esposizione, ubicata al piano
terreno delle sale di Villa Bellio-Baronti-Pezzatini,
sede del Centro Espositivo Leo-Lev, è
accompagnata da un omaggio al professore
Carlo Pedretti con una sua lettura dal titolo
Leonardo e la sua Achademia.
LEONARDO DA VINCI
37
Concerto in
salotto
A cura di
Giuseppe Fricelli
Giacomo Puccini
L’inventore di una moderna
azione scenica
di Giuseppe Fricelli
Sul grande compositore lucchese Giacomo Puccini sono
stati scritti fiumi di parole e poco o nulla rimane da citare.
Forse una cosa che non è stata detta, approfondita
e messa in giusto risalto è l’innato senso teatrale che Puccini
possedeva. C’era in lui, infatti, un’insaziabile necessità di mettere
in musica testi che avessero una moderna azione scenica.
Nulla doveva appesantire e dilungare il dialogo dei personaggi,
ma tutto doveva rendere l’azione in palcoscenico viva, vera
e non disperdersi in ridondanti ripetizioni verbali: teatralità
moderna messa in rilievo da una musica sempre palpitante e
omogenea alla verità recitata. Il risultato finale è una calibrata
e perfetta fusione tra parola e musica. Forse mai, fino alle creazioni
delle opere pucciniane, il verbo e l’evolversi dell’azione
scenica venivano utilizzati e rafforzati dalla musica con una
così intensa emotività. Il racconto teatrale è realizzato da un
collante melodico armonico che raramente riesce così perfetto
come nei lavori di questo straordinario artista. Puccini con
Giacomo Puccini
La scultura dedicata al maestro nella città di Lucca
le sue opere apre una porta sull’affascinante mondo teatrale
e musicale che accompagna i suoi lavori fino ai giorni d’oggi
con vibrante e poetica verità. Nessuno è riuscito a fondere,
come lui, con maestria e modernità, il libretto all’azione teatrale:
essenzialità musicale, ricerca profonda di una melodia
ed armonia mai di routine ma sempre avvincenti e coinvolgenti.
Basta ascoltare il duetto d’amore del primo atto di Butterfly,
sentire il secondo atto di Tosca, dove l’azione teatrale è
un esempio di magica lezione scenica, il secondo atto della
Fanciulla del West (la famosa partita
a carte), dove la metrica percussione
dei timpani descrive il battito
del cuore di Minnie, il valzerino fatto
di settime, che crea una melodia
scordata del piano di strada del Tabarro,
per comprendere i miracoli di
Casa della cornice
intuizione musicale di Puccini e la
www.casadellacornice.com
sua genialità artistica.
Nato nel 1948, Giuseppe Fricelli si è formato al Conservatorio “Luigi Cherubini” di Firenze diplomandosi
in Pianoforte con il massimo dei voti. Ha tenuto 2000 concerti come solista e
camerista in Italia, Europa, Giappone, Australia, Africa e Medio Oriente. Ha composto musiche
di scena per varie commedie e recital di prosa.È stato docente di pianoforte per 44 anni presso
i conservatori di Bolzano, Verona, Bologna e Firenze.
38
GIACOMO PUCCINI
A cura di
Daniela Pronestì
Occhio
critico
Luigi Borgognoni
La pittura come celebrazione dei sensi
di Daniela Pronestì
Ci sono esperienze nella vita che cambiano, insieme alla
vita stessa, anche il modo d’intendere l’arte. Cose
che accadono e dopo le quali niente è più come prima,
neanche l’emozione che si prova davanti ad un’opera d’arte.
Nel caso di Luigi Borgognoni il cambiamento è stato così radicale
– la perdita dell’udito – da indurlo a trasformare la propria
maniera di esprimersi in pittura passando dal colore al bianco
e nero. La nuova condizione alla quale ha dovuto abituarsi,
ovvero rinunciare alla percezione dei suoni, lo ha portato
ad acuire gli altri sensi e a sviluppare la capacità di ascoltare
il mondo intorno a lui imparando a leggere il linguaggio del
corpo. Il passaggio successivo è stato traferire questa nuova
sensibilità anche in pittura, mostrando come rinunciare al colore
non voglia dire andare incontro ad una perdita, quanto invece
sperimentare un diverso modo di vedere il colore con gli
occhi dell’immaginazione. È un sottrarre per aggiungere, un
negare qualcosa per affermarlo. E allo stesso tempo un esercizio
utile ad uscire dalla pigrizia di una visione stereotipata,
quella in cui l’immagine da sola dice tutto, lasciando poco
spazio all’evasione fantastica. Per questo motivo, nelle sue
opere si vedono raffigurati corpi senza volti, perché anche in
questo caso negare l’identità della persona vuol dire togliere
informazioni per consentire a chi guarda di colmare quel vuoto
aggiungendo qualcosa di sé all’immagine dipinta. E se da
un lato Borgognoni sottrae elementi alla rappresentazione per
amplificare le capacità percettive dell’osservatore, dall’altro
lato esalta la dimensione tattile raffigurando mani, abbracci,
corpi avvinghiati. Sono di nuovo i sensi ad essere sollecitati,
questa volta però richiamando il valore conoscitivo di un’esperienza,
quella appunto del contatto fisico con gli altri e
con la realtà che ci circonda, che accompagna l’essere umano
fin dalla sua venuta al mondo. Quelle rappresentate sono
Scrivere, olio su tela, cm 40x50
Quattro volti, olio su tela, cm 60x80
mani che accolgono, insegnano, rassicurano, creano legami;
mani che raccontano le tappe della vita, da quando si conosce
per la prima volta l’amore materno a quando si scopre
nell’incontro con l’altro l’amore sensuale. Si tratta soprattutto
di mani femminili perché è la donna che Borgognoni eleva
a simbolo di una bellezza complessa, sfaccettata, misteriosa;
una bellezza necessaria alla ricerca di senso delle cose, alla
profondità di sentimenti capace di spingersi oltre le apparenze.
Queste donne hanno corpi perfetti, desiderabili, vicini da
toccare eppure irraggiungibili nel modo in cui si lasciano ammirare.
Non ne vediamo il volto per intero, ma bastano pochi
indizi, come ad esempio le labbra, a farci sentire la passione
che le muove, la stessa energia che nel loro grembo alimenta
la vita. Sono mamme, quindi, braccia sicure nelle quali sentirsi
protetti. Ma sono anche amanti appassionate nei momenti
di piacere e tenere compagne per chi sa stare loro accanto.
Sono, soprattutto, donne coraggiose, autentiche, libere, pronte
a schierarsi contro ciò che le offende o le ingabbia in un
modello. Borgognoni le ritrae in punta di pennello, con la perizia
e l’attenzione di un artista che conosce e rispetta il valore
delle donne così come conosce e rispetta il valore della pittura.
Non si può intingere il pennello nel colore se non si è vissuto
abbastanza per capire che la pittura, proprio come la vita,
non è un azzardo, ma esige verità ed esperienza. Borgognoni
lo sa bene: per questo dipinge, con verità, le verità della vita.
www.luigiborgognoni.it
Luigi Borgognoni
luigiborgognoni
LUIGI BORGOGNONI
39
Movimento
Life Beyond Tourism
Travel To Dialogue
Il mondo in mostra a Firenze
Quattro giorni per esplorare oltre quarantacinque territori
L’occasione è stata offerta dal primo Festival Internazionale delle Espressioni Culturali
del Mondo organizzato dal Movimento Life Beyond Tourism – Travel To Dialogue nella
Galleria delle Carrozze di Palazzo Medici Riccardi
di Gherardo Dardanelli
Quattro giorni per far conoscere al pubblico fiorentino
tanti territori del mondo. Grande successo per The
World in Florence, il primo Festival Internazionale delle
Espressioni Culturali del Mondo, promosso dalla Fondazione
Romualdo Del Bianco e organizzato dal Movimento Life
Beyond Tourism – Travel To Dialogue in collaborazione con
il Centro Studi e Incontri Internazionali, che si è tenuto nella
Galleria delle Carrozze di Palazzo Medici Riccardi sotto l’Alto
Patronato del Parlamento Europeo. Una manifestazione pensata
per dare ai visitatori la possibilità di scoprire il patrimonio
materiale e immateriale di quarantacinque territori del mondo.
«Gli eventi che hanno caratterizzato gli ultimi due anni delle
nostre vite dimostrano che l’equilibrio del mondo, sia ambientale
che sociale, economico e relazionale è fragile – ha spiegato
Carlotta Del Bianco, presidente del Movimento Life Beyond
Tourism - Travel To Dialogue -. Nel bel mezzo del lockdown
pandemico abbiamo quindi deciso di creare qualcosa che potesse
viaggiare, mentre tutti noi dovevamo restare a casa, per
continuare il dialogo interculturale e la valorizzazione delle
espressioni culturali». The World in Florence è stata infatti la
fase di “ritorno” di un progetto avviato dal Movimento LBT-TTD
nella fase più difficile della pandemia. Con la collaborazione
della Fondazione Romualdo Del Bianco e del Centro Studi e Incontri
Internazionali è stato avviato il progetto Back to Life - Revitalisation
of Places post Covid-19 per coinvolgere università
e istituzioni di formazione nella presentazione e valorizzazione
delle espressioni culturali locali del patrimonio nel proprio
paese. Contestualmente si è pensato a come contribuire alla
Mounir Bouchenaki nominato presidente
onorario della Fondazione Del Bianco
L’algerino Mounir Bouchenaki (in foto), attualmente
Special Advisor to the Director General of UNE-
SCO, ha assunto l’incarico di presidente onorario
della Fondazione Romualdo Del Bianco, consolidando
così il longevo rapporto che lo lega da anni alla fondazione
fiorentina e alla città di Firenze. Già da tempo infatti
Bouchenaki, che nella sua vita ha fatto propri i temi
della difesa del patrimonio e della promozione della cultura
storica ed archeologica, collabora con la Fondazione
Romualdo Del Bianco e con il Movimento Life Beyond
Tourism - Travel to Dialogue.
Il taglio del nastro all’inaugurazione di The World in Florence
valorizzazione e comunicazione dell’autenticità dei territori. È
stato scelto il tema del dialogo per immagini, partendo dal racconto
della città di Firenze con la mostra interattiva e itinerante
Florence in the World che ha iniziato a viaggiare all’interno
della rete internazionale Infopoint LBT, contribuendo a diffondere,
in termini pratici, una delle applicazioni del modello Life
Beyond Tourism nel racconto dei territori e a coinvolgere i
viaggiatori in un viaggio dei valori etico e sostenibile. È nato
così il progetto di marketing territoriale circolare internazionale
Florence in the World - The World in Florence. A programmazione
quinquennale (2021-2025), coinvolge molti degli attori
presenti sui territori: pubbliche amministrazioni, enti territoriali,
istituzioni formative, musei, fondazioni culturali, gruppi di
giovani studenti, abitanti dei luoghi. Proprio grazie al coinvolgimento
di tali attori, è nata la fase di ritorno del programma:
The World in Florence. È così che
Firenze ha visto oltre quarantacinque
territori del mondo (in
rappresentanza di Azerbaijan,
Camerun, Cina, Georgia, Giappone,
India, Italia, Kosovo, Lituania,
Polonia, Repubblica Ceca, Russia,
Slovacchia) che hanno potuto
presentare il loro “saper fare”,
i prodotti, i paesaggi e le curiosità
utilizzando il dialogo per immagini
tramite tecnologia NFC,
a cura di Europromo, con possibilità
di interazione sul portale
www.lifebeyondtourism.org.
All’inaugurazione, accompagnata
dagli interventi di tanti rappre-
Mounir Bouchenaki, nuovo presidente
onorario della Fondazione
Romualdo del Bianco
40 MOVIMENTO LIFE BEYOND TOURISM TRAVEL TO DIALOGUE
Un momento della presentazione
sentanti di istituzioni nazionali e internazionali, hanno preso
parte Paolo Del Bianco, presidente emerito della Fondazione
Romualdo Del Bianco, Mounir Bouchenki, nuovo presidente
onorario della Fondazione che ha inviato un videomessaggio,
Tommaso Triberti, consigliere della Città Metropolitana di Firenze
con delega al Turismo e allo Sviluppo economico, Maria
Federica Giuliani, vicepresidente del Consiglio comunale di
Firenze e Lorenzo Becattini, presidente di Firenze Fiera. Quella
appena conclusa è stata la prima di cinque edizioni pensate
per favorire l'interpretazione e la comunicazione delle espressioni
culturali dei luoghi e promuovere la consapevolezza culturale
delle comunità locali. E soprattutto valorizzare l’attrattività
internazionale dei territori trasformando il turismo in ospitalità
per l’inclusione, la solidarietà e il dialogo interculturale. «Il programma
continuerà a crescere nel quinquennio 2021-2025 arricchendosi
di nuovi contenuti, territori, narrazioni culturali per la
valorizzazione e la comunicazione delle espressioni culturali del
mondo – ha spiegato Carlotta Del Bianco -. The World in Florence
viaggerà per il mondo per partecipare a importanti eventi nel
settore del viaggio e ritornare a Firenze nell’arco del quinquennio,
più vario e interculturale che mai. Con l’obiettivo di arrivare
a coinvolgere cento paesi con i propri territori, nell’edizione
2025». «Un ringraziamento particolare – prosegue – va a tutti
coloro che hanno creduto e sostenuto The World in Florence a
partire dai collaboratori (Crazybit, Caffè Astra al Duomo, Chiarello
Puliti & partners, Dotkom, Etaoin, Europromo, Italia Absolutely,
La Toscana Nuova, Lo Scalco, Storico Mercato Centrale,
Travel Quotidiano), gli sponsor (B&B Hotels Italia, Bugnion, Palazzo
Coppini), i patrocinatori (tra cui si menzionano UNWTO,
ICCROM, ICOMOS International, UCLG Africa, Regione Toscana,
Città Metropolitana di Firenze, Comune di Firenze, Consolato
Onorario della Repubblica Ceca a Firenze, Unione Montana
dei Comuni del Mugello, UNPLI – Unione delle Proloco d’Italia,
Camera di Commercio di Firenze, Confcommercio Toscana, Accademia
delle Arti del Disegno, Fondazione Ernesto Balducci, Firenze
Fiera), tutte le istituzioni partecipanti al Festival che hanno
contribuito a far conoscere i rispettivi territori in maniera autentica,
tra cui la Regione Moravia del Sud che ha portato i vini della
cantina di Stato in degustazione allo Storico Mercato Centrale».
Nell’ambito del Festival The World in Florence è stato possibile
inoltre apprezzare le potenzialità del progetto Luoghi Parlanti,
l’ultimo dei servizi creati dal Movimento LBT-TTD come strumento
di marketing territoriale utile a condividere e ampliare la comprensione
dei territori grazie ai pannelli interattivi con tag NFC
che consentono ai viaggiatori di esplorare le città. Durante il Festival,
il progetto ha visto la presenza di B&B Hotels Italia con le
strutture di Bolzano, Firenze, Napoli, Roma e Verona, della Fondazione
Francesco Saverio Nitti di Maratea, dell’Unione Montana
dei Comuni del Mugello, di Palazzo Coppini e del Comune di
Pratovecchio Stia.
I collaboratori del Movimento LBT-TTD: Europromo
Un’azienda del Mugello a conduzione familiare che ha
sviluppato la tecnologia NFC dei pannelli di Florence
in the World e di The World in Florence. Europromo è
un brand della storica Serigrafia Giuliani di Borgo San Lorenzo
nata nel 1971 da un’idea di Francesco Paoli e suo cugino
Valerio. Tra gli anni ’80 e ’90 le figlie Letizia e Francesca (in
foto con Carlotta Del Bianco) danno il proprio contributo allo
sviluppo dell’azienda segnando l’inizio di Europromo che oggi
con il suo team si occupa di prodotti per la comunicazione
di brand a 360°, a partire dalla grafica.
A sinistra, Francesca Paoli di Europromo con Carlotta Del Bianco
Il Movimento Life Beyond Tourism Travel to Dialogue srl è una società
benefit. Nasce e si sviluppa seguendo i princìpi di Life Beyond Tourism®,
ideati dalla Fondazione Romualdo Del Bianco al fine di promuovere
e comunicare il patrimonio naturale e culturale dei vari territori insieme
alle espressioni culturali, il loro saper fare e le conoscenze tradizionali che
custodiscono. Offre progetti e soluzioni di visibilità e rafforzamento delle
identità locali dei vari luoghi, crea eventi basati sul dialogo tra il territorio e
i suoi visitatori grazie a una rete di relazioni internazionali di alto prestigio.
Per info:
+ 39 055 290730
info@lifebeyondtourism.org
www.lifebeyondtourism.org
MOVIMENTO LIFE BEYOND TOURISM TRAVEL TO DIALOGUE 41
La tutela
dell’ingegno
A cura di
Aldo Fittante
Il caso Gucci nella tutela dei marchi notori
di Aldo Fittante / foto Gino Carosella
La Corte di Cassazione con una decisione di appena
qualche settimana fa – precisamente con la sentenza
n. 27217 depositata lo scorso 7 ottobre 2021 –
ha posto fine a una lunga bagarre giudiziaria che, iniziata nel
2015, ha avuto modo di occuparsi della particolare tutela giuridica
che deve essere riconosciuta al marchio Gucci. Il caso
ha preso origine dalla causa instaurata avanti al Tribunale di
Firenze dalla celebre maison fiorentina al fine di ottenere la
declaratoria di nullità di due marchi simili al proprio, riconducibili
ad una società cinese per difetto di novità degli stessi.
Gucci ha invocato l’esigenza di evitare il rischio di confusione
nel mercato da parte dei consumatori tra il proprio marchio
e i marchi della società cinese convenuta in giudizio, richiamando
le norme volte a prevenire qualunque confondibilità
tra imprese dettate dal nostro Codice della Proprietà Industriale
varato dal legislatore con D.Lgs. n. 30 del 10 febbraio
2005. In primo grado – prima che la controversia approdasse
cioè alla Suprema Corte di Cassazione – sia il Tribunale
di Firenze che la Corte d’Appello fiorentina avevano rigettato
le istanze della celebre casa di moda. Le riferite decisioni negative
dei giudici fiorentini erano approdate a tale conclusio-
ne escludendo che, tra i marchi oggetto della controversia,
sussistesse una similitudine tale da determinare un concreto
rischio di confusione da parte del pubblico. La Corte d’Appello
di Firenze aveva in particolare valorizzato – sul piano
del raffronto tra la concreta configurazione dei marchi oggetto
della disputa – i dati fattuali del riempimento in neretto
della gobba della “G” e della sottigliezza del carattere utilizzato
in uno dei due marchi contestati. Tali dissomiglianze –
se considerate in connessione con la spiccata rinomanza del
marchio Gucci – hanno indotto i giudici del gravame della
Corte fiorentina ad escludere che, nel caso di specie, sussistesse
quel rischio di confusione, da intendersi anche come
rischio di possibile associazione tra imprese, che era stato
posto dalla maison Gucci a fondamento dell’azione giudiziaria
promossa contro la riferita società cinese. A questo punto
la casa di moda fiorentina non si è data per vinta ed ha impugnato
la sentenza d’appello avanti alla Corte di Cassazione.
La Suprema Corte ha cassato la pronuncia di secondo grado
rilevando la circostanza che “la Corte d’Appello, nell’analizzare,
ai fini della valutazione di contraffazione, esclusivamente
il criterio del rischio di confusione tra i segni in conflitto,
La boutique Gucci in via de' Tornabuoni
42
GUCCI
Il Museo Gucci in piazza della Signoria a Firenze
abbia erroneamente omesso considerare che la tutela rafforzata
che la legge italiana – in attuazione della direttiva
CE 89/104 (vedi art. 5 n. 2) – riconosce ai marchi di rinomanza,
comporta (oltre all’estensione di detta tutela a settori
merceologici non affini) che, relativamente a tale tipologia
di marchi, si può del tutto prescindere dall’accertamento di
un eventuale rischio di confusione tra segni”. Il riferimento
è al particolare e più penetrante regime di protezione giuridica
garantito dall’ordinamento ai marchi notori, nel novero
dei quali – per ovvie ed evidenti ragioni di grande diffusione
e conoscenza dello stesso da parte del pubblico – è stato ricompreso
a buon diritto dalla Suprema Corte di Cassazione
il marchio Gucci. La tutela giuridica rafforzata dei marchi notori
fu inaugurata dalla Convenzione di Parigi per la protezione
della proprietà industriale, il cui testo è stato approvato il
20 marzo del 1883 ed è stato oggetto di numerosi successivi
interventi riformatori. È in particolare in occasione della revisione
della Convenzione approvata a Stoccolma nel 1967
che è stato introdotto nel testo del provvedimento l’articolo
6-bis rubricato “Marchi notoriamente conosciuti”, cui la Convenzione
ha riservato una tutela speciale in presenza di un
marchio successivo confondibile. La Cassazione – precisando
che il marchio Gucci rientra certamente nella categoria
dei marchi notoriamente conosciuti – richiama l’indirizzo giurisprudenziale
della Corte di Giustizia Europea secondo cui,
affinché si configuri una violazione, non è strettamente necessario
un vero e proprio rischio di confusione, essendo sufficiente
che la somiglianza tra i marchi in conflitto induca nel
pubblico interessato “un nesso” tra il marchio contestato e
il marchio notorio. La Suprema Corte ha anche chiarito che,
per poter accordare la cosiddetta tutela “ultra-merceologica”
ad un marchio – estensione della tutela anche questa riservata
alla categoria dei marchi notori è sufficiente – alla stregua
delle norme del nostro Codice della Proprietà Industriale
che il contraffattore possa comunque trarre dalla distintività
o dalla rinomanza del marchio notoriamente conosciuto un
vantaggio indebito, con condotta che la Cassazione designa
come parassitismo. La recente vittoria della maison Gucci
avanti al giudice di ultima istanza del nostro paese è un risultato
molto importante e qualificato per la casa di moda fiorentina,
da sempre particolarmente attenta nella tutela del
proprio marchio: un risultato che è stato possibile conseguire
anche grazie al complesso di norme di cui l’Italia, anche sulla
scia della normativa internazionale e comunitaria, si è dotata
realizzando un presidio legislativo dei diritti di proprietà
industriale molto qualificato ed efficiente.
Avvocato, docente di Diritto della Proprietà Industriale
all’Università degli Studi di Firenze e giornalista pubblicista
iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, Aldo
Fittante è promotore di molti convegni e autore di numerose pubblicazioni
scientifiche, articoli in riviste prestigiose, saggi e monografie
in materia di Diritto Industriale e d’Autore.
www.studiolegalefittante.it
GUCCI
43
NICOLETTA
MACCHIONE
Blu Fiore d'Ambra, olio su tela, cm 40x50
nicolettamacchione@yahoo.it
A cura di
Alessandra Cirri
L’avvocato
risponde
La pensione di reversibilità per il coniuge
di Alessandra Cirri
La pensione di reversibilità è una quota
della pensione di una persona
defunta che spetta a chi ne è stato
coniuge. Se sono rispettati certi requisiti
previsti dalla Legge sul Divorzio, la pensione
di reversibilità spetta anche all’ex coniuge
divorziato di persona deceduta. La Legge
sul Divorzio riconosce al coniuge divorziato
il diritto a percepire la pensione di reversibilità
dell’altro ex coniuge defunto solo se sono
rispettate tre condizioni. In base alla prima
di queste, il coniuge divorziato deve già percepire
dall’ex coniuge defunto un assegno
divorzile versato con cadenza periodica: in
altri termini, se al momento del decesso il
coniuge superstite non aveva diritto all’assegno
(perché tale diritto non era mai stato riconosciuto
o perché era stato riconosciuto e
poi revocato) o se aveva l’assegno di divorzio in un’unica soluzione
(una tantum), non avrà diritto alla pensione di reversibilità
dell’ex coniuge defunto. In secondo luogo, il coniuge
divorziato superstite non deve essersi risposato, tuttavia può
ricevere un assegno una tantum, pari a due annualità della
quota della pensione in pagamento, compresa la tredicesima
mensilità nella misura spettante alla data del nuovo matrimonio.
Se il coniuge divorziato superstite è convivente con
un soggetto terzo, ciò non comporta di per sé la perdita del
diritto di reversibilità. In terzo luogo, il rapporto di lavoro da
cui trae origine il trattamento pensionistico deve essere anteriore
alla sentenza di divorzio. L’importo dovuto a titolo di
pensione di reversibilità viene calcolato in base al rapporto
intercorrente tra la durata del matrimonio e il periodo di maturazione
della pensione del defunto. Come per il TFR del divorziato,
i giudici hanno chiarito definitivamente che l’arco di
durata del matrimonio comprende anche l’eventuale periodo
di separazione legale, fino alla data della sentenza di divorzio,
solo in questa data, infatti, si è definitivamente e sicuramente
ottenuto lo scioglimento del vincolo matrimoniale (o
la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario).
Se il coniuge defunto non si era risposato, la pensione
di reversibilità spetta solamente al coniuge superstite (ovviamente
se sussistono i presupposti di legge e nei limiti dell’arco
di durata del matrimonio poi conclusosi con il divorzio).
Anche se dopo il divorzio il coniuge defunto aveva intrapreso
una convivenza con un soggetto terzo, l’intera pensione di reversibilità
spetta comunque all’ex coniuge divorziato. Se, invece,
dopo il divorzio, il defunto aveva contratto nuove nozze,
allora la pensione di reversibilità spetta in parte all’ex coniuge
divorziato e in parte al nuovo coniuge superstite (ossia vedova/o).
Secondo la Legge sul Divorzio la ripartizione delle
quote viene fatta dal tribunale in considerazione della durata
dei rispettivi matrimoni. Tuttavia, si è stabilito che il tribunale
non può basarsi soltanto sul numero degli anni di durata
di ciascun matrimonio. Infatti, in caso di concorso tra coniuge
divorziato e coniuge superstite, per determinare la quota
spettante di pensione di reversibilità, la legge individua il criterio
legale della durata dei rispettivi rapporti di coniugio. Tale
criterio deve, però, essere temperato da ulteriori elementi,
correlati alla finalità solidaristica che presiede il trattamento
di reversibilità, come l’entità dell’assegno di mantenimento
riconosciuto all’ex coniuge, le condizioni economiche e reddituali
dei due e la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali.
La circostanza che la convivenza prematrimoniale
si sia “sovrapposta” parzialmente alla fase della separazione
con l’altro coniuge non deve indurre il giudice ad ignorarla
(Cass. Civ., Sez. lavoro, ordinanza del 28.04.2020, n. 8263).
La domanda per la pensione di reversibilità deve essere presentata
dopo la morte del defunto, purché entro dieci anni
dalla data del decesso, altrimenti cadrebbe in prescrizione
(art. 2946 cod. civ.).
Laureata nel 1979 in Giurisprudenza presso l’Università
di Firenze, Alessandra Cirri svolge la professione
di avvocato da trent’anni. È specializzata in diritto
di famiglia e minori, con competenze in diritto civile. Cassazionista
dal 2006.
Studio legale Alessandra Cirri
Via Masaccio, 19 / 50136 Firenze
+ 39 055 0164466
avvalecirri@gmail.com
alessandra.cirri@firenze.pecavvocati.it
PENSIONE DI REVERSIBILITÀ
45
Appuntamento
al cinema
Quel genio di Leonardo nel nuovo
film di Alessandro Sarti
di Barbara Santoro
In occasione del cinquecentesimo anniversario della
morte del grande inventore, scienziato e artista Leonardo
da Vinci, avvenuta in Francia ad Amboise nel 1519, si
è scatenata nel mondo una corsa per scoprire o meglio per
comprendere la genialità di Leonardo attraverso la realizzazione
di documentari e la pubblicazione di libri più o meno
veritieri. Anche Alessandro Sarti, ex assessore alla Cultura
del Comune di Pontassieve, appassionato collezionista
d’arte e regista di due film di buon successo – Il bardiccio e
Saranno famosi? –, ha subìto il fascino di questo personaggio
straordinario tanto da volerlo raccontare nel film Quel
genio del mio amico. Tra le tante recensioni su questa pellicola,
non ancora presentata al grande
pubblico a causa della pandemia,
vale la pena riportare questa di Fabio
Fineschi: «Il Leonardo da Vinci del
film è il Leonardo di Alessandro Sarti,
il suo amico. Si tratta, evidentemente,
del personaggio storico che il regista
ha nella mente e nel cuore. Nel film alcune
cose non coincidono con la realtà
storica, ma l’arte non è ragioneria e
può permettersi il lusso di lasciare che
i conti non tornino, traendo da questo
il suo beneficio narrativo. Il regista ha
affidato la rappresentazione cinematografica
del genio toscano agli occhi
mobili e intensi di Sergio Forconi. Attraverso
quello sguardo, il Leonardo
del film scruta il mondo con lo stupore
di un bambino che ha fame e sete
di sapere e conoscenza. Nel film il
grande inventore si perde per le strade
polverose dell’Italia del suo tempo, affidandosi
ad un cocchiere stralunato e
fanciullesco che è impersonato dallo
stesso Sarti. È tipico dei geni perdersi
per le vie del mondo perché continuamente
distratti dalle cose altre ed alte.
Il cocchiere incarna lo spirito distratto
del genio che, tendenzialmente, si
sottrae all’insostenibile pesantezza
dell’essere. È quasi tenero il Leonardo
che si destreggia fra i Medici, i Pazzi
e Ludovico il Moro con l’incauta leggerezza
di un bambino. I costumi, ben
fatti, insieme a una fotografia eccellente,
a tratti caravaggesca, ci condu-
cono nell’epoca rinascimentale facendoci vivere momenti
di grande emozione. La scelta delle location – da Palazzo
Vecchio al Palagio di Parte Guelfa, da Villa Casagrande a Figline
Valdarno al Castello del Trebbio a Pontassieve, dal Castello
di Nipozzano all’abbazia di San Galgano – sottolinea
cinematograficamente la bellezza del territorio e della cultura
toscana. Anche in questa sua terza prova di regia, Sarti
si conferma narratore di una toscanità che funziona senza
lo sgradevole orpello della volgarità e della ricerca della risata
grassa. Questo film è, a tutti gli effetti, un prodotto del
territorio: un genio storico toscano visto e raccontato da un
toscano a secoli di distanza».
46
QUEL GENIO DI LEONARDO
Ritratti
d’artista
Angelo Marongiu
Dalla natura all’astrazione per
guardarsi dentro
di Jacopo Chiostri
Senza pretese di fare socio-psicologia spicciola, non possiamo
non notare che capita sempre più spesso di incontrare
pittori che ad un certo punto del proprio percorso
artistico sentono l’esigenza di abbandonare il porto sicuro della
pittura figurativa per avventurarsi in nuove esperienze e nuove
esplicitazioni del proprio sentire. È il caso di Angelo Marongiu,
in arte Marangi, il quale ci ha bene spiegato che questo suo
passaggio dal figurativo ad una pittura decisamente informale
è una svolta collocabile a distanza di non più di un anno, un
anno e mezzo. «Il paesaggio, che era uno dei mie soggetti preferiti,
significa guardare “fuori”, i nuovi dipinti sono invece un
colloquio con il mio io interiore, quindi un guardare dentro, una
rappresentazione di tante cose, emozioni, riflessioni, ricordi, è
il mondo che non vediamo, ma è parte di noi». È possibile che il
momento difficile che stiamo attraversando abbia contribuito a
sviluppare l’esigenza di interiorizzare; non è nostro compito stabilirlo,
anche se può essere uno spunto su cui riflettere. Dopo
gli studi in Agraria, Marongiu ha poi lavorato nelle Ferrovie. Pittore
autodidatta con al massimo, sul piano formativo, qualche
frequentazione di altri pittori, la pittura che ha maggiormente
influenzato la sua è quella della grande stagione impressionista,
alla quale lo accomuna la scelta dei colori come rappresentazione
speculare di uno stato d’animo. Detto questo, in pittura
raramente è quello che appare a prima vista e, a ben guarda-
re, l’informale di Marongiu è sì assodato ma, anche nella recente
serie di opere, non si può non rintracciare delle solide radici
classiche. Insomma, se ci passate l’azzardo, sarebbe, a nostro
avviso, il caso di parlare di un informale arcaico. «Sono consapevole
di avere un animo romantico, sognatore – spiega infatti
il pittore –, quello che per me conta sono i valori importanti, immutabili
nel tempo. Ancora oggi alla lettura di un testo moderno,
preferisco quella di un testo classico». Di recente Marongiu
ha esposto allo Spazio Espositivo San Marco, una delle “bocche
di fuoco” di Toscana Cultura, dove si susseguono le esposizioni
curate dalla presidente dell’associazione Lucia Raveggi.
Nella saletta Barbano erano presenti ventuno opere, organizzate
come la sequenza di un percorso: tante tappe della vita
dell’artista, fino all’ultima, con un accenno di figurativo, che rappresenta
un anziano di spalle di fronte al mare, rappresentazione
simbolica di una riflessione sulla vita che è trascorsa, sulle
opportunità mancate, sul tempo che non ritorna. Marongiu confessa
di non essere caratterialmente ottimista, e se gli si fa notare
che le sue opere con i loro colori allegri farebbero pensare
il contrario, ammette che, forse inconsciamente, nella pittura riverbera
quello che invece vorrebbe essere. I quadri non hanno
un disegno preparatorio, sono assolutamente liberi nel segno
e negli accostamenti cromatici. È un’espressione quasi catartica.
Vien fatto di chiedersi se, per accostarsi a queste opere,
dovremmo prima impararne il linguaggio, ma poi, a ben guardare,
si capisce che si tratta di una lingua che parliamo, che
conosciamo, perché è quella universale con cui noi umani comunichiamo
quando non è agevole farlo con il solo linguaggio
di uso comune. Così nelle composizioni, ricche di messaggi,
scritti con un alfabeto personalissimo, troviamo una narrazione
dei fatti vitali che riconosciamo appartenerci.
amarri187@gmail.com
I colori dell'anima, tempera e olio su tela, cm 50x70
I colori della speranza, tempera e olio su tela, cm 50x70
ANGELO MARONGIU
47
Inverno, olio su cartoncino, cm 13x18
Ombra della sera, olio su tela, cm 60x80
Mirella
Milanini
I colori del tempo
milanini09@gmail.com
Autunno, olio su tela, cm 50x40
A cura di
Lorenzo Borghini
Il cinema
a casa
Locke
Il dramma claustrofobico orchestrato da Steven Knight
di Lorenzo Borghini
Siamo in una macchina, e ci rimarremo per il resto del
viaggio. Ivan Locke (uno straordinario Tom Hardy)
è al volante, guida come un ossesso verso una meta
inizialmente a noi ignota. Inizialmente, perché durante
il viaggio le carte verranno svelate. Locke è un ingegnere,
lavora a stretto contatto col cemento, ha una famiglia apparentemente
felice, due figli e una moglie che lo aspettano
a casa per la partita. Ogni telefonata fatta o ricevuta
da Ivan ci svela tasselli della storia: tensione, sentimenti
contrastanti e fantasmi che
ritornano, si ammassano l’uno
sopra l’altro, chilometro dopo
chilometro, costruendo un
palazzo di incertezze pronto
a crollare. Come il lavoro di
Ivan – la più grande colata di
cemento della storia – che rischia
di andare a rotoli perché
Ivan non può più aspettare. A
Londra c’è un bambino in procinto
di nascere, il figlio nato
da un errore – come ripeterà
più volte il protagonista – durato
una sola notte, consumato
con un’amante che non
ama. Anche il cemento non
può aspettare, ci sono milioni
in ballo, quindi Locke deve coordinare
l’operazione al telefono,
non può tirarsi indietro,
non quando si tratta di cemento,
non quando si tratta della
sua vita. Steven Knight, regista
di talento, ma soprattutto
sceneggiatore intelligentissimo
(La promessa dell’assassino)
mette in scena un dramma
claustrofobico, che a differenza
di Buried – suo predecessore
nel genere – oltre che per la
sapienza registica si distingue
per una storia che sa emozionare,
merito della grandissima
performance di Tom Hardy, che
per ottanta minuti ci tiene incollati
allo schermo, allacciati
alla sua cintura, in attesa di
scoprire i tanti perché della
storia. Ivan Locke è come in un
confessionale, ci svela le sue inquietudini e combatte col
fantasma di un padre che lo ha abbandonato, ma lui no, lui
ha cercato di ripulire il nome dei Locke, lui sarà presente
per il suo nuovo figlio – anche se nato da uno sbaglio – a
costo di perdere il lavoro, a costo di perdere la sua vecchia
vita, che minuto dopo minuto si incrina e scricchiola come
le fondamenta di un palazzo costruito male; ma Ivan, uomo
solido come il cemento che tanto adora, continuerà la
sua corsa, guardando dritto davanti a sé.
LOCKE
49
Menotti Art Festival
Dal 23 al 26 settembre 2022 un evento imperdibile a Spoleto
Il Menotti Art Festival Spoleto è una delle
manifestazioni internazionali più importanti
nel campo della cultura e delle arti
visive con numeri veramente considerevoli e
presenze da tutti i continenti. Nella formula Art
in The City veramente innovativa e sperimentale
in circa una settimana si confrontano oltre
tremila artisti ed operatori-attori delle arti
in un vero e proprio laboratorio a cielo aperto.
Con 120 spazi espositivi pubblici-privati a
partire dal Chiostro di San Nicolò, la kermesse
spoletina ha consolidato i rapporti con le Americhe
e con la Cina, vantando accordi di cooperazione
con accademie, università ed enti di
ricerca molto importanti per qualità e numeri (
sessanta accordi di coesione con accademie
straniere). Il riferimento del Festival è il professor
Luca Filipponi, già collaboratore del Festival
dei Due Mondi, che con Giancarlo Menotti
e Mario Natale ha messo insieme uno staff
di direttori artistici ed artisti leader veramente
unico: Tania Di Giorgio per la musica, Paola
Biadetti per la comunicazione e Spoleto Meeting
Art, Angelo Sagnelli per letteratura, Pietro
Camardella per il design, Sandro Trotti per
le arti visive e Sandro Bini per il premio Spoleto
Art Festival.
Vi aspettiamo a Spoleto dal 23 al 26 settembre
2022 per evento al quale non potete mancare!
I libri del
mese
Indelebile come un tatuaggio
Riflessi d’Europa a Napoli tra anni '50 e '60 nel romanzo storico di Francesco Testa
di Luca Filipponi
Ogni romanzo storico che ambisca a definirsi tale
deve fare i conti, oltre che con la propria specifica
ambientazione, con il più generale contesto socio-politico
di riferimento, specialmente se le sue vicende si
svolgono nel più recente passato, caratterizzato da un’incidenza
crescente di fenomeni di portata globale. Indelebile
come un tatuaggio non fa eccezione, caricando il suo ritratto
della Napoli degli anni Cinquanta e Sessanta di riflessi
europei e internazionali. I fenomeni della Ricostruzione
e del successivo miracolo economico italiano, impensabili
senza il progressivo rafforzarsi dei rapporti tra Stati Uniti
e paesi europei, ad esempio, vengono osservati nei loro effetti
locali attraverso lo sguardo inconsapevole della parte
più umile della popolazione che ne percepisce unicamente
le conseguenze. La maggior parte dei napoletani ignora, infatti,
le ragioni precise per cui il suo tenore di vita inizia improvvisamente
a migliorare, ma ne attribuisce il merito agli
aiuti degli americani di cui ha sentito parlare di sfuggita alla
radio. Anche la famiglia del protagonista, trapiantata a
Da sinistra, il professor Luca Filipponi con l’autore Francesco Testa
Napoli di recente, beneficia della situazione internazionale
e della nuova floridezza economica italiana che le rende
possibile trasferirsi in una nuova abitazione. Un singolare
punto di vista sull’Europa del periodo è offerto da John Smith,
soldato americano disertore rimasto a vivere a Napoli in
clandestinità. John trova nell’Europa la salvezza da una vita
di obblighi non richiesti, rappresentando un ribaltamento
del ben più comune archetipo dell’emigrante europeo che
cerca fortuna negli Stati Uniti. Per lui l’Europa rappresenta
un’occasione e una novità ma, al tempo stesso, la perdita
della propria patria che, sotto certi aspetti, continua a essere
percepita come superiore. Da questa impressione si sviluppano
notevoli critiche alla diffusa corruzione politica e
all’assenza di una coscienza civica pienamente sviluppata.
Attraverso la figura di John è, inoltre, possibile cogliere un
riflesso delle aspirazioni, dei sentimenti e delle percezioni
di tanti migranti che, in un mutato contesto storico, hanno
trovato nell’Europa la salvezza ma, al tempo stesso, tanti
limiti e ostacoli inattesi. Il tema dell’emigrazione e della
drammaticità della condizione degli esuli è centrale anche
nella vicenda del protagonista costretto da una decisione
“europea” – il memorandum di Londra – a lasciare la nativa
Istria per venire a Napoli. Egli incarna il dramma dei migranti
di seconda generazione che, pur percependo sé stessi come
italiani, non vengono visti come tali da buona parte della
popolazione. La sua vicenda personale è, al tempo stesso,
una celebrazione dei processi d’integrazione di stampo europeo
e una critica della loro parzialità. Indelebile come un
tatuaggio porta, quindi, in filigrana i segni dell’Europa di oggi
e di quella di ieri, analizzati nella loro dimensione più locale
senza l’ambizione di giungere a un giudizio definitivo
ma con la volontà di mostrarli in tante possibili sfaccettature.
Un’analisi che, spingendo ad apprezzare i punti di forza
e a correggere gli elementi di debolezza strutturale di un’Europa
ancora in divenire, porta in sé le tracce di una viva e vibrante
fiducia nelle sue potenzialità.
INDELEBILE COME UN TATUAGGIO
51
Sandra Petreni
Ritratti d’autore
Grazie, olio su tela, cm 90x120
www.sandrapetreni.art
Sandra Petreni Pittrice
sandrapetrenipittura
A cura di
Filippo Cianfanelli
Sapori di
Toscana
Ristorante Cafaggi
Un’eccellenza nel cuore del centro storico fiorentino
di Filippo Cianfanelli / foto Gino Carosella
Passeggiando per via Guelfa, a Firenze, la vetrina del
ristorante Cafaggi balza subito all’occhio e già ci fa
capire che siamo arrivati in un luogo speciale. Accanto
a splendidi tagli di carne e ad una antica stadera in
bronzo campeggia un’opera del pittore Vinicio Berti che
è stato uno dei più assidui frequentatori del locale. Tutto
l’ambiente mantiene ancora l’aspetto originale del progetto
dell’architetto Moravio Martini risalente ai primissimi anni
Sessanta e vi lavora tutta la famiglia Cafaggi al gran completo,
i tre fratelli, Andrea, Leonardo e Renzo e i loro figli. Il
locale sta per compiere cento anni di vita essendo stato fondato
nel 1922 come trattoria e fiaschetteria da Pietro Settimo
Cafaggi. Nel ’44 venne colpito dai cannoneggiamenti
dei tedeschi in ritirata, ma la famiglia non si arrese. Nel ’66
venne devastato dalle acque dell’Arno, ma già dopo meno
di una settimana venne riaperto. Durante il difficile periodo
dell’emergenza Covid il ristorante ha reinventato la propria
attività per restare vicino alla clientela attraverso l’asporto
e la consegna a domicilio. Oggi che è di nuovo possibile
mangiare all’interno del ristorante, il personale è attentissimo
alle norme di sicurezza sia per il controllo del green
pass che per l’igienizzazione dei tavoli. Per chi vi si reca in
auto è molto comodo lasciare l’auto al parcheggio del Mercato
di San Lorenzo, con accesso libero anche quando è
attiva la ZTL. Il locale è ampio e luminoso: si nota immediatamente
che molti clienti sono abituali e quasi tutti sono
fiorentini. Se trovate una tavolata di stranieri potete stare
certi che con loro vi sarà sempre un fiorentino che li ha accompagnati
sapendo che farà una bellissima figura. La cucina
è a vista e già questo è un ottimo biglietto da visita
per ogni locale. Non appena ci sediamo ai tavoli debitamente
distanziati, il cameriere, o più spesso uno dei fratelli Cafaggi,
ci porta il menù dove si possono trovare alcuni piatti
Uno scorcio della sala
L'esterno del ristorante
mai dimenticati in tanti anni. Gran varietà di ricette della tradizione
senza troppe rivisitazioni, anzi con l’aspetto, e soprattutto
il sapore, dei cibi di una volta. Naturalmente tutti
gli ingredienti sono freschi per cui il menù risente della stagione,
ma cose come il cervello di vitella fritto o la Fiorentina
non possono mai mancare. Da Cafaggi la micragna è
bandita, le porzioni sono abbondanti, ben condite e presentate
in tavola con semplicità e decoro nell’allestimento del
piatto. La carta dei vini potrebbe essere più ampia, ma le
referenze essenziali, scelte con cura, non mancano: Villa
Calcinaia, Fattoria di Lilliano e Azienda Agricola Montepaldi
dell’Università di Firenze. Prima degli antipasti preparati
espressamente, come il polpo tiepido alla catalana, vengono
offerti ottimi coccoli appena usciti dall’olio bollente. La
scelta di primi nostrani è molto varia, dalla zuppa certosina
di verdure fresche ai pici all’aglione DOP, dal risotto coi carciofi
alle classiche pappardelle alla lepre e ai ravioli di ricotta
e spinaci in salsa di pecorino e noci. Ottimi gli spaghetti
alle sarde fresche, sapidi di pomodoro, finocchietto, uvetta
e pinoli. Passando ai secondi di carne, accanto alla classica
bistecca e al cervello fritto spiccano l’ossobuco di vitella,
il “trippotto” (misto di trippa e lampredotto), il peposo e
un delicato rognoncino di vitella sfumato al Vinsanto che mi
ha piacevolmente sorpreso. Fra i piatti di pesce da segnalare
un superbo baccalà delle Isole Faroe fritto o lesso, ammollato
in casa, i calamari ripieni alla griglia e i gamberoni
sgusciati in salsa di frutta e curry con riso basmati. Giunti
alla fine del pasto è possibile scegliere uno dei dolci fatti
in casa, come l’ottima torta della nonna, oltre a sorbetti e
gelati del Vivoli fra i quali ho particolarmente apprezzato la
crema accompagnata da frutti di bosco freschi. Raccomandata
una visita, anzi più d’una!
RISTORANTE CAFAGGI
53
Centro Espositivo Culturale
San Sebastiano
Centro Espositivo Culturale
San Sebastiano
Sala San Sebastiano Centro Espositivo Culturale
di Fabrizio Finetti
E se facessimo parte di un sistema
più vasto e sconosciuto?
Accadde una notte dell’anno 20861. Dal pianeta
terra 300 anni prima, era stata lanciata nello
spazio l’astronave senza equipaggio “VERITAS”
con l’obiettivo di arrivare ai confini dell’universo sconosciuto.
La tecnologia ormai da svariati secoli, grazie
al motore a transcurvatura di decima generazione,
permetteva di intraprendere viaggi intergalattici. Le
quattro grandi potenze mondiali rimaste sulla terra,
avevano unito le conoscenze in tutti campi utili alla
missione. Scienziati e tecnici di tutte le fazioni si erano
succeduti nelle generazioni per seguire quel primo
viaggio extragalattico verso l’ignoto. Sui monitor delle
sale di controllo apparivano mondi sconosciuti che,
al transitare dell’astronave,
venivano memorizzati
e inviati sulla terra per
essere codificati e trasformati
in immagini. Il passaggio
attraverso i tunnel
spazio-temporali permetteva
di inviare i dati con un
lasso di tempo accettabile:
uno scienziato, nel corso
della sua vita lavorativa
poteva vedere immagini
memorizzate dalla navicella
trenta o quarant’anni
prima. Tutta questa ricerca
per esplorare i confini
dell’universo aveva suscitato molte critiche da parte
della nuova fondazione pseudo religiosa, una rappresentanza
delle vecchie religioni esistenti dagli anni
del Messia, fino al 3055, anno in cui la grande guerra
pose fine a tutte le religioni esistenti e ne decretò una
sola che inglobasse lo spirito di comunità e carità tra
i popoli. Ogni fanatismo era punito con le leggi marziali.
Nessuno avrebbe mai immaginato che in quella
calda notte del 20861 tutto si sarebbe compiuto.
Alle ore 23,45 a Cape Canaveral, nella striscia di terra
che un tempo corrispondeva alla Florida, mentre
una decina di tecnici erano intenti a elaborare i dati
che ininterrottamente arrivavano dall’astronave, successe
qualcosa di inaspettato e imprevedibile: tutti i
monitor si illuminarono di una luce immensa. Anche
le finestre lasciarono intravedere una flebile luce che
arrivava dall’esterno. I componenti dell’equipe si precipitarono
fuori e, con gli occhi al cielo, videro un fascio
di luce che proveniva dallo spazio. Quella luce
diventava sempre più luminosa, accecante. Poi, non
videro più nulla e furono risucchiati verso l’alto, in direzione
di quella luce. Tutti gli uomini, la terra, il sole,
la luna, la nostra galassia, le altre galassie e tutto l’universo,
andò incontro allo stesso destino! … (in quel
preciso istante, in un altro luogo, in un altro tempo
sconosciuto, durante una partita di calcio, mentre il
pallone si librava in aria, all’improvviso si sgonfiò).
(Racconto inedito)
Nato nel 1961 a Bagni di San Filippo (SI), dal
2019 Fabrizio Finetti ricopre l’incarico di operatore
culturale presso il Centro Espositivo
Culturale San Sebastiano a Sesto Fiorentino. Nel
2014 ha pubblicato la prima raccolta di racconti brevi
nel volume Mosaico / Scrittori sopra le righe, mentre
l’anno dopo, nel 2015, è stato pubblicato il suo primo
libro di liriche intitolato Poesie? Siamo tutti poveri Cristi.
Nel 2018, da un progetto solidale, nasce un libro
a doppia copertina, con racconti di Fabrizio Finetti e
Guido Nardi, dal titolo Sei racconti brevi per riflettere e
sorridere. Nel 2020 è presente nella raccolta di rac-
conti brevi Collage edita da Apice libri. Attualmente
lavora a due progetti editoriali: un volume con tutti i
suoi racconti brevi editi
ed inediti dal titolo
Racconti scompagnati
e una raccolta di racconti
brevi di scrittori
più o meno conosciuti
per un libro solidale.
fa.finetti@hotmail.com
+ 39 338 5252537
Fabrizio Finetti
54 FABRIZIO FINETTI
Centro Espositivo Culturale
San Sebastiano
Aurelia Balan
Italiana nata nella Repubblica di Moldavia (1967),
Aurelia Balan ama dipingere da quando era bambina.
Ha studiato pittura alla Scuola Repubblicana
di Arti Plastiche “I. E. Repin" e nel 1992 si è laureata con
lode alla Facoltà di Arte e Grafica dell’Università di Chisinau.
Per dieci anni ha insegnato nelle scuole di arti
plastiche del suo paese e ha partecipato a diverse
mostre facendosi conoscere ed apprezzare in Moldavia,
Romania, Bulgaria, Stati Uniti e Germania. Nell’estate
del 2002 è arrivata in Italia con il desiderio di fare
la pittrice e di conoscere le meraviglie del “bel paese”.
È vissuta a Verona per quasi vent’anni, città dove
nel 2004 è nato suo figlio Cristian, anche lui dotato di
talento artistico. A Verona ha lavorato come pittrice
in alternativa a periodi di assistenza agli anziani. Con
il sostegno del Comune di Verona ha partecipato alla
rassegna Giovani in Arte - 2008 realizzando con suc-
Colonica a Sesto Fiorentino
Aurelia Balan
cesso un’imponente mostra personale. Ha tenuto altre
personali e partecipato a mostre collettive, ottenendo
numerosi premi, tra cui una medaglia dal Comune
di Verona. Rientrata in Moldavia per problemi di famiglia,
nella primavera del 2021 è ritornata in Italia, piena
di entusiasmo e con il desiderio di vivere una nuova
realtà. Per questo motivo, ha scelto di vivere a Firenze,
culla del Rinascimento e città simbolo di Leonardo,
che fin da bambina è il suo idolo. Di recente, ha
più volte partecipato alle mostre del Centro Espositivo
Culturale San Sebastiano a Sesto Fiorentino. Oggi la
sua più grande aspirazione è
quella di recuperare il tempo
perduto e, assieme al figlio
Cristian, dedicare il proprio
tempo al suo unico grande
amore: la pittura.
Santuario di Montesenario
Rose
AURELIA BALAN
55
Centro Espositivo Culturale
San Sebastiano
Riflessi
di Guido Nardi
Il tuo volto riflesso nello specchio. Ti guardo, non
visto, mentre ti osservi le sottili rughe che, nonostante
le creme e le cure a cui sottoponi il tuo viso
ogni mattina ed ogni sera, solcano delicatamente la
tua fronte e si insinuano intorno agli occhi e vedo quella
nuova e più profonda che si forma nel constatare
che il tempo passa, inesorabile, anche per te. Vederti
così preoccupata, quasi ferita, sotto la luce impietosa
dei faretti che ti illuminano, fa nascere in me una
nuova dolcezza nel trovarti comunque e al contrario
di quello che temi, più bella, più mia per tutti gli attimi
passati insieme, per i ricordi che portiamo in noi, anni
trascorsi che ci accomunano in una vita passata a cercarci.
Forse hai paura che io non ami più il tuo corpo
che invecchia e in quella paura mi vedi sfuggirti, non
sai invece che il mio amore non
contempla simili mutazioni, che
ti ricordo ancora come la prima
volta e tale visione mi seguirà,
più delicata e più viva, anno do-
po anno. Anche tu mi
guardi adesso, hai colto
il mio riflesso accanto
al tuo e sorridi,
hai capito, leggendo
la mia espressione,
che ti stavo ammirando
ed ora i tuoi tratti si
distendono, riprendono
un poco di gioventù,
adesso sai che non
c’è fuga nei miei occhi,
ma solo amore che va
al di là delle parole, di
tutte quelle frasi che
potrei dirti senza riuscire,
neppur volendo, a spiegarti ciò che alberga dentro
il mio cuore. Ci abbracciamo in un silenzio infinito e
mentre le nostre labbra si sfiorano appena, il patto si
rinnova: insieme per sempre.
Da sempre amante della lettura e della scrittura,
Guido Nardi si cimenta spesso nella
stesura di racconti brevi con tematiche di
generi diversi. Nel 2001 ha pubblicato l’antologia Luna
Arcana (edizioni Della Meridiana) composta di nove
brani che danno spazio al carattere introspettivo
dell’autore. È presente in altre antologie edite dall’associazione
culturale LiberArte di Sesto Fiorentino, di
cui è stato presidente dal 2014 al 2017. Attualmente
collabora con l’associazione culturale Centro Espositivo
Culturale San Sebastiano
e pubblica racconti
in antologie edite a scopo
benefico, l’ultima delle
quali, intitolata Collage,
sarà presentata presso associazioni
e spazi culturali.
Ha partecipato ad alcuni
concorsi letterari ottenendo
premi e segnalazioni.
Guido Nardi
La canzone della vita
Ricordo il tuo volto lontano madre
la voce gentile e calma
gli occhi mansueti,
i gesti misurati.
Ricordo i tuoi perdoni
una parola buona per tutti
mi hai insegnato,
come a bandire dal cuore l’odio ed il rancore.
Cantavi serena mentre ti affaccendavi
nei lavori di casa
e ci svegliavi con un bacio
ogni mattina.
Vorrei averti ancora qui madre
un’ora ancora solo un’ora,
vorrei la tua carezza dolce
sul mio viso ormai segnato.
Mi lanciasti un ultimo sguardo
ormai acquoso di morte,
senza parole dicesti:
la canzone della vita cantala tu per me.
56 GUIDO NARDI
Firenze
mostre
Giovanni Tesauro
Dall’11 al 19 dicembre al cinema teatro
Bruschi di Rignano sull’Arno con una
personale sul paesaggio toscano
di Giovanni Tesauro
Da tre anni, dopo lunghi soggiorni in altre città e regioni,
ho preso casa e studio a Rignano perché non
volevo vivere nel caos della grande città ma neanche
distanziarmene troppo. Firenze è bellissima e la considero
a tutti gli effetti la mia città di adozione fin da quando
mi ci trasferii per frequentare l’Accademia di Belle Arti dove
mi sono laureato nel 1988. Questa mostra riguarda gli aspetti
più affascinanti di questa terra a cui devo molto perché da
qui è decollato il mio percorso artistico che mi ha portato ad
esporre in tanti paesi del mondo. A Firenze ho tenuto anche
le mie prime mostre, alla Ken’s Art Gallery di Walter Bellini e
al Foyer degli Artisti di Carlo Bussi e Rosanna Ossola. E qui è
iniziata anche la mia carriera di docente poi proseguita a Varese
e in altre città come Roma e Salerno dove ho frequentato
il liceo artistico perché è a soli 20 chilometri da Giffoni della
Piana, la città dove sono nato. La ricerca artistica, iniziata
studiando grandi maestri come Giotto, Van Gogh, gli impressionisti,
Burri, Francis Bacon, non mi ha lasciato mai ed è stata
improntata alla ricerca di temi e tecniche particolari. Si è
arricchita nel tempo attraverso il viaggio che è stato una costante
della mia vita. Mi ha segnato fortemente perché mi ha
consentito di andare alla scoperta di storie e visioni a New
York, Berlino, in India, Canada, a Tokyo, a Londra, San Francisco,
Los Angeles, grandi crocevia di storie e culture. Ho avuto
l’opportunità di confrontarmi con artisti internazionali e di
La Notte dei Fuochi (2021), olio su tela di sacco, cm 50x60
studiare le architetture di queste città e i segni sedimentati in
secoli di storia. Le città sono state uno dei miei temi ricorrenti.
Dopo aver esposto in Colorado, a Charleston, a Parigi, alla
galleria Tatoo di New York e anche in Italia alla Fondazione
Cini a Venezia, a Parma, Napoli, Salerno, Positano, Roma, sono
tornato a Firenze per proseguire nell’insegnamento avendo
fatto la scelta di rimanere definitivamente qui. Nel corso
di questi lunghi anni ho realizzato anche il tema della figura
umana ma con una pittura che era molto diversa da quella
attuale perché ora sono tornato alle origini con una matrice
quasi informale. La mia arte è stata fortemente influenzata
anche da importanti registi come Wim Wenders, Lars von
Trier, David Lynch, Ridley Scott, Kubrick, Antonioni, Fellini ai
quali devo molto; nei loro film ho trovato spesso quella atmosfera
onirica, fiabesca che trovai da ragazzino a Firenze
quando vi arrivai per la prima volta e che mi trasmise un senso
di tranquillità e di pace. Ed è proprio ad una mostra dedicata
a Firenze che sto lavorando attualmente.
Firenze Viola (2020), olio su tela, cm 65x125
GIOVANNI TESAURO
57
Nuove proposte dell’arte
contemporanea
A cura di
Margherita Blonska Ciardi
Annette Lang
L’eterna bellezza vista dal tavolino del “Caffè paradiso” nel trittico
dell’artista danese a Florence Biennale
di Margherita Blonska Ciardi
La XII edizione di Florence Biennale ha visto presenti
quest’anno i lavori di artisti provenienti da ben
settantuno paesi diversi. Tra le tante opere esposte,
si è fatto particolarmente apprezzare per i colori gioiosi
e sgargianti il grande trittico dell’artista danese Annette
Lang intitolato Il Caffè paradiso. Pittrice fin dalla prima infanzia,
Annette eredita dal padre la passione per l’arte e insieme
a lui esegue le sue prime sculture in carta pesta. Nel
1987 si diploma all’Art School di Copenaghen, seguendo
successivamente i corsi tenuti da Prince Rogers. Parallelamente
agli studi, negli anni Ottanta fonda un atelier sperimentale,
in cui non solo artisti visivi ma anche scrittori,
musicisti, attori e tutte le persone creative possono incontrarsi
per scambiarsi le proprie esperienze ed interagire. In-
Annette Lang con il trittico esposto a Florence Biennale
sieme all’atelier, fonda anche la rivista d’arte Westernbro,
sulla quale invita a scrivere personaggi famosi del mondo
della letteratura, collaborando anche con diversi teatri
della capitale. In questi anni, lavora come scenografa nelle
rappresentazioni teatrali e tante sue opere ispirano amici
compositori e poeti. Terminati gli studi, inizia a viaggiare
in diversi paesi del Mediterraneo e trasferisce sulle tele le
impressioni ricavate dai paesaggi e dalle diverse culture.
Attualmente, Annette lavora nel centro storico di Copenaghen,
dove da cinque anni ha una galleria con l’esposizione
dei propri lavori. L’apertura verso diverse discipline artistiche
l’ha vista lavorare anche al restauro di un teatro della
capitale danese. Nelle sue rappresentazioni, Annette cerca
di catturare le memorie dei momenti felici trascorsi durante
i suoi numerosi viaggi
nei paesi del Sud d’Europa,
unendo spesso le vedute panoramiche
con interni di accoglienti
caffè. La tavolozza
pittorica è composta da colori
vivaci e contrastanti capaci
di trasmettere energia
e gioia di vivere. Lavorando
con colori materici, crea
una pittura dove l’alternanza
di contrastanti tonalità
vibra e traspare dalla profonda
stratificazione cromatica
della tela, ottenendo come
risultato un bassorilievo coloristico.
I pittoreschi borghi
storici, con i loro incantevoli
vicoli visti dal tavolino di
un bar, raccontano gli attimi
di gioia trascorsi dall’artista
durante le vacanze, quando
la pausa caffè serve per contemplare
la bellezza del luogo
ed evocarne il ricordo. Il
titolo del lavoro esposto alla
Biennale di Firenze, Il caffè
paradiso, sottolinea l’importanza
di fermarsi ogni tanto
per ammirare gli incantevoli
borghi ricchi di storia e apprezzare
i momenti felici che
può offrire la vita quotidiana.
58
ANNETTE LANG
Gli interni accoglienti dei bar raffigurati nelle sue
tele si aprono con le vetrate alla vista delle facciate
colorate dei palazzi, mentre le luci del tramonto
accentuano questo spettacolo. La sua pittura
ha una certa musicalità che possiamo riscontrare
nel ritmo delle linee, dalle quali si evince la sua
giocosa creatività. Dopo la Biennale di Firenze, Annette
conquisterà il pubblico italiano programmando
una serie di mostre nella penisola, come quella
che a settembre 2022 la vedrà partecipare all’evento
espositivo internazionale Aqvart a Venezia.
ANNETTE LANG
59
Laura Ronchi
Tra realtà e fantasia...
Beniamino, pittura a olio, cm 50x60
Laura Ronchi – pittrice e ritrattista
+ 39 333 2220076
l.ronchi1@libero.it
Laura Ronchi – pittrice e ritrattista
macchiolina66
A cura di
Manuela Ambrosini
Di-segni
astrologici
Sagittario
Un campione di energia e vitalità
di Manuela Ambrosini
La tua generosità e l’energia vitale che emani sono riconosciuti
da tutti. Unisci, dentro di te, il principio della curiosità
per qualsiasi tipo di conoscenza e il desiderio di
esplorazione, cosa che ti conferisce un potere: essere un ottimo
insegnante. In tutte le aziende dovrebbe esserci l’abitudine
a sviluppare e leggere il tema natale dei dipendenti e dei dirigenti,
nell’organizzazione del personale, perché l’astrologia consente
di cogliere molte attitudini e potenziali di sviluppo della
persona dalle mappe del cielo dei partecipanti ad un’organizzazione.
I Sagittari, o coloro che hanno forti valenze sagittariane
nel tema natale astrologico, sono abilissimi insegnanti, in grado
di condensare conoscenza dentro di loro, ma anche di tra-
COL3A1, Energy has no leader, tecnica mista su
base grafica e supporto in tela, cm 70x50
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smetterla. Ottimo nel public speaking. Tu sei anche l’emblema
della vitalità, caro amico del Sagittario, grazie all’elemento fuoco,
di cui sei l’ultimo esponente della ruota zodiacale. Infatti, hai
elaborato l’energia esplosiva dell’Ariete e quella creativa del Leone,
che ti precedono, per presentarti come Maestro del divenire.
Tu bruci con la lentezza del braciere e questo ti consente di
avviare quei processi che permettono di integrare l’esperienza e
la conoscenza al proprio interno. Non è più il fuoco che divampa
è la fiamma del focolare che persiste e dura grazie ai solidi
ciocchi che bruciano lenti e ciò che apprendi diventa un vero patrimonio
del sapere. Creare una filosofia di vita è un tuo compito.
Collegato con Nettuno, senti il richiamo della spiritualità, ma
nel tuo simbolo, il Centauro, si realizza l’incontro tra un forte dominio
della natura, le gambe possenti del cavallo, e l’intelligenza
dell’uomo. In te si incontrano corpo, mente, cuore ed anima, in
una miscela di potente ed efficace effetto, grazie al collegamento
con l’istinto animale e la ragione umana. Un potenziale elevato
che si evolve anche grazie ad uno stile amoroso energizzante
che si nutre di sessualità accesa e passione per la condivisione
del successo. Difficile essere fedele, sei così curioso/a che vivi
la fusione intima come modo di contattare l’altro/a, una forma
di conoscenza così concreta e profonda che resistere all’esplorazione
di ciò che ti affascina, per te, è come compiere un peccato
mortale, un sacrificio, un inutile spreco. La tua ambizione
non è finalizzata al risultato materiale, tu puoi certamente amare
il bello e il prezioso, ma lo scopo che ti guida, quando emergi,
è di espandere la conoscenza e la fiducia in un mondo che riconosce
la realtà delle cose, ma anche quella eterica dell’essere.
Tu sei il guardiano della porta che separa il visibile dall’invisibile
ed hai le chiavi per aprirla. L’accesso, tuttavia, è riservato ad
iniziati che possono comprendere il senso del messaggio che si
trova nelle multi-dimensioni. Solo chi ha il coraggio di guardarsi
dentro, aspetti luminosi e zone oscure, può entrare. Chi ha paura
del buio resta fuori.
Astrologa, professional counselor, facilitatrice in costellazioni
familiari, è fondatrice del metodo di crescita personale Oasi di
Luce e insegnante di Hatha Yoga. Vive e lavora a Monsummano
Terme, effettua incontri individuali di lettura del tema natale astrologico
e di counseling ed è insegnante del corso online di astrologia
umanistica Eroi di Luce.
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Manuela coccole per l’anima
SAGITTARIO
61
Diario di
un’esploratrice
A cura di
Julia Ciardi
Un week-end a Montecatini Terme,
patrimonio dell’UNESCO
Testo e foto Julia Ciardi
Dopo tanti chilometri macinati durante la bella
stagione, il brutto tempo e la pioggia ci invogliano
a rilassarci e a tornare un po’ in letargo.
Vale la pena, invece, rimetterci in cammino e orientare i
nostri passi verso una nuova meta. Sullo scorso numero,
siamo andati alla scoperta delle sorgenti grossetane;
questa volta ci spostiamo a Montecatini Terme, che
da quest’estate è stata proclamata patrimonio dell’UNE-
SCO con l’inserimento nella lista “the great spas of Europe”.
Qual è la storia di questo luogo? Sono stati i Lorena
a decretarne la nascita, in particolare il granduca Leopoldo
che nel 1772 fece bonificare le terre della Valdinievole,
così definita a causa delle fitte nebbie che si creavano
in quest’area causando molti problemi di salute alle col-
ture e all’uomo. Quando le acque si ritirarono, emersero
alcune sorgenti di acqua termale potabile cui fu dato il
nome di: Leopoldina, Rinfresco, Tettuccio e Regina. Montecatini
divenne così un centro rinomato per le cure termali,
punto di ritrovo di intellettuali, star di Hollywood e
grandi magnati che, insieme ai benefici per la salute, si
recavano in questo luogo anche per motivi di svago o culturali.
Lungo il viale Giuseppe Verdi, che prende il nome
dal celebre compositore che lo percorreva per spostarsi
dall’albergo Locanda Maggiore alla sorgente del Tettuccio,
si trova una “walk of fame” coi nomi di illustri personaggi
che negli anni hanno soggiornato a Montecatini
Terme. Si tratta di ben duecentododici borchiette in ottone
che, da Piazza del Popolo sino ai piedi del Tettuccio,
L'esterno delle terme
62
MONTECATINI TERME
Alle pareti, le ceramiche di Basilio Cascella
vedono susseguirsi nomi celebri come Carlo Carrà, Giorgio
de Chirico, Coco Chanel, Chet Becker, il presidente
Pertini e intellettuali come Pasolini. Una curiosità per gli
appassionati di cinema: il Tettuccio, che prende il nome
da una tettoia che stava sopra la sorgente fin dall’epoca
romana, è stato ripreso nei film Notti magiche di Paolo
Virzì, Vacanze intelligenti con protagonista Alberto Sordi
e nel terzo episodio di Amici Miei di Mario Monicelli. Le
acque termali sgorgano da una struttura maestosa decorata
dal ceramista Basilio Cascella con immagini che illustrano
gli effetti benefici dell’acqua nelle diverse età
della vita. Le terme di Montecatini sono un esempio unico
di architettura neoclassica maestosa ed avvolgente,
realizzata su progetto dell’architetto Gaspero Maria Paoletti
fra il 1779 e il 1781. Nel 1916 l’architetto fiorentino
Ugo Giovannozzi presentò un progetto di ristrutturazione
dell’intero complesso aggiornando le caratteristiche
delle terme romane allo stile Liberty. La cupola, sotto la
quale durante le mattine d’estate si esibisce un pianista,
funge da cassa sonora e l’architrave, che reca la scritta
Il suon che di dolcezza i sensi lega, conferma la magia di
questo luogo giustamente riconosciuto dall’UNESCO bene
dell’intera umanità.
Uno dei colonnati di accesso
La cupola
MONTECATINI TERME
63
Ritratti
d’artista
Riccardo Salusti
L’arte di raccontare storie universali
di Doretta Boretti
Riccardo Salusti è un pittore molto impegnato nel sociale.
Le sue opere, spesso, sono una vera e propria
denuncia di una società nella quale il rispetto per
la vita, in tutte le sue forme, non eccelle. La sua pittura ha
qualcosa di contemporaneo e allo stesso momento di antico.
Come se ci fosse in lui la nostalgia di un passato che
non c’è più perché il presente è troppo cruento. Il contrasto
tra oggi e ieri diventa, a volte, talmente dirompente da rendere
più incisivo il concetto di danno vitale. Anche alcune
conquiste tecnologiche, spesso molto apprezzate, portano
con sé come un’offesa al mondo reale, soprattutto all’ambiente
che ci circonda. Riccardo piace, la sua pittura attrae,
conquista l’osservatore, perché nel suo lavoro, così ben definito,
si raccontano storie che richiamano alla memoria ri-
cordi di momenti ludici e fantastici vissuti da molti. Ogni
suo quadro è come un racconto e in quel racconto c’è una
storia compiuta. Quella immensa libreria colma di libri, dalla
quale un padre, su una scala ad essa appoggiata, porge
un libro al proprio piccino, oppure quella strada con alte
mura, di un tempo passato, dove un nonno cammina tenendo
per mano il suo nipotino, o dove da lontano si scorge, da
una piccola rottura del vetro di una antica finestra, la cupola
del Brunelleschi, mentre nella grande strada sottostante
la vita si anima di figure intente al loro lavoro quotidiano.
C’è in tutto ciò un equilibrio perfetto tra le cose: tra la natura,
gli animali, le persone e l’arte. Quegli uomini, quelle
donne, i bambini sembrano proprio appartenere ad un tempo
lontano. E poi ce ne sono altri le cui immagini appar-
1
64
RICCARDO SALUSTI
tengono al tempo presente, e si raccontano storie diverse,
tutte nate dalla sua creatività e dalla sua fervida fantasia.
In tutti i suoi quadri il colore è ben distribuito e in ciascuno
riveste il suo ruolo. Ma i colori più intensi, quelli più ricchi
di carattere, di personalità, molto incisivi, si osservano
soprattutto nei quadri in cui, nel sogno scomposto del presente,
la natura è stata maltrattata, deturpata e il confronto
con il passato è disarmante. Il bene e il male si scontrano
e si incontrano, e, proprio come nelle fiabe, Salusti narra,
con i suoi quadri, e trasmette ai posteri il messaggio che la
cultura è l’unica arma che potrà salvare l’uomo dalla continua
distruzione.
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A cura di
Stefano Marucci
Storia delle
religioni
Riflessioni sull’Avvento in
preparazione al Natale
di Valter Quagliarotti
L’Avvento ci conduce a contemplare nel Natale il mistero
del Dio con noi, la riconoscenza verso colui che
si è fatto uomo e che schiude la storia umana, la nostra
storia alla speranza; anche questo è Natale e può essere
considerato come il diapason che porge la nota a tutti
gli strumenti. Il suo significato profondo è quello di notificare
un evento: «Ecco, viene il Signore». Ci mostra il Dio che
si fa incontro, parla, si promette, discende. Nell’anno liturgico,
Cristo è colui che sta all’inizio (Natale), è al centro della
storia (Pasqua), ci sarà alla fine (Cristo re dell’universo). Noi
celebriamo la memoria dell’incarnazione del Verbo di Dio, incarnazione
avvenuta nel passato, ma presente nell’oggi, permane
nel futuro e che si compirà ritornando sulla terra. Dio
assicura la sua presenza, viene a noi e arriva per noi, sempre
più si “abbassa” in modo da raggiungerci. San Bernardo
ci parla di “tre avventi” di Cristo: il primo è quello dell’incarnazione
di Gesù nel grembo di Maria; il secondo, quello centrale
e più importante per noi oggi, è la presenza di Cristo in noi.
Il terzo è quello che porterà Cristo giudice alla fine dei tempi
per convalidare le scelte che l’uomo ha realizzato durante
la sua vita terrena. Il Dio dell’Avvento è il Dio della storia, il
Dio pienamente venuto per la salvezza dell’uomo in Gesù di
Nazareth, nel quale si rivela il volto del Padre. E qui scopriamo
l’attualità dell’Avvento che è il tempo della gioia durante
il quale si cammina con lo sguardo rivolto in avanti, è il tempo
del risveglio che favorisce l’apertura del cuore a Cristo.
Ci sono purtroppo degli ostacoli che non permettono di accogliere
il Cristo: il nostro egoismo, il non saper gioire per le
piccole cose quotidiane, le distrazioni, la nostra superficialità
e la poca disponibilità all’accoglienza. È solo nell’affidarsi
e nell’abbandonarsi al Padre che nascono la serenità, la gioia
e la pace nel cuore. Tutti i salmi esprimono questa fede forte
e decisa di un popolo che sente di avere Dio come alleato.
La fede di cui parla la Bibbia non è una fede ideologica, ma
storica; essa ha assunto il volto di Dio incarnato nella persona
di Cristo. In questo tempo noi siamo chiamati ad uscire
dal pantano in cui la nostra modernità è miseramente caduta,
così come la nostra memoria è chiusa nei computer, la nostra
immaginazione è diretta dall’elettronica. Anche il nostro
linguaggio è impacchettato negli sms, così come il nostro
ascolto è ingabbiato dentro e attraverso le cuffie. Nonostante
tutto questo Dio sa ancora sognare; c’è sempre Lui, che “fa
nuove tutte le cose”. Il “nuovo Adamo” sta per arrivare e ha
un nome, Gesù, che vuol dire “Salvatore”. A noi non resta che
aprire la porta della nostra casa e stare ad aspettarlo, con
vigilante attesa, con il cuore disposto ad accogliere questa
“novità assoluta” che l’avvento farà brillare: sia questo tempo
un autentico cammino di gioia.
PREPARAZIONE AL NATALE
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Il super tifoso
viola
A cura di
Lucia Petraroli
Luca Giannelli
Fiorentina anni 70: il ricordo di un calcio ormai scomparso nel
libro dello scrittore toscano
di Lucia Petraroli
Scrittore fiorentino, da decenni Luca Giannelli
cura libri sulla storia e sulle tradizioni di
Firenze e della Toscana; ovviamente, la Fiorentina
fa parte del grande patrimonio della nostra
città e Luca alla sua squadra del cuore ha dedicato
numerose pubblicazioni. L’ultima fatica è un libro
che si intitola Fiorentina anni 70, cronache di un
calcio scomparso e di giovani dai sogni infranti dedicato
al decennio degli anni Settanta.
Luca parlaci del tuo libro...
È stato il mio primo decennio allo stadio dal campionato
73-74 quando arrivò Radice. Il libro parla
di un calcio ormai scomparso, dove non c’erano
stranieri, si andava allo stadio la domenica, le partite
iniziavano tutte rigorosamente alla stessa ora
e le maglie erano senza sponsor ma col giglio sul
petto e i numeri da 1 a 11 sulla schiena. Anno per
anno, racconto i campionati, le storie e gli amarcord
dedicati ai giocatori, il tutto condito dal profumo
ancora percepibile dello scudetto “yè-yè”
che aleggiava nell’aria e due Bandiere viola, artefici
dello scudetto del 1969 poi andate via come
De Sisti e Chiarugi. Ma dopo loro esplose la linea verde con
Antognoni come alfiere e con tutte le varie sfortune che colpirono
molti giocatori, in primis lo stesso unico 10, Roggi e
Guerini. Arrivò poi il tempo dei Pontello dopo gli ultimi anni
vissuti come una grande famiglia viola. I presidenti che si
sono succeduti in quel decennio come Ugolino Ugolini, Rodolfo
Melloni, Enrico Martellini, erano prima di tutto veri e
propri tifosi viola. Ci furono partite storiche come la finale
di Coppa Italia ʼ75, con Chiarugi in campo come avversario
e Mazzoni in panchina, e allenatori che hanno lasciato il segno
come Pugliese, Liedholm, Radice, Nereo Rocco e Carlo
Mazzone. In quegli anni nacquero gli Ultrà in Curva Fiesole
e ci fu l’avvento delle radio private che divennero il sottofondo
delle partite.
Che giudizio dai sulla Fiorentina di oggi?
Un progetto al momento sufficiente ma forse ancora incompleto;
sicuramente è una squadra composta da ottimi giocatori
fra i quali spicca su tutti Vlahovic.
È una ferita al cuore per noi tifosi viola perché quando abbiamo
un campione puntualmente deve lasciare la nostra maglia.
Con i giovani giocatori sbocciati in casa, non si riesce a
gestire i contratti per lungo tempo.
Come giudichi la gestione Commisso?
Con mille difficoltà, in questi tre anni Commisso ha fatto capire
di voler costruire una squadra competitiva. Ancora però non è riuscito
nel suo progetto in maniera tale da rendere concreti i sogni
dei tifosi viola. Sta costruendo il centro sportivo, quindi basi
solide per la Fiorentina del futuro e infrastrutture necessarie per
la città. Una società solida è importante per garantire stabilità
economica, ma ai tifosi interessano soprattutto i risultati.
Italiano è il valore aggiunto di questa squadra?
Ho molta fiducia in lui che pur essendo giovane ha le idee
chiare. Ha trasformato il gioco viola, gli ha dato un’identità e
ha fatto ritrovare la propria personalità a tanti giocatori che
sembravano essersi smarriti.
Il futuro dell’attaccante serbo sarà ancora a Firenze?
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LUCA GIANNELLI
A cura di
Franco Tozzi
Toscana
a tavola
Pollo all’aglio: un piatto "medicinale"
di Franco Tozzi
Chi conosce un minimo di cucina internazionale sa
quanto i francesi amino l’aglio, la cipolla e via dicendo.
Questa ricetta potrebbe sembrare ispirata
alla cucina francese, mentre è un modo di cucinare il pollo
in modo “medicinale” viste le innumerevoli qualità benefiche
dell’aglio. Come sempre le dosi sono per quattro
persone.
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La ricetta: pollo all’aglio
Ingredienti:
- 1 pollo (se possibile allevato a terra)
- olio extravergine di oliva
- 2 capi d’aglio interi
- sale
- olio
- pepe
- zenzero
- spezie toscane (un misto reperibile solo in
drogherie tipiche)
Tagliare il pollo in otto pezzi e “bruciacchiarlo” sul fornello
a gas in modo da eliminare le parti di pelle restanti.
Versare un dito d’olio in padella e, appena caldo, rosolare
i pezzi di pollo da tutti i lati e successivamente trasferirli
in una teglia da forno. In padella aggiungere gli agli
sbucciati ed interi e farli dorare facendo attenzione a
non bruciarli. Sistemarli intorno ai pezzi di pollo, versare
metà dell’olio della padella ed infornare, salando mode-
ratamente e cospargendo il tutto con un leggero pizzico
di pepe, spezie e zenzero mischiati in precedenza. Infornare
a 180 gradi girando, quando necessario, sia gli agli
che il pollo; trascorsa mezz’ora, sfumare un bicchiere di
vin santo e rimettere in forno per un’altra mezz’ora. Portare
in tavola nella teglia di cottura. Un contorno ideale è
il radicchio di campo (se possibile, non quello in busta),
con l’aggiunta di qualche foglia di rucola.
IL POLLO ALL’AGLIO
69
Racconti di
Natale
A cura di
Doretta Boretti
Un Natale per prendersi cura della Terra
di Doretta Boretti
Babbo Natale, prima di salire sulla sua immensa slitta
colma di doni, riuniti tutti i suoi collaboratori, sta
per congedarsi da loro. È la vigilia di Natale del 2021.
«Ragazzi, quest’anno abbiamo lavorato intensamente, forse
più di sempre. Non siamo stanchissimi ma piuttosto affaticati
sì...». La calotta artica, dove lui vive, negli ultimi anni si
è notevolmente e pericolosamente ridotta e l’intero ecosistema,
purtroppo, è a rischio sopravvivenza. Dopo summit sulla
biosostenibilità, ripetuti incontri sul rialzo della temperatura
globale e discussioni sulla crisi del clima nel mondo, Babbo
Natale, avendo considerato il problema planetario gravissimo,
si è posto moltissime domande, la prima tra tutte: «Cosa possiamo
fare io e i miei aiutanti per supportare il nostro pianeta
e i suoi abitanti a risolvere questa gravissima situazione, che
è proprio così palese, davanti ai miei occhi?». Così, in seguito
ad approfondite ricerche e innumerevoli discussioni con i
suoi addetti ai lavori, trascorsi alcuni mesi, prese questa decisione:
«Da questo Natale tutti i regali, ma proprio tutti, sia per
i grandi che per i piccini, devono essere dedicati alla salvaguardia
del clima sulla nostra meravigliosa Terra». Per prima
cosa, dai suoi aiutanti, fece insacchettare, in milioni e milioni
di bustine, tantissimi semi di ogni specie conosciuta, perché
tutti gli abitanti della Terra, nessuno escluso, potessero
seminarli anche in un piccolo vasino sulla finestra della propria
abitazione o in un angolo del proprio giardino, accanto a
tante altre piante verdi o fiorite, o in un piccolo pezzetto di terra
abbandonata da tutti; e chissà cosa sarebbe nato da quei
piccoli semi! Poi fece costruire tanti pezzettini di legno, che si
potevano incastonare l’uno nell’altro e formare serre di varie
dimensioni tutte con lo stesso scopo: piantare al loro interno
i semi che completavano la confezione, anch’essa biodegra-
dabile. Poi costruirono giochi da tavolo, sempre in materiale
biologico, che insegnassero la biosostenibilità a giovani e
anziani, perché il gioco, spesso, insegna più di tante spiegazioni.
Ma Babbo Natale non era ancora soddisfatto. Mancava
qualcosa alla sua grande idea. Pensò: «Le piccole piante non
bastano a cambiare il clima su tutta la Terra. È troppo grave
questo surriscaldamento. Bisogna che, tra i miei doni, inserisca
anche gli alberi». E così fu fatto. Furono confezionati milioni
e milioni di alberi, di ogni specie esistente, per ogni tipo
di località, clima, qualità del terreno di destinazione, per tutti
i paesi del mondo. Babbo Natale aveva pensato anche a fare
appendere ad ogni albero le istruzioni necessarie per farlo
crescere in modo ecologico. E davanti ai suoi laboriosi collaboratori
aveva fatto una promessa: «Fino a quando il clima
sulla terra non migliorerà, continuerò a donare semi e alberi
a tutti gli abitanti del mondo, per ogni notte di Natale che trascorrerò
per loro». Il lavoro era stato molto impegnativo, ma
lui, fin dall’inizio, era stato certo che niente e nessuno avrebbe
potuto fermare il suo grande progetto. È la notte di Natale
2021 e Babbo Natale, per congedarsi dai suoi Elfi, prima di
salire sulla gigantesca slitta, conclude il discorso iniziato: «È
vero, affaticati lo siamo, non potrebbe essere diversamente,
ma la Terra e i suoi abitanti, ragazzi miei, valevano bene questo
nostro sacrificio. E allora...oh, oh, oh, mi aspetta una notte!
Su, mie adorate renne, partiamo». Arriverà davvero Babbo
Natale questa notte santa in tutte le parti del mondo a portare
semi, alberi e giochi ecologici a tutti? Perché non gli diamo
una mano? In fondo una bustina di “semi di vita” forse ce
la possiamo permettere quasi tutti, vi pare? E allora doniamo
anche noi semi agli amici e perché no, se lo possiamo, alberi,
alle nostre bellissime città. Il clima ne ha così tanto bisogno!
Un disegno di Stefania Silvari
Mauro Mari Maris
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Maris, il novello Ulisse
Per Maris il concetto della libertà dell’individuo nei confronti
della società si pone in modo problematico per la sua coscienza
di artista strettamente ancorato agli avvenimenti dell’ambiente
circostante. Perciò nella sua attività pittorica il contatto
con la realtà quotidiana è sempre vivo e presente, il tema preferito,
cioè la rappresentazione di uno spazio infinito come è
quello dell’universo, dimostra l’entusiasmo che prende il pittore
nell’introdursi nel mondo fantastico dei pianeti e delle galassie.
Il piacere d’immergersi in questo spazio siderale così affascinante
perché misterioso, porta Maris, come un novello Ulisse,
a viaggiare per queste “terre inesplorate” con la sensibilità fantasiosa
di un poeta. L’amore per la libertà si unisce a quello per
la conoscenza, in questo errare alla ricerca di se stesso. Su un
tessuto cromatico denso di materia si stagliano sagome allusivamente
organiche, soggetti di un racconto o meglio di un’immagine
ai confini del sogno. Ma ciò che interessa è la fiducia
che l’artista ha nell’uomo, nella sua capacità di riscatto nella
fantasia. L’universo è un luogo mitico e simbolico dove l’uomo
trova il modo di spaziare libero con il suo pensiero, il bene più
prezioso. Da qui deriva il rifiuto di una figurazione di forme ben
precise e al contrario il gusto, sottilmente ironico, per indefinite
figure rese da macchie di pennellate. Il colore e la tela sono
mezzi di espressione a sé stanti, sono essi stessi il richiamo ad
una condizione psichica che si libera nella materia subitanea e
spontanea. Ma si badi bene, a livello d’inconscio non si tratta di
vaghe sensazioni, ma di chiari stimoli emozionali motivati da
cause morali dovute a scelte ben precise di Maris nel suo campo
d’indagine artistica che comprende naturalmente anche
quello umano. Il concreto, dunque, è un elemento fondamentale
nell’opera di questo pittore, riferito al programma di un nuovo
concetto dell’arte. Da apprezzare in Maris è soprattutto la sua
originale vena d’ispirazione che lo porta a schierarsi coraggiosamente
tra coloro che non temono il rischio di porsi all’avanguardia,
di affrontare cioè nuovi linguaggi artistici capaci di
comunicare semanticamente con l’uomo contemporaneo.
(Testo di Paolo Sfogli tratto dalla rivista Panarte, 1977)
A cura di
Michele Taccetti
Eccellenze toscane
in Cina
Emme Gel alla fiera CIIE di Shanghai
di Michele Taccetti
Lo stand di Emmegel
L'ingresso della fiera
Dal 5 a 10 novembre si è svolta a Shanghai la quarta
edizione della China International Import Expo, una
delle fiere multisettoriali più importanti della Cina. La
fiera, rivolta alle sole aziende straniere, è nata su espressa
volontà e patrocinio dalla presidenza della Repubblica Popolare
Cinese. Le aziende espositrici sono state di primaria importanza
e vi hanno partecipato soprattutto per il ritorno che
queste hanno ottenuto in termini di visibilità e prestigio sia
sul mercato cinese che su quello internazionale. Fra i settori
maggiormente rappresentati si sono registrate importanti presenze
di aziende dei settori: food&beverage, meccanica, arredamento
e high-tech. Quest’anno l’organizzazione ha rivolto
una particolare attenzione alle aziende made in Italy dei settori:
gioielleria, robotica e alta tecnologia ingegneristica, per le
quali ha predisposto aree collettive che da un lato hanno dato
visibilità al sistema produttivo italiano, ma da un altro hanno
penalizzato la visibilità dei singoli brand aziendali. Il Covid
ha senz’altro limitato la partecipazione delle aziende straniere
penalizzando soprattutto quelle che non avevano una presenza
diretta in Cina con proprie sedi o rappresentanze, dal momento
che era molto difficile ottenere visti di ingresso per la
Cina e, anche una volta ottenuti, vi erano grosse difficoltà per
gli spostamenti internazionali e soprattutto all’interno del paese.
Inoltre, proprio in prossimità dell’apertura della fiera, so-
no stati negati gli ingressi alla
manifestazione anche a quegli
espositori in possesso di regolare
pass, oltre che della terza
dose di vaccino e del tampone
molecolare delle ultime 24
ore richiesto dal protocollo della
fiera, perché provenienti da
città della Cina dove si erano
registrati casi di contagi nelle
ultime ore. Nonostante tutte
queste difficoltà, Emme Gel è
riuscita a confermare la propria
presenza all’evento con il suo
stand (2.2B9-10) nell’area food&beverage
al padiglione 2, ottenendo
un successo di visite
e contatti. Le restrizioni dovute
alle misure anti Covid hanno
reso impossibile per i manager e la proprietà Emme Gel volare
in Cina nonostante avessero ottenuto il pass di ingresso; tuttavia,
l’azienda di Calenzano ha potuto essere presente grazie
ai referenti di Shanghai e Pechino del partner China 2000
in Cina che agisce come TEM per lo sviluppo del mercato del
grande paese asiatico. La presenza di Emme Gel alla CIIE ha
permesso di continuare il percorso, iniziato pochi mesi fa, di
apertura al mercato cinese e nonostante le già citate difficoltà
create dal Covid l’evento fieristico ha permesso di approfondire
contatti già avviati e di svilupparne di nuovi in ragione
della qualità ed originalità dei prodotti oltreché della limitata
presenza dei potenziali competitor. Prima ancora del consolidamento
dei rapporti esistenti e dello sviluppo dei nuovi
contatti commerciali, la fiera è servita soprattutto per consolidare
sul mercato cinese la presenza, la visibilità del brand
e la volontà di investire in un programma a medio-lungo termine.
Il poter presenziare ad una manifestazione di primaria
importanza per le aziende e le istituzioni cinesi in un momento
così difficile a livello mondiale, ha rinforzato quei presupposti
di fiducia e affidabilità richiesti dall’interlocutore cinese
interessato ad investire sul brand straniero. Questo è un elemento
fondamentale che troppo spesso viene ignorato dalle
nostre imprese quando si rivolgono al mercato cinese. Emme
Gel si dimostra ancora una volta un’azienda
leader nel suo settore e pronta per i mercati
internazionali, anche quelli più lontani
e difficili come la Cina, rendendosi promotrice
della cultura e della qualità alimentare
made in Italy.
Amministratore unico di China 2000 SRL e consulente per il
Ministero dello Sviluppo Economico, esperto di scambi economici
Italia-Cina, svolge attività di formazione in materia di
marketing ed internazionalizzazione.
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China 2000 srl
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La stagione turistica invernale sta per ripartire e B&B
Hotels, catena internazionale con oltre 580 hotel in
Europa e 49 in Italia, riapre le porte del B&B Hotel
Passo Tre Croci Cortina, prenotabile al miglior prezzo solo
su hotelbb.com. La struttura, la prima del gruppo B&B Hotels
in montagna, si trova incastonata tra le vette di Cortina
d’Ampezzo, a 1.858 metri di quota, fra le pendici del Monte
Cristallo a nord, e dei monti Sorapiss e Faloria a sud, in una
posizione ideale per partire alla scoperta del territorio patrimonio
dell’Unesco. Il B&B Hotel Passo Tre Croci Cortina si
trova, infatti, a soli 8 km dal centro di Cortina d’Ampezzo, 2
km dagli impianti di risalita di Rio Gere (Cristallo/Faloria), 4
km dal famoso Lago di Misurina e dalle tre Cime di Lavaredo,
10 km da Auronzo di Cadore con l’omonimo lago. È inoltre il
punto di partenza ideale per sentieri e percorsi di montagna
durante le stagioni più miti. La struttura che accoglie gli ospiti
del B&B Hotel Passo Tre Croci Cortina è stata oggetto di un
profondo restauro che ha rinnovato completamente gli spazi
interni lasciando inalterata quelli esterni, in armonia con
l’ambiente circostante e la tradizione del luogo. Le 124 camere
di ogni tipologia sono caratterizzate da un design moderno
e minimale, con ampie metrature, soffitti in legno o a
volta e grandi finestre che permettono di ammirare il paesaggio
circostante. Qui gli ospiti potranno usufruire dei servizi
smart ed efficienti che caratterizzano tutte le strutture B&B
Hotels, come la Smart Tv 43’’ e la connessione gratuita Wi-
Fi super veloce fino a 200Mb/s in tutte le aree dell’hotel. Non
mancano poi un ristorante dedicato a coloro che soggiornano
in hotel e un B&Bistrot, nuovo concept della catena e location
ideale per sorseggiare cocktail o cenare con piatti tipici
della tradizione, una moderna area laundry/ironing, una ski
room a disposizione di tutti gli ospiti e un’area shop targata
B&B Hotels che, oltre a fornire prodotti strategici ed essenziali
per ogni viaggiatore, presenta una ricca selezione di
snack, barrette energetiche, bevande e prodotti per la cura
della persona.
In questa e nelle altre foto il B&B Hotel Passo Tre Croci Cortina
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B&B HOTELS
Su B&B Hotels
Destinazioni, design, prezzo. B&B Hotels unisce il calore e
l’attenzione di una gestione di tipo familiare all’offerta tipica
di una grande catena d’alberghi. Un’ospitalità di qualità a
prezzi contenuti e competitivi, senza fronzoli ma con una forte
attenzione ai servizi. Colazione con specialità salate, dolci
e gluten free, camere dal design moderno e funzionale con
bagno spazioso e soffione XL, Wi-Fi in fibra fino a 200Mega,
TV 43” con canali Sky e satellitari di sport, cinema e informazione
gratuiti. Nei B&B Hotels sono presenti Smart TV che offrono
un servizio di e-concierge per scoprire la città a 360°.
B&B HOTELS
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Eventi in
Toscana
Benvenuto Brunello
A Montalcino la 30ª edizione dell'evento dedicato al
famoso vino toscano
di Elena Maria Petrini / foto Maurizio Mattei e courtesy Consorzio vino Brunello di Montalcino
Nell’ultima decade dello scorso novembre si è svolta
la 30ª edizione della manifestazione Benvenuto Brunello,
anticipata per la prima volta da una speciale
“autumn edition”. Organizzata come sempre dal Consorzio
del vino Brunello di Montalcino nel Tempio del Brunello,
all’interno del complesso dell’ex convento di Sant’Agostino,
ha visto presenti ben centoventi aziende e cinquecento etichette.
Gli addetti ai lavori – sommelier, giornalisti, opinion
leader, visitatori e winelover – sono stati impegnati sia nelle
sessioni di assaggio delle anteprime sia nei percorsi museali
dell’Oro di Montalcino, progetto culturale inaugurato lo
scorso luglio che si articola negli ambienti ipogei dell’ex con-
vento con una serie di immagini suggestive e di suoni che
raccontano i quattro pilastri del Brunello: la culla, il territorio,
la tecnica e l’ethnos. La visita prosegue nelle raccolte
museali civica e diocesana, con una ricca collezione di opere
d’arte, per concludersi col museo archeologico sotterraneo
dove si trovano reperti etruschi provenienti in larga parte
dal vicino Poggio Civitella, unico esempio di fortezza etrusca
ancora oggi esistente. Il percorso si chiude nel Tempio
del Brunello dove ha sede anche l’Enoteca Bistrot Caffetteria,
nella quale è possibile degustare il Brunello. Una volta
usciti dall’ex convento, è possibile proseguire il viaggio tra
storia, arte e cultura attraverso un’applicazione multimediale
capace di guidare verso i maggiori punti di interesse geolocalizzati
del territorio. Questa formula innovativa, voluta
dall’amministrazione comunale di concerto con l’arcidiocesi,
il Consorzio del vino Brunello di Montalcino e con l’ausilio
di Opera Laboratori, ha creato un percorso multi sensoriale
davvero unico. In questa cornice di grande spessore culturale
si sono svolte le anteprime delle annate 2017 e della riserva
2016 per il Brunello di Montalcino, e del 2020 per il Rosso
di Montalcino. Assaggi anche per il Moscadello di Montalcino
DOC e Sant’Antimo DOC. Ricordiamo la nascita della DOC
Brunello di Montalcino nel 1966 (il Rosso di Montalcino nel
1983) e nel 1967 quella del consorzio, nato con venticinque
soci fondatori. Nel 1980, il Brunello acquisisce la Denominazione
di Origine Controllata e Garantita (DOCG), e da quel
momento tutte le bottiglie vengono chiuse con un contras-
Da sinistra, Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio del vino Brunello di
Montalcino, con l’executive chef Carlo Cracco
Stemma di Montalcino, scultore senese della prima metà del Trecento
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BENVENUTO BRUNELLO
Il presidente del Consorzio di Montalcino Fabrizio Bindocci
segno di Stato che ne garantisce la provenienza. Anche per
questa edizione è stata creata la trentesima piastrella, icona
della vendemmia dell’anno, che viene apposta sul muro del
palazzo comunale del borgo toscano e firmata, per questa
edizione, dall’executive chef Carlo Cracco, voluto fortemente
dal presidente del Consorzio del vino Brunello
di Montalcino, Fabrizio Bindocci, come testimonial
della manifestazione e “regista” della cena
di gala. Il tema grafico della piastrella è lo
sfondo della Galleria Vittorio Emanuele di Milano
e, in primo piano, un uovo, simbolo della
vita e ingrediente al quale lo chef stellato è
sempre stato molto legato perché ricco di significati.
È stato assegnato anche il premio “Leccio
d’Oro” previsto per due sezioni: ristoranti ed
enoteche premiati, in Italia e all’estero, per la
loro ampia scelta di vini del Consorzio di Montalcino.
Per gli appassionati è stata promossa
inoltre la giornata Brunello Lovers, durante
la quale è stato possibile degustare il rosso di
Montalcino per poi passare alle varie annate
del Brunello. Fabrizio Bindocci, presidente del
Consorzio, si è soffermato sull’analisi delle anteprime
dell’annata 2017, che ha definito eccellenti,
e sulla riserva 2016, affermando che già
una prima valutazione sulla vendemmia, e non
sul vino, può indicare potenziali elevati come in
questa annata, nonostante gli sbalzi climatici,
il caldo primaverile e la siccità estiva. Ha ricordato
anche i due albi delle uve Sangiovese per
la denominazione Rosso Montalcino DOC (600
ettari) e Brunello di Montalcino DOCG (2100 ettari),
con una produzione di bottiglie all’anno di
circa 9-10 milioni per il Brunello e 4,5 per il Rosso.
La manifestazione si è conclusa lo scorso
29 novembre con un rilancio sulla promozione
internazionale, specialmente sul mercato di
New York, dove nell’ultimo week-end di febbraio 2022 si svolgerà
Benvenuto Brunello. In Italia, il prossimo appuntamento
si terrà a giugno 2022, con un evento dedicato al Rosso di
Montalcino, e l’11 novembre 2022, con la 31ª edizione delle
anteprime della nuova annata.
La piastrella ideata da Carlo Cracco
BENVENUTO BRUNELLO
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Benessere e cura
della persona
A cura di
Antonio Pieri
A Natale regala benessere naturale
di Antonio Pieri
Dicembre è arrivato e il Natale è alle porte. Quest’anno
finalmente potremo passare un Natale in compagnia
dei nostri cari e delle persone a cui vogliamo
bene. Quindi, dopo un periodo difficile come questo, perché
non regalare loro un po’ di benessere?
Benessere sì, ma naturale
Non c’è regalo migliore del benessere, ancora meglio se
naturale e biologico. Con le idee regalo di Natale di Idea
Toscana regali non solo prodotti naturali e biologici, ma
un vero e proprio stile di vita che fonde il benessere con
prodotti cosmetici naturali e di alta qualità. Sono prodotti
completamente naturali e biologici amici della nostra pelle
e non contengono ingredienti come SLS, SLES, parabeni
e siliconi, composti chimici che possono provocare reazioni
di vario tipo sulla pelle come dermatiti e irritazioni. Sono
perfetti sia per chi già conosce e sposa a pieno la nostra
filosofia, sia per chi ancora non ci conosce e vuole avvicinarsi
al mondo dei prodotti naturali e biologici di qualità
realizzati alla maniera toscana.
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Che tu preferisca i nostri grandi classici con olio extravergine
di oliva toscano IGP biologico o i più ricercati prodotti
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abbiamo la soluzione che fa per te. Per la tua migliore
amica fissata con i profumi per l’ambiente sarà una bella
sorpresa trovare sotto l’albero il tris mini fragranze toscane
in modo che possa provarle tutte e decidere quella che
preferisce. Inoltre le nostre proposte sono adatte a tutte le
tasche ed è possibile trovare idee regalo di ogni tipo. Per
un regalo importante consigliamo le nostre scatole regalo
con vari prodotti o trattamenti. Per un piccolo pensiero invece
proponiamo i nostri cofanetti regalo che, con una piccola
spesa, permettono di regalare ai tuoi cari il benessere
alla maniera toscana.
Aspetta il Natale con noi
Se anche tu come noi non vedi l’ora che arrivi Natale, puoi
rendere questa attesa più ricca di benessere con i nostri calendari
dell’avvento, disponibili in due versioni, formati da
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fino a Natale, avrai un prodotto dedicato a te da poter
scoprire.
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Ognissanti 2 a Firenze o sul sito www.ideatoscana.it per
prepararti al Natale con Idea Toscana.
Antonio Pieri è amministratore delegato dell’azienda il Forte srl
e cofondatore di Idea Toscana, azienda produttrice di cosmetici
naturali all’olio extravergine di oliva toscano IGP biologico.
Svolge consulenze di marketing per primarie aziende del settore,
ed è sommelier ufficale FISAR e assaggiatore di olio professionista.
antoniopieri@primaspremitura.it
Antonio Pieri
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BENESSERE NATURALE
Anche a Natale
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