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A cura di
Francesco Bandini
Quando tutto
ebbe inizio…
Il frutto del peccato
era proprio la mela?
di Francesco Bandini
Dopo tantissimi anni, forse a causa delle abbondanti
piogge che sempre più frequenti si rovesciano sulla
terra, quest’anno su due rigogliose piante di melograno
che ornano il giardino retrostante la mia casa, sono fioriti alcuni
bellissimi frutti e il loro maturare mi ha suggerito una riflessione
sui miei studi biblici. La Genesi non parla affatto di mele ma
si limita a descrivere dei frutti “dell’albero della conoscenza del
bene e del male” senza specificarne la natura. Gli esegeti ebraici
li identificarono di volta in volta con i fichi, per analogia con le
foglie dell’albero usate da Adamo ed Eva per coprire le loro nudità,
e con la melagrana, frutto succulento del melograno i cui
fiori scarlatti caratterizzano i frutteti palestinesi ed è considerata
il simbolo della fecondità per la molteplicità dei suoi semi. Le
guance della fidanzata del Cantico dei Cantici sono paragonate a
una melagrana. Altri possibili frutti del giardino in Eden sono uva
e carrube, per un gioco di parole ebraiche che indicano “carrube e
distruzione”, oppure ancora con il frumento, per un altro gioco di
parole in ebraico, frumento (kitah) e peccato (khet). La mela, come
frutto proibito, comparve solo in era cristiana, forse perché in
Adamo ed Eva e l'albero della conoscenza, miniatura dal Commentario dell'Apocalisse
(Madrid, 1109), Monastero San Lorenzo dell'Escorial
La tentazione del serpente (Michelangelo, Cappella Sistina); l’albero della conoscenza
del bene e del male, così come dipinto dal Buonarroti, è un fico, i cui frutti
e le cui foglie, che copriranno la nudità, saranno causa della colpa.
latino “malum” indica sia la mela che il male. Questo errore viene
attribuito da alcuni a San Girolamo cui si deve la prima traduzione
della Bibbia dal greco e dall’ebraico al latino, la cosiddetta Vulgata
o Volgata, nome abituale della versione latina della Bibbia in
uso nel Medioevo e dichiarata dal Concilio di Trento del 1546 autentica
nel senso di ufficiale. Di fatto, il suo testo risulta da una
contaminazione tra l’opera di Girolamo e i manoscritti della Vetus
Latina. Oltre al cosiddetto errore (mela-malum), non è da escludere
comunque che in questo equivoco abbia giocato anche un
ruolo di “pomo della discordia” che tale frutto ebbe nella mitologia
greca poi passata ai Romani. Comunque sia, a partire dal XII
secolo la mela comparve nella maggior parte dell’iconografia cristiana
in Germania e Francia, mentre in quella italiana e bizantina
si privilegiò il fico. Questa differente visione si perpetuò anche in
seguito; nel Rinascimento abbiamo il famoso quadro del tedesco
Lucas Cranach il Vecchio, oggi agli Uffizi, del 1528 mentre Michelangelo
ambientò nella volta della Cappella Sistina (1508-1512)
la scena sotto un albero di fichi mostrando Eva che riceveva i suoi
frutti da un serpente antropomorfo. Alla fine, nella Cristianità la
mela ha prevalso ma in altre religioni no. Nella tradizione islamica,
per esempio, l’episodio viene descritto identificando il frutto
proibito con fichi oppure con olive. Anche il fico, infatti, è un albero
comune in tutta la Palestina come la vite e l’olivo. Lo si pianta
sulle terrazze più basse avendo bisogno di umidità o anche in
mezzo alla vigna. L’espressione “starsene seduto sotto un fico”
è nata proprio per indicare un senso di tranquillità e di pace. I fichi
precoci offrono ai profeti molteplici spunti: Israele doveva essere
altrettanto buono al palato del suo Signore. Anche Gesù ne
ha tratto alcune espressioni. Egli scorge
Natanaele, figlio di Tolomeo (l’apostolo
Bartolomeo) “sotto il fico” come un frutto
eccellente mentre la sua maledizione
è un gesto simbolico contro il tempio,
ormai luogo di peccato. «Non era la stagione
dei fichi» commenta l’evangelista,
Casa della cornice
se ne potevano sperare alcuni frutti precoci,
che invece non c’erano (Lc
www.casadellacornice.com
13,6-9).
IL FRUTTO DEL PECCATO
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