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Settembre 21

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I giganti

dell’arte

Caravaggio e Michelangelo

Dalla Pietà alla Deposizione, il confronto tra due giganti dell’arte

di Matteo Pierozzi

Nella storia dell’arte abbiamo

avuto due giganti

entrambi di nome Michelangelo:

il Buonarroti e il Merisi da

Caravaggio che solo al suo omonimo

fiorentino ha voluto guardare

e confrontarsi. La vita del

Caravaggio, provata da un’inarrestabile

vocazione autodistruttiva,

inizia a Milano dove nasce da famiglia

piuttosto modesta originaria

di Caravaggio; a 21 anni, nel

1571, è a Roma dove frequenta

botteghe di basso livello finché

non emerge il suo stile brutalmente

realistico. Ci restano di questo

periodo testimonianze quali il volto

del ragazzo malato e le ceste di San Pietro, Città del Vaticano

di nature morte quasi vere. Comincia

a collezionare ammiratori importanti, come il cardinale

Francesco Maria Del Monte, ambasciatore del Granducato di Toscana

presso il Papa, ma nonostante la fama crescente e i cospicui

guadagni, in lui continua ad ardere inesorabile la fiamma

dell’autodistruzione. Degli arresti di Caravaggio a Roma sono

pieni gli archivi, girava armato nonostante le leggi lo vietassero

e finiva regolarmente in galera. Grazie all’aiuto di amici influenti

riusciva però regolarmente a cavarsela finché, nel 1606, durante

una partita di pallacorda, scoppiò una rissa tra spettatori

e un uomo cadde esanime sul selciato: l’aveva ucciso proprio

Caravaggio che dovette fuggire per evitare la pena di morte. Si

rifugiò dapprima a Napoli, dove dipinse le magnifiche Opere di

misericordia e la Flagellazione di Cristo, e successivamente raggiunse

Malta dove fu fregiato del titolo di Cavaliere, acquisendo

uno status sociale al quale, da sempre, aspirava. Lì dipinse capolavori

come la Decollazione del Battista e il San Girolamo, ma

anche nell’isola la sua maledizione continuava a perseguitarlo:

un giorno d’agosto del 1607, durante una partita a carte, esplose

una rissa e ferì gravemente un cavaliere venendo, di conseguenza,

espulso dall’Ordine dei Cavalieri di Malta e incarcerato.

Uno dei suoi amici più potenti, forse un Colonna, riuscì comunque

a farlo fuggire su una nave alla volta della Sicilia. Anche durante

il soggiorno siciliano, dipinse opere destinate a diventare

celebri; sentendosi in pericolo, trovò più conveniente rifugiarsi a

Napoli, dove, però, i sicari del cavaliere ferito a Malta lo raggiunsero

e lo pugnalarono ferendolo gravemente. Dovette andarsene

e tentò di tornare a Roma per chiedere il perdono del Papa,

magari tramite il cardinale Scipione Borghese. Imbarcatosi su

una piccola nave, dopo lo sbarco venne fermato alla frontiera;

già provato dalla malaria e dalle gravi ferite infertegli dei sicari,

si avventurò, claudicante, verso Porto Ercole dove il 18 luglio

Michelangelo, La Pietà (1498-1499), marmo di Carrara, Basilica

Caravaggio, La Deposizione di Cristo (1602-1604),

olio su tela, Pinacoteca Vaticana, Città del Vaticano

del 1610, a neanche 39 anni, concluse la sua breve e tormentata

esistenza. Caravaggio a Roma arrivò con la sua pittura della

verità ma guardò anche e soprattutto a Michelangelo come si

evince dalla Deposizione, un Cristo nudo che sta per essere depositato

su quella pietra che ci osserva con il suo angolo. Cristo

sconfitto, giustiziato, i suoi amici e sua madre distrutti dalla

compassione eppure su questa sconfitta, su questa pietra scartata,

si fonderà la salvezza del genere umano. Caravaggio ce lo

racconta con una sinfonia drammatica: Maria di Cleofa urla la

sua disperazione, la Madonna è impietrita da un dolore agghiacciante

e in primo piano Giuseppe d’Arimatea che, probabilmente,

ha il volto di Pietro Vittrice a cui era dedicata la cappella ma è

inevitabile non notare un’impressionante somiglianza con il volto

di Michelangelo Buonarroti. Cristo, con il braccio abbandonato,

con la mano già annerita dalla morte nelle punte delle dita

mentre San Giovanni Battista, divorato dalle tenebre, cerca un

ultimo contatto con il Maestro: la luce squarcia l’ombra, la taglia

e dal loro conflitto scaturisce il “Vero Visibile”. La suprema bellezza

del corpo nudo, inevitabilmente porta alla Pietà esposta in

San Pietro che Michelangelo scolpì a soli 24 anni, nel 1499. Nella

Biblioteca Del Monte forse Caravaggio poté leggere uno stralcio

di ciò che Vasari nelle sue Vite scrisse a proposito di questa

scultura: «È un miracolo che un sasso, da principio senza forma

alcuna, si sia mai ridotto a quella perfezione». La descrizione

del Vasari e la vista di questa scultura deve aver ispirato Merisi

che nella sua tela non solo cita ma quasi entra in competizione

con Michelangelo e lo fa nella formidabile rappresentazione del

corpo di Cristo. Questa pala, adesso esposta nella pinacoteca

vaticana, un tempo era posta sopra l’altare della cappellina nuova

e quando il sacerdote alzava l’ostia consacrata al cielo questa

risultava perfettamente in asse con lo spigolo della pietra.

CARAVAGGIO E MICHELANGELO

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