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Settembre 21

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A cura di

Francesco Bandini

Quando tutto

ebbe inizio…

Il frutto del peccato

era proprio la mela?

di Francesco Bandini

Dopo tantissimi anni, forse a causa delle abbondanti

piogge che sempre più frequenti si rovesciano sulla

terra, quest’anno su due rigogliose piante di melograno

che ornano il giardino retrostante la mia casa, sono fioriti alcuni

bellissimi frutti e il loro maturare mi ha suggerito una riflessione

sui miei studi biblici. La Genesi non parla affatto di mele ma

si limita a descrivere dei frutti “dell’albero della conoscenza del

bene e del male” senza specificarne la natura. Gli esegeti ebraici

li identificarono di volta in volta con i fichi, per analogia con le

foglie dell’albero usate da Adamo ed Eva per coprire le loro nudità,

e con la melagrana, frutto succulento del melograno i cui

fiori scarlatti caratterizzano i frutteti palestinesi ed è considerata

il simbolo della fecondità per la molteplicità dei suoi semi. Le

guance della fidanzata del Cantico dei Cantici sono paragonate a

una melagrana. Altri possibili frutti del giardino in Eden sono uva

e carrube, per un gioco di parole ebraiche che indicano “carrube e

distruzione”, oppure ancora con il frumento, per un altro gioco di

parole in ebraico, frumento (kitah) e peccato (khet). La mela, come

frutto proibito, comparve solo in era cristiana, forse perché in

Adamo ed Eva e l'albero della conoscenza, miniatura dal Commentario dell'Apocalisse

(Madrid, 1109), Monastero San Lorenzo dell'Escorial

La tentazione del serpente (Michelangelo, Cappella Sistina); l’albero della conoscenza

del bene e del male, così come dipinto dal Buonarroti, è un fico, i cui frutti

e le cui foglie, che copriranno la nudità, saranno causa della colpa.

latino “malum” indica sia la mela che il male. Questo errore viene

attribuito da alcuni a San Girolamo cui si deve la prima traduzione

della Bibbia dal greco e dall’ebraico al latino, la cosiddetta Vulgata

o Volgata, nome abituale della versione latina della Bibbia in

uso nel Medioevo e dichiarata dal Concilio di Trento del 1546 autentica

nel senso di ufficiale. Di fatto, il suo testo risulta da una

contaminazione tra l’opera di Girolamo e i manoscritti della Vetus

Latina. Oltre al cosiddetto errore (mela-malum), non è da escludere

comunque che in questo equivoco abbia giocato anche un

ruolo di “pomo della discordia” che tale frutto ebbe nella mitologia

greca poi passata ai Romani. Comunque sia, a partire dal XII

secolo la mela comparve nella maggior parte dell’iconografia cristiana

in Germania e Francia, mentre in quella italiana e bizantina

si privilegiò il fico. Questa differente visione si perpetuò anche in

seguito; nel Rinascimento abbiamo il famoso quadro del tedesco

Lucas Cranach il Vecchio, oggi agli Uffizi, del 1528 mentre Michelangelo

ambientò nella volta della Cappella Sistina (1508-1512)

la scena sotto un albero di fichi mostrando Eva che riceveva i suoi

frutti da un serpente antropomorfo. Alla fine, nella Cristianità la

mela ha prevalso ma in altre religioni no. Nella tradizione islamica,

per esempio, l’episodio viene descritto identificando il frutto

proibito con fichi oppure con olive. Anche il fico, infatti, è un albero

comune in tutta la Palestina come la vite e l’olivo. Lo si pianta

sulle terrazze più basse avendo bisogno di umidità o anche in

mezzo alla vigna. L’espressione “starsene seduto sotto un fico”

è nata proprio per indicare un senso di tranquillità e di pace. I fichi

precoci offrono ai profeti molteplici spunti: Israele doveva essere

altrettanto buono al palato del suo Signore. Anche Gesù ne

ha tratto alcune espressioni. Egli scorge

Natanaele, figlio di Tolomeo (l’apostolo

Bartolomeo) “sotto il fico” come un frutto

eccellente mentre la sua maledizione

è un gesto simbolico contro il tempio,

ormai luogo di peccato. «Non era la stagione

dei fichi» commenta l’evangelista,

Casa della cornice

se ne potevano sperare alcuni frutti precoci,

che invece non c’erano (Lc

www.casadellacornice.com

13,6-9).

IL FRUTTO DEL PECCATO

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