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Settembre 21

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la rispetto al ricordo! Succede a tutti, da

bambini ci sembra ogni cosa più grande

di quello che in realtà è. La mia passione

per la pesca è iniziata proprio lì, alla

Matteotti, dove al centro del cortile c’era

una vasca con dei pesci rossi che io

cercavo inutilmente di catturare durante

la ricreazione utilizzando delle molliche

di pane. Le medie le ho fatte alla Poliziano

che allora era in cima a via Massaia

dove oggi c’è la Facoltà di Ingegneria,

in una classe di tutti maschi. Come dimenticare

la professoressa Cipollaro di

Italiano e, soprattutto, la inflessibile professoressa

Spada di Matematica che ci

faceva tenere un quadernetto dove dovevamo

appuntare tutto in maniera maniacale,

dai voti alle motivazioni fino agli

errori fatti. Ai Cappuccini ho fatto Comunione

e Cresima, c’erano padre Ottavio,

padre Flavio e padre Stanislao che allora

era il parroco. Facevo il chierichetto e

c’era un medagliere con le presenze: non

ho mai vinto anche se mi sono sempre

piazzato bene. La chiesa dei Cappuccini

è stato il luogo che ho frequentato più

assiduamente. Andavo alla Casina a giocare

a pallone e anche al Poggetto dove

giocavamo nel campo dove negli anni

Settanta fu costruito l’attuale parcheggio

per le auto. Al Poggetto c’erano la

piscina e la pizzeria dove facevano una

pizza squisita. In casa i soldi erano pochi

e quando la mamma mi ci portava,

era quasi un evento… anzi, non quasi, era

proprio un evento! Per giocare alla Casina

dovevo portare il pallone perché, non

essendo un campione, non avrei giocato

mai. Nonostante ciò, talvolta venivo relegato

ugualmente a bordo campo e allora

ne approfittavo per fare delle improvvisate

radiocronache degli incontri. Si può

dire che la mia carriera è iniziata lì. Quella

zona era vissuta da persone che si

conoscevano, si salutavano, si frequentavano

e, all’occasione, si aiutavano. Era

una quotidianità fatta di riti che si ripetevano

ogni giorno come la colazione al

bar Vannucchi o l’acquisto del latte dal

Baroncini oppure il conto aperto dal panettiere

e dall’ortolano. Di quel meraviglioso

micromondo oggi è rimasto poco,

ma per chi ha vissuto quegli anni in quel

quartiere basta chiudere gli occhi per ricordare

con nostalgia perché erano anni

sicuramente fatti di cose più semplici e

povere, ma forse migliori.

Lolette, mamma di Carlo Conti, affacciata sul terrazzo della casa di via Vittorio Emanuele

Il piccolo Carlo mentre fa una linguaccia davanti al negozio dell'ortolano di piazza Tavanti

CARLO CONTI

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