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La Toscana nuova - Anno 5 - Numero 4 - Aprile 2022 - Registrazione Tribunale di Firenze n. 6072 del 12-01-2018 - Iscriz. Roc. 30907. Euro 3. Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv.in L 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 C1/FI/0074
Emozioni visive
Dalle stelle alle stalle …
Testo e foto di Marco Gabbuggiani
Sono trascorsi solo pochi giorni da quando parlavo con amici
dell’oltre mezzo secolo da noi vissuto in maniera davvero straordinaria.
Anni che hanno visto mille cambiamenti e mille evoluzioni
con l’avvento della TV e di quel misterioso e affascinante
strumento chiamato fax che miracolosamente faceva apparire
dall’altra parte del mondo un foglio scritto qui a Firenze. Abbiamo
vissuto gli anni dell’emancipazione femminile, gli anni del
“fate l’amore e non la guerra”, dei figli dei fiori. Abbiamo vissuto
gli anni d’oro dell’esplosione economica, abbiamo parlato con
un amico utilizzando una scatolina poco più grande di un pacchetto
di sigarette mentre viaggiavamo in auto. Abbiamo goduto
della razionalità ed organizzazione dei computer e siamo pure
andati sulla Luna! Insomma, la nostra generazione di uomini e
donne italiane ha goduto davvero di un’esistenza stellare. Nei vari
discorsi e ricordi che uscivano come fiumi in piena dalle nostre
bocche, siamo arrivati anche a commentare la fortuna avuta, nonostante
la pandemia della quale ancora oggi subiamo gli ultimi
effetti, di non aver dovuto affrontare la tragedia della guerra.
Una fortuna davvero notevole considerato il lungo periodo preso
in considerazione e il fatto che molte generazioni precedenti alla
nostra abbiano dovuto invece affrontare il dramma di un conflitto
bellico. Il giorno di questi discorsi con il bicchiere in mano
tra amici era il 19 gennaio 2022 e credo che, dopo esserci salutati,
ognuno di noi, prima di dormire, si sia messo a pensare a ciò
che ci eravamo dimenticati e che non avevamo commentato durante
quella cena. Nessuno di noi avrebbe mai pensato che, da lì
a pochi giorni, quell’esistenza “stellare” proprio come stellato è
il cielo marocchino nella prima foto qui pubblicata, si sarebbe offuscata
a causa dell’attuale guerra, che è dietro l’angolo di casa
nostra e che riempie d’angoscia tutti i nostri pensieri. Speriamo
che fra qualche mese, dopo aver compianto le vittime innocenti
di questo assurdo conflitto, anche questo triste momento diventi
soltanto il ricordo di un pericolo scampato, qualcosa di cui
parlare tra amici come uno dei tanti eventi vissuti e superati positivamente
in questa nostra epoca così ricca di accadimenti.
Un’epoca che ci ha davvero visto alle “stelle” e che spero non finisca
col vederci alle “stalle” come il somaro in foto da solo in
mezzo al deserto. Un deserto fatto di nulla come troppe menti
umane risultano essere fatte. Asini in mezzo al vuoto del deserto,
legati ad una corda per non farli allontanare da una stalla che
ha tutto, fuorché la bellezza di un cielo stellato e di tutte le gioie
e i sogni che ci hanno riempito la vita fino ad adesso.
marco.gabbuggiani@gmail.com
Da oltre trent'anni una
realtà per l'auto in Toscana
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APRILE 2022
I QUADRI del mese
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Museo di San Francesco: tesori d’arte sacra a Greve in Chianti
Intervista a Eolo Perfido, originale interprete del ritratto fotografico
Robert Demachy, maestro del pittorialismo di fine Ottocento
Colori vivaci e paesaggi senza tempo nelle opere di Francesco Nesi
Grazia Santarpia, l’artista che risveglia l’anima musicale della materia
Spazio alle opinioni: il femminicidio, triste realtà dalla lunga storia
Un Manzoni inedito e sorprendente nel romanzo di Isabella Becherucci
Dimensione salute: lenticchie, un toccasana per la salute cardiovascolare
Psicologia oggi: il coraggio di coltivare la speranza
Consigli del nutrizionista: a casa come al ristorante con la cucina dei nonni
Giganti dell’arte: il capolavoro manierista del Pontormo in Santa Felicita
Arte e psicologia: dall’arte una riflessione sull’orrore della guerra
A Trieste una mostra sensoriale per scoprire il mondo di Frida Kahlo
I segreti di Leonardo Pisano nella biografia romanzata di Gianna Pinotti
Il romanzo di Valentina Olivastri sui segreti nascosti in un album di famiglia
Annamaria Maremmi, pittrice dallo stile inconfondibile
Curiosità storiche: l’antico capodanno fiorentino, festa civile e religiosa
L’omaggio alla Folgore dell’artista e designer Luciano Manara
Archeologia: dalla Persepoli di Dario ai diadochi di Alexandros
Il divenire delle emozioni nei paesaggi di Michela Masini
Le sculture di Romano Dini incontrano Dante in una mostra a Poppi
Il dialogo tra culture nelle attività del Movimento Life Beyond Tourism
Fare impresa oggi: le caratteristiche dei giovani italiani di successo
Gabriella Alexa: regni d’acqua come specchi dell’interiorità
Il cinema a casa: il film di Wong Kar-wai sugli amori impossibili
L’avvocato risponde: l’amministratore di sostegno a tutela delle persone fragili
Luce e colore, la personale di Joanna Aston al Museo Ghelli di San Casciano
Museo del Chiodo: a Certaldo una collezione sulla tradizione artigiana in Val d’Elsa
Eventi in Toscana: tre donne in collettiva al Circolo Amatori Arti Figurative di Empoli
La ricerca dell’essenzialità nella pittura elegante ed incisiva di Francesca Berti
Franco Corso, pittore realista dell’istinto e del cuore
Alma Sheik protagonista a Venezia con opere ispirate agli antichi mosaici
Frammenti di vita in chiaroscuro nella pittura di Emilia Lucchesi
A Lucca la retrospettiva su Alfredo Catarsini, ideatore del “simbolismo meccanico”
La risposta dell’artista israeliana Daphne Horev alla guerra in Ucraina
Premio Ponte Vecchio allo scrittore e poeta salernitano Francesco Terrone
Itinerari del gusto: Cucina di mare, un ristorante dove passione e cortesia sono di casa
Gli artisti del Centro Espositivo Culturale San Sebastiano di Sesto Fiorentino
Angelo Massimo Nostro, il pittore dello stile “destrutturista” al Gruppo Donatello
Polvere di stelle: Aldo Ciccolini, pianista dalla raffinata musicalità
La collettiva di Napoli Nostra a Venezia per viaggiare nei meandri della fantasia
Toscana a tavola: il cacciucco, un grande classico della cucina livornese
Riflessioni sulla fede: il sogno di Giuseppe
Diario di un’esploratrice: una passeggiata degustativa a Borgo a Buggiano
Poolcentury, azienda giovane e green alla conquista del mercato cinese
Intervista a Shama 24K, giovane musicista fiorentino precursore dello stile emo trap
B&B Hotels: l’inaugurazione di una nuova struttura nel cuore delle Langhe
Benessere della persona: prendersi cura dei capelli in maniera naturale
In copertina:
Alma Sheik, Moonflowers - particolare di un dittico (2022),
acrilico su strato di corteccia, cm 59x38
Rosita Comparini, Fili d’oro (2022), acrilico su pietra, cm 40x60
alfredobagnai@gmail.com
Silvana Cipriani, Giovane in fuga, acrilico su tela, cm 50x70
silvana.cipriani@gmail.com
Periodico di attualità, arte e cultura
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Anno 5 - Numero 4 - Aprile 2022
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Testi:
Luciano Artusi
Ricciardo Artusi
Francesco Bandini
Ugo Barlozzetti
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Lorenzo Borghini
Erika Bresci
Claudio Caioli
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Miriana Carradorini
Viktoria Charkina
Jacopo Chiostri
Filippo Cianfanelli
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Nicola Crisci
Maria Grazia Dainelli
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Sergio Neri
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Foto:
Francesco Bandini
Claudio Caioli
Maurizio Camagna
Miriana Carradorini
Filippo Cianfanelli
Maria Grazia Dainelli
Robert Demachy
Marco Gabbuggiani
Simone Lapini
(ADV photo)
Elisabetta Mereu
Carlo Midollini
Eolo Perfido
Viola Petri
Annamaria Romoli
Duané Viljoen
Milo Zoppini
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LA MODA COME ARTE:
Pola Cecchi
Atelier Giuliacarla Cecchi
Showroom: via J. da Diacceto, 14 - Firenze
Sito: www.giuliacarlacecchi.com
Facebook: Atelier Giuliacarla Cecchi
Instagram: ateliergiuliacarlacecchi
Foto di Annamaria Romoli
A cura di
Ugo Barlozzetti
Percorsi d’arte
in Toscana
Museo di San Francesco
A Greve in Chianti tesori dell'arte sacra
di Ugo Barlozzetti
Allestito nei locali dell’ex convento di San Francesco, il
museo espone dipinti, sculture, paramenti e arredi sacri
che testimoniano la rilevanza storica del territorio
di Greve in Chianti. Nell’oratorio di San Francesco si trova la
splendida terracotta policroma attribuita a Baccio da Montelupo
(1469-1523) Il compianto di Cristo con un cherubino di
Sante Buglioni (1494-1576). L’altare ha un paliotto in paglia naturale
del Settecento. Alla destra una Annunciazione di anonimo
fiorentino del Trecento. Altre opere sono: L’immagine di
San Domenico portata a Soriano dalla Madonna del Seicento,
una tavola con Madonna col Bambino e Santi e i due committenti
del Cinquecento; le due formelle in alto con l’immagine
del castello di Sezzate e la Val d’Ema. Un’opera giovanile di
Francesco Granacci (1469-1543) è una Madonna col Bambino
e Santi del 1498. Inoltre è esposto un bassorilievo marmoreo
da San Pietro a Sillano della prima metà del Quattrocento. Nella
sagrestia si trova una selezione di tessuti con diverse tipologie
di paramenti, tra i quali una pianeta con lo stemma dei
Bardi Strozzi. Tra le altre vesti sacre
l’esemplare più antico è una pianeta
del Cinque-Seicento. Una pianeta del
Settecento ha lo stemma degli Anichini.
In questa sala ci sono: la croce
reliquiario in cristallo di rocca da San
Stefano a Montefioralle del Trecento
Casa della cornice
e una piccola vetrata cinquecentesca
www.casadellacornice.com
con San Silvestro da San Silvestro a
Convertoie. Al piano superiore,
nella sala delle
oreficerie, sono le suppellettili
per la liturgia:
una croce processionale
in legno dipinto,
sempre da San Silvestro
a Convertoie, della
fine del Cinque-Seicento,
una campana dalla
chiesa di Santa Maria a
Vicchiomaggio, con una
dedica alla Vergine, del
1312, uno stucco con la
Madonna col Bambino
attribuita all’allievo di
Donatello Nanni di Bartolo
(notizie dal 1419 al Manifattura toscana, Croce astile (fine XVI
1452). In una grande vetrina
ci sono altri oggetto,
cm 58x40
sec.-inizi XVII sec.), legno intagliato e dipinti
di varie epoche, come
una piccola pace in avorio degli Embriachi (fine del Trecento).
La visita si conclude con la pittura, che offre esempi di artisti
toscani del Seicento come Francesco Curradi (1570-1661) e il
capolavoro di Francesco Boldrini (1584-1648) del 1615 La Madonna
del Rosario. Infine, quattro opere dalla collezione dall’ex
ospedale Rosa Libri, tra cui una tela attribuita a Sigismondo
Coccapani (1583-1643), artista e
architetto autore del Trattato del
modo di ridurre il fiume Arno in canale,
e un Ritratto di Santa Rosa di
Michele Gordigiani (1835-1909).
Una sezione archeologica espone,
con un efficace percorso di tipo
didattico e documentale, reperti
rinvenuti grazie agli scavi e alle
ricerche dei volontari del Gruppo
San Michele G.E.V. Chianti - Odv
degli anni Novanta del XX secolo.
Museo di San Francesco
Via San Francesco, 2, 50022
Greve in Chianti (FI)
Baccio da Montelupo, Compianto sul Cristo morto e cornice
a festoni (attr. Benedetto e Santi Buglioni), terracotta parzialmente
invetriata, cm 230x190
Nanni di Bartolo, Madonna con Bambino (secondo
decennio XV sec.), stucco policromo, cm 65x45x10
Informazioni e prenotazioni
+ 39 055/8544685
museosanfrancesco@alice.it
SAN FRANCESCO DI GREVE IN CHIANTI
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I grandi della
fotografia
A cura di
Maria Grazia Dainelli
Eolo Perfido
L’arte del ritratto negli scatti di uno dei
più originali interpreti della fotografia
contemporanea
di Maria Grazia Dainelli / foto Eolo Perfido
Come ti sei avvicinato alla fotografia?
Sono appassionato di illustrazioni e fumetti da sempre,
e non sapendo disegnare ho sentito forte il desiderio di
raccontare storie attraverso le immagini. Casualmente, mentre
facevo da assistente ad un amico amatore che realizzava
fotoritratti, rimasi folgorato dalle potenzialità dello strumento
e capii che questa poteva diventare la mia strada. Comprai
una vecchia Nikon e cominciai a scattare immagini che ottenevano
consensi dai soggetti fotografati.
Da grande ritrattista quale sei, come interagisci con il soggetto
che hai davanti per far emergere il suo stato emotivo?
Non mi interessa catturare la loro anima, per questo sin dall’inizio
mi sono chiesto che tipo di atteggiamento avrei dovuto
avere nei confronti dell’altro per trasferire nello scatto qualcosa
di immateriale. Questa riflessione mi ha portato a suddividere
i ritrattisti in due grandi categorie: alla prima appartengono
i fotografi che sviluppano una forte capacità di intercettare velocemente
le caratteristiche del soggetto che hanno davanti,
cercando anche di approfondirne la conoscenza e di renderli riconoscibili
nel ritratto. Tutto questo è indipendente dalla scelta
del fotografo. Alla seconda categoria, nella quale mi riconosco,
appartengono quei fotografi che, avendo un imprinting autoriale,
impongono la propria visione, che va a sovrapporsi alle caratteristiche
del soggetto. L’altro diventa quindi uno strumento
autoriale. Questo approccio personalizza il mio lavoro, con il
quale cerco ogni volta di restituire una mia idea di umanità, una
poetica che punta al raggiungimento di una visione perfetta.
Non cerco di conoscere i miei soggetti ma di stimolarli al cambiamento,
invogliandoli a concedersi al mio obiettivo per catturare
l’istante di questa loro “trasformazione”.
Che differenza c’è tra i ritratti realizzati sul set e quelli
scattati per strada?
La ricerca del soggetto da fotografare in studio è più delicata e
meno approssimativa, mentre quella in strada è più istintiva e
con dinamiche ogni volta differenti. Quando scatto in studio sono
tendenzialmente molto serio, il mio comportamento in strada
deve invece facilitare il consenso per riuscire a portare a casa
una fotografia. C’è sempre grande rispetto dell’altro, con il quale
occorre saper entrare in empatia. Il ritrattista di strada, in effetti,
deve essere in grado di tranquillizzare la persona su quelle che
sono le sue reali intenzioni: a volte basta un sorriso, altre volte
Federica Centore
c’è bisogno di fornire maggiori spiegazioni. Per questo motivo,
quando esco di casa al mattino metto nella mia borsa macchina
fotografica, obbiettivo e tanta capacità di persuasione...
Ti occupi di vari generi fotografici, dal ritratto in studio alla
moda, dalla pubblicità alla fotografia di strada: come riesci
a conciliare linguaggi così diversi tra loro?
Si vive una volta sola e voglio sfruttare al meglio il mio tempo,
per questo ho sviluppato un metodo ed una capacità di organizzazione
che rendono il mio lavoro meno faticoso possibile.
Anche se può sembrare complicato cimentarsi in vari generi,
per me è ormai diventato del tutto normale.
A tua parere la street photography è solo documentazione?
È un genere non del tutto definibile perché si fonda sull’imprevedibilità.
La narrazione inizia e finisce in una sola foto e il rapporto
tra gli elementi visivi può essere totalmente astratto rispetto
al contesto. Non si esce per strada avendo già in mente un progetto,
semmai avviene il contrario, ovvero ci si può servire di
immagini scattate in contesti diversi ma con caratteristiche comuni
per costruire dei racconti visivi. Chi fotografa per strada
ha un modo diverso di osservare le cose, di selezionare ciò che
lo emoziona e di escludere invece ciò che lo lascia indifferente.
Quello che conta è avere uno sguardo agile, dinamico, pronto a
catturare con immediatezza un soggetto interessante.
Come formatore, cosa ritieni fondamentale trasmettere ai
tuoi allievi?
Quando insegno mi rifaccio ai principi della street photography
perché abitua chi la pratica a cambiare velocemente
punto di vista a seconda della situazione in cui si trova.
Cerco di far capire ai miei allievi che per crescere e migliorare
occorrono applicazione e costanza prima di arrivare a svi-
FOTOGRAFIA PASSIONE PROFESSIONE IN NETWORK
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EOLO PERFIDO
Tokyo
luppare un proprio metodo. Inoltre, spiego loro l’importanza
degli aspetti tecnici e della previsualizzazione del processo
fotografico per prepararli all’inaspettato.
Le campagne pubblicitarie ti permettono di esprimerti liberamente
oppure no?
Quando lavoro per il mercato pubblicitario non sono totalmente
libero di esprimermi perché ci sono dei paletti molto
ferrei da rispettare per rispondere alle richieste dell’agenzia
che ha commissionato la campagna. In queste occasioni lavoro
con il mio staff perché sono necessari numerosi professionisti
ed assistenti. Qui entra in gioco la mia capacità
artigianale di costruire il contenuto, spesso superando difficoltà
come quelle dovute ad un budget basso.
Cosa hai imparato da maestri come Steve McCurry, Elliott
Erwitt ed altri mostri sacri incontrati durante la tua vita?
Sono state esperienze straordinarie grazie alle quali ho potuto
collaborare a progetti importanti come il calendario Pirelli,
il calendario Lavazza e a molti altri assignment in giro per il
mondo. È stato un modo per acquisire le competenze necessarie
anche a superare le tante difficoltà che possono presentarsi
in questo lavoro. Ancora oggi mi capita di collaborare
con McCurry, ci vogliamo bene e ci stimiamo; la sua energia
e la sua passione lasciano davvero senza fiato.
Clownville
Com’è nato il progetto Clownville?
È nato più di dieci anni fa come un progetto personale e nel
tempo è diventato qualcosa di importante. Il clown è una maschera
come quella del super eroe ma può essere utilizzata
anche per nascondersi. Attraverso la maschera l’uomo fa
emergere i lati più oscuri della propria personalità, quelli più
animaleschi, le follie e le contraddizioni. Il punto quindi è riflettere
sui meccanismi di camuffamento dell’individuo e su
ciò che invece lo rende libero. È un progetto che ho deciso di
lasciare aperto per aggiungere sempre nuovi scatti vista la
densità del tema affrontato.
Secondo te la fotografia va spiegata oppure deve essere di
immediata comprensione?
Ci sono immagini che ti arrivano come un pugno allo stomaco
perché veicolano un tipo di messaggio che necessita di
quel linguaggio, altre invece hanno bisogno di essere raccontate
per stimolare in chi le guarda un approfondimento. Non
è detto che la visione istintiva ti restituisca qualcosa, talvolta
occorre il mistero delle fotografie che non capisci. Se fosse
sempre immediatamente comprensibile, la fotografia sarebbe
già morta, mentre invece a volte c’è bisogno di sentirsi
un passo indietro rispetto all’immagine che si ha davanti. È
anche questo che rende la fotografia un linguaggio capace
sempre di rinnovarsi.
EOLO PERFIDO
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Leda Giannoni
pittrice
Madonna dell’uva (2021), olio su tela, cm 80x90
ledagiannoni@gmail.com
A cura di
Nicola Crisci e Maria Grazia Dainelli
Spunti di critica
fotografica
Robert Demachy
Un maestro della fotografia
pittorialista di fine Ottocento
di Nicola Crisci / foto Robert Demachy
Nato nel 1859 a Saint-Germain-en-Laye vicino Parigi
da una ricca famiglia di banchieri, Robert Demachy
riceve un’eccellente istruzione alla scuola dei
gesuiti. Da metà degli anni Settanta si dedica alla fotografia
pur non avendo mai lavorato come professionista. Nel 1882
diventa membro della Société Française de Photographie e
si avvicina al movimento pittorialista internazionale incontrando
i principali fotografi europei dell’epoca. In questi anni
promuove un tipo di fotografia che evoca apertamente disegno
e pittura e che per questo viene definita “pittorialista”,
trattandosi di fotografie che imitano le opere dipinte. Alcuni
epigrammi spiegano bene il suo modo di vedere la fotografia
come arte: «Dobbiamo far uscire la fotografia dalla
sua essenza puramente descrittiva, per renderla non un’arte
di imitazione, ma al contrario un’arte dell’interpretazione».
E ancora: «Un’opera d’arte deve essere una trascrizione,
non una copia, della natura. In altre parole, non c’è una particella
d’arte nella più bella scena della natura. L’arte è solo
dell’uomo, non è soggetta a scopi oggettivi; arte è solo
quando viene fatta, sviluppata e manipolata dall’uomo». Demachy
aveva già esposto numerose volte quando nel 1892
alcune sue fotografie vengono presentate al Palais de Beaux-Arts
di Parigi. Nei successivi venti anni, il suo lavoro viene
incluso in mostre ad Amsterdam, Berlino, Boston, Londra,
Bruxelles, Firenze, Amburgo, Leeds, New York, Filadelfia, Rochester,
St. Louis e Vienna. Nel 1904 tiene una personale a
Londra alla Royal Photographic Society (della quale diventa
in seguito membro onorario) e nello stesso anno alcune sue
fotografie sono pubblicate sulla famosa rivista Camera Work
di Alfred Stieglitz a New York. Dall’inizio del 1914, senza dare
spiegazioni, Demachy abbandona la macchina fotografica
rifiutandosi persino di immortalare i propri nipoti. Ciononostante,
per tutto il resto della sua vita continua ad inviare immagini
nell’ambito di saloni fotografici. Le ragioni di questo
suo cambiamento rimangono
tuttora sconosciute; l’unica cosa
certa è che questa sua decisione
coincide con l’inizio della
prima guerra mondiale in Europa.
Muore di arteriosclerosi a
Hennequeville, in Normandia, il
29 dicembre del 1936. Poco prima
della morte distrugge gran
parte dei suoi scatti e dona le
fotografie rimanenti alla Royal
Photographic Society e al Photo-Club
di Parigi.
Figura tragica (1899)
Toucques Valley (1906)
Velocità (1904)
ROBERT DEMACHY
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Arte
Incontri
A cura di
Viktoria Charkina
Francesco Nesi
Colori vivaci e paesaggi senza tempo nelle opere del “fantastico toscano”
di Viktoria Charkina
Nei tuoi quadri spesso incontriamo ritratti gli stessi
personaggi immersi nei paesaggi toscani. Chi sono
queste persone e qual è il ruolo della Toscana
nella tua pittura?
I personaggi da me ritratti provengono dalla mia fantasia e rappresentano
uomini comuni. La Toscana è la mia regione preferita,
non solo perché sono nato qui, a San Casciano Val di Pesa,
ma anche perché la considero una regione veramente completa.
La Toscana, fra i borghi, la montagna e il mare, ci regala dei bellissimi
paesaggi che poi appaiono nei miei quadri. Ovviamente,
vengono elaborati e scomposti, ma nonostante ciò nelle mie tele
si possono sempre riconoscere città come Firenze, Siena o Pisa,
con diversi elementi architettonici e naturalistici da cui traggo
ispirazione ogni giorno. Infatti, la natura è uno dei principali elementi
della mia pittura, insieme all’amore e all’amicizia. Attribuisco
molta importanza ai valori etici e alla necessità di restare
umani sempre e ovunque. Ciò viene espresso e sottolineato nei
miei quadri, anche se in maniera non diretta, ma scherzosa e ironica.
Il mezzo per suscitare le riflessioni nelle menti delle persone
e per unire gli esseri umani per me diventa il colore. Tramite
pennellate di colori vivaci e accesi cerco di sottolineare l’importanza
del rispetto, della comprensione e dell’amore verso il prossimo,
ma anche verso la natura, in quanto tengo molto anche
alla cura del nostro pianeta.
Ci sono artisti che hanno influenzato il tuo linguaggio?
Sicuramente il lavoro di Van Gogh mi ha ispirato per le ricerche
sull’uso del colore. Altri artisti che stimo particolarmente
Francesco Nesi
sono Vasilij Kandinskij e Egon Schiele. Ovviamente, sul panorama
nazionale nutrivo rapporti di stima e di amicizia con il
gruppo dei “Fantastici toscani”, ricordando il modo in cui il
Voglia di abbracci (2020-2022), acrilico su tavola, cm 60x120 Coccoliamoci (2020-2022),
acrilico su tavola, cm 50x40
12
FRANCESCO NESI
Vanità (2020-2022), acrilico
su tavola, cm 40x30
critico d’arte Tommaso Paloscia ha definito me ed altri artisti
tra cui Maranghi, Possenti, Alinari, Ghelli e Facchini. Nonostante
ognuno di noi abbia preso e sviluppato un percorso
artistico personale e indipendente, abbiamo condiviso, con
Ghelli, Possenti e Maranghi in particolare, diversi scambi culturali
durante le cene e le lunghe chiacchierate.
Aver studiato pianoforte ha influito sul tuo percorso?
Il mio percorso musicale ha influito molto sulla mia visione
artistica. Anche se l’ho abbandonato all’età di 12 anni, mi è
rimasto l’amore per la musica classica, soprattutto per il lavoro
di Mozart e Beethoven. Nei miei quadri c’è spesso la
musica e i musicisti, come anche nelle mie mostre. Invito volentieri
dei pianisti alle mie esposizioni, ma anche ballerine e
poetesse. Amo rapportarmi con l’arte totale tramite mostre
interdisciplinari e interattive in cui mi piace suscitare riflessioni
sull’essenza dell’arte, costruendo anche nuovi rapporti,
amicizie e scambi culturali, in quanto l’arte deve essere aperta
a tutti. Ricordo che in una delle mostre a cui ho preso parte,
il compositore Lorenzo Pescini aveva composto dei brani
facendo riferimento ai quadri esposti. Trovo gli sviluppi artistici
di questo tipo molto stimolanti.
Parole d’amore (2020-2022), acrilico su tavola, cm 40x80
nostra personalità. Nei miei quadri la luna è sempre crescente,
quindi positiva e volta a simboleggiare la speranza in un
mondo migliore.
Come mai hai fatto un percorso da autodidatta?
Purtroppo i miei genitori mi imposero di fare il liceo scientifico,
nonostante l’indicazione dei professori fosse per un indirizzo
artistico, dal momento che avevo sempre dimostrato
una spiccata mano per il disegno e il colore. Dopo il liceo ho
proseguito con l’università, non abbandonando mai il disegno.
Nel frattempo, non a caso, incontravo sempre pittori o
parenti di pittori, e da loro rubavo con gli occhi. Ho iniziato
con l’acquerello fino a raggiungere una tecnica personale che
poi ho proseguito e sviluppato con l’olio e l’acrilico.
Quali sono gli obiettivi che ti prefiggi di raggiungere tramite
la pittura?
La mia arte è l’espressione e il resoconto del mio vissuto. È il
modo migliore per esprimermi e per comunicare con il mondo
esterno. Nei miei quadri è presente un filo rosso sulla luna
che si estende da un lato dell’opera all’altro senza mai essere
interrotto, non vediamo mai il suo inizio o la fine, è infinito. È
un filo che prosegue in altre opere, sottolineando come ogni
momento e ogni giornata siano i componenti che poi creano
la nostra vita o, in termini pittorici, l’opera totale. La luna invece
rappresenta l’elemento femminile e il lato intimo della
Sorvolando...(2020-2022), acrilico su tavola, cm 70x70
FRANCESCO NESI
13
Occhio
critico
A cura di
Daniela Pronestì
Grazia Santarpia
L’anima musicale della materia
di Daniela Pronestì
La geometria delle forme è musica solidificata».
Questa frase attribuita a Pitagora sottolinea il legame
tra suono e materia o per meglio dire tra vi-
«brazione energetica e forme solide. Procedendo dalla filosofia
antica alla scienza moderna, questo concetto mette in relazione
il mondo invisibile dell’energia con il mondo visibile della
realtà oggettiva, il suono della creazione – l’OM o AUM della
cosmogonia induista e il Logos o Verbo della Bibbia cristiana –
con le forme della natura, in un passaggio che avviene non solo
dall’incorporeo al concreto ma viceversa anche dalle cose tangibili
all’immateriale. In altre parole, così come ogni vibrazione
corrisponde ad una forma allo stesso modo ogni forma corrisponde
ad una vibrazione. Le sculture/installazioni di Grazia
Santarpia traducono questo assioma in una composizione di
elementi che, vibrando ad ogni movimento d’aria dovuto al passaggio
o al tocco del fruitore oppure alle condizioni ambientali,
generano un suono “primordiale”, una specie di voce dell’energia
che pervade di sé qualunque forma animata e inanimata, la
materia così come lo spazio vuoto, il corpo così come il respiro
che lo rende vivo. Stando sempre alla tradizione pitagorica, l’universo
è un’immensa sinfonia che risuona, dai corpi celesti al
mondo terreno, generando un accordo armonico di suoni: un’a-
Partenope Sibila: dettaglio dei riflessi generati dalle superfici ricoperte con pellicola
dicroica
Partenope Sibila (2021), alluminio e pellicola dicroica, cm 80x80x3
14
GRAZIA SANTARPIA
Apnea (2020), ferro, plexiglass e pellicola dicroica, cm 100x100x2,5
nima musicale che accomuna uomo, natura, oggetti, come il
soffio vitale all’origine di ogni cosa. Le opere in questione risvegliano
quest’anima musicale non solo coinvolgendo in prima
persona l’osservatore, che interagendo con esse ne completa il
senso, ma anche rendendo sensorialmente percepibili – alla vista
quanto all’udito – i rapporti dell’opera con lo spazio circostante,
con l’aria intorno, con la luce che colpisce le superfici.
Si può parlare infatti di installazioni ambientali pensate per far
“respirare” il corpo dell’opera, renderlo vivo, dinamico, mutevole,
proprio grazie alla relazione che questo instaura con il luogo
nel quale si colloca. Del resto, all’origine di questi lavori si
pone la necessità dell’artista di superare la fissità del supporto
pittorico trasponendo le forme dipinte in assemblaggi di materiali
leggeri – soprattutto lamiere in ferro o in alluminio – che
facilmente si muovono ad ogni minima variazione delle correnti
d’aria. La definizione di “pannelli sonori”, pur essendo di fatto
composizioni prive di una superficie a supporto, si riferisce
alla dimensione della tela qui richiamata dalla cornice, la quale
se da un lato sostiene gli elementi dell’opera, dall’altro lato inquadra
e delimita il campo visivo. Tuttavia, rispetto ad una tela
tradizionale, in questo caso a fare da sfondo è lo spazio dietro
e intorno alle forme, la parete bianca, altri oggetti oppure altre
opere, ad indicare appunto la vitalità di un corpo che dialoga
con tutto ciò che lo circonda: aria, luce, materia. Corpo che
vibrando genera non soltanto suoni ma anche riflessi cromatici
che, emessi dalle superfici prima dipinte e poi rivestite di pellicola
dicroica, si propagano dall’opera nello spazio circostante:
in questo modo il colore torna ad essere energia, presenza immateriale
che attraversa l’aria, intercetta la luce, avvolge la materia.
L’obiettivo è di nuovo stabilire una connessione profonda
– non solo fisica ma anche di significato – tra l’oggetto artistico
e il luogo, inserendo in questo dialogo a due anche l’elemento
umano, quale fattore che serve ad integrare l’insieme collegando
tra loro – prima sul piano percettivo e poi su quello mentale
– la materia tangibile dell’opera con la sua anima energetica.
Se è vero che materia ed energia sono facce della stessa medaglia
e che in virtù di questo principio ogni cosa costantemente
cambia dentro e fuori di noi, allora è inevitabile che anche l’opera
d’arte risponda a questa legge universale, ponendosi come
tramite – ed è quello che avviene nelle creazioni di Grazia Santarpia
– tra il conosciuto e l’inconoscibile, tra ciò che esperiamo
attraverso i sensi e il mistero delle forze che ci governano.
www.graziasantarpia.com
Pannello sonoro (2020), ferro saldato e battuto, cm 160x210x5
GRAZIA SANTARPIA
15
Spazio alle
opinioni
Il femminicidio
Una triste realtà dalla lunga storia
di Moravio Martini / foto Duané Viljoen
Il femminicidio è nato molti, ma molti anni fa. Storicamente
l’anno cinquantatreesimo dopo Cristo, quando
San Paolo ad Efeso (città storica della Turchia) scrisse
le Lettere ai Corinzi. In tali lettere si trova scritto che:
«L’uomo non deriva da una donna, ma la donna dall’uomo;
né l’uomo non fu creato per la donna, ma la donna per l’uomo.
In particolare, l’uomo non deve coprirsi, ma la donna
deve coprirsi il capo in segno della sua dipendenza.
Di conseguenza le donne nelle assemblee tacciano e siano
sottomesse: se vogliono imparare qualcosa, interroghino
i loro mariti». Che si dica che la donna è nata dalla
costola di Adamo, risulta una grande bugia, infatti è dimostrato
che all’uomo non manca nessuna costola. Succes-
sivamente, lo stesso Paolo, aggiunge: «Chi non è sposato
si preoccupa delle cose del Signore; chi è sposato delle
cose del mondo». Da questo deriva il celibato dei sacerdoti
nonché l’origine del maschilismo. Di contro la Chiesa,
per addolcire questa pillola, eleva la Madonna a quarta
persona divina nel segno della croce tutto maschile. Dunque
il maschilismo è una struttura di matrice patriarcale.
Da sempre è stata accettata la superiorità dell’uomo sulla
donna considerandola non intelligente, inferiore. La donna
è sottoposta ad una schiavitù che, sancita dall’uomo
nel tempo, può portarla anche alla morte. Tale situazione
ha avuto, addirittura, il placet giuridico, che condanna le
donne colpevoli di adulterio e assolve quello degli uomini.
16
IL FEMMINICIDIO
La sopraffazione maschile delle donne – compagne, mogli,
casalinghe – porta a sevizie e morte ancora oggi, per
motivi gravi ma anche futili, ad opera dell’uomo per così
dire “civile”. In Italia, nel 2018, ci sono state 142 vittime
e 94 nel 2019 (un lieve calo, ma poco significativo visto
che stiamo parlando comunque di una donna uccisa ogni
tre giorni). Il 78% di queste morti avviene in casa; protagonisti
compagni, ex partner, mariti. La loro giustificazione
si appella a falsi motivi come la fine dell’amore o una
grande gelosia. Fortunatamente, oggi, si stanno prendendo
iniziative da parte di molte istituzioni per combattere il
femminicidio attraverso la scuola, l’educazione e la stampa.
La Chiesa non è allineata e non concede alla donna di
officiare la messa. L’attuale situazione sociale della pandemia
che ci ha chiusi in casa, ha intensificato i femminicidi
da parte dei mariti alterati per la reclusione casalinga.
Uccidono, oltre la donna, anche i loro figli attribuendo a lei
la colpa. Il concorso del delitto d’onore rappresenta, quasi
sempre, motivo giuridico di assoluzione. Inoltre non sono
esclusi motivi di dote non assolta. In alcuni paesi stranieri
lo sposo ha diritto di uccidere la sposa. Per tale motivo,
in tali paesi, si uccide la bambina appena nata considerandola
una grande sfortuna. Varie religioni protestanti del
nord Europa, vedi i Testimoni di Geova, permettono il matrimonio
ai loro preti e la relativa natalità dei figli. Contrariamente
alla Chiesa cattolica, vigente in Italia da sempre
(a mio parere, sfortunatamente) e connivente con il potere
politico per la propria sopravvivenza, fin dall’inizio, con il
sacrificio di Gesù. Si veda a proposito l’uccisione di Opazia,
grande matematica ed inventrice che, già con il cristianesimo
imperante (era legge di Stato), fu fatta scorticare
con conchiglie affilate da parte dell’allora pontefice. L’effetto
dei successi operati dalle donne, che da tempo hanno
intrapreso la lotta per la parità con gli uomini, stimola
la ricerca di una totale affermazione di libertà, ben augurante
per un futuro speriamo prossimo.
IL FEMMINICIDIO
17
PREMIO LETTERARIO
CITTÀ DI CASTELLO
XVI edizione 2022 Scadenza: 30 giugno 2022
RISERVATO A OPERE INEDITE DI POESIA – NARRATIVA – SAGGISTICA
Giuria: Alessandro Quasimodo (presidente), Attore e regista teatrale
Osvaldo Bevilacqua, Giornalista e conduttore di programmi TV – Maria Borio, Poetessa e ricercatrice
Giulio Ferroni, Scrittore e linguista – Anna Kanakis, Attrice e scrittrice – Daniela Lombardi, Giornalista
Mauro Macale, Vicepresidente Federazione Italiana Associazioni e Club per l’Unesco
Mariangela Mandia, Creative management – Alessandro Masi, Segretario Generale Società Dante Alighieri
Luciano Monti, Docente LUISS e scrittore – , Ambasciatore d’Italia
Antonio Padellaro, Giornalista e scrittore – Alfonso Pecoraro Scanio, Presidente Fondazione UniVerde
Benedetta Rinaldi, Giornalista e conduttrice programmi RAI – Marinella Rocca Longo, Docente e scrittrice
, Docente LUISS e scrittore – Pier Luigi Vercesi, Giornalista e scrittore
Giovanni Zavarella, Giornalista e critico letterario
Informazioni e bando sul sito www.premioletterariocdc.it
Facebook Premio letterario ‘Città di Castello’
Organizzazione:
In collaborazione con:
Con il patrocinio di:
Provincia
di Perugia
Comune di
Città di Castello
Sponsor principali:
I libri del
mese
versità
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suo
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Gli amici di Brusuglio
Un Manzoni inedito e sorprendente nel
primo romanzo di Isabella Becherucci
testo E, SE e LA foto VECCHIA di Elisabetta GENERAZIONE GLI Mereu PARLAVA
DI UN MONDO CHE NON C’ ERA PIÙ, LA NUOVA,
ORA VICINA NON SOLO IN EFFIGIE,
Tutti abbiamo studiato le opere dello scrittore Alessandro
Manzoni, considerato il padre della lingua italiana
GLI DAVA LA FORZA PER ANDARE AVANTI.
moderna, ma nessuno mai prima d’ora ci aveva raccontato
chi fosse la persona dietro al personaggio famoso,
l’uomo Manzoni con tutte le sue debolezze, incertezze, fragilità
e anche forti pulsioni passionali. Lo ha fatto la professoressa
Isabella Becherucci, docente dell’Università Europea di
Roma e membro del Consiglio Scientifico del Centro Nazionale
Studi Manzoniani, con il suo primo romanzo Gli amici di Brusuglio
(Giulio Perrone Editore) uscito pochi mesi fa. Dire che
questo è un libro davvero da non perdere non è la solita frase
di rito, perché credo che se a scuola ci avessero fatto conoscere
così la storia e la letteratura sicuramente ci saremmo
appassionati di più a queste materie. Attraverso il racconto
FIAMME
della docente fiorentina conosciamo la quotidianità di Manzoni
e anche la sua modernità, in cui tanti giovani potranno
rispecchiarsi. Come molti adolescenti di oggi – seppure con
motivazioni ben diverse – Alessandro aveva molte insicurezze,
forse anche a causa di una spiccata balbuzie, nonché frequenti
intemperanze e ribellioni giovanili. Inoltre, nel corso
della sua vita, l’autore di tanti capolavori fu spesso soggetto
a stati di depressione e nevrosi e visse un conflitto generazionale
con la figura paterna, complicato dal fatto di essere figlio
illegittimo. Era infatti il frutto di una relazione extraconiugale
della madre Giulia Beccaria, donna di grande carisma, che
influenzerà molto tutte le scelte della sua vita. Che la Becherucci
fosse una professoressa fuori dagli schemi l’ho capito –
prima ancora di aver letto il libro – quando ci siamo incontrate
per l’intervista, alla quale è arrivata a bordo di un grosso scooter,
abbigliata da centauro provetto. Ma la conferma della sua
singolare e poliedrica personalità, magistralmente espressa
Isabella Becherucci
ISABELLA BECHERUCCI GLI AMICI DI BRUSUGLIO
ISABELLA BECHERUCCI
GLI AMICI
DI BRUSUGLIO
nella scrittura, è arrivata fin dalle prime pagine del suo romanzo.
Partendo da un escamotage che conferisce al racconto
la suspense di un giallo, l’autrice con grande abilità linguistica
tesse una trama avvincente – che si svelerà solo nelle ultime
pagine – sviluppandola su diversi piani narrativi, in cui si
intrecciano costantemente, in perfetto equilibrio, precisi fatti
e connotazioni storico/geografiche e pennellate romanzesche.
Isabella Becherucci con uno stile molto coinvolgente e
descrittivo degli usi e dei costumi dell’epoca fin nei più piccoli
Docente di Letteratura Italiana all’Università
Europea di Roma, Isabella Becherucci
è membro del Centro Studi
Manzoniani e referente dell’Archivio privato di
Manzoni nella villa di Brusuglio. Condirettore
della rivista di letteratura italiana Per leggere
- I generi della letteratura, nonché collaboratrice
della Rivista di studi manzoniani, le sue
pubblicazioni scientifiche spaziano dal Rinascimento
all’età moderna, con particolare
attenzione al Risorgimento e all’opera di Alessandro
Manzoni, sempre affrontata con le armi
della filologia e della ricostruzione storica.
dettagli, cattura l’attenzione del
lettore centellinando con grande
capacità narrativa le sue carte,
calibrando bene il momento
giusto per “estrarre il coniglio“
da uno dei cilindri rappresentati
sulla copertina e sciogliere
finalmente i nodi dell’enigma
misterioso descritto nelle prime
pagine. A voi il piacere di scoprirlo
da soli, come hanno già
fatto centinaia di lettori italiani
che, non a caso, stanno elogiando
questo romanzo.
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ISABELLA BECHERUCCI
19
Dimensione
salute
A cura di
Stefano Grifoni
Lenticchie
Un toccasana per la salute cardiovascolare
di Stefano Grifoni
Le lenticchie sono un alimento nutriente e tra i più
sani. Delle lenticchie se ne parla nella Bibbia e si
hanno ricette, minestre, zuppe e insalate che risalgono
a secoli fa. Sono ricche di proteine più di cereali,
frutta e verdura, di fibre e di antiossidanti, facilitano
il transito intestinale e rallentano l’assorbimento dei carboidrati
evitando picchi glicemici. Sostituire con le lenticchie
il riso, riduce la glicemia del 20% e con le patate del
35%. Per questo motivo il loro consumo è associato a
minor rischio di malattie cardiovascolari, diabete, obesità
e cancro. Sono ricche anche di polifenoli, la cui assunzione
sembra ridurre il tasso di mortalità per malattie
cardiovascolari. Alle lenticchie sono attribuite proprietà
galattofore e quindi particolarmente indicate nella dieta
delle mamme che allattano i bambini perché sembrano stimolare
la produzione di latte e mantenerla costante nel
tempo. Sono particolarmente indicate negli stati di affaticamento
fisico e mentale.
Stefano Grifoni è direttore del reparto di Medicina e Chirurgia di Urgenza del pronto soccorso
dell’Ospedale di Careggi e direttore del Centro di riferimento regionale toscano per la diagnosi
e la terapia d’urgenza della malattia tromboembolica venosa. Membro del consiglio nazionale
della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza, è vicepresidente dell’associazione
per il soccorso di bambini con malattie oncologiche cerebrali Tutti per Guglielmo e membro tecnico
dell’associazione Amici del Pronto Soccorso con sede a Firenze.
20
LENTICCHIE
A cura di
Emanuela Muriana
Psicologia
oggi
Il coraggio di coltivare
la speranza
di Emanuela Muriana
La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il
coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose, il coraggio
per cambiarle». Questo aforisma attribuito
«a Sant’Agostino mette in luce le due dimensioni della speranza.
Il primo è lo sdegno, un sentimento di risentimento misto
talvolta a disprezzo che insorge verso persone o cose da cui
si sente gravemente offeso il proprio senso morale. Lo sdegno
è una condizione di distacco che permette, se ben utilizzata,
di prendere le misure da situazioni e persone dopo aver
vissuto la delusione o la sorpresa negativa. Da qui il coraggio
di scegliere, agire, la speranza di cambiare. Chi invece cede
spesso allo sdegno, guardando dall’alto della propria morale
le miserie degli altri e del mondo, rischia un’inevitabile solitudine.
Un pessimo modo per valorizzare se stesso! Vivere
con intransigenza, ritenendosi persone rette, corrette e capaci,
rischia di trasformare i propri valori in una gabbia mentale;
avere poco successo nella vita, rinunciare spesso a tante opportunità
per salvaguardare l’alta idea di sé. L’evoluzione può
essere una dimensione depressiva caratterizzata da aspetta-
tive sfavorevoli, un modo di parlare connotato da biasimo, risentimento
e pensieri aggressivi. L’ortodossia è non mettere
in dubbio le proprie convinzioni, proprio perché partono da posizioni
ineccepibili, che tutti dovrebbero avere... Il coraggio è
stato considerato una delle principali virtù umane fin dai tempi
del filosofo Aristotele. È un atteggiamento positivo con cui
si tende ad affrontare una situazione di pericolo o uno scopo
difficoltoso da raggiungere. Il coraggio di cambiare, il coraggio
di osare, il coraggio di fare delle scelte, il coraggio di
andare avanti, il coraggio di amare… Non si nasce coraggiosi,
lo si diventa dopo aver affrontato le inevitabili paure della
vita. Quando la paura invece prevale, si evita di affrontare,
si chiede costantemente aiuto e alla fine si rinuncia. L’esito
è una vita povera, fatta di confini mentali invalicabili, fino a
sviluppare sintomi di ansia, panico e rimpianti. L’eccesso di
sdegno così come la mancanza di coraggio spengono la speranza
e la fiducia nel futuro che funzionano da difesa contro
le conseguenze patologiche delle frustrazioni. «Non c’è speranza
senza paura né paura senza speranza» diceva Spinoza.
Emanuela Muriana è responsabile dello Studio di Psicoterapia Breve
Strategica di Firenze, dove svolge attività clinica e di consulenza.
È stata professore alla Facoltà di Medicina e Chirurgia presso
le Università di Siena (2007-2012) e Firenze (2004-2015). Ha pubblicato
tre libri e numerosi articoli consultabili sul sito www.terapiastrategica.fi.it.
È docente alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Breve Strategica.
Studio di Terapia Breve Strategica
Viale Mazzini 16, Firenze
+ 39 055 242642 - 574344
emanuela.muriana@virgilio.it
LA SPERANZA
21
LUNEDÌ 4 APRILE
Fabrizio Borghini
debutterà con la rubrica
ARTE INCONTRI
sull’emittente
ITALIA SETTE
canale digitale terrestre 17
La trasmissione andrà in onda tutte le sere dalle 20.55 (al termine del
Telegiornale) alle 21.10 e la domenica dalle 20.25 (dopo il TG) alle 20.40
A cura di
Silvia Ciani
I consigli del
nutrizionista
A casa come al ristorante con le ricette dei nonni
di Silvia Ciani
Tra le conseguenze della pandemia c’è stata anche
un’impennata del cosiddetto “food delivery”, cibo da
asporto su ordinazione, spesso dell’ultimo minuto,
consegnato a casa o sul luogo di lavoro. Molti sono i ristoranti
che hanno potuto continuare a lavorare grazie alla consegna
domiciliare. Nonostante le attuali minori restrizioni
per accedere ai ristoranti, questo fenomeno non si è arrestato,
anzi sembra procedere grazie anche al continuo sviluppo
delle innovazioni tecnologiche (app digitali, nuovi metodi
di produzione, conservazione e distribuzione). Esistono infatti
diverse realtà in questo settore, una di queste è la neonata
azienda familiare Anna e Luigi, le cui ricette toscane
casalinghe, tramandate prima ai figli e poi ai nipoti, si sono
mantenute nel tempo essendo da sempre apprezzate nella
ristorazione fiorentina. Grazie infatti ai nuovi processi tecnologici
di produzione e conservazione dei cibi, la classicità
dei piatti viene esaltata, mantenendo intatti i sapori della
cucina di una volta. Il metodo di offerta si è evoluto in modalità
più moderne e fruibili: i piatti sono presentati in monoporzione
o per catering, facili da conservare in frigorifero e
rigenerare nel microonde, nel forno tradizionale o in padella.
Il tutto prediligendo un menù che segue l’alternarsi delle stagioni,
la disponibilità dei prodotti del territorio e che ricorda
realmente gli antichi sapori della tavola delle nostre nonne,
nel rispetto della qualità nutrizionale grazie ad ingredienti
naturali e ai principi della
cucina sana. Il nostro stile
di vita, sempre più frenetico
e con minor tempo
da dedicare alla preparazione
dei cibi, porta
inevitabilmente a scelte
alimentari immediate e
veloci. Con i menù di Anna
e Luigi è possibile invece
gustare una pausa
pranzo buona e salutare
come a casa, ordinando
sul loro sito e ricevendo
le pietanze tramite il delivery
o le box. Un modo
per mantenere vive le tradizioni
culinarie toscane
e per variare la propria
alimentazione con prodotti
sani e gustosi.
Per ordini o prenotazioni:
www.annaeluigi.net
+ 39 3534302884
Lorenzo Casini, chef e nipote di Anna e Luigi
Alcune specialità di Anna e Luigi: pici al ragù di anatra
Ribollita toscana con pane cotto a legna
Biologa Nutrizionista e specialista in
Scienza dell’alimentazione, si occupa
di prevenzione e cura del sovrappeso
e dell’obesità in adulti e bambini attraverso
l’educazione al corretto comportamento alimentare,
la Dieta Mediterranea, l’attuazione di
percorsi terapeutici in team con psicologo, endocrinologo
e personal trainer.
Studi e contatti:
artEnutrizione - Via Leopoldo Pellas
14 d - Firenze / + 39 339 7183595
Blue Clinic - Via Guglielmo Giusiani 4 -
Bagno a Ripoli (FI) / + 39 055 6510678
Istituto Medico Toscano - Via Eugenio
Barsanti 24 - Prato / + 39 0574 548911
www.nutrizionistafirenze.com
silvia_ciani@hotmail.com
LE RICETTE DEI NONNI
23
I giganti
dell’arte
Il Trasporto di Cristo al Sepolcro
Il capolavoro manierista del Pontormo
di Matteo Pierozzi
Talvolta erroneamente definito Deposizione, il Trasporto
di Cristo al Sepolcro è considerato dagli storici uno dei
dipinti più importanti della storia dell’arte e un capolavoro
della pittura manierista. Fu dipinto all’età di circa trent’anni da
Jacopo Carucci da Pontormo. L’artista nasce a Pontormo, una
frazione di Empoli, nel 1494. Si forma nelle migliori botteghe fiorentine,
prima da Leonardo, poi da Piero di Cosimo ed Albertinelli,
e lavora per Andrea del Sarto insieme
al Rosso Fiorentino. Artista emblematico
del Manierismo e con un carattere misantropo
e scontroso, nel 1523 si rifugia dalla
peste alla Certosa del Galluzzo. Una volta
rientrato a Firenze, tra il1528 ed il 1530
affresca la Cappella Capponi della chiesa
di Santa Felicita con splendide opere
tra cui l’innovativo Trasporto di Cristo
al Sepolcro. In questo capolavoro la croce
scompare; gli abiti dai colori cangianti
appaiono eterei, quasi volassero. Una
composizione conica che trova il vertice
in Maria, in una visione quasi onirica che guarda sì a Michelangelo,
ma che perde la drammaticità della deposizione evocando
quasi una resurrezione. Questo avviene attraverso una luminosità
surreale irradiata dalle figure. In quest’opera l’espressione
del Manierismo trova il suo apice rappresentando non ciò che
appare ma quello che viene idealizzato ad un livello puramente
spirituale.
Jacopo da Pontormo, Trasporto di Cristo al Sepolcro (1526-1528), tempera ad uovo su tavola, Chiesa di Santa Felicita, Firenze
24
IL TRASPORTO DI CRISTO AL SEPOLCRO
A cura di
Maria Concetta Guaglianone
PsicHeArt
Dall’arte una riflessione sull’orrore della guerra
di Maria Concetta Guaglianone
Era una giornata di inverno quando
il sole giallo che brillava nell’azzurro
cielo si incupì e gridò. Pezzi di
vetro cadevan sulla terra trafiggendo cuori,
demolendo luoghi. Calò il gelo e si aprì il
sipario di un atto osceno. E il re potere iniziò
il suo racconto... La nostra quotidianità
è ormai colma di immagini che narrano di
due popoli non molto distanti da noi. Queste
stesse immagini hanno riportato alla
mia memoria un ricordo: l’incontro di qualche
anno fa con una delle opere d’arte di
Picasso al Museo Nacional Centro de Arte
Reina Sofia di Madrid, sua maestà Guernica.
Sono arrivata in quella sala in punta di piedi, con passo silenzioso
per non disturbare cotanta bellezza. Passo dopo passo
si accorciava la distanza tra me e quella immensità. Immensa
per la sua imponente grandezza, immensa per il potere evocativo.
Tutto contribuiva ad una drammatica narrazione: le figure
deformate e taglienti, la scelta simbolica dei personaggi, le soluzioni
cromatiche che prediligono il bianco e nero e le gradazioni
di grigio in assenza di altri colori. Sono stata immobile non
so per quanto tempo a respirare le emozioni che giungevano da
ogni singola trama di quella tela, da ogni singola pennellata. Il
mio sguardo, da destra verso sinistra, percorreva un susseguirsi
di immagini in un silenzioso rispetto, quasi ad inchinare il capo,
a chiedere il permesso per entrare con delicatezza nella storia
di quel popolo e nel vissuto del pittore. Una donna ferita con le
braccia al cielo, le case in fiamme, un viso e una testa spettrale
con in mano una lampada ad olio e in basso una donna svestita.
Al centro un cavallo nitrisce terrorizzato e calpesta il corpo di un
soldato che stringe in una mano una lama spezzata da cui sembra
nascere un fiore, quasi a simboleggiare il desiderio di rinascita.
Sul lato sinistro, in alto, una lampadina, la speranza di una luce
nel buio, e una colomba, quasi impercettibile e invisibile, simbolo
di una pace ormai offuscata, ferita, persa. Da una parte il toro,
simbolo spagnolo e animale sacrificato nelle arene, dall’altra il
grido di una madre, che rivolge lo sguardo al cielo stringendo tra
le braccia il proprio figlio, come in una natività straziante o piuttosto
una moderna pietà di Michelangelo. Guernica è un manifesto
storico che documenta il potere, il conflitto, la supremazia nel nome
del proprio e unico credo. È un atto di protesta contro l’orrore
Pablo Picasso, Guernica (1937), olio su tela, cm 351x782, Madrid, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía
della guerra. È un viaggio emozionale che richiama un campo di
battaglia del passato catapultato nel tempo presente in cui viene
narrata la storia di un capitale umano in ginocchio: uomini, donne,
bambini e città fantasma. La sofferenza umana è il principale
attore sulla scena. Paura, strazio, terrore, ansia, panico, senso
di impotenza, abbandono, rabbia, profonda tristezza. Una storia
che si ripete, al di là dei luoghi, al di là del tempo, al suono delle
bombe. Una guerra e le facce di una stessa medaglia affissa
sul petto di chi vuol dettare le regole: da un lato il silenzio ingessato
di persone sottomesse alla paura e al potere, dall’altro il coraggio
di persone che resistono con tutta la forza che hanno in
corpo per dar voce ad un inno alla vita, alla libertà, alla riconquista
di un’identità violata da una ennesima lotta che fa tremare
luoghi del nostro mondo, e che ci rende ancor più fragili dopo due
anni difficili dovuti alla pandemia. Accanto ad una guerra e ad un
trauma collettivo, c’è un trauma individuale, una guerra interiore
che ogni persona combatte mettendo in campo le proprie risorse
per far fronte all’immenso dolore per un diritto negato, per aver
perduto affetti e la propria vita, spazzata via da un vento ostile e
violento. E poi c’è il vissuto di colui che guarda, spettatore fisicamente
distante ma emotivamente vicino a quel dolore, sofferente
e preoccupato per le conseguenze. E nei cuori di molti il desiderio,
il bisogno di “essere umani” appartenenti ad un’unica razza,
ad un’unica nazionalità: quella dell’umanità. Tra le tante parole di
guerra e di pace udite in questi giorni mi ha colpito molto la frase
di una donna ucraina. Alla domanda: «Che cos’è per lei la libertà?».
La donna ha risposto: «Vivere la vita in modo semplice, la
vita che vogliamo, quella vita che ci rende felici».
Psicologa specializzanda presso la Scuola di Psicoterapia dell’Istituto Psicoumanitas di Pistoia, Maria Concetta
Guaglianone ha frequentato la scuola biennale di Counseling Psicologico presso Obiettivo Psicologia
di Roma, dove ha svolto anche la propria attività professionale collaborando come tutor nel Master di
Psicologia Perinatale. È autrice di numerosi articoli sul portale Benessere 4you - Informazioni e Servizi su Salute e
Benessere Psicologico. Attualmente svolge la propria attività professionale presso Spazio21 - Studi Professionali
di Discipline Bio Naturali e Psicologia (via dei Ciliegi 21 - 50018 Scandicci).
+39 3534071538 / + 39 348 8226351 / mariaconcetta.guaglianone@gmail.com
GUERNICA
25
SPAZIO CTI
Via Vasco De Gama, 49 - Firenze
( zona Firenze Nova, vicino la stazione FS Rifredi)
Corso teatrale per BAMBINI: lunedì dalle 17.15 alle 18.15
Corso teatrale per ADULTI: mercoledì dalle 20.30 alle 23.00
Corso di ILLUMINOTECNICA: giovedì dalle 19.00 alle 21.00
A cura di
Miriana Carradorini e Maria Grazia Dainelli
Grandi mostre
in Italia
Frida Kahlo
A Trieste una mostra sensoriale
per scoprire il mondo della celebre
artista messicana
Testo e foto di Miriana Carradorini
Simbolo femminista e della cultura popolare messicana,
Frida Kahlo è una delle più importanti e celebri artiste
messicane e latinoamericane del Novecento. La sua arte,
nata durante i vari periodi di convalescenza da lei affrontati,
esprime il suo dolore fisico e sentimentale attraverso uno
stile legato alla tradizione popolare. Con i pennelli Frida esprime
il caos interiore che l’accompagna quotidianamente e anche
quello esteriore che negli anni Venti stava affrontando il
Messico attraverso profonde trasformazioni sociali e culturali.
Per comprendere la sua vita e poetica, al Salone degli Incanti
a Trieste è stata allestita la mostra sensoriale Frida Kahlo - Il
caos dentro che, attraverso diverse tipologie espositive, permette
una visita immersiva nella vita della pittrice. Il percorso
espositivo analizza da vicino la vita di Frida Kahlo, trasportando
il visitatore nei luoghi dove ha vissuto l’artista attraverso
la riproduzione fedele delle stanze della Casa Azul a Città del
Messico. La mostra offre anche una visione più esterna sulla
storia della pittrice attraverso gli occhi dei fotografi, dei pittori
e delle persone che l’hanno conosciuta. Fotografie dell’epoca
Gli attrezzi per la pittura utilizzati da Frida
e lettere di Frida mostrano il suo lato più privato e meno noto,
portando alla luce le diverse sensazioni poi espresse nelle sue
opere. L’esperienza diventa ancora più coinvolgente quando il
visitatore si confronta direttamente con gli oggetti dell’artista,
come i busti che doveva portare durante la convalescenza e
i suoi abiti e accessori. Vengono proposti in chiave più moderna
anche altri modelli di vestiti e gioielli che richiamano lo
stile unico di Frida, così da far comprendere la sua importanza
nella contemporaneità e in che modo ha influenzato artisti
più recenti. A sottolineare la sua rilevanza storica, nella mostra
vengono anche presentati una serie di francobolli pubblicati
in diverse nazioni, dedicati negli anni all’artista e alle sue
opere. Alla fine del percorso il visitatore sarà più consapevole
delle motivazioni che hanno guidato Frida nella realizzazione
delle sue opere, potrà soprattutto ripercorrerne la vicenda esistenziale
e, così facendo, comprendere le relazioni e le sensazioni
trasferite dalla grande artista nella sua pittura.
Frida Kahlo / Il caos dentro
Salone degli Incanti – Trieste
12 marzo – 23 luglio 2022
Biglietti acquistabili su:
www.ticketone.it
www.etes.it
Dr. Matteo Berna
Consulente finanziario
338 5647067
matteoberna@mediolanum.it
Alcuni abiti dell’artista esposti in mostra
FRIDA KAHLO
27
VELIO FERRETTI
Surface #270 (2022), juta su legno, cemento, stucco, sabbia e colori vinilici, cm 60x60.
La materia prima di tutto, prima ancora che il colore, il segno, gli effetti
di luce: l’approccio di Velio Ferretti alla pittura non può prescindere
da questo assunto, che lo vede sconfinare dalla tela tradizionalmente
dipinta al bassorilievo ottenuto combinando più elementi.
Daniela Pronestì
Atelier in Via San Bartolomeo, 14 – Pistoia
www.velioferretti.com
I libri del
mese
Gianna Pinotti
Un romanzo per svelare i segreti di Leonardo Pisano
di Erika Bresci
Della vita di Leonardo Pisano (1170-1250 ca.), forse
meglio conosciuto come Fibonacci, figlio del mercante
Guglielmo Bonacci (da qui il soprannome
Fi[lius] Bonacci), si conosce in realtà ben poco. Documentati
sono i suoi numerosi viaggi compiuti alla ricerca della
“fonte del sapere” – dall’Egitto alla Siria, alla Grecia, alla Sicilia.
Documentate anche la sua amicizia con Michele Scoto,
filosofo, astrologo e scienziato, e la stima reciproca tra Leonardo
e l’imperatore Federico II, entrambi aperti alle novità e
ai validi contributi di conoscenza provenienti da quel mondo
arabo nemico giurato in tempi di crociate e rivendicazione
di primato dell’Occidente. Gianna Pinotti, che, saldamente
ancorata a una solida formazione scientifica, nella vita esercita
«l’attività di pittrice nel campo dell’astrazione geometrica
e di ricercatrice nel campo dell’iconologia astrologica»,
muove da questo esile nucleo di informazioni, le fa proprie
e ci ricama sopra – dall’algerina Béjaïa, centro dell’attività
commerciale del padre, fa partire, ad esempio, Leonardo in
un tempo e in un viaggio fantastico, arricchendo il percorso
di traiettorie immaginate, e includendo località quali Alessandria
d’Egitto e Al Kaira, Gerusalemme e Damasco, Hama,
Atene e Siracusa. Con partecipata passione ma anche con
lo scopo didascalico di far conoscere meglio caratteristiche
umane e ricerca scientifica di un uomo tanto affascinante
quanto misterioso, intesse così una biografia romanzata
densa di fascino e traboccante di infiniti spunti di riflessione.
Se ne vogliono qui sottolineare due. Il primo, ovviamente, relativo
alla figura e all’importanza storica di Leonardo Pisano.
Uomo rivoluzionario, mercuriale, «dall’intelligenza mobile [...]
una mente profonda, disposta a sfidare l’insolito attraverso il
paradosso», Fibonacci, che aveva la «tendenza ad annoiarsi
della consuetudine», che spesso si abbandona «a fantasticare
sulle meraviglie presenti in natura», si avvicina al mondo
della matematica indo-araba, ne impara la grammatica nuova,
ne comprende sia il valore pratico, soprattutto in campo
commerciale a lui vicino, sia filosofico ed essenziale, riconosce
nel numero la chiave di volta capace di reggere e farsi interprete
dell’ordine di quel cosmo di cui anche l’uomo è parte,
ponte tra materiale e spirituale. La grande civiltà greco romana
aveva prodotto una numerazione ancora utilizzata ai tempi
di Leonardo ma che non rispondeva più ai nuovi bisogni, al
progredire della conoscenza. La fatica provata dai mercanti
(e non solo) alle prese con il computo sull’abaco, Pinotti, provocatoriamente
e con sorniona saggezza, la fa provare anche
al lettore, aprendo il primo capitolo con la data di inizio di
questa avvincente storia – storia di un uomo ma anche storia
di tutta l’umanità: «Era il XXVIII maggio MCLXXIX», facendola
poi subito seguire dalla rassicurante parentesi «(28 maggio
1179)». Quanto grati, dunque, dobbiamo essere a questo
esuberante studioso pisano, alla sua ostinata intraprendenza,
al suo andare fuori dalle regole imposte, a non rifiutare
una “buona idea” solo perché a offrircela è qualcuno di diverso
da noi! L’altra riflessione. Nell’intrigante racconto di Gianna
Pinotti, Leonardo cerca per tutta la vita la soluzione atta
a completare la costruzione della torre di Pisa, interrotta dopo
il primo cedimento del terreno sottostante. Calcoli, idee,
disegni, progetti che Leonardo condivide con i suoi allievi, ai
quali lascia poi in eredità il compito di portarla a compimento.
E la torre, alla fine, con i suoi tre ordini di scale interne, e i
suoi sei piani più cella campanaria, risplende oggi nell’incredibile
Piazza dei Miracoli, è essa stessa un miracolo. Ecco, la
conoscenza, quando è condivisa, segna i suoi maggiori successi
e progressi, si fa torre che innalza l’uomo a Dio, riesce
a comprendere e applicare il linguaggio dell’universo. L’altra
torre, quella di Babele, che si inventa linguaggi che partono
dalla finitudine umana e parcellizza le forze, disperde i significati,
si incancrenisce ostile nella propria arroganza è invece
miseramente destinata alla polvere e all’oblio, perché, come
sostiene Sant’Agostino, «le parole non sono state inventate
perché gli uomini s’ingannino tra loro ma perché ciascuno
passi all’altro la bontà dei propri pensieri».
GIANNA PINOTTI
29
I libri del
mese
Valentina Olivastri
Le insospettabili rivelazioni nascoste in
un vecchio album di famiglia...
di Lino Pertile, Harvard University
Lalbum di famiglia è l’ultimo romanzo di Valentina Olivastri.
Ne è protagonista Edi, una giornalista che disamorata
della vita londinese decide di trasferirsi a
Borgo, in Toscana, dove l’aria ha «un sapore domenicale» e
il tempo è «ciclico, elastico, regressivo… i minuti persi come
spilli». Insomma, una vita senza ansie, ma il ritrovamento casuale
di una vecchia raccolta di foto viene a scuotere gli equilibri
dell’intero paese. Dico subito che ho trovato il libro molto
attraente e l’ho letto con piacere e interesse. Dico “attraente”
non soltanto perché grazioso e gradevole, ma perché pieno
di brio e intelligenza, un sorriso, un’aria scherzevole e leggermente
ironica che sembra percorrerlo dall’inizio alla fine.
Per una buona metà non se ne intravvede una vera e propria
trama, ma non importa, un capitolo tira l’altro, come le ciliege.
La narrazione di Edi sembra tutta presa dalla quotidianità
dei rapporti umani e, per così dire, ambientali con il paese
e la sua gente. Domina sovrano il tema gastronomico associato
alla storia, alla cultura, alla lingua, insomma alla vita
locale. La lingua mi sembra quella colta, spigliata, fluida, parlata
oggi in Toscana da persone colte che sanno mescolare
con buon gusto il livello alto e il popolare ma senza mai finire
nell’astruso o nello sguaiato. L’uso di modi di dire e espressioni
comuni la rendono autentica, facendola sembrare più
parlata che “scritta”: lo provano i dialoghi. Un personaggio,
Fosca, parla esclusivamente in toscano, un toscano trascritto
a regola d’arte. La cosa è indubbiamente divertente, ma c’è
il pericolo che il lettore venga distratto da queste schegge di
puro dialetto. E veniamo alla “storia” che, come dicevo, per
un bel po’ non si vede e poi sembra consistere nel progetto
di Edi di sedurre Lorenzo. Questo progetto arriva a un approdo
definitivo col riferimento improvviso a «quella notte», una
notte di fuoco illustrata nel capitolo seguente. La cosa bella
e spiazzante è che la “storia” vera si scopre solo dopo, quasi
alla fine del racconto, quando l’album finisce sotto gli occhi
della persona giusta. A questo punto il lettore ritorna indietro
e scopre che in effetti la narrazione è disseminata di segnali
che puntavano in quella direzione ma, ahimè, lui non li aveva
notati, non se n’era accorto. Il segreto che emerge alla fine
getta una luce nuova sul paese e sul racconto. Ora in paese
non tutto è rose e fiori come poteva sembrare prima. Dietro
alla serena, gradevole, spiritosa quotidianità si nascondono
segreti indicibili che un vecchio album di fotografie, riemerso
inaspettatamente per puro caso, rivela sconvolgendo personaggi
e lettore. Nonostante la sua aria giocosa e svagata,
dunque, un libro da leggere con attenzione.
Valentina Olivastri ha esordito con Prohibita imago (Mondadori,
2009; Oscar Bestsellers, 2010); a questo è seguito La
Donna del Labirinto (Miraviglia Editore, 2013; Bóveda, 2015).
Valentina Olivastri (ph. © Maurizio Camagna)
Il libro può essere ordinato sulle principali piattaforme online o in libreria (euro 15)
(immagine copertina: © Paolo Gheri)
VALENTINA OLIVASTRI
31
Ritratti
d’artista
Annamaria Maremmi
Una pittrice dallo stile inconfondibile
di Jacopo Chiostri
Pittrice talentuosa, Annamaria Maremmi possiede uno
stile inconfondibile. Un suo dipinto si riconosce facilmente,
e lo stile, si sa, è la più convincente attestazione
della coerenza e autenticità di una pittrice. Dai cavalli, suoi
soggetti classici, una sorta di “marchio di fabbrica”, alle, anche
recenti, figure femminili – come quelle esposte allo Spazio San
Marco in occasione di Donne nell’arte –, la pittura della Maremmi
propone un racconto che non si è mai interrotto e nel quale
coesistono virtuosismo tecnico e significazioni intimiste. L’insieme
delle opere, con gli sfondi corposi ricchi di forza evocativa,
e le figure che pare debbano scomparire dalla tela da un
momento all’altro forse perché rifiutano di mostrarsi più a lungo,
producono un impatto contraddittorio. Da una parte, infatti, la
plasticità naturale della composizione ce le fa apparire familiari,
dall’altro si riceve come una sberla per la forza, inaspettata, che
ne scaturisce. Cavalli scontrosi oppure sciolti, magnificamente
disegnati nell’eleganza dei movimenti, figure femminili che guardano
altrove oppure trapassano l’osservatore con lo sguardo: è
questo l’universo della Maremmi. Soggetti, è lecito pensare, a
lei cari, necessari ad una narrazione consolidata nel tempo, ma
anche soggetti che, in definitiva, non sono che un tramite col
quale tramutare la sua arte in un luogo incantato dove conservare
pensieri, emozioni e ricordi. Si avverte un piglio sicuro nell’esecuzione,
come pure nella definizione del racconto, ma non
sfugge, altrettanto, ad un’osservazione capace di andare oltre
l’ovvio, il pudore con cui vengono messi a nudo sentimenti personali
e c’è, specie nella coloristica, una sorta di filtro che sfuma
l’influsso del “figurativo” al punto che talvolta si ha l’idea che
l’artista possa (potrebbe?) anche liberarsi dalla costrizione del
segno per rendere ancora più libero il suo canto (il che, a pensarci
bene, non sarebbe poi così stupefacente, considerato il
suo percorso costantemente in divenire). La natura, che è il palcoscenico
su cui la Maremmi si affaccia e che percorre nel suo
agire poetico, è il vero barometro degli stati d’animo; lo è con l’elemento
“acqua” che scorre portando via, assieme al tempo, anche
i ricordi, i dolori; lo è con quei cieli dal piglio autoritario, nei
quali la luce s’intuisce ma in genere è coperta, quasi a volerci
suggerire che prima dobbiamo liberarci dalle nubi che sono le
nostre ovvietà e i nostri limiti. Pittrice di lungo corso e pluripremiata
(4 volte, tra l’altro, finalista al Premio Firenze), Annamaria
Maremmi fa parte dell’Antica Compagnia del Paiolo, del Gruppo
Donatello, del Comitato Archivio artistico-documentario Gierut,
del Museo Ugo Guidi e di Toscana Cultura. Impossibile proporre
un elenco completo delle sue esposizioni; ricordiamo le presenze
alla Versiliana, alle Giubbe Rosse, al Donatello, a Torino all’Artgallery37
per Artisti toscani a Torino, al Gran Teatro Puccini a
Torre del Lago in occasione della rassegna Giacomo Puccini, la
musica e il lago curata da Ludovico Geirut. Opere di Annamaria
Maremmi sono esposte in permanenza presso il Museo Guidi a
Forte dei Marmi, al Comune di Pontassieve, al Telesia Museum
di San Roberto (Reggio Calabria), alle Giubbe Rosse, al Museo
Mandralisca di Cefalù, al Comune di Stazzema e al Museo di Zamosc
in Polonia. Il 14 ottobre 2021 ha donato l’opera La dama
senza ermellino, citazione dell’opera leonardiana, al Comune di
Signa nelle mani del sindaco Giampiero Fossi.
www.annamariamaremmi.eu
annamaria.maremmi@gmail.com
Aria di primavera, olio su tavola, cm 60x60
Fiori dall'inverno, olio su tela, cm 50x50
32
ANNAMARIA MAREMMI
A cura di
Luciano e Ricciardo Artusi
Curiosità storiche
fiorentine
L’antico capodanno fiorentino
Una festa civile, religiosa e primaverile
di Luciano e Ricciardo Artusi
L’inizio dell’anno è da sempre tradizionalmente festeggiato
da tutti, in quanto ritenuto una festa propiziatoria con
la quale il vecchio anno dovrebbe portar via tutto il male,
la carestia, i dolori e le preoccupazioni, lasciando a quello nuovo
l’apporto del bene, della prosperità, della salute e della fortuna.
Naturalmente adesso lo associamo tutti alla data del 1° gennaio
da quando il 226º papa della Chiesa cattolica Gregorio XIII promosse
la riforma del calendario con la quale stabiliva che l’anno
dovesse iniziare universalmente il primo gennaio. La riforma fu
decisa col consiglio di una commissione di astronomi e teologi,
basata anche sullo studio del movimento dei corpi celesti, al fine
di mettere ordine nello svolgimento della vita civile dei vari Stati.
Un’importante azione simile era stata svolta precedentemente
anche da Giovanni de’ Medici quando, nel 1513, divenuto papa
col nome di Leone X, inviò a tutti i capi di Stato un “breve” (lettera
ufficiale) con la sintesi della questione, invitando di darne divulgazione.
Anche a Firenze il breve papale fu fatto affiggere ai
canti della città, dei vicariati, delle capitanerie e delle podesterie.
L’invito del pontefice ebbe risonanza in tutto il mondo e fu
il preludio della definitiva attuazione del successivo calendario
Cornici Ristori Firenze
www.francoristori.com
Via F. Gianni, 10-12-5r
50134 Firenze
Luciano Artusi, a sinistra, con il figlio Ricciardo
gregoriano. Ma a Firenze e nel granducato
non fu così, seppure tanti contenuti
scientifici erano partiti proprio
da Firenze, da menti come quelle del
frate eremitano del convento di San
Gallo Antonio Dolciati, dal domenicano
Giovanni Tosolani, dal matematico
Basilio Lapi e dall’insigne Antonio Albizzi,
la città continuò a portare avanti
la propria usanza, tralasciando di attuare la riforma che offriva
vantaggi di rapporti nel mondo. Infatti, da antichissimo tempo
in Toscana si festeggiava l’annuncio dell’Incarnazione del Verbo
dato a Maria Vergine dell’Arcangelo Gabriele il 25 marzo, in cui
cade l’equinozio di primavera, esattamente nove mesi prima del
Natale, giorno della nascita di Gesù Cristo. Proprio a tale importante
avvenimento, dal Medioevo fino al 1750, a Firenze e nelle
terre del granducato, l’anno civile iniziava il 25 marzo per la festività
dell’Annunciazione. Fu necessario un decreto del granduca
Francesco II di Lorena, datato 20 novembre 1749, perché negli
usi commerciali e nelle scritture pubbliche i fiorentini si uniformassero
al calendario gregoriano a partire dal primo gennaio
1750. L’avvenimento fu considerato così eccezionale e rivoluzionario
che a immortalarlo fu posta una iscrizione marmorea,
dettata da Giovanni Lami, sotto la Loggia dell’Orcagna in Piazza
della Signoria, dov’è tuttora visibile. Il giorno dell’Annunziata fu
dunque per la Toscana una festa civile, religiosa e primaverile i
cui aspetti sono tuttora sentiti e ricordati.
Loggia dell’Orcagna in Piazza della Signoria: la lapide marmorea di Giovanni Lami per ricordare il capodanno fiorentino
L’ANTICO CAPODANNO FIORENTINO
33
Eventi in
Toscana
Luciano Manara
L’artista e designer fiorentino omaggia
il 186° Reggimento Folgore con un’opera
sulla battaglia di El Alamein
di Daniela Pronestì
Cuori d’acciaio all’erta / (…) Come folgore dal cielo!
/ Canta il motto della gloria / Come nembo di
tempesta! / Precediamo la vittoria». Questi versi,
«tratti da un inno della Brigata “Folgore”, richiamano i valori di
uno dei corpi delle forze armate che più si è distinto nella recente
storia italiana per la prodezza dimostrata in numerosi
contesti di guerra. Proprio a queste parole sembra riferirsi
l’opera che Luciano Manara ha donato lo scorso 18 marzo al
186° Reggimento Paracadutisti Folgore durante una cerimonia
alla Caserma Bandini di Siena. Si tratta di un’imponente
pittoscultura – 1 metro di altezza per ben 2,50 metri di lunghezza
– con la quale il noto designer ed artista fiorentino ha
voluto commemorare uno degli episodi più significativi nella
vicenda della Folgore: la battaglia di El Alamein che, nel
1942, durante la seconda guerra mondiale, vide i paracadutisti
italiani, con un atto di straordinario eroismo, resistere da
soli per 13 giorni all’avanzata del corpo d’armata britannico.
La prima cosa che salta all’occhio nell’opera è senz’altro la
scelta del colore: un rosso più rosso del rosso, di un’intensità
che “folgora” – è proprio il caso di dire – lo sguardo e che fa
pensare all’impeto della battaglia, al galoppo di cuori pronti a
rischiare tutto pur di salvare l’onore, al fervore della passione
che ha guidato le gesta di questi eroi del nostro tempo. Mancò
la fortuna, non l’onore recita il titolo dell’opera, riprendendo
in parte la frase incisa sul sacrario di El Alamein. Parole leggendo
le quali viene da dire che non sempre “la fortuna aiuta
gli audaci” o per lo meno non in battaglia. Sul fronte africano,
i “leoni della Folgore” – così li definì il comandante Winston
Churchill all’indomani dello scontro nel deserto egiziano
– tentarono il tutto per tutto, versarono sangue e sudore, fino
all’estremo sacrifico della vita. Eppure questo non bastò
a fargli guadagnare la vittoria: neanche il più alto valore militare
può vincere contro una sorte avversa (e contro equipaggiamenti
inadeguati, come ha poi dimostrato la rilettura a
posteriori di quell’evento bellico). Ciò che ottennero tuttavia
fu un altro genere di vittoria, forse ancora più importante: vedersi
riconosciuto l’onore delle armi dall’avversario inglese, a
conferma del fatto che è sempre il valore del combattente e
non la potenza del fucile a fare la differenza. Manara condensa
queste riflessioni in un’opera potente, emozionante, d’impatto
immediato, nella quale la guerra diventa metafora della
capacità dell’uomo di vivere e morire per un ideale, di spendere
se stesso fino all’ultimo respiro o goccia di sangue per
difendere quello in cui crede: ecco allora che un cuore di filo
spinato cinge il simbolo della Folgore ad eterna memoria di
come in quella terra straniera, sul campo di battaglia, i paracadutisti
italiani abbiano lasciato il loro di cuore, mostrando
un coraggio che gli ha permesso di entrare per sempre nella
Un dettaglio della pittoscultura donata da Manara al 186° Reggimento Folgore
grande storia del nostro paese. Ma come spesso accade nelle
geniali creazioni di Manara anche in questo caso bisogna
spingersi oltre la “pelle” dell’opera, decriptando i simboli che
quest’ultima nasconde. L’enigma si cela nelle misure del quadro,
scelte in modo da richiamare precisi significati, a partire
dal numero 1 – prima cifra dell’altezza complessiva dell’opera
–, emblema della creazione, dell’unicità, “padre” di tutti
gli altri numeri e per questo considerato anche simbolo maschile
per eccellenza. Non a caso, l’archetipo che lo rappresenta
è proprio quello del guerriero che sfida le difficoltà con
coraggio, pragmatismo, senso dell’onore e della responsabilità.
L’altro numero è il 7 – risultato della somma delle due cifre
della lunghezza del quadro –, le cui complesse valenze
simboliche spaziano dall’ambito religioso a quello filosofico,
dall’arte all’astrologia, dalla scienza all’esoterismo. Difficile
evidenziarle tutte: basti dire che il 7 incarna la spiritualità,
la ricerca mistica, la completezza, l’illuminazione interiore.
È il punto d’incontro tra umano e divino, tra cielo e terra; è
associato all’archetipo del saggio che coltiva ideali nobili e
profondi. Dalla forza propulsiva e maschile della guerra simboleggiata
dal numero 1 si passa quindi alla saggezza di chi,
proprio attraverso il superamento del conflitto, matura una
profonda conoscenza della natura umana. La numerologia
ha però anche un altro significato: è come se Manara volesse
ricordarci che ogni evento, anche il più drammatico come
drammatica è senz’altro la morte in guerra, risponde ad
un senso più alto di quello che ad una prima lettura siamo
in grado di attribuirgli. C’è un mistero nelle cose, un significato
nascosto, al quale forse soltanto attraverso l’arte, in
quanto atto creativo puro, è possibile avvicinarsi. Ecco perché
quest’opera non intende soltanto commemorare un evento
storico esaltando il valore dei tanti che in quell’occasione
hanno perso la vita, ma si propone anche di celebrare tutti
quegli atti eroici che innalzano l’uomo al di sopra dei propri
limiti. Ed è proprio di questo sano eroismo che, oggi più che
mai, la nostra epoca avrebbe bisogno.
34
LUCIANO MANARA
A cura di
Francesco Bandini
Quando tutto
ebbe inizio…
Dalla Persepoli di Dario ai diadochi di Alexandros
Testo e foto di Francesco Bandini
1^ parte
Nelle antiche regioni alla frontiera nord occidentale
dell’India – in particolare nell’odierna valle di Pashavar,
ma l’area ben più vasta copre le regioni dal Gandhara
alla Bactriana fino all’Afganistan e all’Uzbekistan, tutte
province facenti parte dal VI secolo a. C. dell’impero achemenide
fino alla conquista di Alessandro Magno (327-26) –
ebbe il suo centro una scuola artistica che accolse influssi
greco-romani, indiani, iranici, realizzando un eccezionale incontro
tra il buddismo e l’arte classica. L’adattamento delle
forme ellenistiche ad un contenuto buddistico fece attribuire
la denominazione assai discussa di greco-buddista all’arte
del Gandhara (I sec. a. C. - VII sec. d. C.) svolgendo una
funzione di tramite tra il mondo mediterraneo e l’Asia estremo
e sud orientale. Oggi, tra l’insicurezza politica e il terrorismo
talebano, alcune missioni di scavo tentano di recuperare
le antiche memorie con estrema difficoltà perché qui l’archeologia
è pericolosa in quanto documenta un passato pre-coranico
fatto di contaminazioni. Sulle tracce di Alessandro
Magno, nel cuore delle spedizioni che il condottiero macedone
ha compiuto intorno al 330 a. C. in quelle terre sconosciute
fra i grandi fiumi dell’Indo e l’Amu-Daria ai confini
del mondo allora conosciuto, stanno iniziando, a cura della
Delegation Archeologique Francaise, tutta una serie di scavi
sistematici, in particolare sul sito dell’antica Bactra, nel cuore
della satrapia bactriana (da Baxtris, la terra del giaciglio).
Fu in questi luoghi, quasi a paradigma di qualsiasi successiva
spedizione militare volta alla conquista di terre remote,
che giunse un esercito di eroi, soldati destinati a divenire
leggendari, lasciando segni tangibili della propria esistenza.
Da queste parti, a pochi chilometri a sud del fiume Amu-Daria,
Alessandro Magno e i suoi diadochi diedero vita ad una
sorta di civiltà detta greco-buddista nata dal fortunato incontro
del pragmatismo ellenistico con la spiritualità orientale. E
quasi a suggello politico di una volontà di fusione di istanze
culturali così diverse, Alexandros sposò Roxane, figlia di un
principe locale: un amore vero e vissuto, al di là della ragion
di Stato. Si è detto come da queste parti l’archeologia sia vista
come pericolosamente rivelatrice di un passato florido e
diverso rispetto alla purezza dell’Islam e in quanto tale avversata.
Nel 2001 i talebani, in preda ad un’insana furia iconoclasta,
fecero esplodere le due splendide statue del Budda di
Bamiyan. Nonostante il rischio quotidiano, il lavoro dei coraggiosi
archeologi si ammanta di leggenda facendo riemergere,
poco a poco, resti di edifici ellenistici, abitazioni modeste
ma anche santuari di elegante fattura dedicati a divinità locali
e tuttavia riferite anche a dèi olimpici, a sottolineare uno dei
più riusciti esempi di sincresi propri della conquista di Alessandro,
politica ed economica ma profondamente rispettosa
di un substrato culturale e religioso. Gli edifici non erano certamente
vuoti: vasellame, attrezzi agricoli, oggetti d’arredo,
molti di epoca macedone ma tanti anche di epoche precedenti
(quella persiana) o
successive (romana,
sassanide, cristiana
e islamica) a testimoniare
periodi di stabilità
e benessere oggi
lontano ricordo.
I bassorilievi dell'Apadana, nel palazzo di Dario a Persepoli (Persia)
DALLA PERSEPOLI AI DIADOCHI
35
Occhio
critico
A cura di
Daniela Pronestì
Michela Masini
Il divenire delle emozioni nel paesaggio
di Daniela Pronestì
Un luogo dove rifugiarsi per trovare ristoro dai ritmi
frenetici del vivere quotidiano. Una dimensione di
pace e bellezza sulla quale lo sguardo si posa per
concedersi attimi di meraviglia. È così che la natura viene
rappresentata nelle opere di Michela Masini, pittrice figurativa
con una particolare vocazione all’uso espressivo e libero
del colore. Quest’ultimo le permette infatti di attribuire all’immagine
un’impronta per così dire “emozionale”, di fissare sul
supporto le sensazioni provate alla vista del paesaggio e rivissute
per mezzo della trasposizione pittorica. Le pennellate
procedono agilmente alternando stesure ampie e vaporose
con altre più ritmiche e spezzate; in entrambi i casi, le tonalità
sono accese, vivaci, cariche di luce, a tal punto da conferire
all’insieme un aspetto quasi astratto. È evidente che
l’interesse non è rivolto a riprodurre fedelmente il dato naturale
quanto invece a raggiungere un equilibrio tra l’immagine
reale e l’interpretazione pittorica, attribuendo a quest’ultima
il compito di restituire con immediatezza l’autentico sentire
dell’artista. Ed è proprio in nome di questa autenticità del
sentimento che si spiegano ad esempio certe esasperazioni
cromatiche – dai gialli abbaglianti ai rossi intensi del litorale
al tramonto –, come pure il tramutarsi dei cieli in fantasmagoriche
evoluzioni di luci e colori: il paesaggio diventa così
un simbolo di passione, energia interiore, gioia di vivere. Al
variare delle scelte compositive e delle gamme coloristiche
variano anche le suggestioni offerte all’osservatore: quando
è il cielo ad occupare gran parte della scena lasciando la ter-
36 MICHELA MASINI
ra ai margini della rappresentazione, ci si sente quasi sopraffatti
da tanta luminosa vastità. Lo sguardo cerca un appiglio
per non perdersi in questo spazio senza confini, ma finisce
per essere piacevolmente travolto dall’incontenibile vitalità
del colore. In altri casi, invece, il punto di vista si ribalta, spostandosi
dal cielo alla terra, e veniamo d’improvviso catapultati
dietro ad un cespuglio in montagna o nel bel mezzo di un
prato fiorito: l’orizzonte si restringe fino ad intravedersi appena,
oppure scompare del tutto lasciando spazio a particolari
ingranditi di fiori, arbusti o di altri elementi vegetali. Le
dinamiche e luminose pennellate dei cieli al tramonto cedono
il passo al racconto della terra con tonalità pacate – verdi,
marroni, grigi – e stesure morbide: l’invito è a soffermarsi
con calma su questi dettagli, ad apprezzarne la segreta bellezza,
prendendo così una pausa dalle tante, troppe sollecitazioni
che ci distraggono nel trantran quotidiano. La pittura
– sembra dire Michela Masini – serve anche a questo: a regalarci
attimi di autentica felicità, momenti per ritrovare sé
stessi nell’esperienza sempre nuova che si vive davanti ad
un’opera d’arte.
Eventi in
Toscana
Romano Dini
Le opere dello scultore incontrano Dante in una
mostra al Castello di Poppi
di Sergio Neri
Dopo numerosi successi espositivi a livello nazionale
e internazionale, Romano Dini arriva in Casentino
al Castello di Poppi con le sue ultime opere dedicate
alla Divina Commedia. Questo capolavoro universale ha da
sempre caratterizzato l’arte dello scultore toscano, impegnato
nel tempo a plasmare, attraverso le figure, le emozioni, i
sentimenti e i valori dei personaggi dell’opera dantesca. La
forza della sua creatività e la ricchezza della sua sensibilità
hanno permesso a Romano Dini di costruire un percorso artistico
articolato, nel quale i personaggi “divinamente” raccontati
da Dante acquistano rilievo e significato. Visitare questa
mostra significa entrare dalla porta principale nel mondo dantesco,
alla ricerca di fatti, personaggi e luoghi che ci hanno
dato, leggendoli, sensazioni uniche e forti emozioni. Questo
splendido castello, le cui mura hanno visto Dante ospite, non
è una cornice ma parte integrante della mostra, con i suoi storici
spazi e i suoi racconti di vita; un luogo in cui i personaggi
dell’Alighieri ritrovano il loro tempo e la loro dimensione.
Gli spiriti magni
(Canto lV - Inferno)
Dante e Virgilio incontrano Omero che si trattiene
con loro a parlare e li accompagna al nobile
castello dove sono presenti gli altri “spiriti magni”:
Orazio, Ovidio e Lucano, famosi poeti latini. È un
incontro di sguardi e di silenzi, di confronti e di partecipazione.
L’unico a parlare è Omero, poeta classico e poeta
delle armi (ha in mano una spada), rende omaggio
a Virgilio che torna nel Limbo. È un colloquio dominato
da un alone di mistero che ci coinvolge e ci affascina
grazie alla poetica di Dante, capace di renderlo emozionante
e di farci “ascoltare” il silenzio dei loro pensieri.
Romano Dini, Gli spiriti magni, terracotta dell'Impruneta, cm h 90x40x30
ROMANO DINI
39
Movimento
Life Beyond Tourism
Travel To Dialogue
Dialogo tra culture e rispetto per le diversità alla base
delle attività di Life Beyond Tourism
Dai busti di marmo di Carrara ai monumenti di Milano: la storia incontra
la contemporaneità in un “tap”
di Stefania Macrì
La promozione del dialogo tra culture nel mondo, il
rispetto per le diversità e la valorizzazione dei territori
per la pace tra le genti attraverso i siti Patrimonio
Mondiale UNESCO sono i temi fondanti della filosofia
Life Beyond Tourism ® , sviluppata dalla ultratrentennale attività
di ricerca e studio della Fondazione Romualdo Del Bianco
e oggi messa in pratica grazie ai progetti e alle iniziative del
Movimento Life Beyond Tourism - Travel to Dialogue. Questi
progetti coinvolgono attivamente i soggetti dei territori: residenti,
istituzioni culturali, pubbliche amministrazioni, aziende,
artigiani, artisti. Dal 1989 ad oggi sono state realizzate
molte iniziative e giornate dedicate al dialogo interculturale
dove popoli, provenienti da Paesi e tradizioni diverse, si sono
incontrati, hanno dialogato e hanno portato avanti delle attività
culturali congiunte. Si è creata così una rete di dialogo e
rispetto interculturale che ha portato alla creazione del Museo
Fondazione Del Bianco, a Firenze, presso Palazzo Coppini
(via del Giglio,10) dove sono esposti oggetti provenienti
da tutto il mondo, simboli di stima e amicizia. Ad oggi la rete
Life Beyond Tourism conta la collaborazione e il coinvolgimento
di oltre 550 istituzioni da 111 paesi del mondo con
la presenza di 36 centri di diffusione LBT in 17 paesi tra cui
Azerbaigian, Repubblica Ceca, Giappone, India, Italia, Kazakistan,
Kirghizistan, Kosovo, Lettonia, Lituania, Marocco, Polonia,
Regno Unito, Russia, Slovacchia e Taiwan. Oltre ad aver
ricevuto molti simboli di amicizia, la Fondazione Romualdo
La donazione del busto di Leonardo alla Kazakh Leading
Academy in Kazakistan
Il foyer di Palazzo Coppini a Firenze, sede del Museo Fondazione Del Bianco
Del Bianco ha commissionato una serie di busti in marmo di
Carrara all’artista di Pietrasanta Dino De Ranieri che, nel corso
degli anni, sono stati donati a diverse istituzioni culturali
internazionali nel mondo: Leonardo Da Vinci, Galileo Galilei,
Michelangelo, Dante Alighieri. Dal 2008 ad oggi la Fondazione
e il Movimento LBT-TTD hanno realizzato 23 donazioni per
promuovere l’italianità in contesti accademici e istituzionali
particolarmente legati alla cultura, l’arte e le scienze, quale
strumento di diplomazia per il dialogo e l’amicizia tra l’Italia
e i popoli nel mondo. A breve, vi sarà un’altra importante donazione
di un busto del quale, ad oggi, non vi sono altre realizzazioni:
Cesare Beccaria. L’opera in marmo di Carrara si
intitola L’albero i cui “buoni frutti’”
danno vita alla vita, realizzata
dallo Studio De Ranieri di Pietrasanta
e verrà donata al Consiglio
d’Europa dalla Fondazione
e dal Movimento Life Beyond
Tourism - Travel to Dialogue in
collaborazione con la task force
per il semestre della presidenza
italiana del Comitato dei
Ministri del Consiglio d’Europa.
La donazione vuole celebrare
l’abolizione della pena di morte
adottata per la prima volta nel
mondo nel 1786 dal Granduca di
Toscana Pietro Leopoldo Asburgo
Lorena. Il busto di Cesare
Beccaria è il primo busto parlan-
Il busto di Michelangelo nel giardino di Palazzo Coppini
40
MOVIMENTO LIFE BEYOND TOURISM TRAVEL TO DIALOGUE
Svelamento del busto di Dante alla presenza (a partire da sinistra) di Eugenio
Giani, presidente della Regione Toscana, Paolo Del Bianco, già presidente della
Fondazione Romualdo Del Bianco, e Dario Nardella, sindaco di Firenze
te interattivo che esprime il nuovo modello di comunicazione
che Life Beyond Tourism propone, per uno sviluppo etico di
marketing territoriale, il medesimo dei Luoghi Parlanti ® . Dopo
la donazione del busto Beccaria è prevista la consegna di
targhe parlanti da applicare a tutti i busti fino ad ora donati.
La donazione del busto di Michelangelo all’Arab Regional Centre in Bahrain
Un altro passo importante per il consolidamento dei princìpi
di fratellanza, rispetto delle diversità culturali e dialogo tra i
popoli che la Fondazione continua fortemente ad affermare
quali elementi essenziali e fondanti della pace nel mondo, capaci
di far superare le crisi internazionali.
I LUOGHI PARLANTI® A MILANO CON B&B HOTELS ITALIA
Grande successo di partecipazione al press tour che il Movimento
LBT-TTD e B&B Hotels Italia hanno organizzato congiuntamente
a Milano, presso il B&B Hotels Central Station il 6
aprile. I giornalisti presenti hanno avuto l’opportunità di sperimentare
la pratica applicazione del progetto Luoghi Parlanti ® .
Questo evento suggella una collaborazione tra B&B Hotels Italia,
catena internazionale con più di 600 hotel in Europa e 51
in Italia, e il Movimento Life Beyond Tourism - Travel to Dialogue
che, ad oggi, ha coinvolto le sedi di Firenze, Roma, Napoli,
Bolzano, Verona e Milano. A queste si aggiungeranno, nel corso
del 2022, anche le sedi di Cortina, Palermo e Trieste, per la
scoperta dei territori attraverso il racconto di chi tutti i giorni li
vive e li conosce. Gli ospiti hanno la possibilità di sperimentare
l’innovazione della tecnologia NFC attraverso l’utilizzo dell’unico
accessorio veramente indispensabile del viaggiatore contemporaneo:
lo smartphone. Luoghi Parlanti ® restituisce la
meraviglia del viaggio, l’incanto che sorprende nell’hic et nunc
di chi si muove alla scoperta di una località. Non si pone come
una guida preconfezionata, ma come un’esperienza itinerante
che invita alla scoperta e interviene sul territorio, per creare
un legame più profondo, una conoscenza autentica e un lega-
me diretto con la comunità locale. La collaborazione partendo
proprio dal primo punto di arrivo del viaggiatore in città segna
una tappa importante nello sviluppo di Luoghi Parlanti per offrire
veri e propri itinerari e un approccio ai nuovi luoghi in stile
Life Beyond Tourism ® .
Carlotta Del Bianco, presidente della Fondazione Romualdo Del Bianco, in
collegamento con Valerio Duchini, ceo e presidente per l’Italia di B&B Hotels
Il Movimento Life Beyond Tourism Travel to Dialogue srl è una società
benefit. Nasce e si sviluppa seguendo i princìpi di Life Beyond Tourism®,
ideati dalla Fondazione Romualdo Del Bianco al fine di promuovere
e comunicare il patrimonio naturale e culturale dei vari territori insieme
alle espressioni culturali, il loro saper fare e le conoscenze tradizionali che
custodiscono. Offre progetti e soluzioni di visibilità e rafforzamento delle
identità locali dei vari luoghi, crea eventi basati sul dialogo tra il territorio e
i suoi visitatori grazie a una rete di relazioni internazionali di alto prestigio.
Per info:
+ 39 055 290730
info@lifebeyondtourism.org
www.lifebeyondtourism.org
MOVIMENTO LIFE BEYOND TOURISM TRAVEL TO DIALOGUE
41
Fare impresa
oggi
Giovani imprenditori in Italia
Coraggio, competenza e talento le caratteristiche di chi raggiunge il successo
di Aldo Fittante
Sono tante le persone under 35 che si distinguono e
ricevono riconoscimenti per la loro spiccata capacità
imprenditoriale. Alcuni lo fanno senza esitazione,
altri saltano in una piscina dove non sanno se ci sarà abbastanza
acqua, ma ciò che li accomuna tutti è che osano
lanciare le idee che passano loro per la testa e le trasformano
in imprese. Vogliono diventare un punto di riferimento in
quello che fanno, lavorare da soli, non rispettare i programmi,
non avere un capo a cui riferire o semplicemente realizzare
i loro sogni e avviare un’attività in proprio, poiché i loro
obiettivi vanno oltre il denaro. Diversi studi dimostrano che
i giovani sono più disposti ad avviare un’impresa rispetto
agli adulti. È il caso del rapporto Global Entrepreneurship
Monitor (GEM), intitolato Futuro Potential – La prospettiva
GEM sull’imprenditorialità giovanile nel 2015, che ha mostrato
che nella fascia di età compresa tra i 18 e i 34 anni
le persone hanno un’iniziativa più pronunciata di imprenditorialità.
Il suddetto studio conclude che i giovani sono 1,6
volte più aperti all’idea di avviare una nuova attività rispetto
agli anziani. I giovani sono più imprenditori a causa di
varie circostanze uniche che si sono accumulate nel corso
degli anni: un’economia mondiale in crisi, un mercato
del lavoro competitivo, l’espansione delle reti e i progressi
nella tecnologia. I giovani non vogliono lavori tradizionali
ma esperienze diverse ed essere innovativi. Il nuovo profilo
del giovane imprenditore lavora in squadra per sopperire
alla mancanza di esperienza e unire le competenze dei
diversi membri del progetto da intraprendere. Sono consapevoli
dell’importanza della formazione e investono tempo
e denaro per migliorare il proprio livello professionale. Sono
molti i nomi di giovani italiani menzionati nelle classifiche
degli imprenditori da non perdere d’occhio in questo
2022: tra i settori emergenti per l’imprenditoria giovanile ci
sono il commercio, la green economy, le tecnologie dell’informazione
e della comunicazione, il turismo e i servizi alle
persone. Davide Dattoli è stato nominato da Forbes tra i
“30 under 30” più influenti nel settore tecnologico e da Wired
uno dei “top 5 innovatori” in Italia. Davide inizia la sua
carriera con diverse esperienze nel settore del digital marketing.
Nel 2010 fonda Viral farm, una digital company specializzata
in social media e applicazioni mobile. In seguito,
diventa senior consultant per il gruppo Condé Nast, Il Sole
24 Ore, Il Giornale di Brescia, e nel dicembre 2011 fonda
Talent Garden. Virginia Tosti, imprenditrice da sempre, ha
gestito società di famiglia per oltre dieci anni. La passione
per i dati e le persone l’ha portata a coordinare gli sforzi
online e offline di oltre settecento comitati locali durante
il referendum costituzionale. Insieme a Gherardo Liguori
42 GIOVANI IMPRENDITORI IN ITALIA
ha co-fondato Start2impact, una delle migliori cinque startup
in Italia secondo B Heroes, focalizzata a dare ai giovani
orientamento, formazione pratica e lavoro in ambito digitale
e innovazione. Paolo De Nadai, a soli 19 anni, ha fondato
il celebre ScuolaZoo per denunciare un professore che
si era addormentato durante i suoi esami di maturità. Oggi
come allora il suo obiettivo è mettere le nuove generazioni
al centro, focus che si traduce in un impegno concreto e di
successo: oltre quattro milioni di ragazzi seguono i social
di ScuolaZoo, migliaia di millennial viaggiano ogni anno
con la community di viaggi WeRoad e l’età media dei collaboratori
di OneDay – business & community builder è di 30
anni. Giada Zhang, figlia di una coppia di ristoratori venuti
in Italia dalla Cina e nata e cresciuta a Cremona, è oggi alla
guida di una società da circa quattro milioni di euro di fatturato
annuo che rifornisce di cibo asiatico i supermercati
italiani di quindici regioni. Si chiama Mulan Group e utilizza
le migliori materie prime Made in Italy per preparazioni
di pietanze cinesi che vengono poi affidate alla grande distribuzione.
Gianluca Comandini, uno dei principali esperti
e divulgatori italiani di tecnologia blockchain e innovazione,
è anche lui nella celebre lista Forbes degli under 30
che cambieranno il futuro e membro del Mensa International,
al quale ha avuto accesso avendo superato il test d’ingresso
con un QI superiore a 133. Ha fondato le società di
consulenza Blockchain Core e You&Web ed è membro della
task force governativa che ha il compito di delineare la
strategia nazionale in ambito blockchain. È professore di
blockchain presso l’Università Guglielmo Marconi di Roma,
oltre che TEDx speaker ed opinionista RAI. Il suo ultimo libro
Da zero alla Luna è diventato un best seller. Questi sono
solo alcuni esempi di under 35 che sono riusciti a cimentarsi
con successo nell’imprenditoria, a dispetto delle statistiche
che vedono l’Italia un paese poco promettente per
i giovani che vogliono fare impresa.
Avvocato, docente di Diritto della Proprietà Industriale all’Università
degli Studi di Firenze e giornalista pubblicista
iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, Aldo Fittante
è promotore di molti convegni e autore di numerose pubblicazioni
scientifiche, articoli in riviste prestigiose, saggi e monografie
in materia di Diritto Industriale, d’Autore e Diritto dell’Innovazione.
www.studiolegalefittante.it
GIOVANI IMPRENDITORI IN ITALIA
43
Occhio
critico
A cura di
Daniela Pronestì
Gabriella Alexa
Regni d’acqua come specchi dell’interiorità
di Daniela Pronestì
Esistono luoghi al mondo dove il contatto con la natura
ha un significato diverso che altrove. È un’esperienza
che influenza lo stile di vita delle persone, il
loro carattere, nel confronto quotidiano con un paesaggio
tanto ostile per le condizioni che impone quanto affascinante
per i colori, le atmosfere e la varietà dei contesti. La Svezia
è uno di questi luoghi, con distese di ghiaccio a perdita
d’occhio, limpidi specchi d’acqua lungo le coste e nei laghi
interni, alberi secolari nelle vaste foreste che la ricoprono.
E poi l’eterna lotta tra buio e luce, che si contendono la volta
del cielo nell’alternanza delle stagioni. Per chi vive in un posto
del genere, la natura non può che essere un’estensione
dell’anima, un tramite per guardare dentro sé stessi e per interpretare
le cose del mondo. Non è un caso che per gli artisti
nati a queste latitudini dipingere il paesaggio rappresenti
una scelta per molti aspetti obbligata. Per la pittrice svedese
Gabriella Alexa la natura incarna un complesso di sensazioni
difficili da rappresentare in altro modo. I suoi quadri nascono
dalla necessità di sentirsi tutt’uno con il paesaggio, diventare
acqua, cielo, orizzonte, immedesimarsi con la bellezza fragile
eppure gioiosa della natura. In questo processo di identificazione,
rappresentare un paesaggio equivale ad autoritrarre
sé stessi, a vestire l’immagine di una densità simbolica che
va interpretata guardando oltre il significato apparente. Quelli
che a prima vista si direbbero scorci ameni, angoli di natura
dominati dall’acqua come tanti se ne trovano in Svezia, mostrano,
ad un'osservazione più attenta, il loro volto nascosto.
L’esecuzione è veloce, viscerale, istintiva, come si fa con un
soggetto che si conosce ormai talmente bene da dipingerlo
quasi a memoria. La familiarità con questi scenari consente
infatti alla pittrice di procedere in maniera spedita, trascurando
quei dettagli che poco aggiungerebbero all’intensità emotiva
dell’opera. Quello che conta, invece, è condensare nel
quadro l’espressione di uno stato d’animo, di una condizione
interiore, nella quale, così com’è avvenuto per l’artista, anche
l’osservatore può immergersi per ritrovare un contatto au-
44
GABRIELLA ALEXA
tentico con se stesso. Calarsi
nelle acque scure e profonde
dell’inconscio, nei meandri
più reconditi della propria personalità:
un invito che queste
opere rivolgono al fruitore facendo
leva soprattutto sulla
forza comunicativa del colore,
sull’accostamento di tinte
calde e tinte fredde, sull’equilibrio
dei contrasti. Stesure
piatte si alternano a colature
e a densità materiche, in un
continuo gioco di rimandi tra
cielo e acqua, alto e basso, vicino
e lontano. Guardare un
quadro non è mai un’esperienza
neutra, ma è qualcosa che
coinvolge in prima persona,
proprio come fanno questi “regni
d’acqua”: più che spettacoli
naturali, trascrizioni visive di
emozioni che non possono lasciare
indifferenti.
GABRIELLA ALEXA
45
Il cinema
a casa
A cura di
Lorenzo Borghini
The Grandmaster
Il film di Wong Kar-wai sugli amori impossibili
di Lorenzo Borghini
Wong Kar-wai ci regala un film che all’apparenza può
sembrare semplice (storia di Ip Man maestro di
Wing Chun) ma in realtà cova al suo interno una
complessità quasi disarmante. Il protagonista ci anticipa una
massima che fungerà da linea direttrice per tutto il film e cioè
che il Kung fu è fatto di due sole parole, orizzontale e verticale,
se vai giù perdi, se stai in piedi vinci. Per molti potrebbe sembrare
una frase come tante ma il cineasta cinese ci costruisce
sopra l’intero film, forse l’intera sua poetica. In The Grandmaster
tutto è orizzontale e verticale, la pioggia incessante all’inizio
del film (verticale), i corpi che volano a suon di pedate
(orizzontale), gli sguardi che si incontrano (orizzontale), pavimenti
calpestati da corpi eretti (orizzontale,
verticale) e infine scale (verticale) e
treni impossibili (orizzontale). Ma il piano
di Wong non finisce qui, è molto più ampio,
è composto da linee infinite che partono da
nord a sud (dalla Cina del nord degli anni
Trenta fino ad arrivare a Foshan nella Cina
del sud, per poi continuare fino a sud-est a
Hong Kong), prende a pretesto la storia di Ip
Man per ripercorrere le tappe fondamentali
di trent’anni di storia cinese; nessun combattimento
del film è superfluo, ogni goccia
di sudore, ogni schizzo di sangue, ogni lacrima
sta a rappresentare la sofferenza di
tutti i momenti storici della Cina di quegli
anni; l’invasione di Hong Kong da parte dei
giapponesi, l’estrema povertà e la guerra civile.
Molti registi si sarebbero accontentati
di fare un film su Ip Man che camminando
nella sua storia ripercorre anche la Storia,
ma Wong no, non si accontenta e decide di
mettere in ballo tutte le sue tematiche più
care e allora The Grandmaster oltre che un
film sul tempo diventa un film sugli amori
impossibili, sugli amori sottotono, non urlati
ma velati come lo sono le tematiche di
questo film. Nella maggior parte dei suoi
film Wong Kar-wai fa vivere ai suoi personaggi
delle storie d’amore vissute a metà, o
almeno ci fa vedere che il suo è un occhio
disilluso, un occhio che mostra sempre l’inizio
di una storia ma spesso non la fine, o
meglio una fine forzata, un’interruzione, perché
l’amore all’inizio avvampa, ma poi inevitabilmente
arrivano le complicazioni, arriva
il tempo, che brucia pian piano tutto quello
che trova. Ma in The Grandmaster abbiamo
un’eccezione. Ci troviamo davanti ad uno dei tanti amori impossibili
cari al regista: i due si incontrano, si sfiorano (i loro
corpi si toccano solo durante un combattimento), le loro anime
si toccano, ma qui, la storia d’amore non finisce proprio
perché non inizia. Il regista sembra quasi non voler intaccare
quel che di bello che c’è fra di loro, anime perse, anime sole,
si guardano, si salutano continuando il loro cammino verso il
domani. E immancabilmente tornano le linee orizzontali e verticali,
perché gli uomini e le donne cari al regista si incontrano,
si amano, si odiano ma poi dopo quell’incontro breve e intenso,
quelle fragili linee devono proseguire la loro strada, continuando
a sporcarsi nel caos della vita.
46
THE GRANDMASTER
A cura di
Alessandra Cirri
L’avvocato
risponde
L’amministratore di sostegno
Una figura a tutela delle persone fragili
di Alessandra Cirri
La misura di protezione dell’amministratore di sostegno
è stata introdotta nel nostro ordinamento dalla
legge n. 6 del 9.01.2004, che ha attuato una vera e
propria rivoluzione giuridica e culturale nella tutela delle persone
fragili. Precedentemente, esistevano soltanto gli istituti
della “interdizione” e della “inabilitazione”, strumenti molto
rigidi oltre che ablativi delle capacità di agire dei soggetti tutelati,
sebbene, in molti casi, non ne ricorresse una vera necessità.
L’intento del recente istituto dell’amministratore di
sostegno è, diversamente, volto a tutelare, “con la minore limitazione
possibile della capacità di agire, le persone prive
in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni
della vita quotidiana mediante interventi di sostegno
temporaneo o permanente” (art. 1). L’amministratore di sostegno
si è posto, quindi, come uno strumento modulabile,
tale da fornire ai soggetti deboli quell’aiuto e supporto necessario,
valorizzando la centralità della persona e il principio
di autodeterminazione. L’istituto è disciplinato dagli artt.
404 e seguenti del Codice civile. La misura di protezione può
essere disposta nei confronti della persona “che per effetto
di una infermità ovvero menomazione fisica o psichica,
si trova nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di
provvedere ai propri interessi”. La novità consiste appunto
nel considerare una parziale menomazione (fisica o psichica)
e anche nel considerare la temporaneità di tale impossibilità,
cosa che precedentemente, con gli istituti molto più
drastici ed invasivi dell’interdizione e inabilitazione, non era
contemplata. Vi è così la possibilità di ricorrere alla misura
dell’amministrazione di sostegno anche in quei casi in cui
il soggetto sia privo di autonomia fisica parziale, nell’espletamento
delle funzioni della vita quotidiana, senza che ciò
provochi l’ablazione della sua capacità di agire. Grazie alla
“malleabilità” di questo strumento di protezione, che dall’entrata
in vigore della predetta legge, tale misura sia richiesta e
applicata molto frequentemente nei nostri tribunali, relegando
l’interdizione e l’inabilitazione, soltanto a casi estremi. Il
codice elenca una serie di soggetti che possono richiedere
questa misura di protezione, che vanno dal pubblico ministero
al coniuge e ai parenti entro il quarto grado, affini entro il
secondo grado, i conviventi, l’unito civilmente con il proprio
compagno, ma anche allo stesso beneficiario è data la facoltà
di proporre la domanda (altra notevole novità). La domanda
si propone con ricorso al giudice tutelare territorialmente
competente, il quale fisserà un’apposita udienza, dove il beneficiario
dovrà comparire per essere udito dal giudice al fine
di accertare la necessità di applicazione della misura. Il giudice
tutelare provvede, quindi, all’audizione del beneficiario,
del ricorrente, dei parenti, coniuge, etc. e può disporre d’ufficio
anche ulteriori accertamenti (ad esempio può ordinare
consulenza tecnica in ordine alla capacità e autonomia del
beneficiario). Una volta celebrata l’udienza, il giudice tutelare
emana un decreto con il quale nomina l’amministratore di sostegno,
con l’indicazione dell’oggetto dell’incarico e degli atti
che l’amministratore ha il potere di compiere in nome e per
conto del beneficiario; in più indicherà la durata della misura,
che potrà essere anche a tempo indeterminato, gli atti che il
beneficiario può compiere solo con l’assistenza dell’amministratore
di sostegno e della periodicità con cui l’amministratore
di sostegno deve riferire al giudice circa l’attività svolta
e le condizioni di vita personale e sociale del beneficiario. Difatti,
l’amministratore di sostegno avrà l’onere di depositare,
generalmente una volta all’anno, una relazione con la quale
dovrà esporre l’attività svolta per il beneficiario, allegando
anche un rendiconto contabile. L’art. 411 Cod. civ. afferma la
tendenziale gratuità dell’incarico, disponendo tuttavia che il
giudice tutelare, in considerazione del patrimonio del beneficiario
e della difficoltà dell’amministrazione, possa liquidare
un’equa indennità a favore dell’amministratore di sostegno.
Laureata nel 1979 in Giurisprudenza presso l’Università
di Firenze, Alessandra Cirri svolge la professione
di avvocato da trent’anni. È specializzata in diritto
di famiglia e minori, con competenze in diritto civile. Cassazionista
dal 2006.
Studio legale Alessandra Cirri
Via Masaccio, 19 / 50136 Firenze
+ 39 055 0164466
avvalecirri@gmail.com
alessandra.cirri@firenze.pecavvocati.it
L’AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO
47
Eventi in
Toscana
Luce e Colore
La personale di Joanna Aston al Museo Giuliano Ghelli di San Casciano
di Daniela Pronestì
Il dialogo tra luce e colore è un principio basilare della
pittura. A voler essere più precisi, bisognerebbe dire
che si dipinge con la luce, tramite indispensabile soprattutto
nella pittura della realtà. Dalle variazioni dell’intensità
luminosa dipendono infatti gli equilibri coloristici
del dipinto, il rilievo dei volumi, la profondità della scena. A
questi aspetti tecnico-compositivi si aggiunge poi la qualità
“emotiva” della luce, che disciplina il rilievo espressivo
delle figure, determina l’atmosfera generale della rappresentazione
e, nel contrasto con le ombre, attribuisce pathos
al soggetto.Sull’importanza della luce nell’opera
pittorica invitano a soffermarsi i quadri di Joanna Aston
esposti dal 26 marzo al 10 aprile al Museo Giuliano Ghelli
di San Casciano. In questa personale, che prevede anche
un omaggio alla madre dell’artista, Eileen Aston, raffinata
scultrice, è riunita una selezione di opere –
molte delle quali recenti – che rimandano ad un
mondo intimo, famigliare, popolato di affetti privati
e di presenze amicali, di attimi sottratti al
quotidiano e fissati per sempre nel tempo immobile
della realtà dipinta. La luce emerge soprattutto
come linguaggio chiamato ad incarnare
precisi sentimenti, che vanno dalla tenerezza
del volto imbronciato di un bambino all’ammirazione
filiale nel ritratto della madre dell’artista,
passando attraverso il senso di attesa suggerito
dagli occhi di una donna che guarda in lontananza
e l’aspetto tra il curioso e il divertito di due
fanciulle intente al gioco. Merito di questi lavori
è dare corpo all’immaterialità della luce trasformandola
in una presenza concreta, palpabile,
che si muove sopra e intorno alle figure, attraversa
gli spazi del vivere quotidiano, fa vibrare
l’aria come un soffio di vento lieve ed improvviso.
La pittura di Joanna Aston richiama una verità
evidente anche se spesso trascurata: la luce
– naturale o artificiale che sia – permea le nostre
vite, è parte della nostra esistenza, benché
tendiamo a dimenticarcene. Dipingere la luce, il
modo in cui questa influenza la percezione del
reale coinvolgendo non solo i sensi ma anche la
sfera emotiva, diventa allora un tramite per avvicinare
la pittura alla vita, alla verità delle cose,
alla poesia nascosta oltre la patina del visibile.
La soglia che separa il mondo fittizio del dipinto
dal mondo al di qua della tela finisce così per assottigliarsi,
e le due dimensioni quasi coincidono,
respirano insieme, in uno scambio osmotico.
Quelli di Joanna Aston sono quadri “vivi” come
viva è la luce che trasuda da ogni pennellata, dagli accordi
di colore, sempre magistralmente calibrati, dal ritmico disporsi
dei chiari e degli scuri, con punti di brillantezza – i
rossi e i bianchi dei vestiti femminili – e zone in ombra –
la parete verde che fa da contraltare alla figura nel ritratto
della figlia – che invitano lo sguardo a spostarsi agilmente
da un punto all’altro della rappresentazione. L’atto del
dipingere ricorda il gesto dell’anziana donna – la madre
dell’artista – raffigurata mentre sposta la tenda per guardare
fuori dalla finestra: anche l’artista deve sapere condurre
il proprio sguardo oltre ciò che ne limita la visione, deve
saper “guardare fuori” per scoprire ciò che sta dentro le cose,
il loro significato autentico e profondo. Ed è quello che
fa da sempre Joanna Aston, con grazia, misura e sincera
dedizione all’arte.
48
LUCE E COLORE
Piccoli musei in
Toscana
Museo del Chiodo
A Certaldo, nell’antico Palazzo Giannozzi, una collezione dedicata
alla tradizione artigiana della Val d’Elsa
di Serena Gelli
A
Certaldo si trova un museo davvero originale nato nel
1991 da un’idea di Giancarlo Masini, storico falegname
e artista conosciuto dai cittadini del luogo come Beppe
Chiodo. Si tratta del Museo del Chiodo, nel quale si trovano tutte
le creazioni di questo eclettico personaggio: sculture, dipinti,
opere grafiche e poesie. Entrando in questo museo i visitatori
possono magicamente tornare bambini, sognare di trovarsi in un
mondo fatato, respirare l’atmosfera dei tempi antichi; i più piccoli,
invece, vengono catapultati nella favola di Pinocchio. All’interno
vi si trova una singolare raccolta di chiodi (piccolissimi, lunghi
oltre il metro, decorativi come quelli dei portoni delle ville, di epoca
romana o di epoca etrusca), utensili della civiltà contadina e
sculture in legno. Uno spazio importante è dedicato anche all’interpretazione
artistica del chiodo attraverso chiodi intagliati nel
legno e in altri materiali come pomice, vetro, cera e sughero. Oltre
alla raccolta di chiodi, si possono vedere anche gli utensili da
banco degli antichi artigiani del legno che lavoravano un tempo
nei borghi della Val d’Elsa. In questa cornice caratteristica l’attenzione
del turista sarà catturata anche dalle sculture “chiodosatiriche”
in legno di ontano, scolpite con lo sgorbio e con l’aiuto
di qualche piccolo utensile moderno. In ogni sua scultura vi è un
particolare che ricorda la forma del chiodo, uno stimolo, per lui,
per inventare nuove forme. Il museo è ospitato dall’amministrazione
comunale di Certaldo nell’antico Palazzo Giannozzi ed è
visitabile nei seguenti orari e giorni: dal lunedì al giovedì dalle
10 alle 13 e dalle 14.30 alle 18.30; il venerdì dalle 10.30 alle 13
e dalle 14.30 alle 19; sabato e domenica dalle 10 alle 13 e dalle
14.30 alle 18.30 (per informazioni: 0571 661219). Un’ulteriore
attrattiva che si aggiunge a Casa Boccaccio, al Palazzo Pretorio
e al Museo di Arte Sacra, storiche perle della cultura certaldese.
Alcuni esemplari di chiodi nella collezione del museo
Un angolo dell’esposizione
Il presepe di chiodi
MUSEO DEL CHIODO
49
Eventi in
Toscana
Percorsi d’arte
Tre donne in collettiva al Circolo Amatori Arti Figurative di Empoli
Testo e foto di Claudio Caioli
Dal 19 al 26 marzo 2022, nel Palazzo Ghibellino di
Empoli, sede del Circolo Amatori Arti Figurative, si
è tenuta la mostra Percorsi d’arte che ha visto protagoniste
le tre pittrici Grazia Di Napoli, Daniela Falanga ed Elena
Migliorini. L’esposizione è stata presentata dal presidente
del Circolo Silvano Salvadori e dall’assessore alla Cultura del
Comune di Empoli Giulia Terreni. «Grazia Di Napoli – scrive
il critico Marco Marra – segue il suo sogno da molte stagioni,
con l’immutabile gioia di una bambina. Di quella verde età
conserva intatto lo stupore della scoperta, la chiarezza degli
orizzonti, cui aggiunge adesso la matura e sensibile consapevolezza
cromatica che l’arte porta con sé. Ha indiscutibilmente
una personalità completa, che mantiene inalterata,
anche a dispetto del tempo che scorre, la capacità della prima
immediatezza dei sentimenti e riesce a trasmetterli senza
mediazione alcuna a chiunque abbia la ventura di incontrare
i suoi dipinti e che possa trarre godimento dall’inesausto volo
della fantasia a cui i suoi colori conducono». Nata in Egitto
da genitori italiani e cresciuta fra l’Italia e il Venezuela, Daniela
Falanga è architetto, arredatrice ed artista. Disegna da
quando era bambina. Dal 2004 al 2008 frequenta a Caracas
l’Accademia Tassari-Rizzo, dove impara la tecnica dell’iperre-
alismo che segna fortemente il suo stile. Dopo questa esperienza
disegna e dipinge ritratti usando colori ad olio, pastelli
e carboncino. Quello che prima era un hobby oggi è un’attività
che riempie le sue giornate e la sua mente e che la vede
cimentarsi anche nella sperimentazione di nuove tecniche.
Dopo aver lavorato nell’ambito della pubblica amministrazione,
nel 2007 Elena Migliorini si dedica con costanza al disegno,
sua passione da sempre. Studia acquerello con Fiorella
Macchioni e pittura con Lucetta Risaliti. Inizia fin da subito
un’intensa attività espositiva con mostre personali e collettive.
Nel 2018 è premiata nell’ambito del 52° concorso di pittura
di Lastra a Signa con l’acquerello Magnolia in fiore. Nel
giugno dello stesso anno è insignita del Collare Laurenziano
dall’Accademia Internazionale Medicea. Nel 2019 partecipa
a numerose esposizioni tra le quali la Mostra d’Arte Contemporanea
ad Arezzo promossa da Toscana Cultura e Amore,
principio e anima dell’universo nel Centro Giovanile Salesiano
di Firenze. È presente inoltre al 53° concorso di pittura
Pro Lastra Enrico Caruso con un’opera premiata e alla mostra
d’arte contemporanea Leonardo Universo Noi Allunaggio, partita
dall’abbazia di San Galgano a Chiusdino (SI). Sempre nel
2019 riceve il premio “Ponte Vecchio”.
Da sinistra, Daniela Falanga, Elena Migliorini e Grazia Di Napoli
50
PERCORSI D’ARTE
Ritratti
d’artista
Francesca Berti
La ricerca dell’essenzialità attraverso una pittura
elegante ed incisiva
di Jacopo Chiostri
Pittrice eclettica, Francesca Berti, nata a Siena e ora
residente a Prato, ha in tempi recenti rivoluzionato la
propria poetica, lasciando l’approdo sicuro del figurativo
tradizionale per sperimentare una pittura essenziale,
di grande impatto, in cui il racconto è affidato ad un linguaggio
personale con una sonorità ora elegante ora incisiva, con
soluzioni riconducibili al cubismo ed anche al surrealismo.
In ogni caso è pittura solida che mantiene una cifra realista
riuscendo in un’interessante sintesi tra stili pittorici diversi.
Francesca Berti ama sperimentare: questa è la prima considerazione
che si ricava dalla visione del suo multiforme talento.
Del resto è lei stessa a confermarlo: «Ho dipinto su
una varietà di superfici, spaziando tra generi pittorici diversi».
Non è da molto che ha ripreso a dipingere dopo una
pausa in cui gli impegni familiari l’hanno assorbita; ora sta
riguadagnando tempo dipingendo quotidianamente su supporti
come legno, vetro, terracotta, tela e cartoncino, prevalentemente
utilizzando l’acrilico. Quello che interessa è che
questa nuova stagione artistica l’ha vista aprirsi ad inedite
modalità espressive molto lontane dalla pittura figurativa dei
suoi inizi e degli anni successivi. Amante della bellezza in
senso onnicomprensivo, stimolata dalle suggestioni acquisite
viaggiando, la Berti ha compiuto un percorso che dalla
bella pittura del paesaggio toscano è approdato ad una
raffinata elaborazione, ricca di simbologie e rimandi soprattutto
ai due grandi maestri spagnoli Joan Mirò e Pablo Picasso.
Certo, passare da dipingere cipressi, girasoli o paesaggi
della campagna senese, dove è vissuta da bambina, ai nuovi
lavori non è poca cosa, e neppure si può risolverlo come maturazione.
Che probabilmente c’è stata, ma non è bastevole.
Intanto va detto che nelle opere della Berti si rintraccia sempre
un’eleganza che non dimentica la consapevolezza di rivolgersi
all’universo come deve fare l’artista che non parla
solo a se stesso. Così le sue figure femminili – soggetto a
lei caro – sono accurate, si presentano come simulacro di
estetica e di consapevolezza. E forse è proprio in questa direzione
che rintracciamo una prima spiegazione, laddove pur
non rinunciando ad adornare le sue figure, la Berti semplifica
la comunicazione, affievolendola dal punto di vista della
tradizione ma arricchendola, con un segno, maturo, solido e
molto efficace, da quello della comunicazione. Racconta di
amare Vincent Van Gogh. E dal grande pittore olandese sembra
aver tratto come insegnamento la capacità di sovrapporre
sogno e realtà e di farli coincidere. Pittrice autodidatta, se
si fa eccezione per un anno di studi alla Scuola d’Arte di Siena,
il momento più significativo per la sua formazione è legato
alla frequentazione di Marcella Biliotti, amica di famiglia e
nota restauratrice fiorentina. Molte le esposizioni al suo attivo
a partire dal 2000: a Montespertoli con Andrea Tirinnanzi,
a Firenze e Pietrasanta con Toscana Cultura, a Roma con l’organizzazione
della Casa Editrice Pagine per le mostre Artisti
in vetrina e Via Margutta, fino alla recentissima Premio Frida
Kahlo alla storica Milano Art Gallery, dove ha presentato una
delle sue opere più riuscite (in realtà si tratta di un trittico, sia
pure composto da tre opere distinte) intitolato Le diversità,
tre volti, tre donne, tre colori.
Le diversità, acrilico su tela
FRANCESCA BERTI
51
Ritratti
d’artista
Franco Corso
Un realismo dell’istinto e del cuore
di Silvia Ranzi
Nato nel 1948 a Colle Val d’Elsa da famiglia siciliana
immigrata in Toscana nel 1946, Franco Corso
ha iniziato a lavorare giovanissimo nel settore metalmeccanico
e, dopo un significativo apprendistato presso
un fabbro di San Gimignano, si è dedicato totalmente all’attività
artigianale del ferro battuto, trasferendosi a Firenze
nel 1973. Nella nativa Colle Val d’Elsa ha coltivato fin dalla
giovinezza l’attitudine per il disegno e la pittura, esponendo
opere in un bar sotto casa con apprezzamenti di amici
e conoscenti; in età matura è riemerso il desiderio di ritornare
alla prassi artistica, votandosi da autodidatta ad un
realismo genuino e descrittivo, con il quale interpreta il vero,
sia ambientazioni naturalistiche che sociali, rivisitandolo
con la spontaneità di trame disegnative, dosati e pastosi
cromatismi, secondo gli accenti di una raffinata naïveté lirica
che gli fa meritare la definizione di “peintre de l’instinct
et du coeur” secondo una citazione di Anatole Jakovsky.
La sua recente produzione spazia dal 2017 ad oggi e comprende
un ampio ventaglio di soggetti che si concentrano
a narrare l’affezione per i luoghi dell’infanzia nella delineazione
di vicoli e storici edifici monumentali medievali e rinascimentali,
per dilatare lo sguardo su vedute e paesaggi
toscani, composizioni floreali e la figura umana in assoli:
solitudine d’artista, antichi mestieri e bevitori. Alternando
delicatezza di tinte a densi tonalismi cromatici, con predilezione
per la tecnica ad olio e a pastello, Corso ritrae, secondo
vividi e soffusi chiaroscuri luministici, svariati temi:
intime radure boschive segnate da percorsi con passan-
Autoritratto (2020)
ti, declivi collinari a colture con addensamenti atmosferici
nella ciclicità delle stagioni, antiche attività di mietitura
nei campi, casolari isolati in scorci agresti con svettanti
cipressi, anfratti lacustri e fluviali. Talora si affaccia sulle
tele la purezza chiarista di cime dolomitiche innevate
con armenti in primo piano; talaltra, il pittore omaggia la
dinamicità delle distese marine fluttuanti sulle coste, per
catturare il profilo corporeo dominante di un aitante cavallo
al tramonto, celebrando così la biodiversità delle specie
zoomorfe. Il fluire dei ricordi viene stigmatizzato grazie
alla visione di scene idilliche miniaturizzate in interni di rustici,
dove si racconta la vita familiare domestica di tem-
Panorama di Colle Val d'Elsa (2021)
52
FRANCO CORSO
pi trascorsi accanto al calore del focolare tra generazioni
a confronto, utensili casalinghi, animali domestici; scene
caratterizzate dalla presenza di bambini con il carrettino,
secondo il motto “come eravamo”, che giocano in esterni
dinnanzi a facciate di palazzi storici di Colle Val D’Elsa, situata
nel cuore della Toscana, sul percorso della via Francigena,
panoramicamente delineata nel
suo borgo più antico arroccato su un alto
poggio. Emblematica la tela che propone
la facciata prospettica di Palazzo
Campana, affacciato sull’omonimo ponte,
esempio di architettura manierista
del Cinquecento toscano, su progetto di
Giuliano di Baccio d’Agnolo, come riferisce
il Vasari. È dunque il sentimento neoromantico
con accenti paesistici che
intride le opere di Franco Corso, sostenuto
nell’attrazione per l’arte dalla scia
della rimembranza tra il passato che riaffiora
ed il fascino per la natura, alla
quale affidarsi per un appagante e candido
sguardo di rinascita interiore.
Come eravamo: gli anni Cinquanta (2019) Palazzo Campana (2021)
franco.corso.2@gmail.com
Paesaggio invernale (2021)
Casolare con cipresso (2020)
Cavallo in riva al lago (2020) Veduta dolomitica (2021)
FRANCO CORSO
53
La La seconda edizione edizione della della della mostra mostra e premio e e premio internazionale internazionale Tamara Art Tamara Award Art Art rende Award omaggio rendono alla famosa omaggio pittrice alla polacca
famosa artista esponente artista polacca polacca dell’Art Art déco Art Deco Deco Tamara Tamara de Lempicka de de Lempicka che è stata che che anche è è stata una stilista, anche una promotrice stilista , , promotrice di stile e una di delle
famosa
stile prime stile e una e donne una delle delle ed prime artiste prime donne impegnate donne ed ed artiste a artiste favorire impegnate l’emancipazione a a favorire femminile. l'emancipazione L’Autoritratto delle in Bugatti donne.Il verde suo è il motto dipinto
"Autoritratto di Tamara in Buggatti in e Buggatti l’emblema Verde” Verde” della divenne libertà divenne e il dell’indipendenza motto il motto dipinto di della di Tamara donna de moderna. Lempicka. Il premio ed ed emblema Tamara Art della Award è dedicato
libertà ed alla ed libera indipendenza interpretazione della della donna donna e rappresentazione moderna. Il premio Il della premio donna Tamara emancipata, Art Art Award proprio è è per dedicato ricordare alla la libera personalità di
Tamara interpretazione de Lempicka,
libertà
della della il suo rappresentazione carattere forte
di
e di donna
l’innato donna glamour emancipata, che ha influenzato proprio per per il ricordare look di tante
la la personalità donne. L’artista
di
di polacca
Tamara era
Tamara de
legata de Lempicka, Lempicka, a Venezia,
il suo
dove il suo carattere
si carattere recava spesso
forte forte e
per
l'innato e l'innato trascorrere
glamour glamour le vacanze
che che ha ha e per influenzato incontrare
look look Peggy
di di Guggenheim, tante e a Firenze
per i suoi frequenti viaggi studio sul manierismo toscano da lei tanto apprezzato. In occasione della seconda
donne.L'artista donne.L'artista polacca polacca era era legata legata a Venezia a Venezia dove dove si si recava recava spesso spesso per per trascorrere le le vacanze e per
per
edizione del premio tutte le opere partecipanti saranno esposte a Venezia presso il prestigioso salone nel palazzo
incontrare incontrare Peggy Peggy Guggenheim Guggenheim e a e Firenze a Firenze per per i suoi i suoi frequenti frequenti viaggi viaggi studio studio sul sul manierismo toscano da
da
della Scuola Grande di San Teodoro una video proiezione che si terrà dal 26 al 29 maggio 2022 oppure in una
lei amato. lei amato.
In occasione In occasione
della della
seconda seconda
edizione edizione
del del
premio premio
internazionale internazionale
Tamara Tamara
Art Art
Award Award
tutte tutte
le
le
mostra dal 26 maggio al 6 giugno 2022 che vedrà anche la presenza di capolavori originali di Tamara de Lempicka
opere opere
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Venezia a Venezia
e
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all’evento
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Tamara-glamour della donna eterna
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Lempicka
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venti finalisti
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riceveranno
dal dal
26 26
certificazioni
al al
29 29
maggio
maggio
2022 oppure potranno essere esposte dal 26 maggio al 6 giugno 2022 accanto a capolavori personalizzate
oppure e saranno potranno inclusi nel essere catalogo esposte dell’evento. dal 26 I primi maggio tre classificati, al 6 giugno oltre 2022 a prestigiose accanto targhe a capolavori
originali di Tamara de Lempicka ( serigrafie certificate dalla figlia Kizzette de Lempicka) premio, e prendere riceveranno
2022
originali alcuni dei di seguenti Tamara riconoscimenti: de Lempicka pubblicazioni ( serigrafie dedicate certificate alla dalla loro attività figlia Kizzette artistica e de la Lempicka) possibilità esporre prendere
parte nell'ambito dell'evento "Tamara-glamour della donna eterna" organizzato da Studio un’ope-
parte nell'ambito dell'evento "Tamara-glamour nella prossima della donna mostra. eterna" organizzato da Studio
Artemisia e de Lempicka Estate. I venti finalisti che parteciperanno all'evento riceveranno le
Artemisia e de Lempicka Estate. I venti finalisti che parteciperanno all'evento riceveranno le
certificazioni personalizzate e saranno inclusi nel catalogo dell'evento .I primi tre classificati oltre
certificazioni personalizzate e saranno inclusi nel catalogo dell'evento .I primi tre classificati oltre
prestigiose targhe premio, riceveranno alcuni dei seguenti riconoscimenti : pubblicazioni dedicate alla
prestigiose loro attività
targhe artistica
premio, e la La possibilità
riceveranno data ultima di
alcuni esporre per dei iscriversi una
seguenti delle è proprie entro riconoscimenti il opere 30 aprile nella
: pubblicazioni prossima 2022
mostra
dedicate .
alla
loro attività artistica e la possibilità di esporre una delle proprie opere nella prossima mostra .
La data ultima PER INFORMAZIONI per iscriversi CONTATTARE:
è entro 30 aprile 2022
La data ultima per mbstudioarte@gmail.com
iscriversi è entro 30 aprile 2022
cell.320191688
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cell.3201916883
mbstudioarte@gmail.com cell.3201916883
A cura di
Margherita Blonska Ciardi
Nuove proposte dell’arte
contemporanea
Alma Sheik
L’artista del Suriname protagonista a Venezia con opere astratte
ispirate alle decorazioni degli antichi mosaici
di Margherita Blonska Ciardi
Nata in Suriname, Alma Sheik è cresciuta in Olanda, ma
vive e lavora da tempo in Toscana. Da alcuni anni il
suo modo di dipingere si sta facendo conoscere ed
apprezzare grazie ad una personale cifra stilistica che unisce il
puntinismo francese all’antica tradizione del mosaico. L’artista,
infatti, reinterpreta le decorazioni pavimentali degli storici edifici
termali e delle chiese e le inserisce nelle sue composizioni
in parte astratte. In questo modo riesce ad unire il presente con
il passato, creando una pittura raffinata che evoca quiete ed armonia.
Predilige soprattutto delicate tonalità pastello. Avendo
viaggiato molto nel corso della sua vita ha potuto esporre le
proprie opere in giro per il mondo: a New York presso l’Agorà
Gallery, in Francia e in Olanda, ricevendo numerosi riconoscimenti
e pubblicazioni. Dal 1994 risiede e lavora in una fattoria
nei pressi di Lucca dove, circondata dalla straordinaria bellezza
della natura Toscana, trova diverse fonti d’ispirazione e la
luce perfetta per dipingere. Nel 2021 le sue opere sono state
esposte alla terza edizione di Aqvart a Venezia dove ha ricevuto
il premio di merito per la sua originale impronta artistica. Con
le sue Odalische danzanti ha inoltre ricevuto, sempre nel 2021,
il secondo premio nel concorso Tamara Art Award e ha esposto
due opere alla Fortezza da Basso durante la Biennale Internazionale
d’Arte Contemporanea di Firenze. Quest’anno le sue
nuove opere saranno presenti alla seconda edizione di Tamara
Art Award che si svolgerà a maggio a Venezia. L’artista, inoltre,
esporrà i suoi lavori dedicati all’ambiente, all’acqua e alla bellezza
della Serenissima nell’appuntamento di settembre 2022
dell’ormai consolidata rassegna internazionale Aqvart. Alcune
sue tele saranno messe all’asta sulla piattaforma online di arte
contemporanea Wondike curata da Studio Artemisia.
www.almasheik.com
Cosmos (2021), acrilico su carta, cm 70x50
Blue Tulipani (2022), acrilico su strato di corteccia
ALMA SHEIK
55
Ritratti
d’artista
Emilia Lucchesi
Frammenti di vita in chiaroscuro
di Alessia Carmignani
Come tante grandi passioni,
quella di Emilia Lucchesi per
i colori nasce sui banchi di
scuola: si accorge presto, infatti, che
quei piccoli momenti immortalati su
un foglio bianco o su una pagina di un
quaderno suscitano in lei delle emozioni.
Dal padre Emilio eredita non solo
il nome ma anche la voglia – quasi
una necessità – di esprimersi con
l’arte; uomo all’apparenza ruvido, trova
nella scrittura ma soprattutto nella
pittura il canale prediletto per comunicare
i suoi sentimenti. Emilia, timidissima
per natura, sente il bisogno
di approfondire questo linguaggio ed
inizia il liceo artistico di Lucca dove
frequenta, tra le altre, le lezioni di
Massimo Micheli, Marco Pasega e Franco Pegonzi. A metà
degli anni Settanta si diploma e prende parte a varie mostre
collettive: i soggetti prediletti delle sue tele sono figure
di giovani uomini e giovani donne a tutto campo, immortalate
in tempi e luoghi indefiniti, a volte assorte nei propri
pensieri, altre volte con lo sguardo inquisitore rivolto verso
lo spettatore. Tema centrale della pittura di quegli anni
è sicuramente la ricerca dell’amore, sia nei temi legati alla
vita di tutti i giorni che a tutto ciò che riguarda la pittura
sacra e la rappresentazione dell’iconografia religiosa. Negli
anni successivi la sua produzione pittorica si riduce drasti-
Ultimo saluto al porto di Genova (2007), olio su tela, cm 60x100
camente, sacrificata alla carriera in un altro ambito lavorativo
e alla famiglia in espansione. Con traguardi raggiunti
e figlie ormai grandi, negli anni 2000 comincia a sentire di
nuovo la voglia di dedicarsi a pennelli e colori. L’ispirazione
arriva da alcune vecchie foto di famiglia: trova infatti in
queste istantanee tutte le emozioni di quei momenti intimi
e ordinari che hanno segnato la vita delle persone a lei più
care. Un corteo nuziale di macchine, il saluto ai parenti prima
di partire per l’Argentina, le prime passeggiate con la
fidanzata in centro, giovani che giocano al tiro a segno al luna
park. Nasce così una serie di tele emozionanti che raccontano
scene di vita della famiglia
dell’artista ma in cui tutti idealmente
possono riconoscere le proprie radici.
I volti appena accennati, la luce
a guidare lo sguardo dello spettatore,
il chiaroscuro soltanto a svelare
le emozioni dei soggetti ripresi inconsapevolmente
in un momento di
vita ordinaria. Con gli anni il linguaggio
dell’artista si è adattato ai cambiamenti
della sua vita e del mondo
che ci circonda. Emilia ha sentito
l’esigenza di esprimersi in maniera
più veloce ed immediata trovando
nell’acquarello il compagno ideale di
viaggio. Espone attualmente in varie
gallerie della Toscana.
Il matrimonio di Rosetta (2007), olio su tela, cm 80x120
emi.lucchesi@yahoo.it
@emilialucchesi
56
EMILIA LUCCHESI
Eventi in
Toscana
Alfredo Catarsini
A Lucca un’imponente retrospettiva
sulla storia dell’artista viareggino
ideatore del “simbolismo meccanico”
di Barbara Santoro
Lo scorso 12 marzo, al Palazzo delle Esposizioni della
Fondazione Banca del Monte di Lucca, è stata inaugurata
la mostra di Alfredo Catarsini intitolata Dalla darsena
alla linea gotica / Paesaggi, figure e grandi composizioni pittoriche
(1917-1945). In corso fino all’8 maggio 2022 e con la curatela
di Rodolfo Bona, la mostra racconta attraverso circa ottanta
opere – dipinti e disegni a carboncino e a china – le principali
tappe dell’itinerario artistico del pittore viareggino durante gli anni
che, dopo gli esordi sulle sponde della darsena, lo videro partecipare
alle principali esposizioni artistiche dell’Italia fascista e
cimentarsi, nel 1945, nella realizzazione degli affreschi di San
Tommaso a Castagnori in Lucchesia e di quelli del catino absidale
della chiesa di San Martino a Freddana, sempre in provincia
di Lucca. Alfredo Catarsini nacque nel 1899 a Viareggio dove trascorse
gran parte della sua vita, ad eccezione di alcuni brevi periodi,
come ad esempio un soggiorno parigino nel 1914 durante
il quale conobbe Amedeo Modigliani. Nel 1919 ottenne il diploma
al Regio Istituto d’Arte di Lucca e nel 1924 aprì uno studio in
una vecchia fabbrica dismessa di mattonelle che divenne ritrovo
di altri giovani pittori cresciuti come lui sotto la guida spirituale di
Lorenzo Viani. Nel 1929 si tenne la sua prima personale a Palazzo
Paolina, nelle cui soffitte anni dopo allestì l’atelier dove lavorò
per tutta la vita. Negli anni Trenta partecipò alle mostre organizzate
da Filippo Tommaso Marinetti insieme agli esponenti del
secondo futurismo. Si ricorda poi la sua presenza al Premio nazionale
di pittura Golfo di La Spezia (1933), la personale a Bastia
(1937) e la collettiva alla Palazzina Spagnola di Napoli (1939).
Prese parte inoltre al Premio Bergamo (1939), alle tre edizioni
del Premio Cremona (1940), alla Biennale di Venezia (1940, 1948
e 1950) e cinque volte alla Quadriennale di Roma. La sua iniziale
ricerca denominata “riflessismo” sfociò con gli anni nell’esperienza
del cosiddetto “simbolismo meccanico”, per il quale venne
premiato nel 1971 al Salon Babjlone di Parigi. Titolare, dal 1951
al 1968, della cattedra di Decorazione e Disegno musivo e di Figura
disegnata all’Istituto d’Arte Stagio Stagi di Pietrasanta, collaborò
con riviste e quotidiani e pubblicò il romanzo Giorni neri.
Nel 1981 fu protagonista di una grande mostra voluta da Vittorio
Greco a Palazzo Strozzi a Firenze, alla quale seguirono altre retrospettive
ed antologiche come quella di Milano curata da Angelo
Mistrangelo. Si spense nella sua casa, a due passi dalla pineta
di ponente, nel 1993. Su richiesta dell’amministrazione comunale,
nel 2003 la nipote Elena Martinelli ha riallestito ed aperto al
pubblico lo studio di Catarsini nelle soffitte di Palazzo Paolina,
mentre in un’altra sala, nel lato nord della stessa struttura, è stato
raccolto l’archivio dell’artista riordinato dall’Istituto Storico Lucchese
ed attualmente curato dalla storica dell’arte Claudia Menichini.
Trenta opere del pittore sono state donate dai figli Mity
e Orazio al Comune di Viareggio nel 2001 e sono ora conservate
nella Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea Lorenzo
Viani dello stesso comune. Altre opere sono conservate alla Galleria
d’Arte Moderna di Milano, a Ferrara, Roma, Lodi, Pietrasanta,
Pisa, Parigi e nel Museo d’Arte di Monaco di Baviera. A partire
dal 2012, nell’ambito del Festival Viareggio Europa Cinema viene
assegnato un premio a nome di Alfredo Catarsini per la migliore
opera grafico-pittorica.
ALFREDO CATARSINI
57
Nuove proposte dell’arte
contemporanea
A cura di
Margherita Blonska Ciardi
Daphne Horev
Angeli stanchi con le ali spezzate: la risposta dell’artista
israeliana alla guerra in Ucraina
di Margherita Blonska Ciardi
L’artista israeliana Daphne Horev si distingue
per una pittura al confine tra
sacro e mistico, nella quale spesso
compaiono figure di angeli intesi come nostri
protettori. Ha studiato arte in Israele prima a
Tela Aviv e poi alla Ramat Hasharon, laureandosi
successivamente in Educazione artistica alla
University of Leeds. Nelle sue tele possiamo
riscontrare le atmosfere emotive delle opere
oscure di Goya e la tensione drammatica ispirata
ai chiaroscuri caravaggeschi. Le tecniche
dell’arte digitale e la fotografia, stampata ogni
volta su superfici diverse, danno risultati sorprendenti
e piano piano si uniscono e sostituiscono
alla pittura ad olio, in cui l’uso di vernice
dorata e della foglia oro dona un tocco mistico
a metà tra mondo terreno e mondo spirituale.
Quello che conta è il risultato finale, con il
quale l’artista vuole comunicare un messaggio
forte. La recente invasione russa dell’Ucraina,
con le atroci scene di guerra, ha emozionato Daphne,
che ha espresso la propria protesta in una serie di quadri.
One-winged Nike
Su ogni tela appare la figura di un angelo custode con le
ali talvolta sporche e spezzate che cerca di rifugiarsi dal-
As in heaven so on earth
Night enigma
58
DAPHNE HOREV
Sleeping angel
Low flight through Japanese Lace
Used wings
Hitchhiking angel
le crudeltà umane dentro
una grotta. In altri lavori lo
vediamo esausto e stanco
mentre dorme con la testa
appoggiata sulle piume
delle proprie ali e con il
capo avvolto da un’aureola
d’oro che contrasta con
il cielo scuro. Per Daphne
Horev le ali rappresentano
una metafora pittorica
e un simbolo di libertà.
L’artista stessa, realizzando
il proprio autoritratto,
si riconosce nella figura di
Nike, la dea della vittoria
che con un’ala riesce a superare
gli ostacoli della vita
che spesso una donna
trova lungo il proprio percorso.
Secondo lei, Nike è
anche uno dei primi simboli
del femminismo. Parlando
del proprio mondo
artistico afferma: «Impegnarsi
con l’arte è come
immergermi nel personale
microcosmo che interfaccia
il mondo crudo delle
cose in sé, un mondo conosciuto
in un processo
alchemico-magico-sinergico».
Prossimamente i
suoi lavori saranno esposti
in un tour di mostre tra
Italia e Polonia.
DAPHNE HOREV
59
Eventi in
Toscana
Francesco Terrone
Premio Ponte Vecchio allo
scrittore e poeta salernitano
di Luca Filipponi
L’ingegnere salernitano Francesco Terrone ha pubblicato
numerosi libri che hanno avuto un notevole
successo di pubblico, critica e vendita. Questi libri
sono stati presentati e recensiti dai più importanti critici e
giornalisti italiani ed internazionali in luoghi simbolo dell’arte
e della cultura. Poeta, scrittore ed editorialista, Terrone
è un raffinato intellettuale e ideatore di una fondazione con
la quale promuove la cultura. Proprio per questo suo ricco
ed importante curriculum professionale, la commissione
del Premio Ponte Vecchio, promosso a Firenze dall’associazione
Toscana Cultura, ha ritenuto doveroso premiarlo, riconoscendone
così i meriti culturali e i notevoli successi
editoriali da lui ottenuti negli anni. Tra i premi da lui ricevuti
in passato si segnalano anche i riconoscimenti Comunicare
l’Europa e lo Spoleto Art Festival per la Letteratura, manifestazione,
quest’ultima, della quale lo scrittore sarà ospite il
prossimo settembre.
Francesco Terrone
60
FRANCESCO TERRONE
A cura di
Filippo Cianfanelli
Itinerari del
gusto
Cucina di mare
Un ristorante dove passione e cortesia sono di casa
Testo e foto di Filippo Cianfanelli
Chi si trovi a passare da via Quintino Sella a Firenze, quasi
all’angolo di via De Sanctis, noterà sicuramente la
semplice insegna celeste di questo nuovo ristorante di
pesce le cui origini vengono però da molto lontano. Accanto
al nome del ristorante, infatti, il titolare Paolo Onzini, che ne è
anche lo chef, ha voluto aggiungere “da Mamma Elissa 1968”
per ricordare sua madre che ha saputo trasmettergli la passione
per la ristorazione e soprattutto per la cucina di pesce. Nel
1968, la famiglia Onzini aprì un ristorante in via Carlo D’Angiò
dove la signora Elissa, accanto agli altri piatti di carne e di pesce
della tradizione toscana, ebbe l’idea di preparare anche la
paella alla Valenciana, allora praticamente sconosciuta in Italia.
Il piccolo Paolino vedeva sua madre sempre dietro ai fornelli
e, nonostante capisse i sacrifici che ciò comportava, una
volta cresciuto decise di seguirne le orme. Dopo alcune esperienze
lavorative come chef in altri ristoranti, iniziò a lavorare in
proprio, prima a Grassina poi al Galluzzo, fino ad aprire un locale
a Firenze in via Quintino Sella. Nel 2018 il grande passo: il locale
si allargò e divenne un vero ristorante dove Paolo iniziò a
servire piatti di carne e di pesce. Purtroppo la pandemia lo ha
costretto alla chiusura ma, nel maggio 2021, il nuovo ristorante
ha riaperto alla grande con l’attuale nome e con esclusivamen-
Un angolo del ristorante
Lo chef Paolo Onzini con la compagna Guia Montagnani
te piatti di pesce. Grazie alla complicità della simpatica compagna
Guia Montagnani, nipote di Renzo, il compianto attore
fiorentino, il locale è cambiato completamente sia nella struttura
che nell’arredo. Guia ha scelto personalmente i colori delle
pareti, ha fatto dipingere i murales e ha selezionato i complementi
di arredo che rendono il locale un luogo elegante ma
senza indurre soggezione. In cucina sempre il compagno Paolo,
che ha voluto conservare anche alcune ricette della mamma,
seppure con piccole varianti, accanto ai piatti più attuali,
dalle tartare di pesce a piatti molto più elaborati. Tra gli antipasti
ho apprezzato i cannoli di pasta fillo ripieni di mousse di
cernia con crema di zucchine aromatizzate alla mentuccia; altrettanto
interessante l’insalata di mare agli agrumi, cotta al
vapore, accompagnata da misticanza e crudités di gambero
argentino. Molto originali gli arancini di polpo e scamorza dolce
con pizzoccheri alle alghe e maionese di soia alla menta.
Tra i primi da segnalare i ravioli ripieni di capesante e gamberi,
serviti con pesto, menta e lime. Non potevo non assaggiare
un piatto della tradizione materna come le pappardelle di pasta
fresca con frutti di mare, curry e crema vegetale, con un
gusto che fa tornare agli anni Ottanta. Tra i secondi, accanto
alla classica frittura di pesce, al guazzetto di mare o alla tartare
di salmone rosso con crudités di verdure e guacamole, ho
apprezzato il tataki di tonno pinna gialla in crosta di sesamo.
Tra i dessert, il più originale è certamente il millefoglie con crema
chantilly, caprino e cubetti di pera. Tutti i piatti hanno un’ottima
scheda su eventuali allergeni o componenti responsabili
di eventuali intolleranze. La lista dei vini comprende una ventina
di etichette, anche con alcuni prodotti biologici, oggi molto
di moda.
Cucina di mare
CUCINA DI MARE
61
Centro Espositivo Culturale
San Sebastiano
Centro Espositivo Culturale
San Sebastiano
Sala San Sebastiano Centro Espositivo Culturale
Anna Rita Mauro
Anna Rita Mauro
è nata nel 1968
a Nova Siri, poco
distante da Matera.
Ama il sole, il mare, il
bosco, tutto l’universo in ogni sua forma. I suoi scritti
sono frutto di un hobby. Non ama la notorietà e pensa
che scrivere renda le persone migliori. Non si reputa
una poetessa, ma solo un’anima che dirige la
penna accogliendo attimi di ispirazione.
Anna Rita Mauro
Nel lettone accoccolati
tutti quanti
rannicchiati.
Anche il gatto
fa le fusa
nel calduccio
della casa.
Il cane
un po’ geloso
Dormi cucciola
Dedica
Figlia
una parola
un mondo intero.
Sono la tua mamma
donna.
Ti voglio sostenere.
Scusa se di meglio
non so fare.
Sai è un difficile mestiere.
Sono certa
tu mi apprezzi.
La vita a volte scherza
Si cade
sotto la coperta
ronficchia ozioso.
E una dolce
bimba bella
con due occhietti
sembran stelle.
Una mamma benedetta
se la coccola
stretta stretta.
ci si rialza
come una palla che
rimbalza.
Io continuo
la tua mamma
voler fare.
Non per dovere
per amore!
Tu per me
figlia bella
sarai sempre
la mia stella.
Nel mondo arido
Fresca primavera
Le tue melodie
si posano.
Delicate
sui tuoi gesti
come aria fresca.
In un giorno di primavera
le ali del vento
spennellano graffiti
sulle chiome delle nuvole.
di pioggia passata.
Un arcobaleno
non trovo ristoro.
Solo nei tuoi occhi di
cielo
mi ritrovo.
Se trovi chi non ti apprezza
ricorda...
manda via tutto
pensando a una mia
carezza.
Anche quando dormi
del mio amore
il tuo cuore adorno.
Figlia mia
sei un po’ di me
sulla tua via.
Sii forte e tenace.
Gioisci sempre
così mi piaci!
Manda via
di sorrisi variopinto
si riveste di stupori
Una rosa rossa
innamorata
ha intriso
il tuo cuore
di gioia.
E del suo profumo
di petali
delicato
ti han vestito.
tutto il brutto.
La vita
di cose belle è fatta.
Sei bella figlia mia.
Sei un dono
pieno di Universo
sei cielo terso.
Come una coppa
stracolma
di acqua pura
il mio cuore
amore per te versa.
E poiché
nulla vada perso
di scrivere
per sempre
per te
mi son concessa.
62 ANNA RITA MAURO
Gualtiero Risito
www.gualtierorisito.it
Centro Espositivo Culturale
San Sebastiano
Giuliano Pini, olio su tela, cm 70x100
Giorgio Butini, olio su tela, cm 40x60
Nidia Gugnaz, olio su tela, cm 50x70
Marcello Ceccherini, olio su tela, cm 70x100
GUALTIERO RISITO
63
Firenze
mostre
Angelo Massimo Nostro
Protagonista di una personale da poco conclusa al Gruppo Donatello
con opere dallo stile “destrutturista”
Testo e foto di Maria Grazia Dainelli
Dal 19 al 31 marzo 2022 lo storico Gruppo Donatello
di Firenze ha ospitato la personale di Angelo Massimo
Nostro dal titolo Sirene / Tutto è meraviglia, alla
ricerca dell’armonia. Tra le trenta opere pittoriche in mostra è
stato possibile ammirare quattro tele parietali di grandi dimensioni
che illustravano la cifra stilistica di Nostro da lui stesso
definita “destrutturista”. A questi lavori si sono aggiunti oltre
centottanta disegni a china, penna nera e matite colorate sfogliabili
su libri aperti a muro, in modo da offrire ai visitatori
e agli esperti una visione di sintesi delle scelte compositive
dell’artista, quasi un preambolo alle opere pittoriche. Nei lavori
di Nostro si coglie una luminosità che ricorda la lezione dei
grandi astrattisti del primo Novecento, in particolare del famoso
pittore ceco František Kupka. Nelle sue opere si assiste alla
destrutturazione e stratificazione dei colori su superfici ruvide
frammiste a lisce spatolate che geometrizzano la rappresentazione
mantenendo però la libera gestualità che gli appartiene
per formazione e per cultura. Creare armonia attraverso il
colore e perseguire la strada della “sensibilità pura nell’arte”
sono le principali componenti del suo stile destrutturista. I colori
frammentati sono disposti sulla tela come in una partitura
musicale, quasi fossero note che ci fanno sentire intimamente
l’atmosfera dell’opera. L’artista ha già in programma di ritornare
a Firenze il prossimo anno per presentare alcune sue sculture
e soprattutto il bassorilievo Musica svelata premiato a Roma
come omaggio al maestro Ennio Morricone.
Angelo Massimo Nostro
Alcuni disegni in mostra
Il Metauro negli sconfinati spazi della Magna Grecia
A cura di
Giuseppe Fricelli
Polvere di
stelle
Aldo Ciccolini
Un pianista dalla raffinata musicalità
di Giuseppe Fricelli
Mentre aspettavo l’aereo che mi avrebbe portato a Bucarest
per un concerto, vidi nella sala di attesa attigua
alla mia Aldo Ciccolini. Avevo conosciuto il
fantastico pianista due anni prima dopo un suo recital al Teatro
della Pergola di Firenze. All’aeroporto, dunque, mi avvicinai
al maestro. Mi riconobbe subito e, durante l’attesa dei
nostri voli in ritardo, lui doveva tornare a Parigi, ci intrattenemmo
a parlare per più di un’ora. Fu per me una conversazione
importante. Ricordammo i nostri comuni amici quali i pianisti
Sergio Fiorentino, Tita Parisi, Gabriel Tacchinò, Riccardo
Muti, dei miei maestri Rio Nardi, Vito Frazzi, Franco Rossi che
Ciccolini conosceva ed apprezzava molto. Mi parlò dei suoi
impegni artistici internazionali e, come un caro papà, volle sapere
con interesse quali sarebbero
stati i miei prossimi
concerti. Ai corsi di perfezionamento
del grande maestro
avevo mandato alcuni miei
allievi. Al saggio finale della
www.florenceartgallery.com
master class mi si avvicinò
Aldo Ciccolini
ed ebbe per me parole affettuose di elogio per il lavoro didattico
svolto. Ciccolini possedeva un carisma straordinario,
grande signorilità, raffinata musicalità, invidiabile dialettica,
una profonda cultura musicale, pittorica e teatrale. Dialogare
con un così grande ed irripetibile artista fu per me un’ora
di vera gioia.
Nato nel 1948, Giuseppe Fricelli si è formato al Conservatorio “Luigi Cherubini” di Firenze diplomandosi
in Pianoforte con il massimo dei voti. Ha tenuto 2000 concerti come solista e
camerista in Italia, Europa, Giappone, Australia, Africa e Medio Oriente. Ha composto musiche
di scena per varie commedie e recital di prosa.È stato docente di pianoforte per 44 anni presso
i conservatori di Bolzano, Verona, Bologna e Firenze.
ALDO CICCOLINI
65
Mostre in
Italia
A Venezia la collettiva promossa dall’associazione
Napoli Nostra per viaggiare nei meandri della fantasia
di Maria Grazia Dainelli
Dal 26 febbraio al 7 marzo 2022, la storica sede
della Scuola Grande di San Teodoro ha ospitato
la mostra collettiva di pittura, scultura e fotografia
intitolata Venezia / Viaggio nei meandri della fantasia e
promossa dall’associazione Napoli Nostra. L’evento, svoltosi
in concomitanza del Carnevale di Venezia e inserito
nel palinsesto della manifestazione Le città in festa, ha
avuto il patrocinio della Regione Veneto e del Comune di
Venezia. Al vernissage sabato 26 febbraio è intervenuto il
professor Rosario Pinto, critico e storico dell’arte, autore
di un testo di storia dell’arte che sarà archiviato nella biblioteca
Thomas J. Watson del Metropolitan Museum di
New York per una ricerca sull’arte moderna e contemporanea
in ventiquattro paesi del mondo in cui l‘associazione
Napoli Nostra rappresenta l’Italia. Erano presenti inoltre
l’ingegnere Gennaro Corduas, direttore artistico dell’associazione
Napoli Nostra che ha presentato la mostra, e il
giornalista Fabrizio Borghini, che ha documentato l’evento
con un servizio televisivo per la rubrica Incontri con l’arte
andato in onda sull’emittente Toscana TV. A tutti gli artisti
espositori è stata consegnata la documentazione inerente
alla mostra, ovvero due copie del catalogo, l’invito, il
dvd del filmato, visibile anche sulla piattaforma YouTube,
e l’attestato di partecipazione.
La Scuola Grande di San Teodoro, sede della collettiva promossa dall’associazione
Napoli Nostra
ARTISTI PRESENTI IN MOSTRA:
LUCIA ARCELLI
SIMONE ARGIOLAS
VINCENZO ARMATO
CORRADO AVANZI
PIERA BACHIOCCO
CARLO BALLJANA
NICOLETTA BARZON
ALBERTO BESSON
AMEDEO BORZONE
GIUSY BRESCIANINI
ANNA BUBBA
FLAVIO CACCIATORI
CHIARA VALENTINA CALCINAI
CARMELA CANDIDO
GIUSEPPE CAPUTO
GIANFRANCA CARA
FRANCO CARLETTI
ADELCO “VARREN” CESARI
NUZIA CICCARELLI
ERMELLA CINTELLI MOLTENI
DORALUCIA CIOGLIA BRASIL CASSETTI
ROSALINA COLLU
GIAMBATTISTA COLUCCI
LETTERIO CONSIGLIO
MARIA BEATRICE COPPI
RAFFAELLA CORRADINI
MARIO DE CICCO
ANTONIO DE GERONIMO
CARMINE DE PALMA
MARIA DE PASQUALE
GELTRUDE DE SIMONE
CLAUDIO DELLA ROCCA
PIERGIORGIO DESSÌ
ANNALISA D’URSO
ANTONIETTA DI SECLÌ
MONICA FERRERA
DEBORA FERRUZZI CARUSO
GIULIANA MADDALENA FUSARI
DANIELA GHIONE
MARIO GHIZZARDI
ANTONINA GIOTTI
CRISTINA GIOVANNUCCI
ALESSANDRO GRANATA
PAOLA IOTTI
DALILA LAZZARINI
ROSIE LONGHI DE BOUARD
ELISA MACALUSO
GIUSEPPE MAGRÌ
FABRIZIO MAIORELLI
SERENA MANCINO
NICOLA MANFREDELLI
PAOLA MARCHIARO
FEDERICA MARIN
NIKOLINA MARJANOVIC SCALISE
FRANCESCA MARSICO
CLAUDIO MARTUSCIELLO
ANNAMARIA MASSA
VANIA “CHICCALUX” MASO
GIOVANNI MAUCERI
STEFANIA MAZZA
ENRICA MAZZUCCHIN
FELICE MEO
MERIK
SANDRA MIGLIORINI
GEMMA ORIA
ADAMO PACILLI
FAUSTO PANICHI
SIMONETTA PANTALLONI
SONIA PASQUINI
FABRIZIO PESCI
PAOLA AUGUSTA PETTINI
LUCA PIETRARELLI
DANIELA PREZIOSO EINWALLER
ARIFI QAZIM
GISELE REISSER
STEFANIA RICCIO
SABINA ROMANIN
ANNAMARIA RUGGERI
ANGELA RUSSO
CRISTOFORO RUSSO
EBE SACCHI
FRANCESCO SANDRELLI
MARIA CATERINA SATTA
ANTONINO SAVIEZZA
GABRIELLA “ISA GABRIA” SCALZULLI
CHRISTEL SOBKE
ELETTRA SPALLA PIZZORNO
ANNA STICCO
LUCA STORNELLON
PASQUALE TERRACIANO
NADIA TOGNAZZO
LIONELLO TRABUIO
ITALO VALENTE
THEA VASTA
LUCIA VERRINA
GIORGIO VERSETTI
PASQUALE ZACCARELLA
LETIZIA ZOMBORY
66
NAPOLI NOSTRA
A cura di
Franco Tozzi
Toscana
a tavola
Il cacciucco
Un grande classico della cucina livornese
di Franco Tozzi
Nato a bordo dei navicelli livornesi, allorché sul focherello
acceso in una vecchia latta ritagliata a fornello,
si trinciavano, aspersi d’acqua di mare, a miscuglio, tagliati
come vennero vennero, agli e cipolle, pomodori e zenzero,
pesci e crostacei, non ha avuto ancora la stampa che si merita.
I livornesi, gente permalosissima, in cent’anni non sono ancora
riusciti a perdonarla a quell’autore di dizionario che alla
voce “cacciucco” ebbe la tetra idea di definirla “sorta di minestra”...minestra?
Si chiedono i cittadini labronici, abituati a roba
ben più consistente dei brodetti che si voglion gabellare per
cacciucco. Ma sanno come l’ha definito l’Artusi? Piatto di pesce
sicuro; ammannito soltanto sulle rive del Tirreno, da non
confondersi affatto con i brodetti adriatici e con le zuppe di pesce
genovesi. Il cacciucco è piatto tipico locale livornese, come
La ricetta: cacciucco
Ingredienti:
le triglie in salsa d’aglio, finocchio e pomodoro, come le arselle
gettare in pentola col solo accompagnamento di un pugnello di
pepe ché il sale l’hanno in corpo e l’acqua e la sputano (tratto da
La Stampa Sera del 7 agosto 1936). Questa doverosa premessa
per portare una testimonianza datata circa l’origine di questo
piatto che ogni città della costa toscana rivendica, ma che
Livorno rivendica storicamente come suo, anche per comparazione
della sua popolazione che in origine era veramente un
grande misto di persone. Anche l’origine del nome è assai dibattuta:
si va dal turco “kuciuk”, che vuol dire “minuto, piccolo”,
allo spagnolo “cachuco”, che significa “pesce” in generale. Per
noi dell’Accademia del Coccio la ricetta originale è quella livornese
con pesce di scoglio, senza indicare però quantità precise
perché dipende da quello che pescherete in pescheria…
- pesce di scoglio (scorfano, rana pescatrice, etc.) 300 gr.
- tranci di pesce (grongo, palombo, etc.) 240 gr.
- molluschi (polpo, moscardini, totani, seppie, etc.) 350 gr.
- cozze 1 kg
- cicale di mare e gamberi 300 gr.
- 2 agli
- 1 cipolla rossa
- pomodoro fresco
- peperoncino
- prezzemolo
- olio extra vergine
di oliva
- ½ bicchiere di vino rosso
- zenzero
- sale e pepe
Gli ingredienti si possono integrare o modificare con gallinella,
triglie, nocciolo, cozze e calamari. Si comincia
soffriggendo la cipolla, un ciuffo di prezzemolo (spezzettando
anche i gambi) e due spicchi d’aglio in camicia.
Appena la cipolla sarà colorita, aggiungere 4 etti di pomodori
freschi a pezzetti, sale, pepe e zenzero. Quando i
pomodori sono cotti, versarci mezzo bicchiere di vino rosso
e lasciarlo sfumare. Sbucciare gli agli e passare tutto
questo intingolo. Quindi metterlo sul fornello a fuoco moderato
e unire il pesce partendo da quello che richiede più
tempo di cottura, lasciando interi solo i pesci piccoli. Una
volta cotto, toglierlo dal fuoco e servirlo nel piatto con almeno
due fette a persona di pane cotto a legna abbrustolito
e, per chi lo vuole, “strusciato” di aglio.
Accademia del Coccio
Lungarno Buozzi, 53
Ponte a Signa 50055, Lastra a Signa (FI)
+ 39 334 380 22 29
www.accademiadelcoccio.it
info@accademiadelcoccio.it
IL CACCIUCCO
67
Mauro Mari Maris
L’esuberanza del colore
www.mauromaris.it
mauromaris@yahoo.it
+ 39 320 1750001
A cura di
Stefano Marucci
Riflessioni
sulla fede
Il sogno di Giuseppe
di Stefano Marucci
Il tema affrontato in questo numero prendendo spunto
da un’opera della pittrice Maria Lorena Pinzauti
Zalaffi è il sogno di Giuseppe. Secondo le antiche tradizioni,
i sogni sono messaggi mandati dagli dei. Per la
psicologia, e in particolare per la psicoanalisi, il valore
dei sogni risiede soprattutto nella loro dimensione simbolica.
I sogni sarebbero l’espressione di pensieri, sentimenti
e ricordi che di giorno evitiamo, ma che nei sogni
emergono sia pure camuffati, poiché da essi continuiamo
a difenderci. Dio ha usato molte volte i sogni nella Bibbia
per comunicare la sua volontà, rivelare i suoi piani e annunciare
eventi futuri. Tuttavia nella Bibbia i sogni hanno
sempre richiesto accurate interpretazioni per provare che
provenivano da Dio (Deuteronomio 13). Sia Geremia che
Zaccaria hanno messo in guardia dal fare affidamento
sui sogni per esprimere la rivelazione di Dio. Una “visione
notturna” o “visione nella notte” è la frase usata nella
Bibbia per indicare un messaggio o un sogno oracolo.
Questa espressione si trova sia nell’Antico che nel Nuovo
Testamento. I sogni biblici si dividono in tre categorie
fondamentali: messaggi di imminente sventura o fortuna,
avvertimenti su falsi profeti e sogni ordinari non oracola-
ri. Le prime due categorie includono i sogni di messaggi, i
quali in genere non richiedono un’interpretazione e spesso
implicano istruzioni dirette che vengono impartite da
una divinità o da un assistente divino. Prima della nascita
di Gesù Cristo, Giuseppe aveva tre sogni con messaggi
riguardanti eventi imminenti. In ciascuno dei tre sogni,
un angelo del Signore gli appare per impartirgli istruzioni
semplici da eseguire con obbedienza. Nel Vangelo di Matteo,
i saggi ricevono in sogno il messaggio di non tornare
da Erode, mentre l’apostolo Paolo, durante una visione
notturna, viene esortato ad andare in Macedonia. I sogni
simbolici richiedono invece un’interpretazione perché
contengono elementi non immediatamente comprensibili.
La moglie di Pilato, ad esempio, sognò Gesù la notte
prima che suo marito lo consegnasse per essere crocifisso.
Cercò di convincere il marito a liberare Cristo inviandogli
un messaggio durante il processo, ma Pilato ignorò
il suo avvertimento. Oggi Dio comunica con noi principalmente
attraverso le Sacre Scritture ma questo non vuol
dire che non possa o non voglia parlarci anche attraverso
i sogni. Un numero sorprendente di ex musulmani che
si convertono al Cristianesimo afferma di aver creduto in
Gesù Cristo proprio a seguito di un sogno. L’interpretazione
dei sogni nei tempi antichi richiedeva esami accurati
per dimostrare che il sogno venisse da Dio, la stessa cosa
vale oggi. I credenti possono chiedere in preghiera a
Dio saggezza e guida riguardo all’interpretazione dei sogni.
Se Dio ci parla attraverso un sogno, chiarirà sempre il
suo significato, proprio come ha fatto nella Bibbia. Il quadro
di Maria Lorena Pinzauti Zalaffi mostra Giuseppe rannicchiato
all’interno sia del sogno che del mondo che lo
circonda, come se un flusso divino lo invadesse facendogli
capire quanto questi sogni siano stati importanti e determinanti
per lui e in seguito anche per tutta l’umanità.
Comprendiamo la sua grandezza nel seguire i messaggi
ricevuti in sogno, la sua obbedienza e amore verso Dio. Il
suo “sì” a prendere in sposa Maria ha cambiato la storia
dell’umanità e lo ha portato ad essere l’emblema della famiglia
cristiana, un’icona da ammirare universalmente. I
suoi sogni sono diventati i sogni di tutti, facendo capire
quanto possano essere grandi l’umiltà e il rispetto dovuto
a Dio senza pretendere nulla in cambio. Un sogno che ha
cambiato non solo la sua vita ma anche quella del mondo
intero.
Maria Lorenza Pinzauti Zalaffi, Il sogno di Giuseppe
IL SOGNO DI GIUSEPPE
69
Diario di
un’esploratrice
A cura di
Julia Ciardi
Sgranar per Colli
A Borgo a Buggiano una passeggiata all’insegna del gusto e della natura
di Julia Ciardi / foto courtesy Sgranar per Colli
Dopo la pausa forzata degli
ultimi due anni, nel
paese di Borgo a Buggiano
si riaccende la fiamma per un
cammino spensierato tra le colline
borghigiane. Una scoperta del
territorio all’insegna del gusto, della
natura, della musica e dello stare
insieme. Il prossimo 29 maggio
torna infatti la camminata degustativa
più famosa di tutta la Valdinievole
che nell’ultima edizione del
2019 ha visto quasi 3000 partecipanti:
lo Sgranar per Colli. L’evento,
patrocinato dalla Regione Toscana,
si svolge nel comune di Buggiano
e si propone di far conoscere diversi
aspetti del territorio, avendo
le bellezze del paesaggio collina-
In questa e nelle altre foto alcune immagini delle passate edizioni della camminata
70
SGRANAR PER COLLI
re toscano come cornice durante il percorso. L’iniziativa
è rivolta a tutti, grandi e piccini, escursionisti esperti
e non. L’obiettivo è coinvolgere quante più persone possibili;
per i disabili o le famiglie con passeggino vengono
segnalati alcuni tratti più difficoltosi, qui indicati dalla
mappa in foto. La camminata consiste in un percorso
anulare lungo 12 km che si snoda attraverso alcuni dei
luoghi simbolo del comune di Buggiano: Stignano, Colle
e Buggiano Castello, con un dislivello previsto di 500
mt. Questa edizione avrà inizio dalla Piazza del Mercato
del Bestiame e procederà per nove tappe, ciascuna
delle quali prevede una degustazione eno-gastronomica
con vino, olio, marmellate, miele e salumi, tutti prodotti a
km 0. Durante le soste al fresco si troveranno anche dei
musicisti di band locali che si esibiranno per rendere la
camminata ancora più piacevole. La passeggiata finisce
a Villa Bellavista, struttura barocca del Seicento tra le più
belle d’Italia dopo la reggia di Caserta, che sarà aperta e
visitabile per l’occasione. Sono previste tre partenze con
orari diversi: 9.00, 9.45 e 10.00. È possibile scegliere l’orario
e acquistare i biglietti attraverso il sito ufficiale della
manifestazione.
www.iscrizione.sgranarpercolli.it
Sgranar per Colli
@sgranarpercolli
SGRANAR PER COLLI
71
Eccellenze toscane
in Cina
A cura di
Michele Taccetti
Poolcentury
Azienda giovane e green alla conquista del mercato cinese
di Michele Taccetti
Nel mese scorso è nata la
Poolcentury Srls, azienda
composta da tre giovanissimi
soci, tutti under trenta, che hanno
scommesso su un progetto molto
interessante, ovvero vendere piscine
ricavate da container. La società
detiene il brevetto di questo nuovo
prodotto che sta spopolando negli
USA e che, oltre ad essere innovativo,
è attuale in quanto mira alla salvaguardia
dell’ambiente utilizzando
materiale di recupero come vecchi
container. È quindi un progetto green
che merita un’attenzione particolare.
Da mesi i giovani imprenditori
stanno collaborando con China 2000
Srl per la localizzazione di produttori
qualificati in Cina con cui sviluppare
una partnership. Con la registrazione
di Poolcentury Srls è stato ufficialmente
formalizzato l’accordo di
collaborazione esclusiva con China
2000 Srl per l’importazione dei prodotti
dalla Cina, e a breve verranno
formalizzati accordi di cooperazione
con vari fornitori cinesi. Le piscine
vengono realizzate con container
in acciaio Corten: questo materiale le
rende resistenti e durature nel tempo
anche di fronte alle peggiori condizioni
atmosferiche come ad esempio
la salsedine. I prodotti sono corredati
di tutte le certificazioni necessarie
all’utilizzo. Le caratteristiche
costruttive permettono di personalizzare
la struttura realizzando così un
vero e proprio oggetto di arredo unico
ed originale. È possibile, ad esempio,
installare divisori per una combinazione
piscina/vasca idromassaggio.
Si possono inoltre installare luci a
LED per illuminare la piscina anche
di notte. È previsto altresì un sistema
di filtraggio di nuova generazione
che garantisce la completa pulizia
dell’acqua e la possibilità di riscaldarla
a proprio piacimento nei periodi
più freddi dell’anno. La piscina
viene consegnata presso l’abitazione
72
POOLCENTURY
del cliente completa di ogni tipo
di intervento. A differenza delle
piscine in muratura, questo prodotto
consente di avere tempi di
installazione molto veloci e meno
costosi, ma soprattutto comporta
un bassissimo impatto di costruzione.
La metodologia costruttiva
infatti non prevede l’utilizzo di cemento
armato, di conseguenza facilita
l’ottenimento dei permessi
di costruzione. Inoltre, può essere
posizionata in appositi alloggi
scavati nel terreno, sopraelevata
su impalcature progettate ad hoc
oppure direttamente appoggiata
sulla superficie creando un impareggiabile
impatto scenografico.
Nonostante la società sia appena
nata e nonostante la situazione
economica nazionale ed internazionale
sia fra le più difficili degli
ultimi decenni, si sono già registrate
moltissime richieste di ordini
e questo fa ben sperare per
il futuro. L’obiettivo della giovane
impresa è quella di crescere e creare
una sinergia fra la produzione
cinese e quella italiana con una
sempre maggiore identità Made in
Italy. I giovani soci della Poolcentury
rappresentano un’iniezione
di fiducia per la nostra economia
e la nostra società, soprattutto
in questo terribile momento contraddistinto
da guerre, crisi economiche
e fuga di imprenditori
all’estero, e ci ridonano quell’entusiasmo
e quella speranza che
solo i giovani sanno dare, confermando
che un sano e reale Made
in Italy è ancora possibile quando
si valorizzino opportunamente le
eccellenze del nostro paese.
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Ministero dello Sviluppo Economico, esperto di scambi economici
Italia-Cina, svolge attività di formazione in materia di
marketing ed internazionalizzazione.
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Michele Taccetti
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A tavola
con...
A cura di
Elena Maria Petrini
Shama 24K
Intervista al giovane musicista
fiorentino precursore dello
stile emo trap
di Elena Maria Petrini / foto Milo Zoppini
Questo mese proponiamo l’intervista a Gabriele Romanelli,
giovane musicista fiorentino conosciuto con il nome
d’arte di Shama24k e uno dei precursori dello stile
emo trap. Questo genere musicale, di ampio significato
nella cultura popolare contemporanea, ha origine dalle tonalità
della musica hip hop (nota anche come rap), una sottocultura
del ritmo e del movimento nata negli Stati Uniti negli anni Settanta
del secolo scorso e fatta di “turntablism” (l’arte di manipolare
i suoni e creare musica mediante giradischi e mixer),
“scratching” (l’effetto creato dai disc-jockey per aggiungere alla
musica un rumore graffiato), “beatboxing” (l’imitazione con la
bocca e con la voce dei suoni della batteria e delle percussioni)
ed altre tracce strumentali. Il genere emo trap si discosta dai temi
tradizionali del moderno hip hop e si mostra più ricco di contenuti
lirici ed emotivi, con argomenti che sottolineano l’ansia,
la depressione, la solitudine e l’alienazione del mondo di oggi.
Com’è nata la tua passione per la musica?
La mia passione per la musica nasce quando avevo solo
sei anni. Mio padre mi regalò un suo vecchio lettore mp3
Shama 24K
con canzoni di tutti i generi che andavano dai Kiss ad Alicia
Keys. Ricordo che a quei tempi giocavo a calcio e una delle
cose più belle per me era andare in trasferta con le cuffiette
e la musica che ascoltavo in macchina. Ti ringrazio per la
domanda perché mi era completamente passato di mente il
mio primo approccio alla musica…
A cosa ti ispiri per comporre i testi delle tue canzoni?
I testi delle mie canzoni parlano di situazioni della mia vita.
Cerco molto spesso di essere diretto perché
non mi piacciono i testi che alla fine non
vanno a parare da nessuna parte; trovo molto
importante essere credibile in quello che dico,
e mi rendo conto che per esserlo devi parlare
di ciò che conosci a fondo, quindi parlare della
propria vita mi sembra la cosa più giusta. Mi
piace raccontare il mio passato, è troppo interessante
perché lo tenga solo per me.
Qual è il tuo traguardo professionale più ambizioso?
Quando ho iniziato, la mia unica ambizione
era quella di vivere con la musica, adesso ho
alzato un po’ le pretese e il mio obiettivo più
grande sarebbe uscire dall’Italia ed essere riconosciuto
a livello internazionale. Sono convinto
che le mie sfumature “emo” potrebbero
piacere molto verso est e in generale in qualsiasi
posto freddo, dove di norma c’è un po’ di
malumore proprio a causa del clima. Il giorno
che riuscirò a suonare fuori dall’Italia avrò
raggiunto sicuramente uno dei miei più grandi
traguardi.
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SHAMA 24K
Ti piacerebbe collaborare anche con altri rapper e, se sì,
con chi?
Ascoltando molto rap americano e considerando che i rapper
che preferisco non ci sono più, sinceramente ho un po’ di difficoltà
ad individuarne uno con il quale mi piacerebbe collaborare.
Forse l’unico in Italia è Achille Lauro, l’ho apprezzato
quando “rappava” e lo apprezzo anche ora che ha preso completamente
un’altra strada. Dico “forse” perché alla fine facciamo
cose un po’ diverse, ma, chissà, magari un punto di
incontro potremmo trovarlo…
Il tuo “cibo della memoria”?
Il mio cibo della memoria è la carbonara perché, appena sveglio,
dopo le serate in cui avevo alzato un po’ il gomito, me ne
facevo sempre almeno tre etti mentre guardavo qualche video
su YouTube; mi ricorda un po’ il periodo dai 17 ai 20 anni,
in cui ero veramente innamorato della notte.
Quali sono i tuoi piatti preferiti? E, da fiorentino, c’è un
piatto toscano che ricordi con particolare piacere?
Il mio piatto preferito è la pasta, mi piace praticamente in
tutti i modi e con tutti gli ingredienti. Per quanto riguarda il
piatto toscano, direi assolutamente il lampredotto, è d’obbligo
prima di andare allo stadio o prima di farsi un giro in
centro.
Hai anche altre passioni?
Sì, una è il calcio, l’altra il cinema horror: la prima mi è stata
trasmessa dai miei genitori che hanno alle spalle anni
di abbonamenti in curva Fiesole, infatti sono un super tifoso
della Fiorentina. L’altra passione invece l’ho scoperta
da piccolo, guardando i film horror insieme a mia sorella: la
morte è un argomento triste ma cinematograficamente mi
ha sempre attirato molto, per questo sono un grande fan di
questo genere di film.
SHAMA 24K
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B&B Hotels
Italia
B&B Hotels
L’inaugurazione di una nuova struttura nel cuore delle Langhe
di Chiara Mariani
B&B Hotels, catena internazionale con oltre 600 hotel in
Europa, inaugura il nuovo B&B Hotel Cherasco Langhe
nell’omonima città nel cuore delle colline piemontesi
portando così a 52 il numero di hotel presenti sul territorio
nazionale e salendo a quota 2 hotel in Piemonte. Il B&B
Hotel Cherasco Langhe si trova in una posizione ottimale per
visitare le Langhe, Alba, Bra e i tanti piccoli borghi medioevali
del Piemonte, degustando i piatti tipici della tradizione
enogastronomica locale accompagnati dai migliori vini delle
più note aziende vitivinicole nazionali. Piccola ma incredibilmente
affascinante, la cittadina di Cherasco è ricca di storia,
tradizioni, cultura e gastronomia. Che sia per ammirare
fantastici esempi di architettura medievale, romanica o barocca,
per perdersi tra le bancarelle degli antiquari o per rilassarsi
passeggiando all’ombra di platani secolari, una visita
a questa piccola gemma del Piemonte non può sicuramente
mancare. L’hotel dista soli trenta chilometri dall’aeroporto
di Cuneo Levaldigi, mentre Torino è raggiungibile in meno di
trenta minuti di macchina con l’autostrada Verdemare (A6 Torino
– Savona). Il B&B Hotel Cherasco Langhe si trova proprio
in corrispondenza del casello di Marene e dispone di un
ampio parcheggio esterno gratuito per automobili e bus, oltre
ad un garage interno privato. Le 84 camere – matrimoniali,
doppie, triple o quadruple – includono tutti i servizi che
da sempre contraddistinguono l’ospitalità firmata B&B Hotels:
bagno privato, connessione Wi-Fi gratuita, TV 32” a schermo
piatto, mini-frigo, cassaforte e aria condizionata. Per gli ospiti
più esigenti il B&B Hotel Cherasco Langhe è dotato anche
di camere superior che offrono servizi aggiuntivi come doppio
cuscino, bollitore, ciabattine e acqua. In una sala ampia e
luminosa dell’hotel con vista sugli ulivi è disponibile una varia
e ricca colazione a buffet. Per chi non vuole rinunciare alle
perle dell’enogastronomia langarola, adiacente all’hotel si trova
il ristorante La Porta delle Langhe, location elegante in perfetto
equilibro tra innovazione e tradizione in cui organizzare
il proprio evento speciale, aperitivi o coffee break, fino a pranzi,
cerimonie e matrimoni, grazie ad un’ampia sala dedicata ai
ricevimenti con una capienza massima di 350 persone e ad un
grande dehor esterno decorato da ulivi centenari. Il B&B Hotel
Cherasco Langhe è infine un punto di riferimento per il turismo
congressuale piemontese con la sua sala meeting modulabile
che permette di ospitare fino a 50 persone.
In questa e nelle altre foto gli interni del B&B Hotel Cherasco Langhe
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B&B HOTELS
Su B&B Hotels
Dal design moderno e funzionale, con bagno spazioso privato
e soffione XL, le camere B&B Hotels dispongono di Wi-Fi
in fibra fino a 200Mb/s, Smart TV 43” con canali Sky e satellitari
di sport, cinema e informazione gratuiti, nonché Chromecast
integrata per condividere in streaming contenuti audio e
video proprio come a casa. Per un risveglio al 100% della forma,
B&B Hotels propone una ricca colazione con prodotti dolci
e salati per tutti i gusti.
B&B HOTELS
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Benessere e cura
della persona
A cura di
Antonio Pieri
Prendersi cura dei
capelli in maniera
naturale
di Antonio Pieri
La primavera è arrivata e con essa le temperature si
stanno pian piano alzando. Lo sbalzo tra il freddo della
mattina e della sera e il calore del sole durante il giorno
può causare problemi alla nostra pelle e ai nostri capelli.
Sbalzi termici e capelli
Gli sbalzi termici e l’umidità compromettono la fibra capillare
così come anche l’aria eccessivamente secca. Il risultato sono
capelli molto secchi che tendono a sfibrarsi più facilmente.
Detersione profonda con prodotti naturali e biologici
La prima cosa da fare per porre rimedio a questa situazione è
detergere i capelli con prodotti naturali e biologici. L’olio extravergine
di oliva è capace di nutrire a fondo le fibre capillari e ridare
vita al capello. Lo shampoo naturale normalizzante della
linea Prima Spremitura di Idea Toscana ha come principio attivo
principale l’olio extravergine di oliva toscano IGP biologico.
Questo prezioso ingrediente è in grado di ristabilire dopo poche
applicazioni il naturale equilibrio del cuoio capelluto, donando
ai capelli lucentezza, morbidezza e vitalità. Un piccolo
trucchetto: l’ultimo risciacquo deve essere effettuato con acqua
fredda per rendere la chioma ancora più lucente.
Shampoo normalizzante
Lo shampoo della linea Prima Spremitura è definito normalizzante
in quanto, grazie alla sua formulazione, svolge un’azione
seboequilibrante, cioè oltre a mantenere i capelli puliti
più a lungo riesce a ristabilire il giusto equilibrio idrolipidico
sul cuoio capelluto.
L’importanza del balsamo
Per alcuni il balsamo non può mancare nella propria beauty
routine, per altri invece il balsamo è un prodotto superfluo che
erroneamente viene associato al problema dei capelli unti. Invece
il balsamo, soprattutto se naturale e con principi attivi come
l’olio extravergine di oliva toscano IGP biologico, dovrebbe
sempre far parte della normale routine di lavaggio se si vogliono
lavare bene i capelli e nutrire in profondità. Non applicando
il balsamo, infatti, si andrebbe a seccare eccessivamente il capello
e si perderebbe l’occasione per donare il nutrimento necessario
a rendere la chioma morbida e luminosa. La dolcezza
e la cremosità del balsamo Prima Spremitura di Idea Toscana
saranno utili per rendere più facile la vita di tutti i tipi di capelli,
siano essi sfibrati o danneggiati da agenti chimici o atmosferici.
Grazie alla ricchezza della formulazione con olio extravergine
di oliva toscano IGP biologico, i capelli si districheranno
con estrema facilità brillando di nuova lucentezza su tutta la
loro lunghezza. Fissandosi maggiormente sulle parti del capello
più bisognose di cure, il prodotto svolge un’efficace azione
sostantivante e ricondizionante, aiutando così a prevenire
le “doppie punte” e conferendo al capello corpo, morbidezza e
lucentezza. Infine consigliamo di applicare il balsamo solo sulle
punte e non alla base del capello, in quanto la cute produce
già il sebo ed andando ad applicare anche il balsamo si rischierebbe
di “appesantire” la zona trattata.
Ti aspettiamo nel nostro nel nostro punto vendita in Borgo
Ognissanti 2 a Firenze o sul sito www.ideatoscana.it per
consigliarti su come prenderti cura della tua pelle e dei tuoi
capelli in maniera naturale e biologica.
Antonio Pieri è amministratore delegato dell’azienda il Forte srl
e cofondatore di Idea Toscana, azienda produttrice di cosmetici
naturali all’olio extravergine di oliva toscano IGP biologico.
Svolge consulenze di marketing per primarie aziende del settore,
ed è sommelier ufficale FISAR e assaggiatore di olio professionista.
antoniopieri@primaspremitura.it
Antonio Pieri
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CURA DEI CAPELLI
Una banca coi piedi
per terra, la tua.
www.bancofiorentino.it