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Firenze
mostre
Ali Banisadr
Il celebre artista iraniano per la prima volta a Firenze con
una mostra omaggio a Dante Alighieri
di Barbara Santoro
Fino al 29 agosto, nella Sala dei Gigli di Palazzo Vecchio
e al Museo Bardini in piazza de’ Mozzi a Firenze, sono
state esposte le tele oniriche e suggestive del famoso
artista iraniano Ali Banisadr per la prima volta in Italia. La mostra,
intitolata Beautiful Lies, ha inteso rendere omaggio a Dante
Alighieri con opere pensate e realizzate proprio per la Sala dei
Gigli a partire da un’attenta rilettura dei versi del sommo poeta.
Fin da bambino, mentre si trovava nei sotterranei di Teheran per
sfuggire alle violenze della rivoluzione, Ali Banisadr disegnava
ascoltando quello che succedeva fuori: rumori, scoppi improvvisi,
detonazioni, urli e lamenti erano diventati quasi un rito
necessario per sopravvivere. Nato a Teheran nel 1976, oggi l’artista
lavora a New York. A 12 anni ha lasciato il suo paese con
la famiglia, prima per la Turchia poi per gli Stati Uniti, dove vive
attualmente. Tra la Turchia e l’America si è fermato a San Diego
e a San Francisco, recependo quel mondo di violente coloriture
fino a farle proprie. Ha poi frequentato la School of Visual Art e
la New York Academy of Arts, due tappe importanti per completare
il proprio bagaglio formativo. Le sue tele si fondano sulla
combinazione fra intuizioni e percezioni, memorie vive e ricordi
del passato, che affascinano l’osservatore attraverso contrasti
luminosi in cui il tuono, il lampo ed altri eventi atmosferici si
mescolano con presenze e figure che appaiono e svaniscono
in una realtà apocalittica davvero suggestiva, un immaginario
di creature fantastiche tra schizzi di colore e richiami letterari
sui versi di Dante. Questo artista, per la prima volta a Firenze,
ha saputo fondere con grande abilità molte influenze pittoriche
del passato, dai grandi fiamminghi fino al modernismo americano,
in un continuo variegato panorama coloristico degno di
The Rise of the Blond (2016), olio su lino, courtesy Thaddaeus Ropac
un mago. Tommaso Sacchi, assessore alla Cultura del Comune
di Firenze, ha così commentato le opere in mostra: «La tragicità
delle guerre e dei conflitti, anche se dimenticati, si mescola
alla tragicità dell’esistenza dell’artista ed entrambe si congiungono
in uno stile di pittura originalissimo e fortemente evocativo,
monito del caos in cui siamo immersi e dal quale forse
non potremo emergere». Nel museo di piazza de’ Mozzi, accanto
alla collezione lasciata da Stefano Bardini alla città, il dialogo
delle opere con il contesto si fa più sentito e corale, e i suoi
demoni diventano bizzarri, mostruosi, appaiono e scompaiano
fra i marmi e le sculture, fra gli antichi cuoi e i tappeti persiani,
fra le pitture medioevali e le armature, lanciando quasi una sfida
all’osservatore confuso ma affascinato. Una mostra davvero
insolita abilmente curata dal direttore del Museo del Novecento
a Firenze Sergio Risaliti, il quale ha scelto di distribuire le opere
del maestro in luoghi diversi della città come un evento diffuso.
The gatekeepers (2009), olio su lino, courtesy Thaddaeus Ropac
Underworld (2021), olio su lino, courtesy Thaddaeus Ropac
ALI BANISADR
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