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A cura di
Alessandra Cirri
L’avvocato
risponde
La disciplina legale delle convivenze
di Alessandra Cirri
Sullo scorso numero abbiamo affrontato
la tematica relativa alle unioni civili
introdotta dalla “Legge Cirinnà” n.
76/2016. Oggi ci occupiamo delle convivenze
disciplinate nella medesima legge. Dal comma
36 in poi la legge n. 76/2016 stabilisce che i
conviventi di fatto sono definiti come “due persone
maggiorenni unite stabilmente da legami
affettivi di coppia e di reciproca assistenza
morale e materiale, non vincolate da rapporti di
parentela, affinità o adozione, da matrimonio o
da un’unione civile”. Diversamente da ciò che
avviene per il matrimonio e per le unioni civili,
le convivenze non hanno come presupposto
una registrazione, bensì solo una dichiarazione
all’anagrafe (simile a quella di residenza) che
ha come finalità solo quella di provare l’esistenza della convivenza,
non di costituirla. È rivolta alle coppie eterosessuali o
omosessuali che non vogliono o possono contrarre matrimonio,
per dare un riconoscimento giuridico alla loro unione e
quindi per regolare anche le questioni patrimoniali. Nei commi
da 38 a 49 dell’art. 1 vengono definiti i diritti che spettano
a ciascun convivente: si prevede che il convivente sia assimilato
al coniuge per quanto riguarda la regolamentazione
dei colloqui nelle carceri, oppure per il diritto di visita, assistenza
e accesso alle informazioni personali in caso di ricovero
ospedaliero. Si prevede anche la facoltà di designare il
proprio partner come rappresentante per l’assunzione di decisioni
in materia di salute e per le scelte sulla donazione di
organi. Inoltre, sono previsti alcuni diritti relativi alla casa di
abitazione: in caso di morte del proprietario della casa di residenza
comune, il convivente può continuare ad abitarvi per
un periodo che va da 2 a 5 anni, così come è prevista la possibilità
di succedere nel contratto di locazione alla morte o recesso
del proprio partner che era conduttore. La convivenza
è titolo di preferenza per l’inserimento nelle graduatorie per
l’assegnazione di alloggi popolari. È stato poi introdotto un
nuovo art. 230-ter c.c. che disciplina i diritti del convivente
nell’impresa del partner. Sono previste anche alcune disposizioni
in materia di interdizione, inabilitazione e amministrazione
di sostegno. È stata stabilita per legge la possibilità
di riconoscere al convivente il risarcimento del danno patito
per la morte del partner, tutti principi già riconosciuti dalla
giurisprudenza. Il comma 65 prevede il diritto agli alimenti,
in caso di cessazione della convivenza, per quel partner che
si trovi in stato di bisogno, per un periodo proporzionale alla
durata della convivenza e nella misura determinata ai sensi
dell’art. 438, 2° co. c.c.. L’aspetto più innovativo della “Legge
Cirinnà” in materia di convivenza riguarda la possibilità per i
conviventi di poter disciplinare i reciproci rapporti patrimoniali
mediante un contratto avente forma di atto pubblico o di
scrittura privata autenticata da un notaio o da un avvocato.
Questo dovrà poi essere trasmesso all’anagrafe per la relativa
iscrizione. Il contratto di convivenza si pone dunque come
strumento per fissare una serie di obblighi reciproci, destinati
ad organizzare la vita in comune dei conviventi. Circa il suo
contenuto la legge stabilisce che esso può essere relativo alla
residenza, alle modalità di contribuzione della vita in comune
e al regime patrimoniale dei beni. Non possono essere
previste condizioni o termini a pena di nullità insanabile. Il
contratto di convivenza si risolve per accordo delle parti, per
recesso unilaterale, per matrimonio o unione civile tra i conviventi
o tra un convivente e altra persona, per morte di uno
dei conviventi. La risoluzione del contratto di convivenza per
accordo delle parti o per recesso unilaterale deve essere redatta
in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o
scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio
o da un avvocato che ne attestano la conformità alle norme
imperative e all’ordine pubblico. Qualora il contratto di convivenza
preveda il regime patrimoniale della comunione dei
beni, la sua risoluzione determina lo scioglimento della comunione
medesima.
Laureata nel 1979 in Giurisprudenza presso l’Università
di Firenze, Alessandra Cirri svolge la professione
di avvocato da trent’anni. È specializzata in diritto
di famiglia e minori, con competenze in diritto civile. Cassazionista
dal 2006.
Studio legale Alessandra Cirri
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CONVIVENZA
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