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I giganti
dell’arte
Caravaggio e Michelangelo
Dalla Pietà alla Deposizione, il confronto tra due giganti dell’arte
di Matteo Pierozzi
Nella storia dell’arte abbiamo
avuto due giganti
entrambi di nome Michelangelo:
il Buonarroti e il Merisi da
Caravaggio che solo al suo omonimo
fiorentino ha voluto guardare
e confrontarsi. La vita del
Caravaggio, provata da un’inarrestabile
vocazione autodistruttiva,
inizia a Milano dove nasce da famiglia
piuttosto modesta originaria
di Caravaggio; a 21 anni, nel
1571, è a Roma dove frequenta
botteghe di basso livello finché
non emerge il suo stile brutalmente
realistico. Ci restano di questo
periodo testimonianze quali il volto
del ragazzo malato e le ceste di San Pietro, Città del Vaticano
di nature morte quasi vere. Comincia
a collezionare ammiratori importanti, come il cardinale
Francesco Maria Del Monte, ambasciatore del Granducato di Toscana
presso il Papa, ma nonostante la fama crescente e i cospicui
guadagni, in lui continua ad ardere inesorabile la fiamma
dell’autodistruzione. Degli arresti di Caravaggio a Roma sono
pieni gli archivi, girava armato nonostante le leggi lo vietassero
e finiva regolarmente in galera. Grazie all’aiuto di amici influenti
riusciva però regolarmente a cavarsela finché, nel 1606, durante
una partita di pallacorda, scoppiò una rissa tra spettatori
e un uomo cadde esanime sul selciato: l’aveva ucciso proprio
Caravaggio che dovette fuggire per evitare la pena di morte. Si
rifugiò dapprima a Napoli, dove dipinse le magnifiche Opere di
misericordia e la Flagellazione di Cristo, e successivamente raggiunse
Malta dove fu fregiato del titolo di Cavaliere, acquisendo
uno status sociale al quale, da sempre, aspirava. Lì dipinse capolavori
come la Decollazione del Battista e il San Girolamo, ma
anche nell’isola la sua maledizione continuava a perseguitarlo:
un giorno d’agosto del 1607, durante una partita a carte, esplose
una rissa e ferì gravemente un cavaliere venendo, di conseguenza,
espulso dall’Ordine dei Cavalieri di Malta e incarcerato.
Uno dei suoi amici più potenti, forse un Colonna, riuscì comunque
a farlo fuggire su una nave alla volta della Sicilia. Anche durante
il soggiorno siciliano, dipinse opere destinate a diventare
celebri; sentendosi in pericolo, trovò più conveniente rifugiarsi a
Napoli, dove, però, i sicari del cavaliere ferito a Malta lo raggiunsero
e lo pugnalarono ferendolo gravemente. Dovette andarsene
e tentò di tornare a Roma per chiedere il perdono del Papa,
magari tramite il cardinale Scipione Borghese. Imbarcatosi su
una piccola nave, dopo lo sbarco venne fermato alla frontiera;
già provato dalla malaria e dalle gravi ferite infertegli dei sicari,
si avventurò, claudicante, verso Porto Ercole dove il 18 luglio
Michelangelo, La Pietà (1498-1499), marmo di Carrara, Basilica
Caravaggio, La Deposizione di Cristo (1602-1604),
olio su tela, Pinacoteca Vaticana, Città del Vaticano
del 1610, a neanche 39 anni, concluse la sua breve e tormentata
esistenza. Caravaggio a Roma arrivò con la sua pittura della
verità ma guardò anche e soprattutto a Michelangelo come si
evince dalla Deposizione, un Cristo nudo che sta per essere depositato
su quella pietra che ci osserva con il suo angolo. Cristo
sconfitto, giustiziato, i suoi amici e sua madre distrutti dalla
compassione eppure su questa sconfitta, su questa pietra scartata,
si fonderà la salvezza del genere umano. Caravaggio ce lo
racconta con una sinfonia drammatica: Maria di Cleofa urla la
sua disperazione, la Madonna è impietrita da un dolore agghiacciante
e in primo piano Giuseppe d’Arimatea che, probabilmente,
ha il volto di Pietro Vittrice a cui era dedicata la cappella ma è
inevitabile non notare un’impressionante somiglianza con il volto
di Michelangelo Buonarroti. Cristo, con il braccio abbandonato,
con la mano già annerita dalla morte nelle punte delle dita
mentre San Giovanni Battista, divorato dalle tenebre, cerca un
ultimo contatto con il Maestro: la luce squarcia l’ombra, la taglia
e dal loro conflitto scaturisce il “Vero Visibile”. La suprema bellezza
del corpo nudo, inevitabilmente porta alla Pietà esposta in
San Pietro che Michelangelo scolpì a soli 24 anni, nel 1499. Nella
Biblioteca Del Monte forse Caravaggio poté leggere uno stralcio
di ciò che Vasari nelle sue Vite scrisse a proposito di questa
scultura: «È un miracolo che un sasso, da principio senza forma
alcuna, si sia mai ridotto a quella perfezione». La descrizione
del Vasari e la vista di questa scultura deve aver ispirato Merisi
che nella sua tela non solo cita ma quasi entra in competizione
con Michelangelo e lo fa nella formidabile rappresentazione del
corpo di Cristo. Questa pala, adesso esposta nella pinacoteca
vaticana, un tempo era posta sopra l’altare della cappellina nuova
e quando il sacerdote alzava l’ostia consacrata al cielo questa
risultava perfettamente in asse con lo spigolo della pietra.
CARAVAGGIO E MICHELANGELO
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